𝙏𝙃𝙀 𝙁𝙐𝘾𝙆𝙄𝙉𝙂 𝘾𝙍𝙀𝙏𝙄𝙉 𝙒𝙊𝙉, 𝙔𝙊𝙐 𝙆𝙉𝙊𝙒?
𝘿𝙖𝙩𝙚 𝙪𝙣'𝙤𝙘𝙘𝙝𝙞𝙖𝙩𝙖 𝙖𝙡𝙡'𝙖𝙣𝙜𝙤𝙡𝙤
𝙖𝙪𝙩𝙧𝙞𝙘𝙚 𝙞𝙣 𝙛𝙤𝙣𝙙𝙤 𝙖𝙡 𝙘𝙖𝙥𝙞𝙩𝙤𝙡𝙤, 𝙜𝙧𝙖𝙯𝙞𝙚🦋
ᴇxᴄᴜꜱᴇ ᴍᴇ ꜰᴏʀ ʙᴇɪɴɢ ᴀ ᴠɪʀɢɪɴ.
🎡
Vedere l'ennesimo alunno cadere dalle sbarre parallele nel cortile della Chung Dam High School non era il massimo: nell'esatto momento in cui Jungkook alzò lo sguardo svogliato, in direzione dell'urlo catastrofico che si propagò non appena uno studente — della classe adiacente alla sua — cascò sbucciandosi il ginocchio, si chiese perché quel giorno fosse venuto a scuola.
Insomma!, se avesse avuto più fegato e più irresponsabilità tra la corteccia cerebrale a quest'ora sarebbe stato comodamente spaparanzato sul divano di casa sua a mangiare schifezze, giocando a qualche partita a CoD. Almeno avrebbe fatto finta di divertirsi, sopprimendo l'infinità vergogna che provava addosso.
Davanti ai suoi occhi, abbassati sul terreno, meno di una decina di scarpe da ginnastica slacciate e rigate di gomma grigia ai lati, si palesarono dirimpetto alla sua seduta solitaria, adornate da risate starnazzanti.
«Oi, Guk, come mai non c'è il tuo culo sulla pista? Partecipi all'ora di ginnastica solo per mostrare quelle graziose coscette» Jungkook alzò lo sguardo verso Jimin, o lo scemo che ammicca, come l'aveva definito tempo prima Dalai, e finì per squadrare il resto della cricca del diavolo.
Il discount del licelo, praticamente. E lui ci era dentro fin dal primo anno.
Jungkook sospirò annoiato, esalando: «Non oggi. Non ho molta voglia» e Jimin, stupito, smise di indicare la famosa pista outdoor rifornita dal loro liceo per mettersi le mani dentro le tasche e tirare, in questo modo, i pantaloni della tuta sul culo così tanto da far impazzire qualche matricola in fondo al cortile.
«Testa di nuvole, fai sul serio?» lo chiamò, seriamente preoccupato nel vedere il suo migliore amico con il culo sulla panchina dei "dimenticati"e non sul campo come uno scavezzacollo, «Questo non é normale, che diavolo ti prende?»
Uno sghignazzo anticipò la risposta dell'atleta proprio dalle spalle di Jimin: «Vuoi dirmi che ancora non sei a conoscenza del palo, Jimin?» quella domanda creò delle risatine generali.
Gli occhi di Jungkook ruotarono all'indietro e si maledì immediatamente per averlo raccontato all'idiota che ha saltato la pubertà, accanto all'idiota con la faccia da scemo.
Jimin il grugno a maiale dell'idiota e, subito dopo, Jungkook, dritto negli occhi per studiarlo: «Che cosa non so?» chiese Jimin serio mentre Jungkook si afflosciò immediatamente con la schiena sullo schienale della panca e una mano premuta sulla fronte.
«Woojin, in nome del cielo, chiudi quella bocca» soffiò a bassa voce l'atleta ma l'altro, con la faccia ricoperta di peli solo nella zona delle sopracciglia, ignorò il suo avvertimento: «Jungkook é stato mollato in tronco perché la moretta ha scoperto che é un verginello» e altre risate si elevarono.
«Nulla che non sia già capitato anche a voi, coglioni» esplose Jungkook, tentato di alzarsi e pestarli a sangue uno a uno.
L'unico che non rideva era Jimin, ed era altrettanto unico, fra loro, ad aver avuto esperienze sessuali al di fuori di un semplice preliminare; il soggetto in questione, davanti a lui, aveva saltato un anno per motivi strani, di trasferimento o famigliari, neanche Jungkook se ne ricordava più ormai e questo vantaggio l'aveva portato a essere molto più disinibito nei confronti delle ragazze.
Se sembrava l'idiota con la faccia che ammicca non era dovuta a una semplice coincidenza, tutt'altro, dipendeva dal suo fascino principesco che copriva solamente i suoi reali atteggiamenti da stronzetto playboy.
«Ma non siamo noi quelli che si sono pisciati addosso per la paura di non farselo venire duro» l'altro batté il cinque ridendo a crepapelle. «Cosa ne sai? Magari dopo i cinque centimetri a Jungkook si è bloccata la crescita e il problema era altro» strinse il l'indice e il pollice per ricreare una breve distanza, abbastanza da prenderlo in giro e alludendo a alla ipoplasia peniana. (condizione del micropene)
Lo scempio di risate aumentò così tanto da portare Jungkook a uno stadio di tolleranza veramente minimo. «É sconvolgente come non capiate un cazzo lo stesso, anche sintetizzando la storia per aiutare i vostri cervelli sgonfi é stato inutile» sputò sarcastico, spalancando le gambe.
«Oi! Non ti scaldare così tanto, c'è bisogno di prendersela così tanto per una stronzata!?»
Ma Jungkook si alzò dalla panchina in un molleggio e si palesò davanti all'idiota con la pubertà tardiva, mostrandogli il suo ampio petto così da spazzare via il metro e settanta dell'altro. «Stronzata, dici? Ti conviene starmi lontano un metro sennò vedrai a tue spese quanto il mio cazzo abbia problemi di lunghezze, nano di merda. Se faccio un altro passo rischio di pisciarti in testa»
Si spinse ancora più avanti, ignorando la faccia sconvolta di faccia con la pubertà tardiva ma, per suo grande dispiacere, Jimin si mise in mezzo ridacchiando e bloccandolo. Gli massaggiò premurosamente il petto con due pacchette per tranquillizzarlo. «Fermi, cazzo, farmi» ridacchiò con un tono acuto da villain, «Volete farci cacciare anche qui, deficienti?»
«Jungkook, ficcati nel culo una supposta di tranquillanti o ci farai sospendere» esordì a bassa voce il più grande. «Se li ficcassero loro i tranquillanti nel culo, anzi, metteteci i vostri microscopici cazzi prima che vi impianti il mio per farvi piangere» Jimin lo bloccò ancora sotto lo sguardo perforatore del professore di ginnastica.
Gli altri fecero qualche passo indietro, sbiancati, ma Jungkook non smise nemmeno per un secondo di fissarli negli, nonostante ci fosse la soglia dei capelli di Jimin a raschiargli le narici.
«Voi due, perché non lasciate da soli me e testa di nuvole per fare due chiacchiere? O siete troppo gelosi e avete bisogno che venga a coccolarvi?» e, senza una parola in contrario, si volatilizzarono creando un grosso polverone di terra.
Jungkook non assistette alla corsa della vergogna e si riappoggiò alla panchina sotto lo sguardo giudizioso del suo migliore amico. Raramente si arrabbiava in questo e quando lo faceva, dove scoppiava con una pericolosità del genere, significava solamente che il limite era stato superato.
«Mmh, questo è altrettanto strano»
«Cosa?» lo guardò con gli occhi stanchi.
«Questo» indicò la sua sagoma afflosciata come un sacco di patate in yuta, «Tu. In realtà tutto quanto e wow,» si sedette con le gambe sdraiate sul terriccio e lo sguardo guardingo verso gli studenti che giocavano a pallavolo, «ci conosciamo da anni e non ti ho mai sentito incazzarti così tanto per queste cose. Devi stare tranquillo, testa di nuvole, lo sanno tutti ormai, anche i muri delle docce, che l'ha sotto hai un pitone al posto del cazzo» persino il suo orgoglio maschile sopperiva davanti a quell'ingiusta evidenza.
Un motivo c'era se, dopo gli allenamenti con la squadra di atletica, nessuno voleva farsi la doccia nel cunicolo a mezza altezza vicino al campione alto quasi un metro e novanta. Ma Jungkook era talmente preso a grattarsi via lo sporco e il sudore dal corpo che non sentiva addosso gli occhi della squadra. E la maggior parte dei liceali coreani erano così pudici e vergognosi verso il sesso generico — come lo era anche lui, sotto sotto — che facevano sempre finta di niente.
Tranne Jimin, ovviamente. Disinibito com'era non si faceva problemi a farglielo notare con poca finezza, schiaffeggiandolo persino un asciugamano sulle chiappe per svegliarlo dal mondo dei morti.
«Cristo, sei imbarazzante quando fai così»
«Lo dici sempre» aprì le braccia sullo schienale della panchina e lanciò un paio di sorrisi strappacuori a qualche matricola che passava davanti a loro, «Mah, so che in realtà ti fa piacere sentirti elogiato in questo modo, perciò non ti priverò mai dei miei incantevoli complimenti»
E Jungkook finalmente accennò un sorriso.
«Allora?» chiuse gli occhi godendosi il Sole sul viso, «Vuoi dirmi cos'è successo o devo fare fede al racconto di quei due idioti che non sanno nemmeno quante dita hanno su entrambi i piedi?» Jungkook alzò una mano per grattarsi prepotentemente la coppa scoperta, imprecando a bassa voce.
«C'è poco da raccontare in realtà: ci siamo baciati, lei voleva farlo nei sedili della sua auto e—»
«É una che va subito al sodo, mi piace»
«Jimin» lo canzonò infastidito.
«Scusa, continua pure» tornò a chiudere gli occhi in due fessure verso l'alto.
«Stavo dicendo...» sospirò incazzato con se stesso, «Mi sono fatto prendere dal panico perché di lì a poco avrei compiuto un passo molto più lungo delle mie aspettative. E, cazzo, farlo con lei era quello che desideravo. Quello che volevo con tutto me stesso ma,» gesticolò toccandosi il petto senza parole, «era come se...»
«Come se quello non fosse il momento giusto per fare una cosa così importante per te» Jimin finì al posto suo e smise di abbronzarsi il viso, «Perché alla fine si tratta di questo, testa di nuvole: di te, che ti sei preso una grossa cotta per quella ragazza. L'hai baciata e sarai stato il ragazzo più felice del mondo in quel momento ma poi, boom!, all'improvviso ti piomba addosso questo enorme accumulo di merda proprio mentre sei lì, a un passo dal metterle le mani dentro le mutande e sai questo, caro Guk, come si chiama? Questo gran ammasso di merda?» domandò ironico al ragazzo che non osava staccare gli occhi dalle punte delle sue scarpe.
«Karma? Coscienza sporca? Pentimento?»
Jimin negò lesto con l'indice: «No. Si chiama verginità»
Sentì di nuovo quell'enorme ammasso di merda cascargli addosso per la seconda volta, così maleodorante e fastidioso da bloccargli ogni tentativo di fuga, dopotutto, non aveva alcuna esperienza in alcun campo e doveva darsi pace.
«Oppure puoi chiamarla ansia da prestazione perché hai finto di fare lo spavaldo fino all'ultimo mentre, in realtà, l'unica cosa che hai fatto in vita tua é tenerti l'uccello in mano» aish, quanto diavolo riusciva a essere schietto quel ragazzo con i canotti al posto delle labbra?
«Credo che andrò a cambiarmi...» Jungkook tentò di alzarsi in piedi per mollare il suo amico lì da solo, con la sua mente contorta, ma Jimin fu più svelto di lui a ripescarlo per la collottola della felpa e lo rimise accuccia sul legno. «Lasciami finire!» ordinò lamentoso.
Alzò le mani Jungkook: «Cazzo, okay! Cos'altro c'è?!»
«Ti piace veramente questa ragazza? Dalai, giusto?» a sentire il suono di quel nome Jungkook perse un battito e le guance si accaldarono immediatamente. Jimin ruotò gli occhi al cielo e si ripose da solo.
«Sono pazzo di lei, Jimin. É diverso» la voce si incrinò leggermente, «É solo che... Non so cosa fare e se rovinassi tutto?»
«Impossibile, peggio di così non puoi fare»
«Fottiti»
Il più grande si pizzicò il naso pensoso mentre sbatteva prepotentemente il piede destro sul terriccio. Stava cercando le parole giuste da rifilare al suo migliore amico senza che lui ne uscisse demotivato.
