Capitolo 74
Cami
«Tua sorella?» chiedo incredula.
Dopo aver ascoltato tutta la storia, mi sento davvero stupida. Perché ho pensato subito male? Dovevo capirlo che Ethan non si sarebbe mai trovato in una situazione del genere, ma poi realizzo che per colpa dei miei continui fraintendimenti stavo per rovinare nuovamente la mia storia con Ethan. Quindi lascio cadere la valigia per terra e mi catapulto tra le sue braccia, singhiozzando forte come una bambina. Lui, mi abbraccia a sua volta e mi fa sentire al sicuro, quando dovrebbe solo essere arrabbiato per la mia continua mancanza di fiducia.
«Perdonami, Ethan, perché ho tratto conclusioni sbagliate e perché stavo rovinando per l'ennesima volta la nostra relazione. Scusami, io... Io...».
Le parole mi muoiono in gola quando sento ancora più la stretta di Ethan che mi protegge e mi sussurra all'orecchio che va tutto bene e che mi ama.
«Ti amo anche io. Non sai quanto stavo faticando per andarmene» continuo tra le lacrime.
«Non avrei permesso che lo facessi. Abbiamo lottato per anni, Cami. Davvero credevi che ci saremmo lasciati?».
«Lo stavo per fare. Me ne stavo andando di nuovo».
«Lo so e mi hai spavento. Non lo fare mai più. Qualunque cosa succeda, da oggi in poi, promettimi che ne parleremo. Che non trarrai conclusioni affrettate e che non cercherai di scappare mai più. Ti prego» mi implora quasi disperato.
«Te lo prometto, Ethan. Perdonami. Ti amo» singhiozzo contro il suo collo.
Dopo essermi calmata nel suo abbraccio, penso a quello che mi ha appena raccontato e soprattutto a quello che ho appena visto.
«La busta...» inizio. «Cosa c'era scritto?».
«Non lo so» ammette. «Non so se voglio sapere cosa contiene».
«Certo che vuoi saperlo, altrimenti non saresti andato a quell'appuntamento» lo faccio riflettere.
«Nicole se n'è andata» dice.
«Oh, Ethan. Perché l'hai fatta andare? L'hai trattata male e lei non lo meritava. Che colpa ha in tutta questa storia?! È venuta a cercarti perché sei suo fratello, perché vuole creare un rapporto con te... È parte della tua famiglia».
«La mia famiglia che mi ha abbandonato» ribatte duro. «Dove sono stati per tutto questo tempo?».
«Mi pare di capire che nemmeno tu li abbia cercati».
«No, perché sono felice. Perché non mi manca niente e sapere del mio passato mi avrebbe fatto soffrire, come ho sofferto quando ho visto la sorella che non ho mai conosciuto».
«È importante che tu le dia una possibilità. Da quello che mi hai raccontato, questa ragazza ha cercato più volte di contattarti, perché hai questo rifiuto nei suoi confronti?» chiedo.
«Lei parlava di sua madre come se avessero vissuto assieme. Io sono stato abbandonato e questa» dice, tirando fuori la busta dalla tasca posteriore dei jeans, «dovrebbe darmi delle spiegazioni, ma non sono sicuro di volerle sentire».
È comprensibile. Passare il resto della vita con una consapevolezza e poi qualcuno sbuca dal nulla e sconvolge il tuo presente. Posso capire il rifiuto di Ethan, è ferito e credo abbia paura di affrontare la verità.
«Ethan» inizio, accarezzandogli la guancia. «Tua madre è morta, vuoi davvero continuare a vivere con la verità in tasca, senza toglierti il sassolino dalla scarpa?»
«Non lo so, Cami. Non so niente. So solo che la visita di Nicole mi ha sconvolto. Poi, hai visto quanto ci somigliamo? Non ero abituato nemmeno a questo!» esclama.
È vero. Nicole e Ethan si somigliano davvero molto. Forse era per questo che lei aveva un'aria così familiare.
«Se non sei pronto, ti capisco. Adesso sei sconvolto ed è comprensibile, ma sono certa che il giorno farai la scelta giusta e aprirai quella busta».
Ethan
«Sono certa che il giorno farai la scelta giusta e aprirai quella busta».
