𝟲𝟮
Kageyama rimase sorpreso di fronte al nome che comparve sulla schermata del suo cellulare. Nonostante la lezione in corso, si concesse una pausa bagno per poter rispondere alla chiamata.
«Kiyoko?», domandò stranito, facendo attenzione a non alzare troppo la voce, subito dopo essersi richiuso l'anta blu del bagno prescelto dietro.
«Ciao, Kageyama. So che sei a scuola, in questo momento. Grazie per avermi risposto. È una questione urgente, quindi vorrei discuterne con te faccia a faccia. Ti dispiace?», il corvino si dichiarò d'accordo sul vedersi subito dopo la fine delle lezioni, quel pomeriggio, in un piccolo bar di zona.
Prima di interrompere la telefonata, però, esitò qualche istante.
«Riguarda Hinata, vero? È successo qualcosa?», per un istante, il cuore gli salì in gola.
«Già. Ma ne parleremo dopo, ok? Non preoccupartene fino ad allora. Ti spiegherò tutto. A più tardi.»
E, con estremo fervore in corpo, il corvino aveva dovuto attendere che quella tipica e noiosa giornata di scuola giungesse al termine. Il corpo gli doleva ancora per la sua rissa passata con Tsukishima - la spalla già lesionata in special modo -, e storpiò le labbra quando tornò a sedersi al suo posto.
Poggiò il mento sul palmo della mano, e si perse a guardare il muro in fondo all'aula; sguardo vuoto e testa pesante.
In quei giorni aveva dovuto rinunciare anche agli allenamenti e alla squadra, che insieme avevano sempre contribuito a tenerlo lontano dai pensieri. Ora, invece, passava il suo tempo in giro per la città, spesso in bici, attento a non fare troppa leva sul braccio. Era frustrato.
Sua madre gli stava con il fiato sul collo. Suo padre continuava ad insistere sul ricordare quella notte e sul riferirgli i dettagli. Non era più riuscito a contattare nessuno del gruppo. Aveva visto un paio di volte Nishinoya e Tanaka in palestra, ma non aveva mai trovato un momento giusto per fermarli. Era sicuro che, in qualsiasi caso, non gli avrebbero riferito nulla nemmeno loro.
Tsukishima era già stato fin troppo buono a fargli sapere che Hinata era ancora vivo. Da qualche parte. Forse più lontano di quanto credesse.
Si era chiesto se fosse quello il suo destino, in quella società che non sarebbe mai riuscito a cambiare: vivere insieme a qualcuno che era stato scelto per lui, facendo un lavoro che non gli sarebbe piaciuto, vivendo una vita che non aveva scelto.
Raggelava ogni volta, al solo pensiero.
E la sua mente tornava a quel rosso intenso che non pareva intenzionato a volerlo lasciar stare.
Quei capelli rossi non li aveva più rivisti.
Nemmeno quella giacca gialla.
Nemmeno quella faccia spavalda.
Hinata era sparito, ma gli aveva lasciato il peso di tutti i ricordi che avevano condiviso. Di tutte quelle emozioni che gli aveva provocato.
Un lampo a ciel sereno.
In quella vita che si prospettava tanto perfetta, era comparso lui. E poco dopo, una tempesta. Aveva rovinato quel cielo tanto azzurro, e lo aveva travolto in pieno. Ma le nuvole si erano dissolte proprio quando stava iniziando a comprendere quanto gli piacessero i temporali. E il sole era di nuovo lì.
Ma lui non ne poteva più.
Voleva di nuovo quel turbine di emozioni nel petto. Voleva la pioggia addosso. Voleva di nuovo la tempesta.
E capì di non essere come gli altri.
Di non amare ciò che gli altri amavano.
Di non volere ciò che gli altri volevano.
Lui era diverso.
Lui amava le tempeste.
Lui voleva sentirsi vivo.
E, finalmente, un altro lampo era comparso, in quel cielo sereno che stava iniziando a detestare.
Kiyoko lo salutò con un sorriso tirato.
Kageyama fremette, alzandosi dalla panchina sulla quale la stava aspettando. Entrarono nel bar a pochi passi da loro, e il corvino non riuscì ad attendere oltre.
«Che succede? Lui sta bene?», la ragazza fece in tempo solo a sfilarsi la sciarpa bianca quasi quanto la neve che si prospettava per quella notte. Sorrise.
«Non molto. In realtà, per niente.», tornò seria, e Kageyama sentì il petto sprofondare. «Vuole entrare nella Nekoma. Si tratta di un'organizzazione sotto copertura che lavora alle spalle del sistema, molto simile alla nostra, ma molto più estesa e corrotta...Sono coinvolti criminali e sicari...È una questione molto seria. Rischiamo di essere tutti coinvolti, in quanto Hinata risulta ancora membro del Karasuno.», il corvino non riuscì a processare il tutto. Schiuse le labbra per ribattere, ma nulla vi uscì.
Perché Hinata non era criminale.
Non era un sicario.
E non era un mostro.
Hinata non lo era mai stato.
Quindi, cosa diavolo stava succedendo?
«Perchè cazzo lo sta facendo? Cosa diavolo significa?», si ritrovò a domandare, occhi fissi in quelli chiari della ragazza di fronte a lui. Kiyoko sospirò appena, sistemandosi gli occhiali, aprendo il menù di fronte a sè. Forse per sviare eventuali sguardi incuriositi. Forse per evitare di dover sostenere quello afflitto dell'altro.