«Okay, stammi bene a sentire testa di nuvole» Jimin aprì la mano chiusa per mostrargli solamente due dita: «Hai due possibilità: la prima é andare avanti; ti dimentichi di lei e vai per la tua strada perché se già non ti filava prima, che eri il suo passatempo utopistico, figuriamoci ora che le hai fatto credere di essere uno che sapeva il fatto suo mentre in verità sei solo un verginello» e lo guardò sottecchi per rifilargli un: «Coglione» premuto tra le labbra.
«La seconda é il ripescaggio; tiri fuori le palle e la vai a riprendere»
«Wow, Jimin! Grazie al...» lo guardò sarcastico con i nervi a fior di pelle, «cazzo? É ovvio che sceglierei la seconda opzione! Il problema é che non so come fare visto che mi ha mollato lì, in mezzo al molo, senza dirmi una fottuta parola» la faceva seriamente così facile quel nano seduto vicino a lui?
Jimin sfoggiò un bellissimo ghigno letale che mandò K.O, senza volere, una studentessa della loro classe che correva lì vicino.
«Questo perché devi far emergere l'uomo che c'è in te. Fai sparire quella faccia da bravo ragazzo, rimettiti i tuoi piercing e scopa, Jungkook»
Jungkook per poco non cascò all'avanti: «Ma Dalai non vuole vedermi—»
«Scopati un'altra, testa di nuvole, perdi questa dannata verginità e fatti un po' di esperienza per la tua noona e torna da lei. Fidati che, in un modo o nell'altro, tutto andrà secondo i miei piani»
Piani?!
ꜱᴏᴍᴇᴛɪᴍᴇꜱ ɪ ꜰᴇᴇʟ ʟɪᴋᴇ ᴇᴠᴇʀʏʙᴏᴅʏ ɪꜱ ᴀ ꜱᴇxʏ ʙᴀʙʏ
ᴀɴᴅ ɪ'ᴍ ᴀ ᴍᴏɴꜱᴛᴇʀ ᴏɴ ᴛʜᴇ ʜɪʟʟ
«Cazzo! Questo é un bel problema,» priva di emozioni, Hien sfogliava l'ultimo Cosmopolitan del mese con le gambe stese sul tavolino piazzato davanti alla tv, ascoltando, nel frattempo, le ultime news di Dalai sul marmocchio liceale per il quale aveva una cotta, «Chissà se questo vestito risalterebbe le mie tette» parlò da sola.
«Ma mi stai almeno ascoltando?!,» domandò furiosa Dalai, in piedi davanti a lei col pigiama e gli occhiali da vista addosso, «e quali tette? Tu non hai le tette!» le urlò addosso. La vietnamita le scoccò un'occhiata dal margine della rivista e inarcò, poi, un sopracciglio per enfatizzare al meglio il suo scoglionamento.
«Sì, Dal, ti sto ascoltando! Ti ho ascoltata giorni fa, l'ho fatto stamattina e molto probabilmente sarò costretta a farlo anche domani. É una vita che ti sto ad ascoltare!» mosse appena le labbra per espellere tutto il risentimento che Hien provava verso quella testa di dura di Dalai. «Quindi?! Cosa vuoi dirmi ancora? Che Jungkook si é mostrato per quello che non é, blah, blah, é vergine e blah, blah, continua a scriverti e blah e blah?!»
La mora rimase inerme, in piedi al centro del suo salottino come un palo della luce, sbarrò giusto gli occhi per la frustrazione di Hien nei suoi confronti.
«Sì, ma...»
«Guarda che sei stata tu a mollarlo lì, Dal» tornò a leggere il paragrafo dei vibratori, «Non hai pronunciato neanche una parola che già eri dentro la macchina a fare i settanta sulla Banguallae-ro con il limite dei trenta»
«Questo non é assolutamente vero!» le puntò il dito.
Hien sbadigliò annoiata: «Settanta cinque e ti sei dileguata dicendogli "devo scappare perché ho lasciato il gas acceso?"»
Dalai tacque immediatamente perché sapeva che, come la rigirava, Hien aveva ragione. Ma cosa poteva farci lei?
«Perché non ammetti semplicemente che ti piace e, nonostante vada contro ogni tuo principio da donna vissuta, ci sei rimasta male perché ha saputo giocare meglio di te?» la fece breve Hien, gettando la sua rivista di Cosmopolitan sul divano per incrociare le braccia al petto. Perché, ora, sembrava lei quella intelligente?
«Tsk,» storse il naso mettendosi al suo fianco, «Non devo ammettere proprio niente. Si è dimostrato solo quello che già sospettavo all'inizio: ovvero un ragazzino immaturo» Ma l'amica la fissò contrariata. «Okay, allora perché non ci sei andata a letto e basta?»
«Perché é un ragazzino!» l'apostrofò sconvolta per la seconda volta, con le guance accaldate.
«Beh... Sei stata tu a chiedergli di fare sesso»
«É diverso» ribatté fissando il soffitto, sospirò, «L'ho fatto di proposito. Volevo provocarlo per vedere quanto fosse sfacciato e fino a che punto si sarebbe spinto con me. Ammetto che il bacio mi ha spiazzata...» chiuse gli occhi quasi nostalgica, riassaporando con la mente e con la lingua il suo sapore.
«Qualcosa mi dice che in realtà ti eri eccitata e volevi toglierti uno sfizio» ridacchiò la vietnamita e, seraficamente, concluse, «Quindi mi chiedo: perché fermarti? Lui é stato beccato, avrà avuto qualche secondo di ansia, ma é un adolescente con un detonatore al posto degli ormoni e ci sarebbe cascato comunque. E se lui avesse acconsentito?»
Dalai si alzò immediatamente dal divano; era stanca di sentirla parlare, di teorizzare e psicoanalizzarla visto che a malapena sapeva contare fino a cinquanta. «Non ho intenzione di ascoltare una parola di più!»
«Non ci provare! Dalai! Ehi!» urlò vedendola scomparire per il corridoio che conduceva alla camera, al che decise di seguirla nonostante le sue gambe corte, «Se lui non fosse stato vergine e disinibito ci avresti fatto sesso, questo ormai lo abbiamo appurato!»
Aprì la porta e la trovò solo con la maglia del pigiama e un paio di slip di pizzo tirati su in mezzo al sedere. Dalai saltellava su una gamba mentre tentava di levare l'ultimo risvolto incastrato sul piede.
Hien rimase a guardarla dallo stipite, mentre l'amica, appena la scorse sotto il varco, decise di aprire l'anta dell'armadio per nascondersi dal suo sguardo affilato.
Dall'ampio armadio spuntarono imprecazioni e mutande di ogni genere. «Tanto non ti ascolto!»
«Ma lui é un verginello e molto probabilmente il vostro é stato anche il suo primo bacio. Che cosa... Schifosamente tenera» finse un conato di vomito, «E, tutto sommato, Dalai sei una sottona, tanto da preoccuparti per lui! Non volevi che la sua prima volta la sprecasse in questa maniera, vero?»
L'anta dell'armadio per poco non esplose dalla forza con cui la mano esercitò sulla maniglia per chiuderla. Era riuscita a indossare almeno i pantaloni della sua uniforme da lavoro, sul busto invece spiccava un reggiseno nero abbinato all'intimo e la pancia era ancora scoperta, così come le spalle.
Aveva il respiro affannato, gli occhi larghi e le labbra screpolate, arrossate e gonfie premute tra i denti per trattenere una rabbia mai sentita. La trucidò con lo sguardo e cercò di raccattare la maglietta dal cassetto.
«Hien. Smettila. Ora» tre parole molto sintetiche ma abbastanza spaventose da far accapponare la pelle a chiunque. Chiunque tranne una vietnamita di ventiquattro anni con le banane al posto del cervello e priva del senso del pericolo.
«Il motivo é questo, giusto? Ti rode il fatto che abbia giocato con te e che sia stato anche più scaltro, ma ti sei trattenuta dal fare una cosa che per lui poteva essere importante. E non una scadente scopata nel retro di un auto»
Dalai non rispose, si mise solamente con le spalle nude e inaridite dal freddo invernale contro le fibre del legno dell'armadio, dopodiché guardò davanti sé in direzione del muro. E finì strisciando per terra con le ginocchia piegate e i capelli, legati in una lenta crocchia, che si scioglievano in fiumi di ciuffi lungo le braccia. Nascose il volto grazie al suo corpo rannicchiato e Hien, vedendola così destabilizzata, sbuffò svogliata e si incamminò.
Si fermò davanti a lei, restando in piedi e attese che si calmasse un po'.
«Ti piace davvero così tanto questa salsiccia gigante alta un metro e novanta?»
Dalai la guardò dal basso e smise di nascondere gli occhi lucidi, mostrandoglieli: «Mi piace così tanto che mi rende debole. Mi destabilizza anche un suo solo sguardo ma...» chiuse gli occhi e si prese la testa fra le mani, «é tutto sbagliato, Hien, una cosa così non può funzionare e io non ho voglia di perdere altro tempo»
La vietnamita inclinò la testa e si accucciò appena sulle ginocchia, fregandosene della sua gonna a balze che le scopriva il culo fino a gelare dal freddo. Acquattò le braccia sulle rotule e si fermò all'altezza del suo naso.
«Devi imparare a distinguere quali sono i veri perdi tempo da quelli che invece ne meritano un po'»
Dalai schiuse gli occhi e la guardò con la bocca aperta. «Io non faccio testo Dal perché a me piace divertirmi e siamo fatte in maniera diversa, ma i principi che ti sei costruita col tempo non devono essere dei muri contro tutto il mondo. Perché così andrai a privarti di tante cose, tante opportunità e magari non darai mai modo a te stessa di crescere davvero. Ryum ti ha spezzato il cuore e hai paura che affezionandoti a un'altra persona, addirittura un ragazzino più piccolo di te, possa essere un enorme stronzata. Ehi!, forse é così, o forse no, chi se ne frega!, fatto sta che devi imparare a prendere i ricordi più brutti, quelli più dolorosi che ti hanno frantumato il cuore, e superare le tue paure» fece una pausa, sempre nella sua pacatezza, «Se non lo farai... Se non le superi ti trasformerai in quello che hai sempre odiato con tutta te stessa»
«Un'immatura»
Negli occhi di Dalai ci fu un lampo aranciato che spiccò lungo le iridi onice e ora, un po' più sicura di ieri, le chiese con voce sconvolta: «E questo discorso da dove l'hai tirato fuori?»
«Ognuno ha i propri segreti, tesoro, ma la mia spiccata conoscenza dell'intelletto umano si ferma solamente al breve corso di psicologia del secondo anno e qualche drama, chiedimi come si accende un forno e ti brucio casa» si sollevò con uno sbuffo infastidito per i crampi alle gambe e allungò una mano a Dalai, seduta ancora sul parquet.
«Allora? Che ne dici di affrontare un diciottenne grosso come un armadio che starà probabilmente piangendo nell'altalena di un parco giochi?»
Dalai sghignazzò divertita.
Hien, questa volta, era riuscita a zittirla.
Piangere nell'altalena di un parco diceva, Dalai si ritrovò a mandare a quel paese mentalmente la sua migliore amica — anche pur non trovandosi a lavoro con lei — e incenerire con lo sguardo quella specie di bambolina in gonnella, con le calze spesse invernali e appiccicata al braccio di Jeon Jungkook a pochi metri da lei.
Aveva seguito ogni passo di Hien: farsi un esame di coscienza, pensare bene a cosa volere da questa situazione e, infine, trovare il bamboccio per un confronto definitivo. Tutto eseguito alla lettera tranne per l'ultima riga in fondo alla lista: perché?
Perché quel pomeriggio, già stanca e nervosa per tutta la gente che continuava a prosciugarle l'anima, si ritrovò il sottoscritto nel suo negozio come se niente fosse. Peggio nel peggio!, accanto a lui c'era una studentessa che faceva squittire sul pavimento le sue ballerine scolastiche.
Nemmeno Jungkook voleva presentarsi lì, consapevole che, con la sua discreta fortuna, l'avrebbe beccata in pieno durante il turno di lavoro ma Jimin era stato chiaro, fin troppo.
Trovati una da scoparti, che ci stia senza troppi sentimenti sennò finirai per fare un casino — e senza battere ciglio quell'idiota, con la faccia che ammicca, gli aveva presentato sotto il naso — o meglio, sotto al petto — una del secondo anno.
Jane era il suo soprannome, nonostante si chiamasse Kim Jaeni, e aveva l'aspetto di essere tutt'altro di una che amava le avventure e basta.
Jimin l'aveva mollata davanti a lui senza troppe spiegazioni, sussurrandogli all'orecchio di non farsi ingannare dall'animo pacato di Jane perché sapeva essere l'esatto contrario. Perciò, con il volto scioccato e la zero voglia di passare con lei il resto della giornata, le chiese se volesse fare un giro con lui nella zona dei caffè a Gangnam-ugu.
