𝟮𝟱
Kageyama arrivò nel distretto indicatogli da Tsukishima quasi finendo per cadere a terra per gli stenti fatti. Aveva corso per chilometri e il cuore gli martellava in testa a un ritmo che poche volte aveva sentito. Non riusciva quasi a respirare e si lasciò cadere sfinito a terra, nel tentativo di riprendere disperatamente coscienza del suo corpo e lasciar rilassare i muscoli ormai allo stremo.
Il cellulare indicava le tre e dieci spaccate. Ci aveva impiegato meni di una quarantina di minuti, ma era finalmente arrivato a destinazione. Non era mai stato in quella zona periferica della città, ma sapeva che era tra i posti più dissestati della zona. Non ci vivevano persone benestanti, ma nemmeno disperate. Le case e i vari condomini si affiancavano l'uno all'altro, illuminati dai lampioni che facevano luce sulla strada deserta.
Il quartiere era abbastanza silenzioso e Kageyama si decise ad addentrarsi tra quegli edifici per cercare qualche traccia che potesse farlo ricongiungere con Hinata. Anche solo la vista della sua bici lo avrebbe aiutato. Solo svoltando in un ennesimo quartiere si accorse di una volante della polizia in lontatanza, con le sirene accese e vari agenti che stavano scendendo da questa. Kageyama corse istintivamente in quella direzione, rimanendo quasi allibito nel vedere poco dopo il ragazzo dai capelli rossi uscire nel vialetto della casa anonima, un'espressione vuota e insensibile sul volto chiaro. Accanto a lui, una donna con tra le braccia una bambina sembrava stargli parlando in modo preoccupato.
Il corvino si nascose furtivamente dietro a un cassonetto sulla strada, per evitare di farsi vedere. Gli agenti portarono fuori dall'abitazione un uomo che stentava a stare in piedi con la testa ciondolante e gli abiti macchiati di sangue. Kageyama non riuscì a identificarlo, il suo volto era così tumefatto che il corvino dovette spostare lo sguardo.
Che diavolo è successo?
Hinata non sembrava per nulla turbato da ciò che lo circondava. Come se la cosa fosse normale. Come se ci fosse abituato. Non si voltò nemmeno quando la volante che posteggiava la casa se ne andò. Rimase fuori casa anche quando quella che il corvino pensò essere la madre tornò in casa.
Il rosso stanziava semplicemente lì, nel piccolo spiazzo vuoto e poco illuminato.
Il ragazzo celato nell'ombra non seppe cosa fare quando vide l'altro sedersi a terra e affondare la testa tra le braccia minute. Non stava piangendo. Sembrava solamente sfinito.
Kageyama finì per sedersi a terra come lui, e proseguì con il fissare quello più basso per un periodo di tempo che non seppe classificare. Non sapeva nemmeno cosa ci facesse lui lì, nell'effettivo.
Ma era felice di sapere che l'altro stava bene. Avrebbe voluto chiedergli cosa fosse successo. Magari sedersi lì con lui. In fondo, era un bastardo, ma non era così stronzo da meritarsi una cosa del genere. Qualunque cosa gli fosse successa.
Una rapina finita male?
Sembrava l'opzione più plausibile per il più alto.
Questo si stupì poi, improvvisamente, di vedere l'altro rialzarsi e correre in fretta e furia in casa. Il corvino pensò si fosse in qualche modo ripreso da quello che era successo e avesse deciso di rincasare. Hinata, invece, era rientrato solo per poter prendere la giacca ed era corso nel piccolo spiazzo dietro casa per poter afferrare la bici e salirci subito in sella.
Il rosso imboccò la stessa strada nella quale si trovava Kageyama, che ormai si stava allontanando da lì con le mani in tasca e lo sguardo basso. Il loro incontro fu, a quel punto, inevitabile.
Il più basso frenò di colpo, riuscendo al pelo a schivare la figura alta dell'altro che sbucò da dietro il cassonetto e che si voltò stupito e spaventato al tempo stesso. Se c'era una cosa che non doveva succedere, era proprio quella che era appena successa.
«Kageyama...?», sussurò in stato di shock il più basso, incredulo. Fanculo, pensò il corvino, digrignando i denti.
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