Capitolo 43

Ethan
«Non ho capito il motivo che ci sta portando a Philadelphia» inizio mentre guido. «Non potevi far stampare gli inviti in una tipografia qualsiasi di New York?».

«Chiedilo a tua nonna Lauren. È lei che mi ha consigliato questo posto».

«E da quando fai quello che dice mia nonna?» chiede accigliato.

«Da sempre, Ethan. Mi è impossibile dirle no quando si mette in testa qualcosa. E poi ha ragione lei, sono inviti solidali e parte del ricavato andrà in beneficenza e noi sosteniamo la beneficenza».

«E allora che Philadelphia sia» dico.

«Mi dispiace farti fare tutta questa strada».

«Mi serviva qualcosa che mi tenesse impegnato».

«Certo» ribatte. «Ora che non c'è Samantha, queste tre settimane senza di lei ti sembreranno infinite».

Vorrei non dover dire niente e chiudere la conversazione perché non mi sembra l'argomento ideale da affrontare con la mia ex ragazza, ma dico la verità. Come sempre, non ho mai mentito a Cami e mi viene alquanto difficile tenerle nascosti i miei pensieri.

«Credo che ci faccia bene un po'di distanza, sai? Con Sammy ci sto bene, ma a volte mi sento come se mi mancasse l'aria».

«Forse non è la ragazza giusta per te» butta fuori.

Quando la guardo per un momento e non dico nulla, si scusa.  «Non sono affari miei».

Infatti, non lo sono, ma ha maledettamente ragione. So che Samantha non è la ragazza giusta per me e non è nemmeno giusto che io continui a stare con lei sapendo che i sentimenti che lei prova per me non sono reciproci. Lei ha detto di amarmi e io amo la ragazza al mio fianco.

«Comunque, raccontami cosa hai fatto in questi ultimi due anni» dico, per cambiare argomento e togliere entrambi da questa situazione di imbarazzo.

«Mi sono laureata, come ben saprai...».

Certo che lo so! So anche che si è laureata una settimana dopo che improvvisamente ha scelto di non rispondere alle mie telefonate e, quando qualche giorno dopo volevo contattarla, ho scoperto che aveva cambiato numero. Quindi la mia unica soluzione era Elia che mi ha dato il suo nuovo numero di cellulare e mi ha detto che Cami stava prendendo bene la nostra separazione. Quel giorno ero davvero distrutto. Era un giorno importante per la mia ragazza e io non potevo essere con lei, in più lei stava bene e io mi sentivo sempre più male per tutta la situazione. Così la mia soluzione era quella di tagliare i ponti con lei come lei aveva fatto con me, ma non ne sono stato capace quindi un giorno l'ho richiamata.

«Ho lavorato sei mesi per un'azienda qui vicino e poi, finalmente papa, Elia e Matt hanno deciso che ero pronta per entrare a far parte della loro squadra. E niente, ho ancora tanto da imparare».

«E perché l'altra sera, alla festa, non hai portato nessun ragazzo?» chiedo curioso.

Non saprei come introdurre l'argomento e siccome non so nemmeno come si faccia a non sembrare invadente, glielo chiedo senza giri di parole. Un po' ho paura di sentire la risposta, ma è una cosa che non mi dà tregua e adesso devo sapere.

«Perchè non ho nessun ragazzo».

Grande!

«Presumo che Elia li abbia tenuti tutti a distanza».

«Al contrario. Elia ha cercato di farmi uscire con un paio di ragazzi. Quando ha visto che non ero interessata mi ha detto che non avrebbe più cercato nessuno per me. Figurati, neanche glielo avevo chiesto».

Da egoista quale sono, sono contento che per Cami non ci sia stato nessun altro dopo di me, anche se questo non esclude che non abbia avuto relazioni di una sola notte e di questo ho la certezza che ne abbia avuta almeno una.

Lascio cadere il discorso perché non voglio aprire vecchie ferite e più tardi raggiungiamo la nostra destinazione.

Cami fa tutto in fretta mentre io l'aspetto in macchina e, quando siamo di ritorno, mi squilla il cellulare. Dal momento che ho dimenticato l'auricolare a casa, sono costretto a mettere il vivavoce e, non appena Cami sente la voce di Samantha che esce dalle casse, si irrigidisce sul sedile

«Amore» sento.