Jane acconsentì entusiasta, fregandosene altamente dello spazio vitale che caratterizzava l'Asia in generale per appicciarsi al suo braccio come una piovra. Jungkook desiderò sparire o implodere su se stesso, mentre rimaneva fermo e sconsolato nelle sue fantasie mentali che lo trovavano protagonista di tanti film insieme a Dalai.
Ma il peggio arrivò dopo essersi bevuti due caffè ghiacciati in un bar vicino. Jane, vedendolo assorto contro il vetro della finestra, lo svegliò: «Jungkook!»
Il moro per poco non saltò su fino al soffitto per lo spavento.
Cazzo, mi sono distratto di nuovo, «Sono sveglio!» disse all'improvviso, facendola ridacchiare e lei finse di aver capito la battuta — anche se non lo era.
«Sei divertente» si mise una mano sulla bocca e allungò l'altra per prendere la sua dalla parte opposta del tavolo: «Che ne dici di fare un giro in un negozio qua vicino? Devo prendere alcune cose...»
Fissò la mano inquietantemente.
No. «Sì, certo» per poco non le sbadigliò davanti alla faccia e sottovalutò troppo la domanda in sé perché quando si vicinarono al negozio, dove lavorava Dalai, per poco non ebbe un infarto.
«Ah,» schioccò la lingua al palato con il naso immerso nella lettura dell'insegna, «dovevi venire qui?» Jane fece un risolino fastidioso e annuì: «Esatto! Ti dispiace per caso?» chiese con gli occhi incurvati verso il basso.
Per carità, fra poco vomito per l'ansia.
«In realtà sì—» venne strattonato per una mano e catapultato dentro al magazzino dell'inferno, Jane ora si guardava intorno con la testa adornata di forcine e fiocchetti che urlavano brava ragazza da tutti i pori. Mentre Jungkook, dietro di lei, si bloccò immediatamente non appena sentì addosso un paio di occhi onice, penetranti e forti, forargli la nuca di profilo.
Deglutì già conscio, lasciò lentamente la mano di Jane e si girò piano verso la cassa posta a quattro metri da lui. Alzò gli occhi verso il quadro elettronico e trovò Dalai, la donna più bella del mondo, guardarlo con profonda sorpresa.
Non sembrava arrabbiata o infuriata per essersi infiltrato nel suo territorio, semplicemente lo studiava e pareva quasi felice di vederlo. Tuttavia, quell'intenso scambio di sguardi durò appena qualche secondo, il tempo di farsi trascinare un'altra volta da Jane mentre lei si appicciava sul suo addome come se fosse la sua fidanzata.
Tutto ciò, Dalai, lo vide perfettamente e ridusse la copia del suo scontrino in microscopici pezzi di carta dentro la sua mano, immaginandosi che fra l'inchiostro della stampa ci fossero le teste di quei due. E ora chi cazzo era quella?!
«Ma certo,» parlò da sola fulminando l'ampia schiena del moro, «non gliel'ho data e ha già la sostituta» e l'idea che Jungkook usasse veramente quella ragazzina per consolarsi in un buco qualsiasi, per lasciare la patria della verginità, la devastava.
Finì per impallidire drasticamente.
Eppure non riusciva a distogliere lo sguardo da quella ragazzina minuta, ancora più bassa di lei di almeno dieci centimetri e magra abbastanza da poter entrare in una taglia per quattordicenni, i capelli castani erano corti fino alle clavicole coperte dal bomber bianco panna per il freddo e il viso, tondo, bello e pulito, trasmetteva un qualcosa di inquietante. Come se, quell'orrenda nuvola rosa che si portava appresso per sguazzarci con gli unicorni, fosse in realtà una maschera di pura finzione.
Quest'ultima la colse a guardarla di sbiecò e le fece un saluto con la mano, anche senza conoscerla, giusto per far vedere al mondo esterno che era una brava ragazza. Dalai fece finta di non aver visto né l'inquietante bambola assassina infiocchetta, né il babbeo con la faccia da pesce lesso per il quale aveva una pruriginosa cotta.
Girò a loro le spalle e tentò con tutte le sue forze, aggrappata al bordo del banco di pagamento, di sopperire tutti quei sentimenti fastidiosi: in primis il dispiacere, seguita da una violenta rabbia sputata dalla gelosia.
Ma dietro di lei, oltre le sue spalle sottili, una presenza al profumo di bagnoschiuma al tè rosso, speziato e fruttato, camminò fino a trovarsi davanti alla cassa. Dalai lo sentì subito, riusciva a percepire il suo immane calore anche da quella distanza ma cercò di non sprecare le sue energie per girarsi con grande fretta.
Finito il giro, Dalai, con voce pacata e distaccata, gli chiese: «Desidera?» Jungkook si morse il labbro non appena divenne difficile sostenere quello sguardo letale.
«Noona... Mi sei mancata, cazzo»
«Ho detto: desidera?» ripeté lentamente, per nulla tocca da quella dichiarazione e a Jungkook scappò un piccolo sorriso, nonostante tutto quello che c'era stato tra di loro, il bacio, le parole non dette e quella battaglia di provocazioni che non vinceva mai contro di lei.
«Te l'ho detto un milione di volte, non farmi essere ripetitivo sennò mi rammollisco»
«Come puoi diventarlo se già lo sei?»
«Ouch!» inclinò la testa divertito, «Quindi è così? Non vuoi concedermi la possibilità di rimediare al mio errore e spiegarti perché l'ho fatto?»
«Non ho il tempo per stare qui a chiacchierare con te mentre lavoro e credo nemmeno tu. Dove l'hai trovata quella?» indicò con gli occhi la mocciosa che guardava gli scaffali di piante finte, «L'hai vinta a Disney Land o al Lottle World?»
Jungkook colse immediatamente la gelosia tra le righe, dopotutto non si sarebbe mai aspettato che usasse gli spazzi per dirglielo chiaro e tondo, ma nemmeno con quella riga sottile, una o due quali erano, perciò la cosa gli concesse un minimo di speranza.
«È capitata per caso» si limitò a risponderle, «Perché ti interessa? Quella che sento è gelosia, noona?»
Dalai serrò le sopracciglia in una linea spessa e dritta, più di quanto già non lo fossero già per la piccata rasatura che portavano i coreani dopo una seduta dall'estetista, fino a farsi venire un paio di rughe d'espressione sulla fronte.
«A che gioco stai giocando, ragazzino di merda?» dondolò sul fianco opposto e sbatté la mano sul piano, «Pensi di venire qui, col tuo bel faccino da play boy e sbandierare la tua felicità con Biancaneve come se niente fosse? Hai la minima idea di quanto io posso essere pericolosa se provocata?»
Jungkook ebbe un brivido lungo la schiena bagnata di tensione; se fosse dipeso da lui, avrebbe mandato a monte il suo piano e la sua ansia da prestazione per baciarla e toglierle i vestiti anche lì sopra. Provocarla... era tutto ciò che chiedeva affinché lei non smettesse mai di guardarlo dritto negli occhi.
Non resse alla tentazione. «Si chiama Jane, però,» ghignò scavandosi una fossetta sul viso, «Biancaneve è carino»
«E sti cazzi?»
«Ma non mi piacciono le principesse» fece un passo indietro per acciuffare un lecca lecca gratis nel vaso di vetro e scartarlo velocemente. Se lo mise in bocca, leccandolo senza smettere di guardarla un secondo.
«Le regine col cuore nero, quelle,» espirò vedendola deglutire, «sì, sono quelle che preferisco di più in assoluto»
ᴛʜʀᴏᴜɢʜ ᴛʜᴇ ᴄʟᴏᴜᴅꜱ
«Quindi è lei» tirò fuori una sigaretta lunga dalla borsetta rosa lucida, di finta pelle di alligatore, e un accendino per accendersela, «La noona che ti piace»
Jane non comprò nulla quel pomeriggio, né un fiore o una pianta come aveva dichiarato di voler fare a Jungkook poche ore prima, né altro. Quando lui tornò da lei con un lecca lecca alla ciliegia in mano e la fronte leggermente sudata, capì immediatamente che quello fosse il momento giusto per andarsene. Senza troppe parole, camminarono fino a imboscarsi in un parco a qualche isolato più in giù del negozio, fatto per lo più di cemento al posto di terriccio.
La ragazza col caschetto corto si appisolò elegantemente sopra a una panchina abbastanza nascosta per godersi al meglio il tramonto che, a breve, sarebbe calato su di loro. Jungkook sembrava perso, impegnato a viaggiare in un mondo lontano e aveva sciolto sul viso quella smorfietta ironica, da vero sfacciato, che portava solo quando aveva Dalai davanti agli occhi.
Quando Jane fece quella constatazione per poco non irrigidì la mano, tanto da far cadere il telefono tra le cosce. «Come... Come dici?»
«È lei,» fumò davanti a lui senza particolare emozione, «la ragazza di cui Jimin mi ha parlato»
«Jimin? Cosa c'entra Jimin ora?—» un masso grosso con soprascritto "idiota" gli cascò addosso ricollegando ogni punto. «Oh mio Dio» si strofinò le mani sulla faccia impazzito, «Oh mio Dio! Quindi tu, lui, cazzo!» quel figlio di puttana.
«Già» mormorò ridacchiando Jane, ficcandosi la mano libera dentro il giubbotto per scaldarsi.
Jungkook si sentì immediatamente male con se stesso, al punto che si sentì obbligato a scusarsi: «Perdonami, non so che cosa ti abbia raccontato quel deficiente ma non ti avrei mai usata davvero—»
Jane scoppiò a ridere e si mise una mano davanti alle labbra per non arrivare a mostrargli l'ugola dalle troppe risate. «Sei così esilarante Jungkook, ti prego! Calmati, sapevo già tutto quanto. Anche del piano di usarmi come tua prima esperienza sessuale, sapevamo entrambi che non ci saresti mai riuscito»
«Che cosa?» era sbalordito, «Quindi sai che sono...»
«Per quello è bastato osservarti» lo guardò divertita,«Anche se, ammetto che vederti interagire con lei mi ha messo un po' in difficoltà, non ti avevo mai visto comportarti in questo modo disinibito, a scuola sembri un'altra persona»
«Con lei mi sento completamente diverso; capisco di essere più di un atleta idiota e figo che finisce sempre in punizione. Emerge una parte di me che non avevo mai sospettato esistesse, esuberante, provocatorio e... Vivo» spiegò con la testa rivolta verso l'alto, «Però non capisco, perché fare tutto questo? Il piano, l'esperienza e il metterti in mezzo?»
«Perché avevi bisogno che tu capissi da solo quello che volevi davvero, Jungkook. Sai, quando ti piace una persona non basta solamente ammetterlo ma anche metterlo in pratica. E il piano di metterti alla prova doveva essere una conferma per te stesso: avresti seriamente sacrificato un sentimento genuino, come quello che senti per lei, per una scopata con un'altra?» gli chiese saggiamente.
Jungkook non poté che chinare la testa verso il suolo, mugugnando tra i sospiri. «No, non sarei mai riuscito a farlo. Riuscirci avrebbe suscitato in me solo tanti rimorsi per aver fatto una cosa che non volevo davvero, ferendo te e...»
«E ferendo lei, puoi dirlo» scosse la cenere dalla punta, «Gli piaci e, intuendo il tipo di persona introversa, schiva e socialmente chiusa come mi è apparsa prima, devi piacergli veramente tanto»
Jungkook scosse la testa ridacchiando nostalgico. «È complicato»
«Le cose importanti, quelle per cui vale veramente la pena sbatterci la testa per stare male, sono sempre complicate» fece una pausa, incupendosi un po', «Ma sono anche le migliori»
Jungkook la guardò con altri occhi; studiò come Jane non appartenesse per niente all'idea che tutti si erano fatti di lei, un po' come lo era lui, d'altronde, per gli altri. Si stava mostrando per com'era davvero e da un lato gliene fu grato.
E gli tornò in mente come Jimin, quando gliela fece presentare, stette solamente zitto senza spingersi troppo su come fosse in realtà, senza mai menzionare nessun dettaglio di lei per mostrare — a suo avviso — quello che volevano tutti quanti.
Solo la finta lei, il suo aspetto più immaturo.
«Sei troppo sveglia per stare con uno come me, Jane» esordì. «Lo so» tirò le labbra in un sorriso con la sigaretta in bocca, «Concedimi una curiosità, però. Perché Jimin ti chiama testa di nuvole?» conciliò la domanda con estremo interesse e Jungkook non poté che ridere per il significato di quello stupido nomignolo.
