5 - Ti va una partita?
Avvertiva la meschinità di certe sue inclinazioni,
e più in generale la miseria delle relazioni umani,quanto fossero imperfette, spregevoli, interessate,anche nel migliore dei casi.
- Virginia Woolf, Gita al faro
Annika
«Complimenti signorina Menelaus, quasi il massimo.»
Il professor Gibson mi consegnò il foglio sorridendo, ma la mia espressione non doveva essere particolarmente simpatica.
"Annika Menelaus: 99/100"
Lo lessi più volte. Non poteva essere vero. Non avrei potuto accettarlo neanche in un milione di anni.
Il mio sguardo si era focalizzato su quei due numeri senza però che il cervello riuscisse a metabolizzarli. Sentii le guance avvampare. Ero sicuramente diventata rossa in viso. Non ero mai stata una secchiona; mi piaceva studiare, ma il tutto si fermava lì. Se avevo l'occasione di poter fare altro lo facevo, abbandonando immediatamente lo studio.
Quello che mi dava fastidio, più di tutto, era aver perso una scommessa contro Benjamin Cavanaugh. Ero sempre stata una tipa piuttosto competitiva, non partecipavo mai alle gare o agli eventi senza essere sicura di poter dare il massimo. Dovevo essere la migliore, sempre e in ogni occasione.
Vincere voleva dire avercela fatta.
Mia madre, sulla base delle sue udienze, mi aveva insegnato che perdere voleva dire imparare a trovare un modo per vincere la volta successiva. Ma non ci sarebbe stata un'altra volta, quella era la mia unica occasione e io l'avevo persa per un singolo errore. Letteralmente.
Sbattei la testa sul banco. Avrei voluto sotterrarmi, sparire dalla faccia della terra.
Avevo permesso a Benjamin di superarmi e ne avrei sicuramente pagato le conseguenze.
Il banco vibrò facendomi il solletico alla fronte. Senza alzare il mento guardai la notifica che mi era appena arrivata e che troneggiava sullo sfondo del mio cane. Andrés aveva messo mi piace ai disegni di Sirius che avevo postato il giorno prima e aveva iniziato a seguirmi. Istintivamente mi voltai nella sua direzione.
Era seduto in fondo all'aula sulla destra, con la testa china a vedere il cellulare. Mi chiesi a chi stesse scrivendo e il sorriso mi svanì totalmente.
Anche Isa aveva il telefono in mano, ma questo non significava niente. Me lo ripetei più volte.
Eppure, se Andrés avesse voluto, avrebbe potuto scrivere a me visto che aveva messo tanto impegno nel trovarmi e seguirmi.
Rimasi lì indecisa se ricambiare o meno.
Continuai a guardare quel tasto blu per ore, anche quando uscimmo dalla classe e me ne rimasi con la schiena appoggiata all'armadietto in attesa della prossima lezione.
Ad Andrés avevano dato l'armadietto di fronte al mio, così facevo passare lo sguardo dal telefono al suo volto serio. Non lo avevo ancora visto sorridere.
Era circondato dalle bitch high che parlavano con una voce particolarmente acuta e che lui ascoltava con poco interesse.
«Mi chiedo cosa ci trovi in loro.»
Grace si appoggiò accanto a me incrociando le braccia. Guardavamo entrambe nella stessa direzione.
«Guardale.» Me le indicò senza porsi il problema di essere sentita. «Sono fastidiosamente rumorose, ridono di chiunque non faccia parte del loro gruppo e odiano gli altri. Non sono il genere di persone che vedrei bene fare compagnia a uno come Andrés.»
«Ora anche tu sei diventata un'esperta di cosa piace o non piace ad Andrés?» Le risposi infastidita. Tutti si arroventavano il diritto di conoscerlo meglio di quanto potessi fare io. O forse era vero che non lo conoscevo affatto.
«Non è quello che ho detto.» Ci tenne a precisare Grace guardandomi negli occhi. «Solo che ieri abbiamo fatto una bella chiacchierata e mi è sembrato un ragazzo molto più riservato di quanto possano esserlo quelle.»
«Scusami.» Spostai lo sguardo da Andrés alla punta dei miei piedi.
«Non...» Ma Grace venne interrotta da un rumore sordo alla mia destra.
Benji aveva sbattuto il suo compito perfetto contro il mio armadietto.
«Ieri mi sei sembrata piuttosto scettica sul fatto che fossero i risultati veri, principessa.» Lo guardai aspettando che aggiungesse altro. «Come hai potuto vedere non mi sono inventato niente.»
«Ieri?» Mi chiese Grace bisbigliandomi a un orecchio.
