Capitolo 20

Ethan
Cami è davvero la migliore delle mie amiche. Mi ha sempre trasmesso quell'ottimismo che mi è sempre mancato e come le ho detto poche ore fa, fa sembrare le cose meno schifose. Non ha esitato nemmeno un secondo in macchina ad offrirmi il suo aiuto e adesso siamo insieme ad impacchettare vestiti ed effetti personali per spedirli momentaneamente nel suo appartamento. Mi è sembrata la soluzione ideale dato che al momento vorrei tenere i miei genitori fuori dai miei problemi.

Mentre io sbrigo le faccende del rimborso, Cami si sta premurando a spostare le scatole piene davanti l'ingresso così che ci verrà più facile portarle via dell'appartamento. Non saprei come fare se non ci fosse. Quello che ha fatto poco fa, in macchina, è stato stupendo. Ha evitato che crollassi e mi ha dimostrato quanti ci tiene a me con qualche semplice parola e con ciò che sta facendo adesso.

La osservo mentre continua a darsi da fare senza mai fermarsi. Anzi, si ferma dopo che sente addosso il mio sguardo.

«Che c'è? Perché mi guardi?» chiede, legando i capelli in una crocchia disordinata.

«Così» dico facendo spallucce. «Non ti sei fermata nemmeno un momento».

«É perché ci dobbiamo sbrigare. Prima finiamo e prima ce ne andremo».

«Non devi farlo per forza, sai?» dico raggiungendola e togliendo dalle sue mani una pila di miei vestiti (che ha perfettamente piegato). «Dovresti andare a casa. Sono già le dieci e non hai cenato a causa mia».

«Non dire sciocchezze, Ethan» ribatte, riprendendosi i vestiti per poi riporli in una scatola. «Puoi ordinare una pizza adesso e mangeremo quando avremo tempo. Me ne andrò di qui solo quando tu e la tua roba uscirete».

«Perfetto. Però adesso siediti un attimo e non ribattere altrimenti sarò costretto a cacciarti».

«Come vuoi tu» si arrende, sedendosi sul divano. A mia volta, mi siedo accanto a lei e Cami mette le sue gambe sulle mie.

«Vorrei un massaggino» chiede. «Sono esausta e mi farebbe stare molto meglio».

Mi metto subito a massaggiare le sue gambe, resistendo alla tentazione di risalire sulle cosce. Cami mi osserva soddisfatta e in poco tempo mi accorgo che forse potrei abituarmi a tutto questo. A stare con lei...
Mentre io faccio questi pensieri, lei si addormenta e spero di non svegliarla quando mi alzo per andare ad aprire al fattorino, ma i miei piani falliscono perché lei alza di scatto la testa dal divano. Il suo stato di stordimento da sonno svanisce non appena vede la pizza e a me non resta che sorridere per quella strana reazione.

«Che c'è? Sono affamata!» esclama, prendendone un morso generoso.

«E si vede».

«Cosa vorresti dire, Ethan Jefferson? Che mangio forse troppo?».

«Assolutamente no. Anzi, dovresti mangiare più perché sei troppo magra. Cosa mi farai toccare altrimenti quando faremo sesso?».

Cami sbarra gli occhi alla mia frase e inizia a tossire. La piazza le sarà andata di traverso quindi mi premuro per prenderle un bicchiere d'acqua che ingolla in un attimo.

«Stavo scherzando, Cami. Non c'è bisogno che mi soffochi davanti. Mi avresti spinto a farti la respirazione bocca a bocca». Questa volta scoppio a ridere per la sua espressione interrogativa.

«Secondo me fantastichi un po' troppo, Ethanuccio».

«Se mi rimane da fare solo quello, lasciamelo fare».

Cami mi sorride maliziosa e, dopo aver finito di mangiare, si rimette subito a lavoro.

