𝟮𝟲
«Che ci fai qui?», Hinata non riusciva a giustificare razionalmente la presenza dell'altro proprio lì, nei dintorni di casa sua. Il corvino prese a fissarlo furioso, avvicinandosi rabbioso. Non riuscì a contenersi di fronte allo stupore dell'altro, e lo afferrò per il colletto della giacca larga, facendolo barcollare e quasi perdere la presa sulla bici. «Brutto stronzo! Che ci faccio qui? Sei serio?! Sono corso fino a qui per controllare cosa cazzo stesse succedendo! Ho dovuto anche cercare quel coglione di Tsukishima per sapere il tuo indirizzo! Diavolo, ti ho richiamato più di trenta volte, potevi per lo meno rispondere!», gli gridò contro tutto d'un fiato, facendo spalancare gli occhi al più basso. Questo rimase a fissare il corvino a corto di parole, con le labbra schiuse, incapaci di formulare una qualsiasi risposta.
Era semplicemente così sorpreso da non riuscire a parlare. Non aveva mai visto Kageyama così agitato, prima. Non era venuto per spiarlo o fare altro, Hinata ne era certo. Kageyama era lì perchè era preoccupato. E quella preoccupazione riuscì a scaldargli il petto.
«Io...Ho tolto la suoneria...Scusami.», mugugnò dopo minuti interi di silenzio tra i due, abbassando per qualche attimo lo sguardo, percependo una strana sensazione di colpa invaderlo. Non aveva mai dovuto giustificare a nessuno le sue azioni, eppure ora si ritrovava a chiedere perdono ad un quasi sconosciuto che aveva corso chilometri solo per assicurarsi che lui stesse bene.
Perchè è corso fino a qui?, si domandava, ancora incredulo.
Il corvino sbuffò scazzato, passandosi una mano tra i capelli neri, mollando la presa sulla giacca dell'altro. «Lascia stare. Basta che sia tutto ok adesso, no? Ma se lo rifai, considerati morto.», il rosso sorrise appena a quelle parole. Strinse maggiormente il manubrio, e Kageyama si accorse solo in quel momento dei guanti che ancora indossava. Strabuzzò gli occhi, inorridito, nel vederli macchiati di sangue.
Hinata si accorse all'istante dell'espressione dipinta sul volto dell'altro. E notò ciò che i suoi occhi blu stavano fissando. Si sentì morire dentro.
«Io...Mi dispiace...Li ho rovinati...», farfugliò nervoso, e sentì le mani iniziare a tremargli. Le percepì nuovamente fredde, nonostante indossasse ancora quei guanti fin troppo grandi. Il cuore gli batteva forte. Non sapeva nemmeno lui il perchè di tutta quell'agitazione. Ma temeva di rialzare lo sguardo sul volto dell'altro.
Non voleva trovarsi davanti un ennesimo sguardo disgustato. Sapeva di meritarlo, in qualsiasi caso, ma non voleva comunque accettarlo. Era bastata la faccia di sua madre, qualche anno prima, a farlo sentire un verme, dopo che aveva pestato a sangue - per la prima volta - quel bastardo. Non la scorderà mai.
Eppure, Hinata non si è mai pentito di nulla. Pur sapendo di essere una persona spregevole, sapeva che quella che lui aveva quasi ucciso era una persona ancora peggiore. Hinata lo avrebbe rifatto altre mille volte. Hinata lo avrebbe ucciso, se ne avesse avuta l'opportunità. Se sua madre non lo avesse portato via a forza, lo avrebbe fatto.
Sarebbe diventato un assassino.
Un brivido gli percorse la spina dorsale al solo pensiero.
Sono un mostro, in fondo.
È normale che mi guardi anche lui in quel modo, pensò.
Ma si stupí di vedere le mani di Kageyama poggiarsi sulle sue, ancora strette attorno al manubrio della sua bici. Hinata, attonito, fissò l'altro sfilargli i guanti di dosso, per poi provvedere a sfilarsi i suoi neri e farglieli indossare. Il rosso rimase immobile, spiazzato da quel gesto.
Kageyama non esitò a riporre i guanti sporchi nella tasca della sua giacca, per poi alzare un sopracciglio.
«Come nuovi, no?»
Hinata fissò quasi a corto di fiato i nuovi guanti, e per qualche strano motivo sentì gli occhi inumidirsi. Kageyama, nel mentre, gli aveva lanciato un'occhiata prima di voltarsi nuovamente.
«Non hai fatto niente di male.», disse semplicemente ormai girato di spalle, prima di iniziare ad incamminarsi verso la fine della strada per poter tornare a casa.
Hinata, all'udire quelle parole, percepì lacrime calde rigargli il volto. L'aria gelida lo fece rabbrividire, ma le sue mani erano così calde da ribollire, quasi quanto le sue guance.
«Non riesci più a pedalare, idiota, ora che ho iniziato a farlo io per te?», la domanda di Kageyama lo fece sobbalzare. Non si era voltato, si era semplicemente fermato in mezzo alla strada, aspettandolo. Hinata era incredulo, ma non esitò ad asciugarsi in fretta e furia le lacrime e a sorridere appena, raggiungendo all'istante l'altro.
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