Capitolo 73

Due settimane prima

Ethan
Ero sempre più distratto e avevo sempre la testa a quella ragazza, non perché mi interessa, ma perché sono certo che lei sia interessata a me. E una mattina ho la fortuna dalla mia parte perché, durante la pausa pranzo, la becco in strada proprio sotto il mio ufficio. Quando mi vede si volta immediatamente ma riesco a fermarla e chiedo: «Hai intenzione di parlarmi prima o poi, o continuerai a spiarmi e basta?».

La sconosciuta sembra voler fuggire, ma poi si ferma e si volta nella mia direzione. Sono ancora più convinto di conoscerla con quei suoi capelli rossi e gli occhi chiari. Ma c'è qualcosa che mi sconvolge di più della sua aria familiare quando osservo meglio la sua figura: ha il pancione.

Faccio per parlare, ma le parole mi rimangono bloccate in gola e i miei occhi non riescono a staccarsi dalla sua pancia. L'unica cosa che spero è che non sono stato io. E di colpo il mio pensiero va a Cami. La mia dolce, splendida, futura moglie Cami che non vorrà più avere a che fare con me, se questa situazione è come penso. Mi viene il dubbio solo per una frazione di secondo perché, dopo Las Vegas, nella mia vita c'è stata solamente Cami e questa ragazza sembra incinta di circa sette/otto mesi. Per levarmi il dubbio immediatamente glielo chiedo: «A che mese sei?».

Lei sembra presa alla sprovvista dalla mia domanda e sembra in difficoltà. «Oh... Io pensavo che la nostra  conversazione sarebbe iniziata diversamente».

«Chi sei?» chiedo senza troppi giri di parole.

«Sono Nicole» si limita a dire.

La osservo attentamente, cercando di capire cosa voglia, ma poi realizzo che io faccio l'assistente sociale e molto probabilmente questa ragazza avrà bisogno del mio aiuto. Quindi, reprimo tutta la mia diffidenza, salto il pranzo e la invito nel mio studio.

Quando si accomoda davanti a me, si guarda intorno. Nicole non accenna a parlare, quindi cerco di metterla a mio agio, facendole alcune domande.

«Sei sposata?» chiedo, notando il suo anulare sinistro.

Lei si illumina e automaticamente si porta le mani sulla pancia.

«Da circa un anno e mezzo» dice.

«Sei stata tu a chiamare la settimana scorsa?» chiedo.

«Sì, volevo parlare con te, ma non sapevo come altro fare. Ho persino rinunciato a farlo quando mi hai risposto male al telefono».

«Era il mio cellulare privato e non capisco come tu ne sia venuta a conoscenza» dico. Poi, dopo una pausa, chiedo: «Ci siamo già conosciuti noi, a Richmond, vero?».

Lei annuisce e dice di sì. «Non pensavo te ne ricordassi».

«Ricordo di averti parlato per un po', ma non ricordo la nostra conversazione a causa dello stato in cui mi trovavo».

«Già, eri un po' ubriaco».

«Spero non a tal punto da fare un bambino con te» borbotto.

«Cosa? No!» esclama lei... schifata.

Alzo un sopracciglio e tiro un sospiro di sollievo. Poi chiedo: «Perchè ho come l'impressione che tu sappia chi sono?».

«Perchè è così, Ethan» dice, chiamandomi per nome. «Io sono tua sorella».

Che cosa? Mia sorella? Io ho solo una sorella, India.
Inizio a scuotere la testa e Nicole sembra ferita da quel rifiuto. Vorrei cacciarla perché nessuno ha il diritto di venire a stravolgere le mie giornate con una notizia del genere, non qualcuno che appartiene al mio passato. Quindi, ferito dal fatto di essere stato abbandonato e rifiutato fin da bambino, mi chiudo in me stesso e la rifiuto a mia volta. «Io ce l'ho già una sorella e non sei tu» ribatto duro.

Nicole adesso singhiozza e mi maledico per aver fatto piangere una donna incinta. «Scusami» sussurro.

«No, hai ragione. Dopotutto, mamma ti ha abbandonato ed è normale che tu reagisca così».

Mi dà fastidio il modo in cui dice "mamma", come se fosse anche la mia. Trovo assurdo tutto questo. Per quattro anni della mia vita sono stato da solo e poi ho avuto la fortuna di trovare due genitori meravigliosi che mi hanno fatto sentire cosa si prova stare in una famiglia. Mi hanno fatto sentire amato e voluto.

Adesso lei, mia sorella sbucata fuori dal nulla, sta letteralmente stravolgendo il mio presente. «Perchè sei qui?» chiedo ancora.

«Io... ti volevo conoscere» dice. «Non sapevo nemmeno della tua esistenza fino a poco tempo fa».

«Okay, ma perché sei qui? Qual è il motivo per cui compari solo adesso?».

«Mamma è morta» si limita a dire.

Un po' mi dispiace che la donna che mi ha messo al mondo sia morta, ma non riesco a pensare a come abbia potuto abbandonarmi. Dopotutto, ero solo un bambino. Non ho nessun ricordo di lei, non so che faccia abbia, non so chi sia mio padre... Non so niente del mio passato, se non che sono stato portato in un orfanotrofio.

«È morta l'anno scorso, a causa di un infarto» riprende la parola Nicole, tirando fuori dalla borsa una busta. «E mesi fa ho trovato questa lettera tra le sue cose. È allora che ho saputo di te e ho deciso di venirti a cercare».

Poi mi porge la busta, ma rifiuto di prenderla. Nicole la ripone nella borsa e scuote la testa e inizia a raccontare come ha avuto il mio numero. «Mio marito fa l'investigatore privato. Per lui è stato un gioco da ragazzi trovarti. Non riuscivo a credere che mia madre mi avesse tenuto un fratello nascosto per tutto questo tempo. Non volevo commettere il suo stesso errore, così non appena mi sono decisa, ti ho chiamato».

«Io ho già una famiglia. Ho dei genitori che mi amano, una sorella, degli amici meravigliosi e una donna che amo e che sposerò a breve. Ho persino un cane che, per quanto mi faccia arrabbiare, fa parte della mia famiglia» mi sfogo. «E per quanto posso ringraziarti per esserti fatta viva, io non voglio avere niente a che fare con te».

Nicole riesce a trattenere a stento le lacrime. Vorrei scusarmi per essere stato così duro ancora una volta, ma sono troppo ferito per farlo. So che lei non c'entra niente e che è tutta colpa di sua madre, ma non riesco a fare finta di nulla e accoglierla nella mia vita quasi perfetta. Ho vissuto per tutta la vita con la speranza che da un momento all'altro qualcuno avrebbe potuto farsi vivo, ma ho sperato invano perché non solo non si è mai visto nessuno, questo significava che non volevano avere nulla a che fare con me e adesso anche io la pensavo alla stessa maniera.

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