𝟮𝟰
Kageyama correva a perdifiato mentre continuava a richiamare, invano, il numero di Hinata. Erano le due di notte inoltrate, non sapeva nè dove abitasse quel ragazzo, nè dove lui stesso si stesse dirigendo, ma non era riuscito a rimanere fermo nel suo letto dopo aver sentito le urla di puro odio dell'altro.
«Muori! Muori!», aveva continuato a gridare dal capo opposto del cellulare per minuti interi in lontananza, fuori di sè, ed era bastato quello a far raggelare il corvino e convincerlo ad uscire di casa per provare a cercarlo. Prima di attaccare, il rosso gli aveva solo chiesto scusa, senza specificare nient'altro.
Gli aveva attaccato il cellulare in faccia e da allora, Kageyama aveva continuamente provato a chiamarlo, disperato, senza mai ricevere risposta.
«Cazzo!», sbraitò all'ennesima segreteria, chiudendo la chiamata. Si fermò a corto di fiato, cercando di mantenere il sangue freddo. Sicuramente non lo avrebbe trovato girando a zonzo. Aveva bisogno di chiamare qualcuno che conoscesse il suo indirizzo. Eppure non conosceva nessuno in grado di aiutarlo. O forse sì.
Si illuminò non appena si ricordò che quello stronzo di Tsukishima abitava non molto distante da casa sua. Gli sarebbe bastato chiedere a lui. Sicuramente ne sapeva qualcosa in più a riguardo. Che fossero le due di notte gli importava ben poco, al momento.
Lo avrebbe volentieri chiamato per evitare di perdere tempo, ma non aveva il suo numero di cellulare. Si pentì di essere in brutti rapporti con quel tipo. Suonò non appena identificò il citofono corretto e subì le occhiataccie della madre di Tsukishima, per metà addormentata, che gli chiedeva chi fosse e cosa volesse a quell'ora. Kageyama impiegò minuti interi per cercare di rassicurarla e per provare a non sembrare un pazzo.
Ma Kageyama non aveva nè tempo nè interesse di perdersi in futili conversazioni. «Ho bisogno che svegli un attimo suo figlio. È urgente.», spiegò in tutta fretta, riuscendo alla fine a far smuovere la donna e a farle chiamare Tsukishima. Questo scese le scale con un'aria addormentata e confusa, e non appena si accorse dell'intruso alla porta gli lanciò un'occhiata sorpresa e contratiata.
«Che cazzo ci fai tu qui?!», gli sbraitò contro, svegliandosi all'istante. Kageyama non aveva tempo di spiegare. «Dimmi dove cazzo abita Hinata! Penso sia nei casini.», disse in allerta e il biondo sbuffò, furioso.
«Che diavolo? Sul serio sei qui per una puttanata del genere?!», Kageyama lo fulminò con lo sguardo, serio come non era mai stato. «Muoviti.», disse nuovamente, al che il quattrocchi sospirò, esausto, non comprendendo il motivo dietro il suo comportamento. «Dio, quel tizio è furbo, non finisce spesso nei guai. Tornatene a casa, cazzo.», il corvino non esitò a prendere dal colletto l'altro, completamente fuori di sè. Il biondo sobbalzò per lo spavento.
«Dimmi dove cazzo abita!», lo mise in chiaro un'altra volta e Tsukishima non potè fare altro che alzare un sopracciglio e costringere l'altro a farsi indietro, spingendolo con forza, quasi facendolo cadere. Lo guardò dall'alto in basso, aggiustandosi la camicia del pigiama grigiastro.
«Prova a farlo di nuovo e sei morto.», lo minacciò, e Kageyama sospirò, ancora in attesa. «Distretto 3 di Kashina, nella periferia a est. Non so quale cazzo sia la sua casa lì. Ora levati dal cazzo, stronzo. Prova a suonare a casa mia ancora una volta, ti spacco il cranio in due.», non esitò a richiudere la porta, sbirciando poi dalla finestra del salone l'altro iniziare a correre come un dannato.
Il biondo si chiese cosa diamine stesse succedendo, e non impiegò molto a tornare in camera e uscire sul balcone insieme al suo cellulare per poter avvertire a riguardo chi di dovere.
«Kageyama è passato di qui chiedendomi l'indirizzo del nanetto. Diceva che forse era nei casini. Hinata ti ha detto qualcosa?», chiese in un sussurro non appena il ragazzo rispose alla chiamata. Akaashi si accigliò, stropicciandosi gli occhi disturbati dalla luce del telefono. «No, non mi ha avvisato di nulla...Dici che è tornato il padre?», mugugnò, pur essendosi svegliato pienamente ormai. Tsukishima sospirò.
«Fanculo. Se la vedrà da sè. Sa cosa fare in qualsiasi caso.», decise di tagliare corto il biondo. In fondo, per quanto non volesse dare a vedere la sua preoccupazione, conosceva quel ragazzino. Non era come gli altri. Era furbo e scaltro, quando voleva. Forse troppo goffo in alcuni casi, ma certamente non stupido.
Per di più, quegli affari erano suoi e personali. Non voleva nessuno intervenisse. Glielo aveva ripetuto costantemente, ogni volta.
Per il biondo, però, rimaneva aperta una domanda: perchè Kageyama sapeva che Hinata si trovava nei casini? Per di più, era decisamente troppo agitato.
Tsukishima sbuffò prima di congedarsi con Akaashi al cellulare e tornare a letto. Non dormì molto, attendendo qualche eventuale notizia via telefono che, però, non arrivò.
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