«Beh, perché,» mise entrambe le braccia dietro il collo in una apertura a farfalla e ci appoggiò l'intero osso occipitale, «ci vivo tra le nuvole. La mia passione accorda in maniera inconcepibile una delle cose che odio di più al mondo con una di quelle che più amo. Il salto in lungo mi porta a correre per tanto tempo al giorno, tutti i giorni e tutti gli anni e lo odio» guardò il cielo aranciarsi assieme alle nuvole cucitevi sopra, «Cazzo, lo odio così tanto»
«Ma tu sei...» ci pensò su confusa, «primo in classifica?»
«Sono campione nella miglior prestazione juniores della mia categoria» la corresse senza essere cortese, o narcisista, le sue erano solo faticose soddisfazioni, «il prossimo step sono le qualifiche per i campionati asiatici under diciotto a Tokyo. L'Asian Athletics Associaion organizza una competizione continentale giovanili e ha una cadenza biennale»
«Wow» lo guardò ammirato e Jungkook, dentro di sé, sentì il suo cuore battere al volo e gli occhi divennero appena lucidi. Già, wow, era davvero ammirazione nei suoi confronti?
«E come fai a essere così bravo, mettendo tanto cuore e tanta volontà, in una cosa che odi così tanto? Sembrava piacerti...»
«Del salto in lungo odio soltanto correre, Jane. Perché la corsa mi ricorda costantemente ciò che sono: un corridore obbligato a formarsi con durissime preparazioni per farmi saltare soltanto qualche secondo nel modo più giusto e lungo possibile»
Strinse i pugni per scacciare i pensieri cupi che suo padre gli presentava da quando era stato messo al mondo.
«E sento che sono i quaranta metri più letali e asfissianti della mia vita. Sono quaranta metri che mi separano da quello che bramo più di ogni cosa e il chaos regna nel modo assoluto, sei sulla pista e pensi soltanto alla postura, sguardo, respirazione e lo stacco. Devi pensare. Devi razionalizzare. Devi essere tutto il contrario di ciò che sei dentro di te per dare il meglio» si fermò col fiato mozzato e iniziò ad alzare gli angoli ai lati delle labbra, «E poi, finalmente, arriva quel momento»
«Saltare?»
«Sì, cazzo,» l'emozione lo travolse, «Saltare»
Al solo ricordo di quella sensazione le gambe ebbero delle lancinanti vibrazioni di pura adrenalina. «Il vuoto che ti sale sul ventre ti inghiottisce fino a farti sentire leggero. Lì sopra, sulle nuvole, sei tutto e al contempo niente, ed é bello Jane. Sono appena tre secondi di follia, irrazionalità, fremiti! Non senti nessun dolore alle gambe, nessun muscolo atrofizzato dai crampi, i respiri impulsivi e nemmeno le urla di ciò che hai intorno. Niente. Ed é lì, che realizzi» vide le sue sorelle nuotare nel tramonto, «Sei tra le nuvole»
Jane pensò che quel soprannome cascasse a pennello, immaginandoselo in alto di almeno due metri sopra a tutti quanti. Ed era felice. Privo del famoso crucio che lo contraddistingueva al liceo, smorfia che faceva innamorare tutte le povere studentesse, libero da ogni catena che il suo cognome e la fama sportiva aveva iniziato a legarlo alla pista dei quaranta metri.
Immaturo, sì, ma nel modo giusto. Nel modo in cui lo voleva lui.
Ed erano arrivati alla fine; il tramonto era al capolinea e Jungkook sentiva che era arrivato il momento di prendersi ciò che voleva davvero. Ma, nonostante si tirò su sulle gambe lunghe da l'atleta, non aveva ancora finito di dire l'ultima parola.
«Devo concederglielo a Jimin, è stato veramente furbo. Fin troppo» si lagnò alla fine facendola sorridere brevemente di nascosto. «Lo è»
«Già...» fece un lungo respiro, sentendosi più carico, «Ma non abbastanza quando si tratta di te»
Finalmente Jane spalancò gli occhi, incredibilmente sorpresa nel sentire una tale asserzione. «Ti sbagli»
«Mmh, no, non credo affatto di sbagliarmi. Anzi, più ti guardo e più penso che sia un altro grosso idiota che è tanto bravo a risolvere i problemi degli altri ma non i propri» ridacchiò godendosi gli ultimi instanti del tramonto sotto il silenzio e il cuore battente di Jane.
«Sei troppo sveglia per me, ma sei giusta per lui»
Un dejavu richiama alla mente momenti già vissuti grazie a sensazioni illusorie, capaci di farci uscire di senno e convincerci che tutto questo, noi, in realtà l'abbiamo consumato.
Eppure Dalai sapeva che non c'era nessuna illusione dentro di lei quando, uscita dal negozio durante quella sera, rivide nel parcheggio lo stesso ragazzino della Chung Dam High School, con la divisa ancora addosso, ad aspettarla sotto al medesimo albero in cui sere fa le chiese di uscire per la prima volta.
Mira e Jacob non dissero nulla, né fecero commenti stupidi sul perché quel ragazzino venisse sempre da loro ultimamente, e salutarono semplicemente la loro collega come tutti i giorni. Dalai era emotivamente e fisicamente stanca; il giorno stesso il loro capo aveva dato di matto per delle sciocchezze e li aveva insultati in tutte le maniere possibili.
Jungkook le andò immediatamente incontro, prima che salisse sulla macchina e lasciarlo lì da solo. Sbatté una mano sulla portiera e costrinse Dalai ad affrontarlo.
«Basta scappare noona» Dalai guardò prima il suo braccio e poi i suoi occhi acquattati in alto, impegnati a scrutarla. «Fammi passare Jungkook, sono stanca e non ho voglia di arrabbiarmi»
«Ti perderò se ti faccio passare, lo so» mantenne un tono dannatamente serio, con sfumature di sofferenza, «Per questo non posso farlo»
«Molto poetico...» chiuse gli occhi Dalai, «Ma devo tornare a casa. Perché non ti vai a divertire con Biancaneve?» alzò la voce spostandolo ma così facendo Jungkook la schiacciò contro la portiera. Le fu sopra, a un centimetro dal sentire la punta gelata del suo naso. «Jane? Ma per favore, sei abbastanza intelligente per aver capito che fra me e lei non c'è niente» derise la sua convinzione.
«Ah sì?» sputò sarcastica, cercò di spingerlo buttandogli le mani sul petto, «Non ha funzionato perché hai fatto il doppio gioco anche con lei? O ti ha scaricato perché voleva scoparti in qualche vicolo e tu gli hai detto che sei vergine?» disse con l'intento di ferirlo ma Jungkook sapeva che lei era solamente arrabbiata e quelle cose non le pensava davvero.
«Ho fatto una cazzata va bene? Era questo che volevi sentirti dire da me?! Da quel ragazzino idiota che, contro le tue cospicue aspettative, é riuscito a smuovere quel muro che tieni addosso?» l'amarezza di quelle parole cascarono dalla bocca come acqua salata, ovvero il pianto del cielo.
Dalai lo guardava. Cercava di rispettarlo nonostante avesse gli occhi lucidi. la paura a contornargli gli occhi e i tremori lungo le gambe.
«Non é una guerra su chi possiede l'orgoglio più forte»
«No. Non lo é, ma sembri volere questo» fece scivolare le mani giù fino ai fianchi così da dare a Dalai più respiro. Ma vederlo fare un passo indietro gli diede solo vertigini. «Sono esattamente questo, noona»
«Non prendermi in giro»
«Non ti sto prendendo in giro, cazzo! Non ti ho mai preso in giro, Dalai. Sono questo! Sono dannatamente questo!» si toccò il petto enfatizzando, «Lo stesso e identico Jeon Jungkook che per chiederti di uscire ha usato la scusa delle sigarette. Lo stesso che é tornato quasi ogni giorno per poterti rivedere; lo stesso che voleva offrirti del manzo al nostro primo appuntamento. Sono lo stesso ragazzo che cercava i tuoi occhi quando ti sei aggrappata a me nella metro» fu a un centimetro dalle labbra gonfie dal freddo di Dalai, «Lo stesso ragazzino idiota e immaturo che avrebbe desiderato non opporsi al meraviglioso bacio dell'altra sera e accettare la proposta di passare l'intera notte con te»
«Non...» la voce non le usciva, «É tardi»
«Non é tardi. Hai solo paura che per me, tu, possa essere solo un gioco ma non é così. Forse sarebbe stato meglio in realtà,» avvicinò una mano sulla sua guancia liscia e col pollice solcò la pelle, «almeno non avrei sofferto così tanto nel vederti andare via da me»
Dalai spostò il volto andandogli in contro, accoccolandosi contro il calore umano e sincero che l'enorme e sinuosa mano di Jungkook riusciva a darle. Arrivò a supplicarlo in un sussurro: «Basta» allungò le braccia al bavero del giubbotto per aggrapparvici, «Parli. Parli. E parli,» ripeté cantilenando mentre picchiettava melliflua un'unghia sul tessuto, «Dio se parli sempre tanto, Guk»
Jungkook ridacchiò furbo: «É una brutta cosa? L'hai detto tu, i ragazzini non sanno mai intrattenerti. Ma, mi sembra che a volte sei tu, noona, quella che non riesce a starmi dietro» il collo si sbilanciò ancora in avanti e, nel frattempo, con le mani agguantò meglio i fianchi tondi della ragazza, «Se vuoi rallento, a volte so di essere troppo veloce. Basta che tu me lo dica»
Oh no. Le orecchie di Dalai non potevano aver udito una frase, così tanto impregnata di doppio senso, uscita da delle labbra ancora sporche di latte e biscotti. Si perse a guardarlo e lo trovò a sbandierargli uno sguardo completamente innocente, pulito ed estraneo a qualsiasi riferimento legato al sesso.
Provò a smettere di fissarlo in maniera oscena, una cannibale davanti a un pezzo di carne, cercando di trovare un briciolo di buon senso. Ma tutto in Jungkook sembrava sbagliato; il modo in cui si arricciava il piercing al labbro con la lingua assorto; la sua altezza spropositata che l'agevolava durante gli allenamenti di atletica, il fisico squartato in un supplizio di muscoli spessi e allungati, ed essi risaltavano al meglio il suo scheletro a triangolo invertito.
Aveva imparato a camminare accanto all'ombra che le sue spalle producevano anche alla minima quantità di luce, sbattendo a terra la sua sagoma perfettamente larga sopra e stretta sotto, nei fianchi.
Sapeva quante vene avesse in entrambe le mani, quanto sangue pompavano durante le loro cene last minute, mentre afferrava tante buste tra le falangi per non farle portare mai nulla. Ormai riconosceva persino il suo odore, quello del bagno schiuma al tè aromatizzato, sparpagliato nella metro quando la stringeva cosicché lei non cascasse mai.
Ed era al corrente del suo turbolente percorso scolastico, della sua non particolare voglia di leggersi i libri in più che il padre gli rifilava sotto il naso alle undici di sera.
Dell'atletica, i campionati e di quanto quel mondo fosse importante per lui. Ma sapeva anche quanto Jungkook fosse preso da lei in maniera quasi ultraterrena. Come, d'altronde, lo era lei per lui. O almeno lo aveva capito adesso.
«Sto per invitarti di nuovo dentro la mia auto, Jungkook. Ma non sarà per fare sesso,» sorvolò appositamente la sua provocazione, «si gela e voglio andare a casa mia, vuoi venire con me?»
Quindi sei pronto a correre il rischio?
ᴛʜᴇ ᴘʀɪɴᴄᴇꜱꜱ ᴀɴᴅ ᴛʜᴇ ᴅᴀʀᴋ Qᴜᴇᴇɴ...
Bugie, bugie e eterne bugie. Pensò Dalai quando spense la macchina una volta tornata al suo appartamento, dopo aver guidato per minuti infiniti con il calore di Jungkook al suo fianco. Bugie, bugie e eterne bugie; la sicurezza del moro era tornata a vacillare nel momento in cui l'odore di lei, mandorlato e delicato, lo inondò completamente dentro la modestissima Kia usata.
Quando appoggiò il culo sul sedile dovette bloccarsi e cacciare il sedile all'indietro o le sue ginocchia avrebbero usurpato il cruscotto con la potenza dei quadricipiti. Gli stessi quadricipiti che gli permettevano di aliare all'oro senza troppi fronzoli.
Alto e fisicato com'era non poteva starsene nello stesso micro spazio che occupava Hien col suo metro e cinquanta. Avendo chiuso lo sportello, fattosi scivolare il cappellino sulle cosce, l'unica cosa che doveva fare era aspettare; che lei, Dalai, la sua noona, trovasse il coraggio di guardarlo ancora una volta dritto negli occhi come aveva sempre fatto.
«Hai detto che mi hai invitato dentro la tua auto per non fare sesso» si trovavano ancora a metà del tragitto quando Jungkook cacciò fuori il discorso e Dalai avvertì la gola diventare secca. «Ma se volessi lo stesso passare tutta la notte con te?»
