𝟭𝟵

Il ragazzo correva a perdifiato, ignorando il cellulare che continuava a squillare nella tasca posteriore dei suoi jeans neri. Era certo che potesse essere solo una persona, in qualsiasi caso.

L'aria gelida riuscì a fargli ghiacciare perfino le orecchie, oltre che il naso. Aveva scelto la giacca sbagliata per quella giornata e, per di più, aveva anche dimenticato la sciarpa nello studio del suo dottore per la fretta. Per strada non c'era nessuno ed era già buio.

Sapeva bene di essere in ritardo, ma la visita in ospedale l'aveva trattenuto più del dovuto. Le parole del suo medico ancora gli infestavano la mente, ma cercò di ignorare anche quelle, continuando a muoversi frenetico verso la sua meta.

Le converse di un rosso ormai sbiadito si erano slacciate, ma non ci fece caso.
Ormai mancavano non troppi metri. Già intravedeva il solito palazzo dove l'appuntamento era fissato per quella sera insieme agli altri.

«Alla buon'ora, stronzo.», avrebbe riconosciuto quella voce tra mille. La figura alta di Iwaizumi stanziava contro lo stipite della porta d'emergenza sul retro dell'edificio, mentre nella mano destra reggeva la solita sigaretta, ormai quasi terminata. Lo fissava dall'alto della seconda rampa della scala d'emergenza fin troppo arrugginita per essere completamente sicura.

Oikawa ghignò appena, alzando per qualche attimo gli occhi a incontrare quelli dell'altro, chinandosi poi sulle ginocchia per cercare di recuperare fiato, visibilmente esausto. Forse non avrebbe dovuto sforzarsi così tanto. Forse il giorno dopo gli sarebbe venuto un febbrone da cavallo. Ma, in fondo, in quel momento, con Iwaizumi lì, nemmeno ci pensò su.

Il ragazzo dai capelli più corti e lo sguardo seccato squadrò male quello appena arrivato, poggiandosi alla ringhiera per osservarlo meglio. «Ti stiamo aspettando da quaranta minuti, cazzo. Perchè non rispondi al cellulare? Non dirmi che eri insieme alla tipa o ti spacco in due la faccia.», era incazzato, Oikawa lo sapeva, ma ridacchiò comunque.

«Sai che Akiko è molto esigente. Ci tiene a passare più tempo possibile insieme. D'altronde, chi non vorrebbe sempre stare con me?», rise il castano, faticando più del solito a regolarizzare il suo respiro e a salire le scale. Non va bene, si disse, ma cercò in ogni modo possibile di non darlo a vedere all'altro, evitando anche di reggersi alla ringhiera.

Iwaizumi inspirò l'ultima tirata prima di lasciar cadere a terra la sigaretta ormai finita nello stesso punto dove prima si trovava Oikawa. «C'è un problema.», disse semplicemente, tagliando corto, iniziando ad aprire la porta dalla quale era uscito, aspettando però l'altro. Faceva più freddo del solito, quella sera.

Oikawa non aveva la sua solita sciarpa, notò quello scuro di capelli. Quello appena arrivato, alle parole dell'altro, si accigliò. «Che problema?», domandò, facendo caso solo in quel momento alla faccia fin troppo buia dell'amico.

Iwaizumi sospirò, esausto per la giornata che ancora doveva concludersi. Fissò l'altro a fondo prima di parlare. «Kageyama è qui.»

Oikawa quasi rise all'affermazione dell'altro. Solo quando si rese conto che questo non sembrava star scherzando si fermò. Era inorridito.

«Che cazzo significa?», domandò, percependo il terrore iniziare a smuovergli lo stomaco. Iwaizumi tirò indietro la testa in un sospiro prima di appoggiarsi contro la porta ancora aperta, incrociando le braccia al petto.

«Sta con noi, a quanto pare. L'ha portato qui Hinata. Dice di non patteggiare col padre, ma la cosa è da verificare.», parlò, ma per il castano quelle spiegazioni non avevano fatto altro che aumentare la confusione che aveva in testa. «Con noi? Stai scherzando? Suo padre è un fottuto agente dei piani intermedi! Che cazzo vuol dire che sta con noi?!», la voce di Oikawa era storpiata dal nervoso e dalla paura, così tanto da riuscire a far sussultare Iwaizumi, che non fece altro che un cenno col capo.

«Lo so. Dice che suo padre non c'entra nulla e che è qui di sua volontà.», il castano quasi rise, interrompendo l'altro. «Beh, di certo non verrebbe qui a dire il contrario! Che cazzo sta succedendo? E Akaashi? Il quattrocchi? Nessuno ha fatto niente?! Che diavolo significa?!», Iwaizumi non esitò ad afferrare l'altro per le spalle e posizionarsi di fronte a lui, quasi facendo scontrare le loro fronti. Oikawa sussultò a quel gesto improvviso, continuando a respirare affannosamente per quanto era agitato.

«Tooru, calmati. Reagire in questo modo non ci porterà a nulla. C'è ancora la possibilità che quello non stia mentendo. Lo terrò d'occhio anche io. In caso contrario, risolveremo la faccenda. Lo sai.», le parole serie di Iwaizumi riuscirono, in qualche strano modo, ad avere effetto sull'altro, che annuì appena in un sospiro. Rimase a guardare gli occhi scuri dell'altro, incapace di fare altro.

«Dio...», sospirò poi a fondo, chinandosi appena contro l'altro che ancora lo reggeva dalle spalle. Iwaizumi, senza nemmeno pensarci, finì con il passare una mano tra i capelli morbidi e scompigliati del castano. Oikawa sbarrò gli occhi, senza però ritrarsi a quello strano e insolito gesto d'affetto.

Iwaizumi non era mai stato troppo bravo ad esprimere le sue emozioni, ma trovava sempre un modo per riuscire a farsi comprendere dall'altro. Erano amici per quello, in fondo. Si comprendevano a vicenda.

Si conoscevano fin da quando entrambi riuscivano a malapena a camminare e, pur vivendo ai poli opposti della loro città, non avevano mai perso i contatti l'uno con l'altro. Nonostante ognuno di loro avesse la propria vita, trovavano sempre del tempo per vedersi, una scusa per incontrarsi, e qualche ora da buttare utilizzabile per allenarsi insieme in qualche parco deserto. Erano diversi sotto quasi ogni punto di vista, ma entrambi sembravano riuscire a scaricare bene la tensione mentre giocavano a pallavolo.

Al liceo erano addirittura stati in squadra insieme, dopo un capriccio di Oikawa, che aveva obbligato l'altro a iscriversi. Da quando avevano iniziato l'università, però, a dispetto delle loro aspettative, non avevano smesso di giocarci, seppur solo tra loro.

Era diventata una piccola tradizione nei weekend.

Iwaizumi spinse appena a sè l'altro, alzando gli occhi al cielo nero senza stelle che li sovrastava. Sapeva che Oikawa stava passando un brutto periodo. Per quanto non volesse mostrarglielo, stava succedendo qualcosa. Era da tempo che se n'era accorto.

Forse c'entrava con la sua matrigna. Forse era colpa del padre. Non aveva avuto ancora il coraggio di chiederglielo. Forse sperava che facesse lui il primo passo, rivelandoglielo. Oikawa odiava scoprire che l'altro sapeva già qualcosa che lui aveva scelto di non dirgli. Voleva essere lui, e solo lui, l'unico a parlare.

Iwaizumi lo conosceva bene ormai, ma ancora nemmeno immaginava ciò che l'altro, in realtà, gli stava nascondendo, e che forse mai gli avrebbe rivelato.

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