Quel giorno arrivò prima di quanto credessi. Era passato un mese dalla visita di Nicole e il mio pensiero andava sempre a quella lettera. Lei non si era più fatta sentire e nemmeno io avevo cercato di contattarla. Pensavo di farlo, dopotutto, dovevo scusarmi per come l'avevo trattata e volevo che facesse parte della mia vita.
Avevo raccontato l'accaduto a mamma principalmente, che più di tutti poteva capirmi e mi ha raccontato di quanto le sarebbe piaciuto avere nella sua vita un'occasione del genere.
«No so che fare» avevo ribadito.
«In cuor tuo lo sai, Ethan. Forse sei spaventato, ma non precluderti la possibilità di sapere. Se non lo farai non te ne pentirai. E se Nicole è venuta a cercarti è perché vuole che tu faccia parte della sua vita. È una cosa bellissima».
Furono quelle parole a convincermi a fare la cosa giusta perché, qualche tempo dopo quella conversazione, mi ritrovo nel mio ufficio a leggere nero su bianco.
Figlio mio,
la prima cosa che ti direi se ti avessi davanti è scusa. Scusa per averti abbandonato e per non averti più cercato. Non volevo farlo, ma quando si è giovani si fanno scelte stupide e la mia scelta ha fatto del male anche te. Quando ho saputo di aspettarti avevo solo diciassette anni, ero spaventata e dirlo ai tuoi nonni avrebbe comportato un matrimonio imminente. Ero poco più di una bambina e non volevo sposarmi. Tuo padre, Jordan, era più grande di me, andava al college e faceva parte di una delle famiglie più abbienti di Detroit. Suo padre era uno dei maggiori esponenti politici di quel periodo, quindi immagina come avrebbe reagito alla notizia. Jordan non voleva avere niente a che fare con me e la tua nascita avrebbe comportato un problema per quella famiglia che si preparava ad affrontare le elezioni. Quindi decisero di pagarmi per abortire. Non avrei voluto, ma quei soldi erano tanti e, la condizione economica in cui versava la mia famiglia, mi ha portato ad accettare. Quindi abbiamo preso i soldi e ci siamo trasferiti a Richmond. Più passavano i giorni e più pensavo che ucciderti sarebbe stato crudele, sia per me che per te. Quindi decisi di portare avanti la gravidanza. Quando sei nato ero sempre troppo giovane e iniziai a prendere consapevolezza che non sarei stata in grado di badare a me stessa, figuriamoci ad un neonato. Quindi feci la cosa più brutta che potessi fare, di cui ancora oggi mi pento. Ti diedi in affido. Il primo periodo è stato il più duro. Non potevo capacitarmi cosa mi spinse a darti via in quella maniera. La verità è che mi mancavi tutti i giorni anche se non ti conoscevo. Avrei voluto vederti crescere, andare a scuola, al college, laurearti e sposarti. Poi le cose migliorarono con il tempo. Lavoravo come cameriera in un ristorante in centro città e lì conobbi un uomo. Un uomo che mi amava per davvero e che ho sposato anni dopo. Ha colmato il vuoto causato dalla tua perdita e poi mi ha regalato una splendida bambina, Nicole, tua sorella. Era un periodo felice, ma qualcosa mi mancava. Eri tu. Ho provato a rintracciarti anni dopo, ma con scarsi risultati e poi ho rinunciato. Mi sono ammalata, Ethan, e se adesso scrivo questa lettera è perché non voglio morire con il rimpianto di non averti fatto le mie più sentite scuse per averti abbandonato e voglio che tu sappia che sono profondamente pentita di come sono andate le cose.
Spero di incontrarti, un giorno.
Con affetto, tua madre.
Quando finisco di leggere quella lettera, mi accorgo di avere gli occhi umidi e acquisisco un'altra consapevolezza. Mia madre mi ha dato in affido perché era sola e spaventata. Era un'adolescente con problemi economici che non sarebbe stata capace di occuparsi di me. E l'unica soluzione migliore per entrambi era questa. Ce l'avevo con lei fino ad un momento prima e, anche se fin da bambino mi sono ritrovato solo, quello che ho trovato dopo è stata la mia mia felicità. Perché nella sfortuna sono stato fortunato.
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