Capitolo 7

Cami
Mi sono appena sistemata sul letto, col computer sulle gambe, quando sento bussare alla porta ed Ethan entra in camera mia. Gli lancio un'occhiata veloce e annoiata per fargli capire che vorrei tutto, ma non parlare con lui in questo momento. Ritorno così a puntare lo sguardo sullo schermo del mio pc per guardare il mio tanto atteso episodio di "The game of thrones" e premo play.

«Il trono di spade?» chiede lui, sedendosi al mio fianco. «Posso vederlo insieme a te?».

Mi limito a fare spallucce senza dire nulla perché non mi va per niente di fare conversazione. In primo luogo perché devo guardare il film e poi perché l'episodio di poco prima mi ha deluso. Manco avessi la peste.

Quando vedo che Ethan inizia a togliersi le scarpe per infilarsi sotto le coperte, non riesco a trattenermi dal chiedere: «Non credi che ti stai allargando un po' troppo?».

«Ah!» esclama. «Allora ti è tornata la voce!».

«Non se n'era mai andata. Non ho voglia di parlare».

«Se ho fatto qualcosa che non va, ti chiedo scusa» dice, dandomi una strizzata al ginocchio da sotto le coperte.

Rabbrividisco quando la sua mano tocca la mia pelle scoperta, ma subito dopo l'irritazione per ciò che ha detto a mio fratello prende il sopravvento, facendomi dimenticare che la serata in sua compagnia è stata piacevole.
Peccato che Ethan non misura le parole mentre parla. E poi i suoi comportamenti sono l'esatto opposto di ciò che dice.

«Cami, hai capito? Ti ho chiesto scusa» insiste.

«Sì, ho capito» ribatto annoiata.

«E allora perché mi tratti con sufficienza?».

Sbuffo e mi allungo nuovamente in direzione del computer per mettere in pausa. «Vogliamo guardare il film o siamo in vena di confidenze?».

«Vorrei parlare».

«Parliamo» dico brusca, chiudendo il notebook per metterlo da parte.

Quando noto che Ethan non fiata, insisto. «Allora?».

«A volte penso che tu sia completamente pazza, solo che poi ricordo che aspetti il ciclo e il mio pensiero su di te ritorna ad essere quello di sempre».

«Non ti permetto di mettere in mezzo il mio ciclo. A proposito, com'è che Elia non ti ha ancora spaccato la faccia?».

«Perché, al contrario di quello che credi, so tenere testa a tuo fratello. Per tua informazione, Cami, ho appena finito di avere una discussione con il mio migliore amico per difendere te» conclude.

Improvvisamente mi sento in colpa per il modo in cui ho appena trattato Ethan. Forse non lo merita e improvvisamente mi è venuta voglia di sapere cosa si sono detti con mio fratello. Per cui, metto da parte il mio atteggiamento scontroso e chiedo: «In che senso mi hai difesa?».

«Nulla» inizia. «Ho solo suggerito a Elia di lasciarti respirare un po'. Ultimamente mi sembra molto esagerato. Sai che mi ha detto che non devo guardarti? È assurdo!» esclama. «Noi due siamo amici! Lui sa che non ti farei mai del male».

«Non dirmi che avete avuto quella strana conversazione del tipo "la mia sorellina è off-limits"? Elia sta davvero esagerando» borbotto. «Dev'essere stato imbarazzante per te. Voglio dire, è ovvio che non hai bisogno di sentirti dire determinate cose».

Mi costa un po' ammetterlo, ma vorrei che le cose fossero diverse. Poi lui si limita a stare zitto e io non so più cosa pensare.
Perché da un momento all'altro i miei occhi vedono Ethan in maniera diversa? Non vorrei nemmeno pensarci, ma mi è impossibile non farlo.

Dopo un minuto di silenzio, Ethan chiede: «Allora, guardiamo il film?».

Annuisco e metto nuovamente il computer sulle mie gambe, clicco su play e, senza rendermene conto, mi addormento sulla sua spalla.