«Ciao bambolina.» Benji salutò Grace con un occhiolino e la percepii alzare una mano per salutarlo.
«Cosa vuoi, Cavanaugh?» Mi intromisi tra i due. Avrei protetto Grace da lui a qualunque costo. Sotto quel bel faccino c'era qualcosa di marcio.
«Te l'ho già detto: che ti prepari perché ho intenzione di portarti da una parte questa sera.»
Sentii un paio di occhi poggiarsi su di me. Non quelli di Benji o dei suoi amici, non quelli di Grace. Erano gli occhi di Andrés.
Mi mossi a disagio sul posto e mi schiarii la gola.
«Non credo sia leale.» Cominciai a cercare scuse pur di non dargliela vinta e mi guardai la punta delle scarpe.
Benji sorrise a quel gesto, sapeva benissimo che stessi mentendo. «E per quale motivo, principessa?»
«Hai detto che entri negli uffici dei professori, come faccio a sapere che non avevi già le risposte?»
Benji sorrise e mi si avvicinò tanto che potevo sentire il suo fiato sulla punta del naso. Mi inchiodò sul posto con i suoi occhi verdi, anche se non avevano lo stesso peso di quelli di Andrés. Eppure mi sentii ugualmente a disagio, anche se non avrei dovuto.
«Non ti fidi di me principessa?»
Il suo fiato sapeva di caffè e menta. Una combinazione strana ma che, per qualche assurdo motivo, mi piaceva.
Gli guardai le labbra sorridenti, la piega all'insù che prendevano. Erano quasi carine viste da quella distanza.
Avrei dovuto rispondergli e non osservarlo così, ma ebbi un sussulto quando sentii un rumore metallico riportarmi alla realtà.
Ci voltammo verso Andrés che aveva sbattuto il suo armadietto sotto lo sguardo sbigottito di tutti.
Isa e le altre bitch high avevano smesso di guardare i loro cellulari per osservare Andrés sul cui volto era nata una strana espressione. Come se volesse sfidare qualcuno ma non ne valesse la pena.
Lo guardai bene, forse meglio degli altri, perché mi resi conto che i suoi occhi erano puntati dritti su Benji.
Feci una spola tra i due. Dai loro occhi uscivano saette che, se fossero state vere, avrebbero sicuramente distrutto l'intera scuola.
Per un attimo eravamo solo noi tre, chiusi in una cappotta ermetica nella quale nessun altro era ammesso. Solo noi tre e il silenzio intorno.
Fu Andrés il primo a distruggere questo stato di tensione che si era creato. Si mi se le mani in tasca e se ne andò.
Inutili furono i tentativi di Isa di fermarlo. Lui aveva semplicemente iniziato a camminare senza proferire alcuna parola.
Lo seguii con lo sguardo fino a quando i ragazzi riversi nel corridoio non lo inghiottirono.
Benji fischiò.
«Cavolo, qualcuno deve essersi svegliato con la luna storta questa mattina.» Guardai nuovamente Benjamin che aveva cominciato a parlare con Marcus il quale si era appena avvicinato a noi. «Agli allenamenti ci sarà da divertirsi.»
Mi chiesi cosa intendesse, così aprii la bocca pronta a domandarglielo quando mi bloccò ancor prima che potessi prendere fiato.
«Ti passo a prendere questa sera principessa.»
Se ne andò con un occhiolino, lasciandomi con dei libri in mano e la schiena appoggiata all'armadietto.
Grace mi poggiò il mento sulla spalla.
«Se quella non era tensione sessuale non so proprio cosa fosse.»
Le misi una mano sulla guancia e la scacciai sorridendo.
«Ma avanti, smettila. Te l'ho già detto: tra me e...»
«Sì, sì, tra te e Cavanaugh non c'è niente. L'ho già sentita.» Il suo tono di voce era esasperato, per poi salire improvvisamente di un'ottava per canzonarmi. «Eppure anche il modo in cui dici il suo cognome è carino. E poi non sono l'unica che lo pensa.»
Tirò fuori il telefono e mi mostrò una foto. Eravamo io e Benji, alla festa a casa di Danielle, proprio un momento prima che lui salisse sul palco per suonare. Le sue labbra erano impegnate con la mia guancia in un bacio che, da quella prospettiva, poteva sembrare più di quanto in realtà non fosse stato.
Presi il telefono e me lo portai al petto nascondendo lo schermo e guardandomi intorno.
«Sei impazzita?» La guardai spaventata. «Non puoi far vedere questa foto in giro. Promettimi che non la farai vedere a nessuno.»
