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La figura alta del ragazzo dai capelli corvini stonava con il colore bianco sporco dell'edificio che affiancava. Teneva la testa bassa; le mani coperte dai guanti neri ben strette sul foglio che i suoi occhi blu stavano squadrando da più di 10 minuti.
Un solo nome, scritto in maiuscolo ad inizio pagina, spiccava sul resto: Kiyoko Shimizu.
Kageyama aveva già sentito molto parlare di lei in passato, nella sua scuola. Era più grande di lui di un paio d'anni, lo lesse sul foglio che aveva tra le mani. Ormai starà facendo l'università, pensò. Eppure, non riusciva a metterne a fuoco il volto, nei ricordi fugaci dei suoi primi anni di liceo.
Più guardava il viso chiaro ritratto nella foto accanto al suo nome, più non gli sembrava di averle mai parlato. E se l'aveva fatto, probabilmente non pensava fosse importante ricordarlo.
Sicuramente, all'alba del suo diciottesimo compleanno, non si sarebbe mai aspettato di scoprire che sarebbe stata proprio quella ragazza ad essere la persona più simile a lui, in quella cittadina. La più compatibile.
La sua anima gemella.
Kageyama storpiò le labbra al solo pensiero. Non gli era mai interessato nulla di certe faccende, a partire da quelle romantiche. Al contrario di tutti i suoi coetanei, che non facevano altro che entusiasmarsi all'idea di poter finalmente compiere diciotto anni per poter scoprire il vero amore - il loro match -, lui aveva sempre vissuto gli anni scolastici nel più profondo e viscerale disinteresse in merito. E, certamente, non avrebbe cambiato idea al compimento della maggiore età.
A dirla tutta, aveva quasi sperato quel compleanno non arrivasse mai.
Ma le cose non andavano mai come voleva, ormai si era abituato a quella regola non scritta. E quel sistema impiantato ormai da decenni nella loro società aveva deciso che sì, lui avrebbe dovuto cambiare idea sulla faccenda. E che, per giunta, avrebbe dovuto accettare quel giudizio sul suo conto senza troppe questioni, né proteste - come se rispondere a delle domande generate da un'intelligenza artificiale avrebbe potuto definire per intero la sua persona e i suoi interessi, ciò che era e ciò che aveva vissuto.
Continuando a far scorrere a vuoto lo sguardo sull'infinita descrizione della ragazza riportata nel foglio ancora tra le sue mani, si chiese se quello sbagliato fosse lui, in realtà. D'altronde, a tutti quell'assurdità sembrava andare bene. Per gli altri lasciar decretare il proprio futuro da un algoritmo era giusto. Secondo l'opinione pubblica, questo processo era diventato indispensabile, nella società moderna.
Kageyama strinse i denti, accartocciando malamente il foglio in tasca, addocchiando con fastidio il logo della Match Master su di esso.
Lo avrebbero fatto diventare pazzo.
Sua madre, quella mattina, gli aveva fatto trovare pronti dei pancakes ripieni di cioccolato insieme ad un bel bicchiere di latte freddo per l'occasione - generosamente preparati dalla loro domestica, e spacciati per suoi. «Tobio, è arrivata la tua lettera! Sei stato fortunato, a te è arrivata il giorno stesso del tuo compleanno! La mia aveva tardato di un paio di mesi! Avanti, aprila!», la sua voce esuberante, che ancora rimbombava nella testa del ragazzo, lo costrinse ad accelerare il passo per poter arrivare prima a scuola e, di conseguenza, smettere di pensare alla questione - o, per lo meno, sperare di distrarsene.
Odiava sentirsi messo con le spalle al muro, così come odiava dover sottostare a qualcosa che non aveva deciso, e a cui non aveva mai dato il suo consenso. Odiava lo sguardo che sua madre gli aveva rivolto dopo aver scoperto che si sarebbe potuto sposare con una bellissima ragazza proveniente da una famiglia rispettabile e benestante come la loro. Odiava sapere già quello che sarebbe stato il suo futuro, ed il non poter sfuggire a quella predizione non voluta.
Ancora si domandava con quale pazienza, qualche settimana prima, era rimasto quasi quattro ore chiuso in uno studio al ventesimo piano di un grattacielo del centro città insieme ad un tizio dai baffi bizzarri che registrava ogni sua singola parola, immettendola sul pc che aveva sulla sua scrivania.
In modo ironico, quell'uomo si era definito un cupido informatico all'inizio del colloquio, e la cosa aveva fatto abbastanza ridere al corvino, anche se aveva mantenuto la sua faccia inespressiva per tutta la durata della seduta. Era stato ridicolo. Specialmente le domande relative alla volontà di avere figli o rapporti. Le proprie aspirazioni in merito. Anche desideri repressi, magari qualche fetish o preferenza specifica. L'uomo si aspettava davvero delle risposte serie, a giudicare dallo sguardo rigido e l'atteggiamento professionale che aveva mantenuto. Il corvino lo aveva quasi scambiato per un robot, una qualche sorta di macchinario, la cui unica funzione era quella di immettere i suoi dati più personali e intrinsechi al suo essere in un database.
Kageyama era rimasto in silenzio, spingendolo così a fare domande che avessero come risposta un semplice sì o no, in modo tale che il ragazzo potesse annuire o scuotere il capo di conseguenza.
Assolutamente ridicolo.
E mentre continuava a pensare a tutto ciò con la faccia infossata nella sua sciarpa, non si accorse nemmeno di aver tagliato la strada ad un altro, molto più basso di lui. D'altronde, non lo aveva minimamente visto mentre camminava con fastidio e occhi truci persi nel vuoto. Ultimamente, non si sentiva più se stesso, faticando a rimanere connesso a ciò che gli accadeva intorno. Quasi gli sembrava di guardare quelle giornate monotone procedere dall'esterno, non sentendosi il protagonista di quella che avrebbe dovuto essere la sua vita.
Molto più spesso, si sentiva davvero un estraneo nel suo stesso corpo. Al punto tale che nemmeno gli interessava più del resto, nè di quel sistema. Temeva che, se quella insofferenza alla vita fosse continuata, sarebbe finito per diventare lui stesso parte di quel sistema che tanto ripugnava, rinunciando a qualsiasi volontà di opporsene.
«Hey! Ma ci vedi? Guarda dove vai, lampione!», una voce carica di rabbia sembrò richiamarlo, ma non ebbe il tempo di squadrare il volto dello sconosciuto. In meno di una frazione di secondo un peso improvviso finì per colpire con forza il suo stomaco. Una sacca da ginnastica.
Kageyama si portò automaticamente le mani sul ventre dolorante, abbassando lo sguardo sulla massa rossa scompigliata e poco definita che sbalzava fuori da un cappellino di lana bianco davanti a sè.
Non riuscì nemmeno a pronunciare un insulto verso il ragazzo: quello si era già messo a correre come un matto verso la palestra, oltre i cancelli che delimitavano il perimetro scolastico. Il corvino strizzò un occhio, quasi involontariamente.
Che giornata del cazzo, pensò seccato, decidendosi a sistemarsi meglio lo zaino in spalla, stando attento a non forzare troppo la parte lesionata, prima di dirigersi verso l'entrata.
Erano solo le otto di mattina, ma si prospettava una giornata peggiore di quelle precedenti.
HEY HEY HEY
tengo particolarmente a questa storia, quindi spero possa piacervi così come sta piacendo a me scriverla! grazie per essere qui!
vi auguro una buona giornata/serata/nottata!
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