«Ti direi che hai picchiato forte la testa per terra e che ora stai delirando» doveva essere uno scherzo. Lo credeva, ma Jungkook smise di guardare fuori dal finestrino per tornare a osservarla.
«Mai stato meglio, noona. So quello che voglio,» umidificò l'anellino sul labbro e lo torturò dal nervosismo, «Sei tu. Voglio te»
Dovette mantenere ferrea la presa sul volante perché lo spasmo che le arrivò dritto sotto all'ombelico fu pungente, tanto da farla sbandare appena fuori controllo e tornare immediatamente in corsia. Dopo quella rivelazione Dalai non riuscì a dire più nulla; abbandonò la sua auto dopo che anche Jungkook scese sbattendo la portiera e si incamminò silenziosa su per le scale del condominio.
Ha esplicitamente detto che vuole fare sesso, o mi sbaglio?
Si perse a guardare il quadro della serratura con i numeri e le parve di vederli sciogliersi e vorticare come se avesse bevuto quintali di alcol, ma lei era sobria. Dannatamente sobria per affrontarlo fino in fondo. Ma poi arrivò il colpo di grazia, il punto che la fece liquefare e disperdere nella valle della disperazione assoluta dei lussuriosi; le mani, quelle dita chilometriche, artigliarono dolcemente con estrema antinomia i suoi fianchi.
Il dito per digitare il pin rimase appeso all'aria mentre lo studente, dietro di lei, l'aveva appena agguanta con la sua stazza e abbassò il mento sulla spalla in attitudini "coccolose".
«Noona,» inspirò l'odore mandorlato della cascata di tenebre, «questa volta non tornerò indietro. Voglio essere tuo, come vorrei che tu fossi solo mia. Per favore...» soffiò disperato sul lobo dell'orecchio mentre le mani si allungarono fino a circondarle tutta la vita, spingendola contro il suo corpo bollente, «Possiamo appartenerci entrambi?»
Un secondo. Come un battito d'ali. O un petalo che si staccava d'improvviso e la porta venne immediatamente spalancata dopo che la grossa schiena di Jungkook ci finì sopra.
Lo stava baciando; aveva accaparrato alla bell'e meglio la zip del bomber per attirarlo in basso e schiantarsi contro le sue labbra. Jungkook non ci pensò minimamente a tirarsi indietro, più sicuro del loro primo bacio e sfidò ogni sua ansia con un'emulsione di abbracci.
Abbracciò il suo corpo mentre lei lo guidava senza guardare, e dove mettere i piedi, dentro la sua tana: un luogo intimo e proibito che aveva fatto ammirare a pochi privilegiati.
Un lampo di aspra gelosia trapassò le membra di Jungkook quando il pensiero si fece lucido dentro di sé, arrivò a stringerle il corpo e a vezzeggiare la lingua della sua noona per imprimersi il più possibile. Voleva essere il suo ultimo privilegiato, nonostante fosse un pensiero idiota e poco pertinente con la realtà che la vita poteva offrire coi suoi imprevisti, ma Jungkook voleva essere un immaturo egoista.
Sentirla gemere, questa volta liberamente e senza orgoglio, fece accrescere il più impuro desiderio che la mente era riuscita a scaturire. Ma Dalai era molto più pericolosa della sua ingordigia verginale, con Jungkook non si sentiva angelica come Ryum voleva che fosse a letto. Voleva l'esatto contrario.
Quel corpo, quegli occhi, il sapore della sua bocca, il ferro letale dell'anello e la volontà che mostrava nel volerla possedere, crearono un insieme fuori da ogni razionalità. Graffiò il suo collo quando ciondolò appesa e si sentì sollevare, tanto che squittì col cuore in gola, fino a ritrovarsi seduta sul grembo spasmodico di Jungkook.
Aprì appena gli occhi, staccandosi di poco dalla sua bocca per respirare e ritrovò il ragazzo in uno stato disastroso. Aveva il volto completamente rosso, asfissiato dai baci, i capelli appicciati sulla fronte a oscurare gli occhi lucidi, languidi ed eccitati, e il petto che si alzava senza una sequenza logica.
Era da mozzare il fiato, ed era suo.
Tornò a baciarlo tra i tremori, le piccole mani passarono a circondare l'intera pelle color alabastro intorno al collo, l'aiutò a levargli il bomber e subito dopo la felpa che portava sopra all'uniforme. Jungkook, al tepore delle mani sulla sua pelle, boccheggiò con qualche mugugno e peggiorò drasticamente quando, quest'ultime fameliche, si mossero a tracciare il perimetro sotto il resto dei vestiti.
Non riusciva a percepire bene quell'appagante sensazione preliminare e imprecò a bassa voce come un bambino. Dalai sogghignò deliziata contro le sue labbra e si staccò: «Mi stai dando il via libera in questo modo, ragazzino, sei sicuro di quello che fai?»
«Levami questa fottuta uniforme noona o lo farò da solo»
Si morse il labbro compiaciuta: «Sono sempre più grande di te, perciò non darmi ordini» con una mano lo spinse all'indietro ed egli si ritrovò con la schiena ancorata al materasso e una pantera seduta sul suo cazzo.
«Fottuto ragazzino» sussurrò scivolandogli sopra, i capelli cascarono lungo il volto e solleticarono la pelle umida semi scoperta. Jungkook aveva gli occhi schiusi, una parte di sé stava cercando di sconfiggere tutto il suo imbarazzo ma non sapeva dove mettere le mani.
Dalai afferrò il cavallo dell'uniforme e la tirò su, piano e senza pressioni, fino a far sguisciare la testa dal girocollo. Il diaframma nudo balzò verso il soffitto per i respiri affannati, il petto lo imitò mentre gli addominali si attorcigliarono convulsivante dai brividi. Jungkook era bellissimo; forse la pelle d'alabastro cadeva perfetta su di lui e dipingeva quel corpo, pieno di muscoli sapienti e partoriti da anni di allenamenti, in maniera divina.
Fu d'obbligo perdersi a guardare come le clavicole scolpite sotto il collo andavano a incorniciare la zona superna del petto, lo sguardo scese giù sullo sterno fin troppo immacolato e continuò senza freni fino all'addome e laddove, il pantalone dell'uniforme, si celava nell'ombra piatta, sotto il ventre, il sesso eretto.
Non sprecò tempo e, senza vergogna, andò a toccare la pelle che aveva sempre sognato di assaporare in queste ultime settimane, dopo stanti sogni divenuti ormai incubi di ogni notte. Jungkook aprì gli occhi e scorse le pupille avversarie annacquarsi insieme all'iride senza luce.
«Sei così... Perfetto. Ho paura di lasciarti qualche segno» ammise senza peli sulla lingua. Jungkook deglutì, aveva le guance infuocate. «Anche tu sei perfetta noona,» si diede una spinta con i gomiti e si trovò nuovamente alla sua altezza, mantenendola sempre sul suo grembo, «però se vedessi i lividi dei miei baci, tappezzati su tutto il tuo corpo, ovunque, non credo che ne sarei dispiaciuto»
La punta del naso tondo andò a tediarle i tendini sotto il collo solo respirandoci sopra, e annusò intensamente il suo profumo. Scorse la pelle inalzarsi verticalmente e si sentì un minimo orgoglioso.
«Cazzo,» imprecò Dalai senza fiato, «sono veramente un pessimo esempio per i ragazzini se già inizi a fare certi discorsi» Jungkook ridacchiò appena, era ancora troppo, fin troppo, nervoso per ciò che stava succedendo. Dalai percepì il cuore del più piccolo scoppiare da un momento all'altro dopo che sfiorò la zona sinistra sul pettorale. Allungò le mani per circondargli il collo spesso e scese meglio, con le cosce, ai lati dei fianchi di Jungkook, la collisione dei loro corpi, però, portò quest'ultimo a uno stadio di batticuore eccessivo.
Avvertì il sesso dell'altro risvegliarsi irruentemente, con i suoi leggings poté sentire perfettamente la cospicua lunghezza trattenuta a stento e dolorosamente dall'elastico dell'indumento intimo. Osò, con la mano saltò le terre d'alabastro per sconfinare territori ancora più brucianti e, non appena sfiorò l'asola del bottone sopra alla cerniera, Jungkook le bloccò il polso con timore.
La guardò dritta negli occhi: «Immagino che tu abbia frequentato uomini molto più esperti di me. Uomini che hanno avuto la fortuna di provare piacere da mani che non sono solo le proprie. Magari le tue» deglutì al solo pensiero, «Potresti rimanere delusa da ciò che otterrai da un incapace come me»
Lo sguardo di Dalai si sciolse, perdendo definitivamente ogni traccia di austera severità che era abituata a mantenere nei confronti di Jungkook fin dal principio. Ma ora non ne valeva la pena. Assolutamente no. Era un ragazzino innamorato di lei e si stava gettando in pasto ai leoni del suo orgoglio maschile per compiacerla.
«Guk» addolcì la voce, «Tu ti aggrovigli la testa di pensieri perché vuoi fare un'ottima figura. Lieti i miei occhi e cerchi di sforzare il tuo corpo per impressionarmi, vero?» strofinò la punta delle dita sul basso addome, «Ma io mi sento ancora più in giudizio perché su di me dipende il peso dei ricordi. I tuoi ricordi. Anche se tra di noi non dovesse funzionare...» entrambi strinsero la propria presa con nostalgia, «Voglio assicurarmi che tu ti senta veramente pronto e vorrei anche che rimanesse un bellissimo ricordo. Il nostro ricordo. Mio e tuo»
«Ma quale giudizio...» stampò un altro bacio o più sulle sue labbra, «Sei perfetta, cazzo. Sei irraggiungibile. Lontana, anni luce da me. Quindi non privarmi di fare l'amore con te, non essere così egoista» concluse prendendola in giro. Al che, Dalai appoggiò una tempia su quella di Jungkook per sostenere il peso delle risate e delle emozioni che emancipavano gli svolazzi nel suo stomaco.
«Stupido, dannato e irritante bamboccio» sussurrò sfinita, «Dobbiamo rivedere questa predisposizione poetica con cui tendi a pararti sempre il culo»
«Oi!, é grazie al mio saper parlare e alle mie grandissime capacità di conversatore se sono riuscito a scalfire questa tua corazza e a sradicarla,» sospese la frase sogghignando con le labbra umide, «fino a trovarmi qui, sul tuo letto noona»
I suoi occhi si ridussero in due spaventose fessure colme di malizia, mascherata in arroganza. «Ah sì? Conversatore, dici?» prima di alzarsi dalle cosce mastodontiche del ragazzo allargò meglio le sue in uno scatto breve, ma potente, tanto da far percepire a Jungkook quanto fosse calda e vicino al suo cazzo.
Gemette involontariamente e andò nel panico quando la vide alzarsi e sgattaiolare via dal suo corpo vergine. Lei si mise in piedi davanti a lui, eretta con una postura a dir poco perfetta e finì per guardarlo dall'alto, studiarlo, vezzeggiare quello spettacolo con gli occhi, ed era tutto nelle sue mani.
«Ti piace tirare la corda. Lo fai costantemente»
«Vuoi per caso legarmi, noona?» chiese con tono d'impertinenza e allargò involontariamente le gambe. Ma Dalai lo apostrofò: «Attento, la corda se tirata non sempre si spezza,» si leccò le labbra facendogli sbarrare gli occhi, «ma si ribella e può finirti intorno al collo»
«Tu non sei una corda»
«No, hai ragione,» afferrò i lembi della tuta da lavoro e l'alzò fino a levarla completamente e gettarla a terra, «so essere molto peggio. Un incubo, se voglio»
Per te potrei essere la regina col cuore nero che tanto desideri, sciocco moccioso.
Quando il tessuto toccò il pavimento, sfiorando di poco i suoi piedi nudi, Jungkook aveva già raggiunto con lo sguardo i seni coperti da un misero reggiseno e le clavicole magre, pallide come la neve a gennaio. Pezzo di stoffa che avrebbe voluto cavare lui stesso tra i morsi e i polmoni che supplicavano aria sotto il suo corposo corpo d'atleta. Mentre se ne stava lì, in realtà, con le braccia premute sul piumone e mezzo nudo, svestito, in attesa che venisse divorato da Dalai.
Perché era questo che lei voleva. Nel suo sguardo non si leggeva altro che sadico piacere, privo di porpora d'imbarazzo ma colmo di brucianti fiamme che, sempre di più, avvampavano da sotto la curvatura delle ciglia color tenebra. Le dita ossute e sottili raggiunsero l'incastro dell'elastico del pantalone premuto contro i fianchi e piano, con lentezza, li fece scivolare come acqua piovana giù per le caviglie, creando in lei e nella mente di Jungkook solo profonde depressioni carsiche tra gli stomaci.
