Capitolo 34
Cami
So che se voglio continuare la mia relazione con Ethan devo riuscire a convivere con questi momenti. La tristezza ormai ha preso pieno possesso del mio corpo e se non fosse per Ethan che mi tiene per mano in macchina, diretti verso l'aeroporto, per ora sarei piegata in due per il pianto. Può sembrare banale, ma un minimo tocco riesce a non farmi crollare. E questo lui lo sa bene, per questo nei nostri sei giorni trascorsi insieme non ci siamo staccati mai per un momento. Abbiamo trascurato un po' i nostri amici, ma i nostri momenti insieme avevano la priorità.
«Non essere triste» mi rincuora Ethan, mentre guida. «Tra due mesi sarai da me e se ci riesco metterò un viaggio nel mezzo».
«Sarebbe perfetto. Vederci una volta al mese è più di quello che mi sarei mai aspettata» dico con il sorriso tirato.
In verità, anche una volta al mese non è abbastanza. Dio solo sa quanto soffro quando lui non è con me. A volte penso che sarebbe più facile se me ne andassi a vivere con Ehan dopo la laurea, ma poi penso al mio tirocinio fuori e al fatto che a casa ho un lavoro magnifico che mi aspetta, insieme a Elia, e i miei piani vanno in fumo. Emily aveva ragione: devo tenere duro per uno o due anni al massimo e poi tutto si sistemerà. Almeno spero.
«Lo so che non è il massimo, Cami. Non lo è nemmeno per me, ma se fai questa faccia rendi la mia partenza difficile e sai quanto detesto vederti così».
«Sto bene, più o meno. E non ho nessuna faccia, sono solo triste perché te ne vai di nuovo» ammetto. «E poi non sopporto la situazione che si è venuta a creare con la tua collega».
Già, perché Ethan, a Richmond, oltre a un team di colleghi con cui ha instaurato un bellissimo rapporto, ha conosciuto una collega alquanto assillante, Jules. Nei sei giorni in cui è stato qui, gli ha chiamato almeno due volte al giorno. La cosa che più mi infastidisce è che non doveva dirgli niente in particolare o che riguardasse il lavoro. No, lei voleva solo sentirlo "per parlare". Per fortuna, Ethan ha cercato di far durare le conversazioni solo pochi secondi e, quando poteva, evitava di rispondere.
«É solo una collega, Cami. Si comporta così perché ha avuto una delusione d'amore recente e sta cercando un amico con cui sfogarsi».
«Non credo che per lei sia lo stesso e che con "sfogarsi" intende altro».
«Sa che sto con te» dice poi Ethan. «Ma non voglio parlare di lei. Abbiamo l'ultima ora da poter passare insieme e voglio solo dirti quanto mi mancherai».
Ed è quello che facciamo. Raggiungiamo l'aeroporto e ci sediamo sulle panchine un po' più distanti del resto delle persone. Ethan non mi lascia per un attimo, mi tiene stretta al suo petto e, come l'ultima volta, cerco di reprimere le lacrime. Questa volta, ci riesco meglio. Dopotutto, non voglio far sentire Ethan in colpa. Abbiamo deciso che al momento questa è la nostra vita e la prenderemo come viene. Gli avvolgo le braccia in vita e mi lascio coccolare dal mio ragazzo, consapevole del fatto che passeranno almeno altri due mesi prima che possa sentire nuovamente le sue mani addosso.
Come al solito, il momento della partenza è il più brutto e, dopo averlo baciato e averlo visto superare i controlli di sicurezza, mi rifugio nella sua auto e, prima di partire, mi sfogo. So che posso sembrare una stupida, alcune persone fanno questa vita e non reagiscono come faccio io. Dopotutto, non c'è nulla da piangere, Ethan non sta andando in guerra e noi ci rivedremo presto.
Solo una cosa rimpiango ed è quella di non avergli ancora detto che lo amo. Adesso forse sono io che sento l'esigenza di farglielo sapere anche se ancora non ho sentito pronunciare quelle parole nemmeno a lui.
Più tardi, a casa, mi butto sui libri. Riesco a studiare buona parte della materia e a svolgere tutti i miei esercizi per l'esame scritto senza difficoltà. Un'ora più tardi, ricevo un messaggio da parte di Ethan che mi avvisa di essere appena atterrato e, qualche minuto dopo, apro Facebook.
Mentre scorro nella home noto alcune foto in cui siamo stati taggati Ethan e io da Emily che mi fanno sorridere. Scorrendo ancora trovo foto di Haley e mi fratello e scendendo ancora più giù vedo una foto che mi fa salire il sangue al cervello.
Il post risale a cinque minuti prima, il che vuol dire che è stato postato in diretta. È un selfie che ritrae il mio fidanzato con la faccia spiaccicata a quella di una donna con un sorrisone a trentadue denti. Ethan si salva solamente perché il suo sorriso è tirato e le sue mani sono al loro posto. Leggo il post: Ethan Jefferson è stato taggato nella foto di Jules Kennedy. Vado più avanti nella lettura e leggo quello che lei ha scritto. Quando aspetti che il tuo "amico" ritorni dalle vacanze.
Assottiglio lo sguardo, non riuscendo a staccare gli occhi da quella parola messa tra virgolette. D'un tratto mi sento tradita, come se tutte le cose che Ethan mi ha detto per tranquillizzarmi fossero solo parole per tenermi nascosta la verità.
Il mio cuore inizia a battere più velocemente e, per togliermi qualsiasi dubbio, chiamo Ethan perché mi deve delle spiegazioni. Però il suo telefono risulta irraggiungibile così faccio uno screen al post e glielo invio senza ulteriori ripensamenti. Fremo di rabbia quando vedo che il messaggio non viene letto e che le mie chiamate vengono dirottate direttamente alla segreteria telefonica.
Così decido che se a Ethan non importa poi così tanto di tenere il cellulare a portata di mano, non importerà nemmeno a me.
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