«Ipotizziamo lo stia facendo per soldi. Ma non sappiamo come impedirgli di rovinare tutto.», Kageyama si lasciò andare contro la sedia. Deglutì appena. Lei si limitò a guardarlo.
Il volto chiaro era teso. Lo sguardo basso, immerso nei pensieri. Quel blu sembrava quasi nero. Tornò al suo menù.
«È per questo che voleva farsi passare per morto? Per nascondere tutto questo?», chiese poi, ma Kiyoko, con sua sorpresa, scosse la testa.
Si guardarono negli occhi, ancora una volta.
«No. Si è finto morto per tenerti fuori. Per proteggerti.»
Un tonfo al cuore.
«Non ha mai voluto farti del male, e credo che quella notte si sia addossato più responsabilità di quante gli spettassero. Non voleva più coinvolgerti nei suoi problemi, e ci ha pregato di fingere con te.», le sue parole lo colpirono più a fondo di quanto pensasse. E tutto tornò a fare male. Era straziante.
Hinata non era cambiato.
Non lo aveva mai fatto.
Il corvino sentì gli occhi pizzicare appena. Quasi se ne stupì. Ma nessuna lacrima scese. Lo impedì. E tornò a guardare Kiyoko, che nel mentre aveva chiamato il cameriere per poter ordinare.
Lo stomaco del corvino era chiuso, quindi non prese nulla, anche se la ragazza insistette per offrirgli qualcosa.
«Perchè me ne hai parlato?», chiese sincero, non riuscendo ad immaginare una plausibile risposta. Nessun altro si era fatto avanti, in quelle settimane. Nessuno lo aveva più considerato.
Tutti avevano troncato i rapporti. Tutti erano svaniti. E Kageyama pensava che anche Kiyoko avrebbe fatto lo stesso. Era perfino arrivato a credere che la prossima volta che l'avrebbe rivista sarebbe stata sull'altare, al loro matrimonio.
Kiyoko accennò un sorriso, sfilandosi i guanti rosa non appena la sua tazza fumante di caffè le arrivò davanti. Se la portò alle labbra, ne bevve un sorso, e tornò a poggiarla sul piattino. Kageyama, nel mentre, continuava a torturarsi le mani sotto al tavolo, tamburellando il piede su e giù.
«A breve io e Tanaka fuggiremo da qui.», il corvino sussultò, la testa scattò subito su. «Abbiamo deciso di scappare, insieme. Andremo in un paese di periferia lontano da questo posto. Non torneremo.», il suo sorriso era così sincero che il ragazzo si ritrovò a sollevare appena gli angoli della bocca, per un istante.
Era giusto così.
In fondo, Kiyoko si meritava di vivere una vita felice. Una che le avrebbe permesso di stare con l'unica persona che era giusta per lei.
Lontano.
Kageyama provò una fitta al petto.
Forse invidia.
Forse gelosia.
Forse tristezza.
«Congratulazioni.», riuscì solo a dirle, ed era sincero. Lei lo capì.
Ma il suo sorriso riconoscente svanì poco a poco, trasformandosi in un'espressione più cupa. Più tesa. «Hinata è come un fratello per me. Saperlo in questo stato mi preoccupa, Kageyama. Quindi voglio chiederti un favore, uno anche fin troppo grande...», tornò a stringere la sua tazza con le dita esili. Il riflesso degli occhiali impediva al ragazzo di guardarla negli occhi. Ma sentì ugualmente il battito del suo core rimbombargli in testa.
«Ho scelto di parlartene perché sono dell'idea che tu abbia il diritto di scegliere da solo se fare o no parte del gruppo. E della vita di Hinata.»
Kageyama percepì i muscoli allentarsi. La sola idea di poter tornare a far parte della sua vita riuscì a fargli salire il cuore in gola. Kiyoko tornò a fissarlo.
«So che forse è troppo da chiederti, ma vorrei ugualmente pregarti di stargli accanto. Di proteggerlo. Proprio come richiesto dal tuo ruolo di guardia del corpo nel gruppo. Ne abbiamo parlato, anche con gli altri, e siamo dell'idea che, se vorrai, potrai rientrare a far parte del Karasuno. Ci fidiamo di te, Kageyama. E ti affidiamo Shoyo.»
Per un attimo, trattenne il fiato.
Ciuffi neri come la pece gli ricaddero sugli occhi quando chinò appena la testa. Sentì il petto inondato da un calore strano. Gli occhi nuovamente giù, sui guanti che indossava.
Si chiese se quel ragazzo indossasse ancora i suoi guanti.
E pensò a quanto avrebbe voluto nuovamente le sue mani inguantate tra le sue. Deglutì a vuoto.
«Se vorrai davvero assumerti questa responsabilità, sarò più che felice di dirti dove si trova. E di ringraziarti, a nome di tutti. Specialmente, a nome di Hinata. Credo abbia bisogno di qualcuno come te al suo fianco, in questo momento. Perché quel ragazzo tiene a te più di chiunque altro.»
HEY HEY HEEEEEY
RIECCOMI AS ALWAYSSSSS spero stiate tuttx bene e mi scuso come al solito per il ritardo sigh :") essendo stata in vacanza mi sono concessa un po' di riposo but here i am again :) grazie per essere ancora qui, e per la pazienza, davvero <3
vi auguro una splendida giornata/serata e nulla, see you soon!!
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