Non erano montagne, ma corpi che credevano di meritare il meglio e lo volevano. Lo pretendevano.
Gli occhi vispi di Jungkook giocavano a scannerizzare il busto perfetto della donna, così piccolo in confronto al suo, passando poi ai fianchi tondi adornati da uno slip di pizzo anch'esso nero ed elaborato.
«E quelle?» sentì il cuore scoppiare mentre indicò, con un cenno, l'intimo che copriva appena la sua intimità, «Fanno sempre parte della tua uniforme? Non credo che rientrino nei requisiti di un magazzino» il commento acidulo l'appagò, per infastidirlo maggiormente fece un giro su se stessa e mostrandogli, a trecentosessanta gradi, quanto fossero indecenti anche sul retro.
«Carine? Ti piacciono? Me le ha comprate Hien» domandò con nonchalance, menzionando le voluttuose preferenze stilistiche della vietnamita.
«Ti ha regalato un filo interdentale?» chiese sarcastico mentre visionava in HD il culo perfetto della donna che rimbalzava a ogni giravolta di superbia. «Allora? Ti piacciono o no?» insistette.
Jungkook deglutì rumorosamente: «Noona...» biascicò qualche imprecazione, «Sei proprio una grandissima stronza a volte»
Ricevette solo una risata bassa e divertita dalle corde di Dalai e lei, volpe, approfittò del momento in cui Jungkook sembrava più fervido di libido. Era ancora un ragazzino e lei era la sua prima esperienza sessuale, però coglieva di già come Jungkook sarebbe maturato col tempo e, di conseguenza, peggiorato nel forarle l'anima con lo sguardo di chi aveva voglia di farla urlare per intere notti.
Ora aveva una scintilla, un barlume, che già le faceva tremare le ginocchia... Chissà come sarebbe stato in futuro e con più conoscenza di sé a scoparla con una sola e penetrante occhiata.
Si inginocchiò senza ripensamenti e avvicinò le mani sulle cosce compatte dello studente per massaggiarle e schernirlo: «Mi piace di più quando mi chiamano regina col cuore nero,» i palmi si aprirono e andarono in simbiosi verso il centro, «credo che mi si addica di più, giusto Guk? Hai detto che sono quelle che preferisci in assoluto» Jungkook sobbalzò. Le gambe iniziarono a tremare e il fiato azzerarsi a ogni centimetro di spazio vitale perduto.
«Noona...» singhiozzò quando sentì la cinta sganciarsi e la cerniera torturata dal gioco con la zip che provocò col dito. «Mmh?» attese senza distogliere lo sguardo dal suo, «Vuoi che mi fermo?»
«Ti ho già detto in precedenza, senza troppi particolari, di come io sia ancora del tutto vergine»
«Lo so, non dimentico mai informazioni di questo genere» asserì ironica. «Qual é il problema Jungkook?»
«Il problema sta nel momento in cui mi tocchi» bruciò l'aria circostante con il fuoco nella gola e Dalai incurvò un sopracciglio in attesa di maggiori risposte. «E persiste in cui mi stai per prendere in mano il cazzo perché so che non durerò più di qualche minuto» guardò un punto a caso nel muro e si prese a morsi l'interno della guancia, «É imbarazzate» aggiunse mormorando.
Se Dalai non fosse stata mezza nuda e inginocchiata in mezzo alle cosce di Jungkook gli sarebbe rimbalzata addosso per soffocarlo di premure e coccole: nemmeno una come lei poteva resistere a quel broncio storpiato dall'anellino di metallo che si arricciava.
E per smorzare quella cupa atmosfera che aveva preso piega dopo la confessione del moro, si presentò davanti a lui con un sorriso di comprensione, affogato però in un sogghigno.
«Perché vuoi togliermi tutto il merito, Guk?» finalmente tornò a guardarla e si tenne sul volto cruciato un lampo di confusione, «Se verrai subito sarà solo per la mia rinomata bravura a prendertelo in bocca»
Quell'informazione lo fulminò: «Aspetta! A prenderlo dove?!—»
Nello stesso tempo in cui Jungkook colse ogni timbro e significato della frase appena enunciata con, fin troppa, spavalderia, Dalai era già a un buon punto con la liberazione delle brache e bottoni più simili a cinture di castità. Il pantalone scivolò appena sui fianchi e, istintivamente, il corpo del moro eseguì immediatamente l'ordine in silenzio, mentre il cervello era ancora in blackout.
Nel compiere tale azione anche le mutande finirono per fare la medesima fine dell'uniforme, ormai accavallata alle caviglie dopo essere stata trascinata giù per le cosce spesse. E finalmente Dalai poté cogliere quel ben di Dio dopo tanto tempo e tanta attesa, aveva appena sollevato gli occhi dal basso verso al centro, dove vi era il suo enorme interesse.
Perché per essere enorme, lo era davvero.
E ci mise molto tempo a staccare gli occhi dalle cosce a forma troncoconica che si assottigliavano al ginocchio, per poi riallargassi ai polpacci, e ammirare il sesso esposto del ragazzo senza veli. Jungkook si risvegliò dallo shock e il gesto permise al membro di compiere uno spasmo che lo fece collidere un'altra volta sull'ombelico.
Sembrava irreale, tanto da chiedersi se il respiro che fuoriusciva dalle sue narici e che sfiorava al contempo la pelle liscia e le spesse vene cerulee sotto il glande, fossero reali. Come i brividi che percossero il corpo del giovane, nudo sotto il suo sguardo.
Allungò una mano, afferrò l'asta con le mani ancora gelide dal freddo invernale e poté sentire un singulto del moro sgorgare dalle sue dannate labbra. Jungkook si sentì stringere, come se la mano non avesse afferrato solo il suo cazzo ma tutto l'intero corpo, cuore compreso.
Iniziò a torturarlo, con l'uso del pollice, sul frenulo che divideva a metà la base della punta e Jungkook sentì il sangue confluire seduta stante verso il basso.
«Che c'è, Guk? Devo smetterla?» chiese invocandolo a parlare appena mosse la mano su e giù con lentezza. Ma Jungkook non rispondeva, non osava nemmeno guardarla mentre compiva quel maledetto preliminare o avrebbe rischiato di venirle immediatamente in faccia senza aver fatto nulla.
«Guardami, Jungkook. Guardarmi» lo sollecitò ancora, avvicinò il viso alla zona per soffiarci sopra e asciugare fintamente il precum che ormai colava a picco da ogni dove.
Jungkook sentiva le cosce abbandonarlo e fece come richiesto. Aprì gli occhi, volse il mento al petto e trovò due profondi occhi scuri, liquidi tanto quanto i suoi, a desiderarlo in un modo inconcepibile ed estraneo a qualsiasi tipo di analisi.
«Guardami come riesco a prenderti bene» si calò giù con la bocca schiusa in una piccola corona d'orbita, il giusto per depositarvi un bacio e leccarlo con altrettanta grazia.
Non aveva bisogno di fare le cose troppo ardimentose e rendere quel momento cocente per il moro, usava il giusto equilibrio di pacatezza che serviva a creare una tortura molto più efficace. Di fatto il collo di Jungkook si piegò inverosimilmente all'indietro, aiutato dal grosso groppo di saliva che pungolava il pomo d'Adamo fino a indicare il soffitto. Il gozzo faticava a scendere e il fiato veniva a meno a ogni centimetro che Dalai inglobava con velata ingordigia.
La bocca si preannunciò primariamente a procedere con la fellatio, continuando a incanalare quanta più aria possibile e assorbire il sesso del ragazzo, dritto fino all'inizio della gola. Quando la punta sfiorò l'ugola Dalai tornò a guardarlo e contemplarlo dal basso, rendendo onore a se stessa per il meraviglioso lavoro che stava svolgendo: aveva ottenuto quello che voleva, Jungkook stordito da ogni senso e totalmente incapace di trattenere singulti, gemiti strozzati e scosse di piacere che lo inondavano fino a renderlo pazzo, e amava come cercava di non guardarla durante quell'azione impudica.
Iniziò a imitare la mano, fece su e giù per tutta la superficie liscia e stuzzicò ogni vena sul suo cammino, e con l'altra si aggrappò con gusto e sudore a una delle cosce spalancate di Jungkook. Era soltanto all'inizio ma Jungkook temeva di essere già alla fine, l'istinto di quel meraviglioso pompino gli intimava di staccare la mano dal materasso per afferrare la cascata di tenebre della noona e stringerla in una coda fittizia.
Il ritmò aumentò in maniera drastica e Jungkook non sapeva più cosa fare, come comportarsi dinanzi a quella devastazione: forse urlare, piangere di lacrime salate e piacere, sussurrarle cose sporche o scoparle la bocca come nei porno che gli inviava Jimin.
Dalai fece nella sua mente i complimenti al ragazzo: non solo Jungkook era bellissimo — sia dentro che fuori — ma era anche notevolmente dotato di dimensioni riguardevoli in mezzo alle cosce da atleta. Doveva aspettarselo; durante il bacio, mentre era schiacciata contro la sua macchina, non aveva fatto altro che ignorare quella pungolante e solida presenza che le premeva sul ventre, vista la sua stazza.
Cercava di contenere un ritmò abbastanza cadenzato o si sarebbe rovinata con le sue stesse mani se avesse osato troppo, era solo a metà e faticava a rilassare la gola per far scivolare la punta spessa. Poi arrivò fino al punto in cui il naso si schiacciò di poco sul pube liscio del moro e Jungkook, grondante e visibilmente sfinito, congedò ogni buona maniera imprecando ad alta voce. Una mano si ancorò al capo, si mosse sulla zona occipitale per afferrarle una manciata di capelli, azione che costò alle vene dell'avambraccio una brutale schizzata sotto l'epidermide, e si godette il calore delle sue pareti.
Avvertì come la gola si atrofizzò spasmodicamente contro la sua erezione, soffocandogli il cazzo con l'aggiunta della lingua per assaporarlo maggiormente. Dalai ne fu sorpresa, ma era felice che avesse iniziato a sciogliersi, lasciandosi andare ai suoi istinti più nascosti e lo scorse al limite delle sue forze.
Jungkook sbatté più volte gli occhi, arrivò il momento di smettere di lottare contro il suo controllo e, senza voce, emise strozzato: «Staccati. Noona, devo...»
Dalai iniziò a pompare la mano sull'asta, veloce e agevolata dalla lubrificazione della saliva, e staccò appena la bocca per fissarsi sulla punta e leccare i contorni. Sempre con gli occhi fissi contro i suoi.
Quel ritmo fu uno schiaffo al viso per Jungkook; piagnucolò con un accento rauco, emise versi che coglievano il dolciastro dolore dell'orgasmo e sentì i suoi liquidi confluire simultaneamente al soffitto.
O meglio, alle labbra del suo peccato e rosse come l'inferno.
«Dio... Oddio» gemette mentre i fianchi andarono incontro alla mano della donna, «Noona...» aprì gli occhi dopo averli strizzati e vide come il suo sperma biancastro uscì a fiotti, bollenti e densi, sulle labbra e dentro la bocca schiusa di Dalai.
Lei non si scompose: era quello che voleva. Sorrise quando assaporò il gusto amarognolo dello sperma e ridacchiò, mentre alcune gocce iniziarono a scivolare lentamente sui lati delle labbra e sul petto, fino al seno. Jungkook ansimava, non riusciva a fare altro che afferrare quanta più aria possibile per non morire asfissiato, ma non riuscì a distogliere lo sguardo dalla furba lingua di Dalai che leccava ogni traccia di lui.
Con la mano smise di accarezzarlo e la ritirò per portarsela dietro alla schiena. Al contempo guardò un'altra volta il reggiseno macchiato e appiccicoso di liquido e lo aprì senza troppe cerimonie: il laccio si sganciò e abbassò le spalline su entrambe le braccia per levarlo. Questa volta Jungkook non si perse un secondo, se ne stava lì beato e sfinito sul bordo del materasso — brache al suolo comprese — e sentiva come il suo cazzo fosse pronto a risvegliarsi.
Perché il meglio doveva ancora arrivare e sembrava essere quella bellissima donna, che sapeva il fatto suo, chinata leggermente in avanti mentre faceva scivolare gli slip focosi sulle cosce magre per rivelare, per la gioia dei suoi sogni più immorali, il suo monte di Venere vellutato e le pieghe lisce luccicanti di umori.
Dio se si era eccitata, come mai era successo prima d'ora.
