𝟭𝟲
Kageyama continuava a fissare annoiato la porta abbastanza sgangherata che ancora aveva davanti. Erano passati quasi venti minuti, ma nessuno lo aveva ancora fatto entrare. Che si fossero rifiutati di accettarlo, alla fine? O che, addirittura, si fossero dimenticati della sua presenza?
Non capiva.
Ma si stava davvero stancando di attendere invano.
Fanculo, pensò, rialzandosi da terra, dove si era seduto, e provando ad aprire la porta. Fallì, dal momento che questa era chiusa a chiave. Beh, cosa mi aspettavo, pensò.
Sbuffò, controllando l'ora sul cellulare.
Erano già le sette e mezza passate.
Sua madre avrebbe lavorato fino a tardi quella sera, nonostante fosse l'ultimo dell'anno, mentre suo padre, che in quel periodo faceva i turni notturni, stava ancora, molto probabilmente, riposando, per poi attaccare verso le dieci. Sbuffò nuovamente.
Sarebbe dovuto passare in qualche mini market, sperando ce ne fossero di aperti, per comprare qualcosa di veloce da mangiare, per poi filare a letto prima ancora di assistere ai soliti fuochi d'artificio che segnavano l'inizio del nuovo anno. Ormai, nemmeno gli importava più.
Anche il giorno di Natale l'aveva passato da solo, ci era abituato e certamente gli piaceva più che passare il tempo con la sua famiglia.
Inspirò a fondo, rabbioso. Perchè nessuno veniva ad aprirgli? Aveva anche provato ad origliare, ma non riusciva a sentire nulla a causa delle infiltrazioni d'aria provenienti dalla porta d'emergenza di quel piano che continuavano a sovrastare ogni altro rumore. Per di più, la piazzola in cui stanziava era all'oscuro. Se non fosse stato per la lampadina in parte fulminata che dava lievi bagliori di luce ogni mezzo minuto, si sarebbe ritrovato davvero al buio più totale.
Si disse che ne aveva abbastanza dopo aver controllato un'ennesima volta il suo telefono. Più continuava a bussare, più nessuno, in qualsiasi caso, sembrava volergli aprire.
Aveva solo perso tempo, ma non ne era nemmeno così deluso, in fondo. Si stava immischiando in qualcosa che forse era perfino più grande di lui. Ne valeva davvero la pena rischiare così tanto?
Sussultò per la sorpresa non appena la serratura scattò, improvvisamente. Dopo pochi secondi, la chioma ormai familiare di Hinata sbucò fuori. Lo guardava con occhi seri e pareva quasi starlo squadrando con riluttanza.
Il corvino non fece nemmeno in tempo a parlare, perchè fu l'altro a precederlo. «Tuo padre è nel sistema.», le sue improvvise parole fredde fecero gelare l'altro. Il corvino si bloccò per qualche istante, per poi sospirare. Sapeva già, in fondo, che quello era un problema e che, ovviamente, ne sarebbero venuti a conoscenza.
«Non vi denuncerò, se è questo che vi preoccupa. Avrei potuto già farlo, in qualsiasi caso.», il rosso sembrò squadrare dubbioso il corvino, ancora con solo la testa fuori dalla porta. Socchiuse gli occhietti e Kageyama alzò un sopracciglio. «Allora? Posso entrare?», gli chiese, ma Hinata rimase semplicemente a fissarlo.
Non ne comprendeva il motivo, eppure sentiva di potersi fidare di quel ragazzo. Non aveva ragione di credergli, lo sapeva bene, eppure non riusciva nemmeno a non farlo.
Gli disse solo di aspettare prima di richiudergli la porta in faccia. Fanculo!, pensò il corvino, alzando gli occhi al cielo.
Tsukishima, al rapporto di Hinata, sghignazzò solamente. «Ma pensa, che gentile! Può denunciarci in qualsiasi momento, coglione! C'è solo un modo per risolvere la cosa, e lo sapete anche voi che non abbiamo scelta.», si sitemò gli occhiali sul naso dritto e Suga balzò in piedi, scuotendo con forza la testa.
«Non se ne parla affatto! Non facciamo del male alla gente! Aiutiamo le persone, non le ammazziamo!», protestò allarmato. «Parli proprio tu, che non hai esitato a sparare a quel tizio per difendere il tuo amico? Se quello fosse morto davvero, invece che perdere un braccio, non saremmo qui a parlare!», ribattè il biondo, zittendo quello dai capelli grigi. In fondo, Suga sapeva bene di essere abbastanza nel torto.