Sono le due del mattino quando finiamo di caricare la macchina e l'unica cosa che ci rimane è recuperare i nostri cellulari dall'appartamento.
Però, nell'esatto momento in cui stiamo per andarcene, eccolo che spunta sulla soglia, con un graffio sul labbro e gli occhi da cane bastonato.
Dean.

Cami
Quando Dean entra nell'appartamento lancio un'occhiata a Ethan. Se potesse, lo fulminerebbe con gli occhi. È rigido, con i pugni stretti lungo i fianchi e sta facendo fatica a non colpirlo, ne sono certa.
Dean è messo piuttosto male. Sembra che si sia appena scontrato con qualcuno. A parte il volto leggermente tumefatto e i vestiti spiegazzati ha lo sguardo vacuo. Si limita anche lui a starsene zitto e improvvisamente mi sento di troppo.

Faccio per andarmene quando Ethan mi ferma, tenendomi per un polso. «Per favore, non te ne andare».

Vedo l'agitazione nei suoi occhi e annuiscono, restando al suo fianco.

«Amico...» inizia Dean, come se dovesse giustificarsi.

«No» dice Ethan, alzando il tono della voce. «Non iniziare come se non avessi potuto evitarlo. Mi hai buttato in mezzo ad una strada, Dean. E spero che tu abbia una spiegazione logica per quello che è successo».

«Ce l'ho. Non avrei mai voluto che si arrivasse a tanto. Ti avrei restituito tutto. Ecco» dice, tirando fuori dalla tasca dei contanti. «Questi basteranno per pagare l'affitto dei mesi scorsi. Per entrambi».

«Fanculo tu e i tuoi soldi!». Ethan sembra rabbia vivente quando si avvicina pericolosamente al viso di Dean. «Se non mi dici subito cosa diavolo hai fatto, giuro che ti concerò peggio di quanto tu non sia messo già».

«Ethan» lo richiamo mettendogli una mano sul petto. Ethan mi osserva con gli occhi iniettati di sangue, lo tranquillizzo implorandolo con gli occhi e lui fa un passo indietro.

«Droga» confessa. «Ho avuto un disguido con il mio titolare così ho lasciato il lavoro. Credevo che ne avrei trovato subito uno, ma si è dimostrato più difficile del previsto. Così grazie all'amico di un amico sono riuscito a trovarlo».

Trattengo il fiato nello stesso istante in cui Ethan sussulta. «Dio...».

«Ho chiuso, Ethan. Te lo giuro. Non potevo continuare a frequentare quella gente. Mi hanno aggredito e mi hanno preso tutti i soldi che avevo ricavato dalla vendita e poi mi hanno tolto quei pochi grammi che mi erano rimasti. Ero nei guai e...».

«E hai deciso di mettere nei guai me!» lo interrompe Ethan, alzando il tono della voce. Questa volta, tengo salda la mano di Ethan per evitare che faccia qualcosa di cui poi - certamente - si pentirebbe. «Avrebbero potuto ammazzarti. Avrebbero potuto prendersela con le persone a te vicine».

«È finita» continua Dean, cercando di convincere il suo amico. «Ho ricevuto una chiamata da mia zia, ieri. Ho un lavoro legale che mi aspetta a Boston».

«Allora di auguro buon viaggio». Ethan si libera così dalla mia presa e lascia l'appartamento chiudendosi la porta rumorosamente alle spalle.

E a me non resta che guardare Dean, sinceramente pentito che mi guarda a sua volta con gli occhi imploranti. Gli sorrido debolmente, ma questo non basta per farlo tranquillizzare.

«Dagli tempo, Dean. Al momento ce l'ha con te perché hai tradito la sua fiducia».

«Non avrei mai voluto che accadesse questo».

«Io ti credo, ma adesso Ethan ha bisogno di tranquillità. È rimasto senza una casa e ha bisogno di tempo per metabolizzare il tutto. Fai passare qualche mese e poi richiamarlo, okay? Non ce l'avrà più con te».

Dean annuisce ancora scosso e gli auguro buona fortuna. Poi raggiungo Ethan in macchina.

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