«Ovvio che non la faccio vedere a nessuno.» Mi riprese il telefono di mano ed eliminò la foto. «Ma se non vuoi che cose del genere escano, devi stare attenta. Che ti piaccia o no tu sei Annika Menelaus e lui è Benjamin Cavanaugh e questo non lo cambierà mai niente e nessuno.»
La guardai negli occhi, senza sapere cosa dire, per quelli che mi sembrarono interminabili secondi.
Grace aveva ragione. Non importava quanto fuggissi dal mio passato, questo riusciva sempre a raggiungermi. E Andrés ne era la prova.
«Però sono contenta che tu abbia deciso di uscire con lui.» Grace urlò a bassa voce e io le feci segno con un dito di abbassare ancora di più la voce.
«Non ho "deciso di uscire con lui", ho perso una scommessa e mi ha obbligata.»
«Ma ti prego,» Grace non era affatto convinta. «finalmente potrai smetterla di uscire con quelli che non ti conoscono e divertirti seriamente con qualcuno della nostra età.»
Mi appoggiai con la spalla all'armadietto e incrociai le braccia sorridendo. «Uscire con i fratelli più grandi dei nostri amici non è uscire con quelli che non mi conoscono. Sanno benissimo chi sono. Hanno semplicemente una visione diversa di me.» Scrollai le spalle.
«Come ti pare, ma devi promettermi di divertirti.» Sembrava seria e coinvolta in quel mio non-appuntamento.
«Non ti prometto niente e poi sarebbe come se pubblicassi io stessa quella foto.»
Risi, ma Grace non stava sorridendo. C'era qualcosa che non mi stava dicendo e potevo benissimo leggerglielo in faccia. Oltre al fatto che aveva iniziato a tirarsi via le pellicine dalle dita come faceva quando era agitata.
Le poggiai una mano delicata sul braccio.
«Alla fine non è così grave se qualcuno dovesse scoprire di me e... Cavanaugh.» Feci un leggero respiro prima di pronunciare il suo nome facendola sorridere. Anche se in realtà odiavo l'idea, non volevo che si sentisse in colpa.
«Grazie, ma non è quello. Voglio solo che mi prometti che starai attenta.» L'argomento era cambiato e non me n'ero accorta.
«Attenta a cosa?» Quella situazione cominciava seriamente a preoccuparmi. «Di cosa stai parlando? Lo sai che a me puoi dire tutto, vero?»
Annuì e mi sorrise prima di prendere un respiro profondo.
«Lo so ma ho ancora dei dubbi e voglio essere sicura prima di coinvolgerti.»
La abbracciai senza pensarci. Se Grace era in pericolo non volevo aspettare che le accadesse qualcosa per intervenire.
«Ti prego non mi escludere. Sono seriamente preoccupata per te, Grace. Non voglio che ti capiti niente di male.»
«Lo so, Annika.» Mi accarezzò la schiena con gentilezza. «Ma per ora lascia che me la sbrighi da sola. Ti prometto che ti racconterò tutto. È un progetto segreto al quale sto lavorando.»
«Promesso?» Le porsi il mignolo in modo che potesse suggellare la nostra promessa. Odiavo non poterla aiutare o proteggere in alcun modo.
«Promesso.» Lei strinse il suo dito con il mio e mi sorrise. Ma quel qualcosa di non detto tra di noi pesava immensamente. «Ora devo andare a scrivere un articolo e ho bisogno del silenzio della biblioteca.» Si staccò da me e si allontanò ma continuò a parlarmi anche da lontano. «Ah grazie per le foto di Marcus e Brenda in corridoio.»
Ormai la conoscevo abbastanza da sapere quando una notizia le sarebbe tornata utile, anche la più stupida. Mi voltai pronta ad andare in aula, ma mi scontrai con qualcuno. Vidi fogli e libri volarmi intorno e finire lentamente a terra.
Quando la visuale fu sgombra riconobbi colui che tutti chiamavano Schizzo. Era un ragazzetto magro e biondo, molto più basso di me. Se ne stava sempre per i fatti suoi. Era piuttosto intelligente, seguivamo insieme qualche corso che non aveva la versione avanzata. Faceva anche parte della squadra di nuoto, ma solo perché il padre pagava molto la scuola affinché il figlio potesse partecipare alle gare. Ero sicura che, se fosse dipeso solamente dal coach Gin, o dal ragazzo stesso, Schizzo non avrebbe mai messo piede in piscina, neanche per vedere le gare da lontano seduto sugli spalti.
Lo guardai un attimo in quegli occhi acquosi.
«Scusami, Schizzo. Vado di fretta.» Non so perché gli avessi mentito così invece di fermarmi ad aiutarlo. Quel viso così spigoloso e infossato aveva qualcosa di inquietante che non riuscivo a spiegarmi.