Ethan
Cami non sa quanto Elia abbia ragione. Sì, in effetti, ho bisogno che mi ricordi di starle lontano. Non lo so, ma ultimamente vedo Cami in maniera diversa e il fatto che abbia deciso di autoimpormi di starle alla larga, mette a dura prova la mia resistenza. Per esempio, in questo momento non dovrei nemmeno essere qui. I tempi in cui dormivamo assieme sono passati già da parecchio tempo ed essere nello stesso letto sta facendo risvegliare qualcosa che dovrebbe stare al suo posto e molto lontano da Cami. Qualche minuto fa, quando le ho strizzato il ginocchio, per poco non mi allargavo a fare altro. Dopotutto, Dean ha ragione da vendere quando mi dice che Elia mi scomunicherebbe se conoscesse i miei pensieri. Per questo, sbuffo frustrato quando vedo Cami dormire tra le mie braccia, perché vorrei rimanere con lei ancora per un po'. So che non posso rimanere ancora quindi, facendo attenzione a non svegliarla, chiudo il portatile e, alzandomi, lo appoggio sulla scrivania. Quando raggiungo il divano, mi stupisco di non vedere Elia. Avrei giurato che mi avrebbe aspettato, anzi, pensavo che da un momento all'altro avrebbe fatto irruzione in camera di sua sorella e avrebbe sollevato un polverone di proporzioni gigantesche vedendoci in quella situazione. Comunque, so che se non si è verificato un episodio simile è grazie ad Haley che l'ha tenuto a bada.

◎◎◎

L'indomani, al bar, mi sento peggio di uno zombie. Presumevo che la giornata sarebbe iniziata in maniera tranquilla, ma il primo cliente che vedo entrare è Dean che si dirige dritto al bancone.

«Il solito» dice, sfregandosi la mascella, senza salutare.

«Ciao anche a te» ribatto, iniziando a preparare il caffè. «Dormito bene?».

«Ho dormito di merda».

Non dovrei pensarlo, ma non ne posso fare a meno e ben gli sta. Dean si alza tutte le mattine presto per lavorare, ma si ostina tutte le sere a fare baldoria. Diciamo che non è molto salutare per un muratore fare la vita che conduce lui, infatti, ha rischiato più volte di essere licenziato.

«Questo vuol dire che smetterai di comportarti come un adolescente?».

«Piantala, Ethan. Non hai il diritto di farmi la morale».

«Ho però il diritto di stare in quella casa tanto quanto te. Ieri sera ho dovuto disturbare delle persone per dormire da loro, come se fossi un cazzo di barbone senza una fissa dimora!» esclamo, questa volta adirato. «Non dovrà più succedere o sei fuori».

«Non puoi cacciarmi, Ethan. Sai che ho bisogno di quella casa».

Già... Perché, tutte le volte che cerco di dare una svolta alla mia situazione, Dean le escogita tutte per impietosirmi e io ci casco tutte le volte. So che non ha una famiglia e so che non avrebbe dove andare. Inoltre, il contratto dell'appartamento in cui viviamo è a nome mio, quindi potrei cacciarlo in qualsiasi momento. Il discorso è che non sarei mai capace di fare una cosa simile. So cosa significa non avere nessuno e so che non voglio far provare questa sgradevole sensazione a nessuno, nemmeno a lui. Dopotutto, siamo amici e gli voglio bene nonostante le sue brutte qualità.

«Dean» dico serio. «Lo so, ma la mia pazienza ha un limite. Questa notte non ho dormito per niente bene. In più, devo coprire anche il turno del mio collega malato e dovrò persino saltare le lezioni del pomeriggio. Anche io vorrei essere capito. Da oggi le cose cambieranno».

«So che non sono il migliore dei coinquilini, ma cercherò di fare del mio meglio».

E spero che sia davvero così, perché non saprei come altro sopravvivere ad un'altra seccatura del genere.

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