«É la prima volta che vedi una donna completamente nuda, Guk?» lo stuzzicò interrogandolo con domande di cui sapeva già la riposta. L'espressione di Jungkook era diventata famelica, estranea alla sua solita parlantina o l'espressione da cucciolo. «Escludendo i porno su cui ti sei segato insieme ai tuoi amici idioti, ovviamente»
«Sai già la riposta, noona,» sussurrò con un verso baritonale mentre stringeva il materasso con le dita, «sei troppo pretenziosa d'attenzioni»
«E tu sei di nuovo duro, col cazzo che sta per scoppiare, per colpa di questa donna pretenziosa di attenzioni» lo bacchettò ironica, avvicinandosi al letto, «L'unica, tra l'altro, che vedrai»
Si sedette sulle cosce di Jungkook senza alcuna vergogna, avvertì la pelle massiccia del moro vibrare sotto il suo fondoschiena e la sua vita, anch'essa nuda, venne catturata dai suoi forti avambracci.
«Eccoci qui, noona. Entrambi nudi, spogli e uguali. Senza età. Senza vissuto. Solo noi» l'avvicinò al grembo e assorbì con accuratezza il calore che il suo corpo emanava. Profumava così tanto che Jungkook avvertì la testa girare. «Possiamo dire che ho effettivamente vinto. Sono riuscito a conquistare la regina col cuore nero» sussurrò sulle labbra.
«Cazzo,» scoppiò a ridere, affondando la testa nell'incavo del collo di Jungkook, «non posso crederci che un fottuto cretino abbia vinto davvero, lo sai?» esordì scossa delle risa e Jungkook l'abbracciò stretta, timoroso dentro di sé di perderla davvero. Perché le cose belle, quelle meravigliose, non solo facevano male ma finivano ancor prima di iniziare.
«Eri l'unica a non crederci, dai!» cercò di risollevarsi. All'improvviso Dalai scattò su con la testa e sbarrò gli occhi. «Merda! Non ho neanche un preservativo!»
Jungkook schioccò la lingua sorpreso e si morsicò le labbra imbarazzato. Dalai colse quel dettaglio: «Cosa c'è? Ne hai uno?» chiese con un'occhiata critica.
«Beh,» guardò il suo zaino ribaltato in fondo alla stanza, «in realtà sì. O meglio, una scatola intera e mai aperta»
«Aspetta... Intendi la scatola che hai...»
«Comprato per impressionarti durante il nostro secondo incontro? Sì, quella. E non so dirti se quel raccapricciante discorso sul piede dentro al profilattico o sui casi umani, che mettono incinta ragazzine a caso, mi abbiano offeso o spaventato»
«Meraviglioso. Meraviglioso discorso, correggerei» senza perdere tempo, Dalai iniziò a muovere i fianchi nudi sull'erezione pulsante che ergeva tra gli ombelichi, «Ma non possiamo usare una taglia che hai preso a caso solo per fare colpo su di me»
«Tsk!» borbottò il moro, offeso, trattenendosi dall'ansimare, «Quella é stata l'unica cosa che ho azzeccato»
«Cosa? La taglia? La taglia XL?» domandò. Jungkook annuì, gustandosi l'intimità calda che rilasciava umori sul suo cazzo. «Noona, dopo quello avvenuto poco fra, tra noi, dovresti essere quella che mi conosce meglio» la sua irritante insinuazione sessuale le illuminò la ragione e, effettivamente, non poteva dargli torto.
«Fottuto ragazzino» sibilò nel suo dialetto natio mentre si alzava sotto le cospicue risate di Jungkook e mostrandogli, nel momento in cui si chinò a raccogliere lo zaino e afferrare la scatola, un bel dito medio. «Almeno lo sai mettere?» lo beffeggiò sarcastica e gli lanciò il pacchetto.
Jungkook lo afferrò lesto al volo e lo guardò, rigirandoselo tra le mani. «Mettimelo tu, ti vedo voluttuosa» dichiarò con un mezzo sorrisetto. Dalai lo guardò estrarre una bustina argentata un po' titubante e alzò gli occhi al cielo.
«Al posto di sparare cazzate» strappò la bustina dalle mani affusolate di Jungkook facendolo trasalire, «Perché non ti concentri e ammetti di non avere la minima idea su dove mettere le mani?! E—» lo beccò a sghignazzare e leccarsi l'anellino argentato, «E togliti quella dannata espressione dalla faccia! Fino a qualche minuto fa non osavi neanche guardarmi mentre avevo il tuo uccello in bocca—»
«Noona!» la rimproverò con lo sguardo, sicuramente i muri di quell'appartamento avevano orecchie ovunque. «Non urlare, per favore»
Dalai stette zitta e afferrò voracemente quel quadratino d'argento per poi srotolarlo, stando attenta a tenere la punta del cappuccio con le dita, sul pene del ragazzo. Jungkook abbassò lo sguardo e arrossì per tutto il fastidioso procedimento, la vide stenderlo con un po' di difficoltà per l'evidente spessore e la ragazza constatò che il moro avesse ragione sulla misura del profilattico.
Il respiro tornò a regnare lungo i polmoni di Jungkook, che nemmeno si era accorto di averlo trattenuto per tutto il tempo, e vide Dalai alzare il capo per tornare a baciarlo. Prima con dolcezza e sicurezza. Poi il bacio divenne umido e ricco di gemiti da parte di entrambi non appena i sessi iniziarono a sfregarsi tra loro. Infine, sotto il permesso di Dalai, Jungkook si permise di avanzare con le mani, per la prima volta, sul suo corpo perfetto.
Sfiorò con timore un seno, il pollice graffiò febbrilmente la pelle smussata e turgida intorno all'areola, si emozionò così tanto che un singhiozzo — simile a un guaito — sfuggì rantolando dalla gola e pensò di non aver mai visto, né sentito, pelle più morbida. Ebbe molta insicurezza nel chiudere le dita intorno al seno e più lo faceva, affondava le punte nella carne soffice, più le fitte di desiderio si scaricavano verso il basso.
Era arrivato il momento di fare la mossa che avrebbe cambiato ogni cosa tra di loro: nel bene e nel male; Jungkook nascose il naso sotto il lobo di Dalai per lasciarvi scie di baci, mentre le mani salivano e scendevano lungo il seno e i fianchi, lei si erse sulle ginocchia per puntellarle sul materasso e afferrargli il sesso.
Lo trovò alla sua mercé, lo strinse dolcemente e lo condusse sotto di lei ai lati della sua intimità bagnata. Sarebbe stata la prima volta di Jungkook e sentiva che non c'era bisogno di forzarlo a fare cose che sarebbero accadute più in là con naturalezza e conoscenza. Si era risparmiato nell'inoltrarsi in maniera inopportuna sul suo corpo, l'accarezzava con preziosità e ascoltava il cuore battere in contemporanea con il proprio.
Non aveva provato a toccarle nemmeno troppe zone erogene femminili ma a lei bastava così, era perfetto così. Jungkook era meraviglioso nella sua vergine semplicità e spontaneità, e avrebbe pagato oro se ci fosse stato qualche modo per non far terminare mai quel momento.
Lo guardò un'ultima volta e lui le rispose dandole un bacio in mezzo al petto per ingraziarla di tutto: della seconda possibilità, di aver avuto fede in lui, il tempo speso in sua compagnia e per la pazienza, l'infinita pazienza per averlo accompagnato in questa avventura.
Premette la fronte appena sopra il seno, avvertì le braccia sottili circondargli il retro del collo, scostò ciocche di capelli con le dita, e boccheggiò tenendo gli occhi chiusi quando sentì la fessura umida schiudersi al suo passaggio come burro, accogliendolo. Dalai scivolò giù lentamente, si godette quel forte attrito che il suo corpo, in astinenza da tempo, la obbligava a desistere per le dimensioni.
Tutto divenne troppo. Confuso. Magico. Caldo. Jungkook aveva ancora la bocca spalancata e la fronte contro lo sterno della donna, sentiva il suo cazzo sepolto a metà dalla sensazione più bella del mondo e avvertì gli occhi farsi lucidi dalle scariche. Lei si sciolse completamente non appena arrivò a toccare, con le cosce, le creste iliache sviluppate del ragazzo e finalmente si lasciò andare a una moltitudine di sospiri appagati.
Percepiva il volto fossilizzato di Jungkook sul suo petto e si chiese se fosse andato tutto bene.
«Ehi, Jungkook?» lo chiamò con la voce consumata, «Come ci si sente ad avere spezzato la barriera della verginità?» Jungkook si annaffiò il palato secco con un po' di saliva e deglutì. «Sono sulle nuvole»
«Ah sì, ed é una cosa bella?»
«Bellissima,» sollevò il volto per mostrarle quanto fosse felice, con gli occhi brillanti e patinati, «Avrò modo di spiegarti, più in là, che cosa significa per me avere la testa tra le nuvole»
«Allora non vedo l'ora di scoprirlo»
L'ultima frase uscì in un ansito, si aggrappò meglio alle spalle del moro e si ritrovò un'altra volta a guardarlo dall'alto, col seno a sfiorargli la bocca e i capelli che si incollavano tra il sudore. Si sollevò e scese giù per ripetere la prima di una lunga serie di spinte, e più questo accadeva più Jungkook veniva travolto da una strettezza mai vissuta prima.
Era un calore che incendiava ogni capillare, avvertiva la difficoltà delle pareti strette nell'accoglierlo, dopo ogni discesa, a causa delle sue dimensioni e si sentiva orgoglioso. Fiero che la sua noona stesse gemendo e provando piacere a causa sua; arrivò al punto in cui, con le mani, graffiò gentilmente i fianchi morbidi della ragazza per avanzare oltre la visuale, tastando la carne massiccia dei glutei quando quest'ultima iniziò a rimbalzare più velocemente sul suo membro.
Essere venuto poco prima lo stava seriamente aiutando a non finire quel rapporto nel giro di qualche secondo. Avrebbe voluto consumarla e farla urlare a gran voce con le sue sole forze, ma non era abituato ad avere rapporti del genere e se fosse dipeso da lui, avrebbe schizzato tutto il suo orgasmo lungo le cosce bollenti della mora dopo la seconda cavalcata.
Dalai sembrava infuocata, destreggiava il bacino secondo una danza latina e piagnucolava ogni volta che il membro le colpiva il tessuto spugnoso e ricco di proibizioni. I versi di Jungkook... Quelli erano indescrivibili: stava cavalcando una statua vergine con le cosce che bruciavano e squittiva ogni volta che le mani lunghe, dall'aria più insinuante al posto di essere angelica, cascavano sul seno o sulla vagina bisognosa di attenzione.
Aveva sfidato il buon senso e Jungkook arrivò ad arricciare le dita oltre la fessura del posteriore, giù nell'incastro dei loro corpi bagnati, per masturbare con sentimento le labbra schiuse e il clitoride gonfio.
Con i capelli impiastricciati sulla fronte Dalai percepì la forza abbandonarla mano a mano e Jungkook, predatore della sua carne, la sollevò contro ogni aspettativa e la girò — bastò un colpo di reni — sul materasso.
La sua schiena affondò sul piumone mentre il mastodontico corpo del ragazzo sgusciò famelico in mezzo alle sue gambe. Ora era lui a stare sopra, a contemplare il volto eccitato e distrutto dal piacere di Dalai, col seno piangente verso il soffitto e in apnea d'ossigeno, gli arti che tremavano e l'intimità che fremeva di averlo nuovamente con sé al suo interno.
Si massaggiò la sua erezione non appena scese sulla pancia piatta di lei, con la lingua pronta a infuocarle le viscere e tediarle la pelle coi denti. Morse il suo corpo, lo baciò e succhiò così forte che a ogni pezzo lei ricambiava con una supplica.
«Guk... Ti prego» ansimava senza forza e dignità, ma Jungkook preferiva ascoltarla senza darle ciò che voleva. Perciò prese ad avanzare su verso il diaframma, alla metà della cassa toracica mentre ridacchiava tra piccoli morsi in mezzo al seno, e con l'ultimo rimasuglio di coraggio andò a toccarle direttamente il clitoride con movimenti circolari. Tuttavia non si risparmiò a stuzzicarle l'entrata e intinse le punte delle falangi fino a farle scomparire con lentezza.
Dalai sbarrò gli occhi e boccheggiò scioccata, alzò un braccio per appigliarsi al collo taurino e colmo di tendini di Jungkook, finendo col circondargli i fianchi con le gambe in una morsa e imprecare.
«Smettila cazzo!» ringhiò all'ennesimo succhiotto che depositò sul seno e lo sentì staccarsi dalla pelle con uno schiocco. Manco fosse un lecca lecca.
«Ti ho fatto male, noona?» si drizzò preoccupato e tolse immediatamente le dita da lì sotto, «Pensavo che...»
