Capitolo 19

Cami
La casa sembra terribilmente vuota e silenziosa. Ho sempre sognato di vivere per conto mio, ma mi sto rendendo conto che forse non è poi questa grande idea. Elia è partito da un paio d'ore e già mi sento sola, triste e abbandonata. Avevo pensato di invitare Emily per il resto della giornata, avremmo potuto farci la manicure e altre cose da ragazze, ma ho deciso che avrei potuto impiegare il mio tempo in un'altra maniera. Come per esempio lasciare l'appartamento pulito e ordinato perché per il resto della settimana non dormirò di certo da sola. Mi metto così subito all'opera e accendo lo stereo con i Nickelback che cantano.

Dopo aver finito, tiro fuori dall'armadio il mio capiente borsone da viaggio di stoffa e chiamo mia madre.

«Ciao, amore» mi risponde allegra.

«Ehi, mamma! Il mio letto è ancora in camera mia o mi tocca dormire sul divano?» chiedo, scherzando.

«Tesoro...» inizia dispiaciuta. «Con tuo padre abbiamo deciso di vendere tutte le tue cose. Quando siamo stati certi che tu e tuo fratello non sareste più venuti a vivere con noi, ce ne siamo liberati».

Ho un tuffo al cuore quando sento quella frase uscire dalla bocca di mia madre, la persona - insieme a mio padre - più importante della mia vita.
Le parole mi muoiono in gola. «Cosa..?».

Dall'altro lato sento solo silenzio e poi una fragorosa risata riempie le mie orecchie. «Sei così credulona, Cami. Sto scherzando».

Tiro un sospiro di sollievo, ma mi accorgo di essere infastidita da quello stupido scherzo così mi limito a stare zitta.

«Dai, non fare così, piccola. Non potrei mai buttare le cose della mia bambina. Spero sempre che torni da noi. Non per sempre, eh!».

«Mamma, qualche giorno ti giuro che mi ritrasfeirò da voi a tempo indeterminato, così ti passerà la voglia di scherzare e poi dovrai buttarmi fuori con la forza».

Lei ride ancora di più e ci salutiamo, mettendoci d'accordo che papà mi verrà a prendere tra un paio d'ore.

Il tempo che mi rimane a disposizione lo utilizzo per fare una cheesecake.

Più tardi, sono a casa dei miei. Trovo anche India e Oksana. Dopo qualche minuto arriva anche Matt e iniziamo a pranzare. L'assenza di Elia si sente, eccome. Dopo qualche minuto di conversazione apprendo che i miei hanno anticipato la partenza al mare, per cui sono ancora più contenta di rilassarmi un po'. India, accanto a me è super eccitata e non vede l'ora di trascorrere l'estate con me. È entusiasta perché la porterò in giro per le feste e perché non ci sarà Ethan a tenerla d'occhio.
Io un po' meno, in realtà. Comunque, dal momento che sono stata lasciata sola, ho deciso di trarre il meglio dall'estate che verrà. Mi godrò il sole, i mare... i ragazzi! Dopotutto, me lo merito, no?

Più tardi, sono in camera mia a sistemare le mie cose per i prossimi due giorni. Mentre sono intenta a mettere le lenzuola nel letto mi sento chiamare dalla mamma.

«Cami, suonano alla porta. Apri tu?»

Vorrei dirle di no, ma lo faccio comunque. Quando apro, mi trovo davanti un Ethan palesemente scuro in volto. Non c'è traccia di un sorriso sulle sue labbra e si trascina in casa senza dire una parola quando gli dico: «Ehi, va tutto bene?». Si limita solo a scuotere la testa e raggiungere il salone dove chiama Matt.

«Papà?».

«Sono qui!» esclama Matt.

Seguo anche io Ethan e mi accorgo che il suo sguardo si posa subito sulle valige dei suoi familiari.

«State già partendo?».

«Solo io, mamma e papà» si intromette India. «Cami ci raggiungeranno tra qualche giorno».

«Dovevi dirmi qualcosa, figliolo?» si informa Matt.

Ethan sembra pensarci un po' su, poi scuote la testa e dice: «No, volevo solo sapere se eravate qua».

Mmmh, peccato che questo non corrisponde per niente alla verità.

«Okay» si limita a dire poi.