«Tesoro».

Cami si muove nervosa accanto a me e mi vorrei maledire per aver chiamato Samantha in quella maniera, ma so che se non l'avessi fatto avrei destato in lei dei sospetti.

«Mi sei mancato».

«Anche tu, Sammy».

«Bugiardo» mi accusa. «Questa mattina mi ha detto che mi avresti chiamato per pranzo e invece ti sei dimenticato ti me per la seconda volta in un giorno».

È vero, maledizione! Ed è successo tutte le volte che sono stato con Cami. Come può questa ragazza farmi dimenticare tutto quando sto in sua compagnia?

«Ehm.. scusami. Ho incontrato un amico e ho perso del tutto la cognizione del tempo» mento.

A quella stupida scusa, Cami mi guarda con disapprovazione e mima: «Un amico? Davvero?».

Con un'altra scusa, interrompo la conversazione con Samantha e mi preparo ad affrontare Cami, che non perde tempo a chiede: «Perchè non le hai detto che eri con me».

«Perchè non volevo complicare le cose».

«Certo, non più di quanto già non siano. Comunque, non puoi mentirle, è la tua ragazza!».

«Cami, Samantha non capirebbe. O meglio, non posso dirle del nostro passato adesso, quando siamo a diverse migliaia di distanza».

«Se le hai detto che siamo solo amici e non vuoi dirle la verità, almeno abbi la decenza di portare avanti questa farsa con un po' di verità nel mezzo. Mi hai appena definito... un amico» butta fuori. «Un maschio».

«Voglio fare le cose con ordine. Adesso non mi va più di parlarne».

E tronco il discorso senza dare a Cami la possibilità di ribattere. Fortunatamente, siamo quasi a casa sua e non devo sopportare la tensione più del dovuto. Quando arriviamo, la aiuto a portare i sacchetti con gli inviti fino dentro casa e, non appena mi chiudo la porta alle spalle, lei chiede: «Che stai facendo?».

«Mi sono offerto di aiutarti oggi, ricordi?».

«Sì, ma non è necessario che tu rimanga, Ethan. Grazie per il passaggio» taglia corto.

La verità è che voglio passare altro tempo con lei, quindi insisto. «Ti aiuto a finire il lavoro e poi ti prometto che me ne andrò».

«Come vuoi».

Dal momento che sono già le dieci, mentre Cami è in camera sua a cambiarsi, ordino una pizza. Quindi, qualche minuto dopo, iniziamo il nostro lavoro. Mentre Cami piega gli inviti, io li imbusto e li ripongo in una scatola. Finiamo davvero in qualche ora e nel frattempo arriva la pizza. Iniziamo a mangiare mentre guardiamo la TV e, dopo aver aiutato Cami a mettere ordine, come le avevo promesso, me ne vado che sono quasi l'una del mattino.

Peccato che, quando vado per accendere la macchina, sembra abbandonarmi. Provo più volte ad avviare il motore, ma sento solo il rumore di un ammasso di ferro vecchio. Sbuffo per la frustrazione e faccio per chiamare il carro attrezzi.
Proprio quando sto per premere il tasto verde, il numero di Cami compare sulla schermata.

«Cami, ti posso richiamare tra un po'? Ho un problema adesso».

«Lo so, ho visto tutto dalla finestra. Sali. Lo risolvi domani il tuo problema» mi ordina.

So che la cosa migliore sarebbe quella andarmene via, ma senza rendermene conto mi ritrovo nuovamente nel suo appartamento.

«Grazie, Cami».

«Non ti avrei lasciato mai in mezzo ad una strada».

«Avrei trovato una soluzione».

«Be', io l'ho trovata più in fretta. Adesso però dobbiamo andare a letto».

Quando Cami si accorge che sto per mettermi sul divano, sbuffa e mi richiama, quindi la seguo in camera sua. Sono sempre più convinto che non dovrei essere qui, ma sono qui e lei mi è mancata tantissimo.

Quando rimango in boxer, Cami mi guardando traverso e poi, puntandomi un dito contro, dice: «Non obbligarmi a fare un muro di cuscini».

«Non è necessario, Cami. Non ti toccherò, promesso».

Quelle furono le mie ultime parole famose, perché ti l'indomani mi sveglio completamente avvinghiato a Cami con il suo sedere attaccato al mio bacino.

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