«Quella era una situazione di emergenza! Se non l'avessi fatto, Daichi ed io saremmo morti!», cercò comunque di difendersi. «Lo è anche questa! Cazzo, volete aprire gli occhi?! Quello potrebbe già aver detto tutto alla polizia!», Tsukishima era completamente fuori di sè.
Bokuto annuì, d'accordo con il biondo. «Ci penserò io a farlo parlare, non è un problema. Mi besterà una corda e qualche proietti-»
Akaashi sospirò soltanto, tirandogli una pacca col piede. «Cerchiamo di rimanere calmi, per il momento. Valutiamo le ipotesi: potrebbe volersi infiltrare tra noi per raccogliere prove e incastrarci definitivamente, forse ha già detto tutto ed è in combutta con la polizia, o forse sta dicendo la verità e le sue intenzioni sono sincere. Credo sia meglio metterlo in prova, prima di fare qualsiasi altra cosa. In qualsiasi caso, lo terremo d'occhio, giorno e notte se necessario. Nel caso peggiore, valuteremo cosa fare.», spiegò il ragazzo dai capelli neri, fissando i suoi compagni uno ad uno. «E, solo se saremo sicuri del fatto che rappresenti una minaccia, interverremo.», Tsukishima sbuffò incazzato. «Ci mancava anche il coglione da tenere d'occhio, come se non avessimo già abbastanza problemi...»
«Lo farò io.», fu Hinata a farsi avanti, sotto gli occhi sorpresi degli altri. Bokuto lo guardò confuso. «Tu? Hey, piccoletto, non credi che sia un po' troppo per te?», il rosso sorrise appena di fronte alla preoccupazione negli occhi dell'altro. Sapeva quanto Bokuto fosse costantemente in pensiero per la sua situazione. In fondo, non sapeva nemmeno lui come sarebbe riuscito a far combaciare le cose, tra i problemi che aveva a casa e il resto, ma in qualche modo, doveva risolvere quel casino. Era stato lui a causarlo, e sarebbe stato lui a risolverlo.
«Non c'è problema. Sono il migliore, in fondo, qui dentro, per quanto riguarda lo spionaggio!», ghignò furbo, sapendo bene di esserlo. Nonostante cercasse di mostrarsi disinvolto e divertito come al solito, dietro quella facciata sapeva bene quanto, in realtà, aveva tra le mani. Era qualcosa di davvero grosso.
Ce l'avrebbe fatta?
Daichi incrociò le braccia, contrariato in parte. La cosa non lo convinceva affatto, nonostante Hinata avesse sempre fatto ottimi lavori in passato.
«In qualsiasi caso, è meglio che non ricada l'intera cosa solo su di te. Sono certo che Tanaka e Nishinoya saranno dei buoni supporti. D'altronde, non avete molte commissioni, di questi tempi, no?», i due, chiamati in causa, sobbalzarono sull'attenti.
«Assolutamente no! Siamo sempre disponibili per aiutare Shoyo!», affermò entusiasta Nishinoya, e Tanaka sorrise a trentadue denti in direzione del rosso. «Non dovrai preoccuparti di niente! Ci penseremo noi!», assicurò. Hinata sollevò appena l'angolo della bocca.
Chissà se anche quel loro entusiasmo era tutta in parte una finzione, come lo era spesso il suo sorriso.
Iwaizumi alzò una mano, attirando l'attenzione degli altri. «Appena sbrigo il mio lavoro, mi aggiungerò a voi.», Hinata sorrise appena, annuendo. Sapeva quanto quel ragazzo sempre tenebroso fosse efficiente. Con lui e gli altri, si sentiva decisamente più sicuro.
Anche Tsukishima si sollevò appena, pur continuando a temere per il peggio.
Ma Hinata era bravo nel suo compito, questo il biondo glielo doveva riconoscere. Eppure, c'era fin troppo in gioco da perdere. Avrebbe dovuto trovare un modo anche lui per tenere sotto controllo la situazione.
«Giuro che se non gli state attaccato al culo anche quando va a cagare vi faccio fuori.», li minacciò tutti e tre il quattrocchi, facendo raggelare i due seduti sul divano.
«Signorsì!», esclamarono con una mano sulla fronte a mo'di soldato. Il biondo sospirò a fondo. Che situazione del cazzo.
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