«No! É diverso Jungkook! Devi farmi male» esplose, ancora stesa sul materasso e frustrata come mai prima d'ora. «Voglio che mi fai male, cazzo, non é il momento di procrastinare!» a quella confessione Jungkook si resse meglio con le braccia al piumino per non pesarle addosso. «Togliti quest'aria da verginello ingenuo perché non lo sei,» ansimò al ricordo del pollice che vezzeggiava il clitoride o l'espressione furba che assunse quando la vide pregarlo, «sei un diavolo. Un fottuto diavolo travestito da studente»
«Quante... lusinghe noona, potrei quasi abituarmi» esordì in un sogghigno mentre scendeva a baciarle il collo e soffiarle sul lobo.
«Oh, no. Non succederà mai. Hai scelto la regina col cuore più oscuro che ci sia perciò ti attieni a quello che può concederti»
«Ovvero?»
«Discordia. Amara discordia e maledizioni che andranno a colpire intere generazioni se non ti sbrighi e torni a scoparmi, Jungkook»
Fu impossibile trattenere una risata per Jungkook, si alzò in una flessione e imitò lo stesso procedimento di Dalai: afferrò il suo sesso gocciolante e gonfio, al di sotto del profilattico, e lo avvicinò alla fessura per torturarla. Le arpionò una gamba per allargarla ed entrò con lentezza e un temperamento misurato.
Dalai alzò gli occhi al cielo, sentì ogni centimetro trapassarla e spaccarle a metà gli organi da quella posizione, mentre Jungkook si sentì finalmente protagonista nel dirigere lo spettacolo. Iniziò a muovere i fianchi verso il basso e in modo circolare, incontrando quelli di Dalai che cercavano di indirizzarlo. La spinse avanti e indietro facendole strisciare la schiena linda sulle coperte.
Entrambi si sentirono meglio, il ritmò aumento e con egli i gemiti acuti di Dalai. Quelli di Jungkook rimasero bassi, era concentrato a guardarla negli occhi e baciarla senza respiro mentre le teneva sollevata la gamba con un braccio. Capì meglio quale andatura mantenere e quanto potesse spingersi in fondo, in quella posizione, senza farle veramente male.
Punto i piedi al letto e iniziò a dettare le danze per la fine. Con i corpi incastrati arrivarono a un punto di non ritorno: Jungkook sentì per la seconda volta il sangue confluire nuovamente al basso e Dalai, invece, percepì la punta del sesso abusare della sua resistenza fino ad arrivare a un potentissimo orgasmo di cui nemmeno lei si aspettava.
Non si aspettava di certo che un ragazzino vergine la facesse venire in quella maniera, anzi: aveva previsto che la durata del rapporto sarebbe stata breve e tremolante.
Invece allacciò le mani sul monte di Venere e sforbiciò tra le dita il clitoride per masturbarsi e cavalcare l'apice del piacere, gustandosi il fiato corto di Jungkook che si allineò sul suo petto, galleggiante dalle spinte del bacino, finché non trovò sollievo. La testa madida di sudore crollò nuovamente sul seno della ragazza, dove tutto era iniziato, mentre affrontava gli ultimi spasmi che dilaniavano il suo sesso con feroci fiotti di sperma.
La passione scemò, venne a meno anche il calore dei loro corpi bollenti perciò Dalai si sbrigò a tastare il bordo del piumone per afferrarlo e coprire entrambi. Jungkook fece uscire il sesso dalla sua dolce metà con un broncio, si sollevò appena per permetterle tale azione ma, quando furono coperti, tornò a stringerla amorevolmente tra le sue braccia, sistemandosi sopra di lei senza pesarle. E, come un bambino, crollò con il volto sul collo ricoperto di segni di Dalai, respirandole sulla pelle al punto da farla ridere per il solletico.
Erano così stanchi che non parlavano. Bastavano i gesti e le mani che si cercavano per agganciarsi, Dalai lasciò un dolce bacio sulla tempia di Jungkook e lo coccolò, massaggiandogli la testa con le unghie.
«Mi sono resa conto solo ora, dopo aver condiviso il letto con te, stupido ragazzino, che non ti ho mai raccontato niente di me» si fermò, «E non ti ho nemmeno detto quello che sento dentro quando ci sei tu a ribaltarmi la vita. Vuoi sentire la storia di come una principessa si è trasformata di una regina cattiva?»
Lo sentì ridere con le labbra premute sulla pelle e le strinse la vita per accoccolarsi meglio. «Solo un idiota non lo farebbe, noona. Sarei onorato di sentire la storia di questa bellissima regina, tanto bella quanto brava a letto» si beccò uno schiaffetto sulla nuca e un'occhiataccia fintamente assassina.
«Allora...» tamburellò le dita sulla schiena del ragazzo, «Vengo da un paesino di Jeolla Meridionale, la conosci Naju?» Jungkook sembrò pensarci un secondo ma dopodiché negò confuso. «Tsk, certo che no, come puoi saperlo? Chi cazzo conosce i quartieri rurali di Naju. Nessuno, porca puttana» soffiò via quella frustrazione iniziale e cercò di rimanere più calma.
«Sono cresciuta tra covoni di grano e trote appese su pali di legno, a malapena riuscivo a fare delle frasi di senso compiuto senza imprecare e mia madre, pur non avendo mai visto un treno viaggiare sottoterra, si è presa la briga di portarci a Seoul. Seoul cazzo!, l'impero costruito in meno di cinque decenni e a lei importava solamente di una cosa,» assottigliò le labbra e scimmiottò, «"almeno le scuole qui hanno l'aria condizionata e i maniaci non spiano i bambini da dietro le colline"...» si ritrovò a mormorare ricordando, con delicatezza, quei frammenti della sua vita caotica e irrefrenabile.
«Quindi la principessa era una popolana all'inizio»
Dalai annuì assorta. «Ho passato la mia vita a studiare. A dedicare ogni mio — nostro — sacrificio in qualcosa che mi avrebbe dato un'identità per il mio futuro. Perché la dedizione che impiego nelle mie responsabilità é cosi potente, così importante che, a volte, mi toglie tanto fiato da farmi fermare e pensare: come si respira?» sentì il cuore rallentare, «Come si ricominciava a vivere?»
Ecco il momento in cui era diventata una principessa.
«E, dopo tutte le mie battaglie per far sommergere una zotica studentessa di campagna, in mezzo alla bambagia dei viziarteli della capitale, i successi e l'autostima da principessa, alla fine mi sono ritrovata ad amare un coglione. Un emerito deficiente che, Dio solo sa, se l'avessi saputo prima!, non gliel'avrei data neanche se fosse stato l'ultimo uomo sulla terra con il solo scopo di salvare la specie. Oh, no. Molto meglio l'estinzione, cazzo» rincarò il disprezzo con una smorfia.
Jungkook storse il naso alla menzione del suo ex, storia di cui sapeva prevalentemente poco. «Ed é qui che sei diventata una regina col cuore nero?» domandò assorto, sotto i raggi rifratti della Luna e le gote ancora accaldate di gelosia.
«Quando becchi la tua ex migliore amica scoparsi il tuo ragazzo, nel vostro appartamento, non ti senti più una principessa, Guk» allungò una mano per creare dei cerchi sulla pelle alabastro del moro, «Hai scalato l'Everest, pensi a questo quando riesci a diplomarti anche con un reddito mediocre. Ti senti potente, finalmente il tuo meritato successo é appagato e poi, a farti uscire di testa, arriva l'amore, ma questo é tossico e bastardo quanto lui stesso. Non è l'amore terso»
Scese il silenzio e concluse, «In fine arriva l'ora di cadere. Non ti senti più nessuno, capisci che non sei l'eroe di niente ma solo un essere di carbonio, uguale ad altri otto miliardi, e sì, finisci col preferire anche i cattivi delle storie perché scopri di avere molte più cose in comune delle principesse» ridacchiò, «A discapito di ciò, una regina col cuore nero può rappresentarmi meglio»
Jungkook allungò l'indice per arricciarle una ciocca fra le pieghe del dito: «Mmh. Il discorso poetico l'hai pensato ascoltandoti le canzoni di Taylor Swift?»
«Ma che diavolo,» soppresse una risata, «sei fin troppo informato e impertinente, ragazzino idiota» gli rispose con gli occhi assottigliati in due fessure, ma si fece scappare una risata non appena il dito, che prese ad accarezzarla con lentezza, si trasformò in una mano completa. Questa finì per toccarle la guancia con un piccolo sfioro.
«Cosa vuoi fare, noona? Continuare a raccontarmi quanto sia difficile amare l'antieroe di se stessi?»domandò con uno sprezzo di ironia, avvicinandosi alla ciocca, e giocando a quel gioco di parole e menzionando l'artista musicale.
«Volevo semplicemente mettere le mani avanti»
«Ah sì? E perché mai?» rotolò sul fianco, puntò il gomito sul cuscino per tenersi la testa e la guardò in attesa e malizioso.
«Perché sono imprevedibile quando mi stai così vicino, non penso, potrei combinare grossi guai» ammise, le guance iniziarono a bruciare e le pupille, già da minuti luccicanti, saettavano frenetiche e dilatate, «Non è un'attitudine che mi appartiene, odio sentirmi così» Jungkook ghignò e si sporse in avanti e parlò davanti al suo viso: «Ti faccio davvero questo effetto, noona? Sei la più grande e dovresti essere tu a portare i ragazzini sulla strada giusta con la tua ardua esperienza, non io»
«Ecco perché non voglio uscire con te» sbuffò.
«Mmh, sì» annuì ironico, «certo»
«E non lo farò più»
«Che cosa?» chiese roco, guardandole le labbra gonfie, «Cosa non vorrai più fare, noona?» le afferrò un fianco spoglio per sentire la sua pelle nuda a contatto con la sua.
Lei gemette e si ritrovò schiacciata contro il suo corpo, sotto al cuore, in attesa che Jungkook le facesse dimenticare quella vecchia storia, della principessa e della regina nera, per portarla a voltare pagina e vivere quella della bellissima noona e del ragazzino immaturo.
«Odio perdere tempo. Non voglio più perderne nemmeno un singolo secondo» accarezzò l'anellino argentato col pollice e lo rapì con gli occhi.
«Dio, noona...»
«Perciò, ti prego, Jungkook. Portami lontano come solo tu sai fare. Portami,» aprì il cuore e, in un sussurro, gli disse, «portami tra le nuvole»
𝙏𝙝𝙚 𝙚𝙣𝙙?
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Eccoci qui!🦋
Sono quasi 15mila parole e questo diventa il capitolo più lungo che abbia mai scritto fino a oggi. Al secondo posto abbiamo un capitolo di Nookie👀
È diventato lungo perché mi dispiaceva separarlo e poi l'avreste trovato noioso (boh, mi faccio i complessi) con un capitolo solo di dialoghi e depressione nella prima parte 😂
Poi il capitolo mano a mano cambia e sfocia in una della Smut più travolgenti e particolari della mia lista hard: é stata la prima volta che facevo emergere un rapporto con un ragazzo vergine e una donna esperta, quindi mi sono dovuta calare nella parte dei dilemmi esistenziali di questo fottuto Jungkook per essere il più reale possibile. Ovvero: timoroso, indeciso, a tratti imbarazzato ma con tanta voglia di far uscire il suo enorme e mastodontico cazzo.
É ANDATA BENISSIMO JK, Dalai lo sa, sa che diventerai uno stronzo bastardo... e perché dico questo? Quel The End?
Perché ci sarà una sorpresa, uno piccolo special, solo un capitolo, che ci farà vedere i protagonisti dopo qualche mese e secondo voi si saranno messi finalmente insieme o... chissà? E vedremo anche un Jk molto, ma molto più attivo nonostante sia destinato a essere un sottone fino alla morte per la sua noona?
- Eh si, quel noona, Jk lo sussurrava con un tono diverso dal resto delle altre parole, solo per farla sciogliere (quel coglione!)
- Dalai, la nostra anti-hero, tutte noi inadeguate e regine nere, sei riuscita a buttare giù tutti i tuoi muri per farti finalmente amare come meriti❤️
-Ho voluto fare riferimento, nel discorso di Hien, alla storia di It's Okay to not be Okay e del ragazzo che si nutriva di incubi. Per i giusti fan che coglieranno questo riferimento lascio un grandissimo abbraccio virtuale ❤️
- E non potevo non menzionare lei, colei che ci ha accompagnato col suo sottofondo ogni vicenda di Dalai. Taylor Swift e la meravigliosa Anti-Hero. Che, con le sue parole, ha travolto tutti noi in un flusso di pensieri molto intimi e interiori.
- E vedremo, nello speciale, se Jungkook sarà riuscito nel suo intento, a diplomarsi, a calpestare il podio dei campionati di atletica, a stare con Dalai e ad averla convinta a rischiare un po' di più e amare se stessa, non solo gli Anti-hero.
- E concludo qui, per adesso, con solo due nomi:
Jimin e Jane: 🦋🦋🦋
Alla prossima ragazzi❤️
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