Ethan si siede al tavolo del salone e faccio lo stesso mettendomi accanto a lui.

«Dimmi cos'è successo, Ethan» gli sussurro.

Lui scuote la testa e mi fa segno verso i suoi genitori. Evidentemente pensava di dirgli cosa è successo, ma ha appena cambiato idea e adesso non vuole che lo sappiano.

«Okay» dico tra me e me. Poi, rivolgendomi a lui: «Vieni con me».

Mi alzo e raggiungo la cucina dove avverto mamma e Oksana che sto uscendo insieme ad Ethan.

Non appena siamo in macchina insieme, Ethan si affloscia contro il volante e, automaticamente, senza far caso al mio gesto, gli metto una mano sul ginocchio. «Ethan».

«Sono nei guai, Cami. E non posso dirlo a nessuno».

«Cos'è successo?».

«Questo è successo». Ethan tira dalla tasca posteriore dei pantaloni un foglio piegato e me lo porge.

Senza esitazioni, lo apro e impallidisco. È una lettera di sfratto. Qui dice che per mancato pagamento dell'affitto gli inquilini Jefferson Ethan e Navarro Dean devono lasciare l'abitazione entro sette giorni dal ricevimento dell'avviso.

«Cavolo» dico, del tutto incredula. «Com'è possibile?».

«È Dean che si occupa di pagare l'affitto. Io ho sempre avuto fiducia in lui, ma ultimamente si comporta in maniera strana» dice. «Non stava mai in casa. Avrei dovuto immaginare che qualcosa non andava».

Ora che ci penso, quella sera, al compleanno di Ethan, Dean era sfuggente e l'ho visto con i miei occhi che stava facendo qualcosa. Ha nascosto - non ho visto cosa - nelle tasche dei jeans e quando ha visto che avevo intenzione di rimanere in balcone se n'è andato lui per primo. Racconto il tutto a Ethan e lui scuote la testa come se non riuscisse ancora a realizzare di aver ricevuto quella lettera.

«Hai parlato con lui? Voglio dire, ti deve una spiegazione».

«Non mi risponde al cellulare. Ho provato a chiamarlo e gli ho mandato dei messaggi. Sembra che sia scomparso».

«Forse se n'è andato per davvero» azzardo, pensando alla peggiore delle ipotesi.

«Non credo. Le sue cose sono ancora a casa. Ho persino provato a cercarlo a lavoro e il suo titolare mi ha detto che non lavora da tre mesi. Da quanto non paga più l'affitto praticamente».

«Che situazione di merda».

«Già».

«Devi dirlo ai tuoi genitori. Loro ti aiuteranno» gli suggerisco.

«Non posso, Cami. Stanno per andare in vacanza. Non posso essere un peso adesso più di quanto non lo sia già stato» butta fuori.

«Dio... Pensi di essere un peso. Sei stupido fino al midollo» lo rimprovero.

Ethan purtroppo, essendo stato adottato, ha sempre pensato di essere un disturbo. A volte ce l'ho con lui perché i suoi pensieri sono del tutto infondati.

«I tuoi genitori ti amano e farebbero di tutto per te. Ti hanno adottato proprio perché ti volevamo. Di certo non hanno fatto favori a nessuno. E in più sei circondato da amici che ti vogliono bene. So che Dean si è dimostrato un pezzo di merda e che mio fratello al momento non c'è, ma puoi sempre contare su di me, Ethan» dico. «Se non vuoi rovinare le vacanze ai tuoi ti capisco. Però io ci sarò sempre per te».

«Grazie, Cami» dice come se fosse sconfitto.

«Andiamo a casa tua. Ti aiuto ad impacchettare tutto e poi verrai da me finché non troverai una sistemazione. Ci stai? O finché non partirai» lo incoraggio.

«Peccato che il viaggio salterà. Per fortuna ho stipulato l'assicurazione che in caso di annullamento della prenotazione mi dà diritto a metà del rimborso spese».

«Visto?! Le cose stanno già migliorando» affermo facendogli l'occhiolino e facendolo ridere sinceramente per la prima volta da quando siamo insieme.

«Sei tu che fai sembrare tutto meno incasinato. Sono contento di avere nella mia vita una persona come te, Cami». Ethan mi guarda intensamente negli occhi e poi mi dice: «Grazie».

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