Mi allontanai di fretta, stringendomi le braccia al petto e ripensando a quegli occhi che sentivo viscidi addosso.
Non avrei permesso che mi rimanessero sulle spalle per tutta la giornata.
«Annika, sei un incanto.» Grace aprì la fotocamera del telefono e mi scattò qualche foto quando uscii dall'armadio con il vestito corto nero che avevo scelto per quella sera e che avevo reso più casual indossando prima una camicia bianca.
«Non credi che sia troppo?» Mi guardai e girai su me stessa.
«Nessun vestito è mai troppo quando si tratta di uscire.» Grace mi prese per le spalle e mi guardò dritta negli occhi. «Vai lì e fallo ricredere su tutte quelle che si è fatto.»
Sorrisi. Se fosse stato un altro ragazzo avrei accettato senza riserve il consiglio, ma si trattava di Benji.
«Non è la prima volta che esco con un ragazzo.» Le ricordai. «Ma quest'uscita è diversa. Sono stata costretta per colpa di una scommessa. Non accadrà altro.»
«Non ci provare signorina.» Grace si gettò sul letto facendo alzare di scatto Sirius che iniziò ad abbaiare.
«A fare cosa?»
«A rovinare tutto. Conosco quello sguardo.»
«Non ho idea di cosa stai parlando.» Evitai di guardarla e cominciai a prendere i vestiti che mi ero provata e avevo sparso per la stanza.
«Invece lo sai benissimo.» Grace aspettò che prendessi un jeans accanto a lei per bloccarmi le mani e obbligarmi a guardarla. «Non ti focalizzare solo sul fatto che si tratta di di Cavanaugh. Immaginala soltanto come una tranquilla uscita, senza doppi fini.»
«Oh no,» Mi sottrassi alla sua presa. «i doppi fini ci sono eccome e io non farò finta di non vederli. Devo essere pronta a ogni evenienza.»
«Dagli una possibilità, magari si rivelerà migliore di quanto sembri.» Sirius poggiò il suo muso sulle gambe di Grace. Amava quella ragazza.
Sbuffai.
«Solo perché me lo chiedi tu...»
Grace si mise sulle ginocchia e iniziò a saltellare seguita da Sirius.
Poi mi prese per le spalle e tornò a guardarmi negli occhi.
«Questa sera ti devi divertire e non pensare ad altro. Ma l'hai promesso» Ma potevo leggere un non detto in quelle parole. «Al resto penserò tutto io.»
Sentimmo un rombo di motore e ci affacciammo alla finestra. Benji era arrivato sulla sua macchina sportiva nera. Perché oltre che bello e popolare doveva essere anche ricco, ovviamente.
Scendemmo poco dopo. A detta di Grace avrei dovuto farmi aspettare.
«Come ti sembra?» Grace mi indicò con le mani mostrandomi a Raul.
Il ragazzo era rimasto tutto il tempo ad aspettare in macchina. Appena la porta di casa si era aperta era sceso dall'auto pronto ad aprire lo sportello a Grace.
«Siete incantevole Annika.» Raul tolse le mani da dietro la schiena e arrossì.
Abbassai il capo imbarazzata dal complimento uscito dalle sue labbra e sorrisi come una scema.
Vidi la testa di Grace spostarsi da me a Raul e viceversa.
«Va bene.» Prese Raul per un braccio e lo trascinò più vicino alla macchina in modo che potesse aprirgliela veramente e vidi il ragazzo sussultare a quel tocco. «Annika è già abbastanza in ritardo, sarà meglio che anche noi ce ne andiamo.» Entrò in macchina, ma prima che Raul le chiudesse lo sportello, lei lo fermò con la mano. «Annika ricordati: divertiti ma stai attenta.»
Annuii e la vidi sparire dietro lo sportello nero.
Raul, invece, mi salutò con un cenno del capo e rientrò in macchina.
Li vidi allontanarsi e lo sguardo mi cadde sulla casa accanto. Andrés era seduto sui gradini del porticato a fumare avvolto in una felpa scura. Nonostante fosse lontano sentii i nostri occhi entrare in collisione. Improvvisamente mi sentii nuda nella serata fredda.
Benji prese il posto della macchina di Grace. Presi un respiro profondo, aprii lo sportello ed entrai in macchina rimanendo concentrata su quello che avrei dovuto fare.
«Buonasera principessa.» Piegò la testa e mi sorrise malizioso. «Sei un vero incanto»
Sorrisi leggermente senza dargli altre soddisfazioni.
«Non ti vedo molto convinta.»
Mi allacciai la cintura e lo guardai con fermezza.
«Che sia chiaro, Cavanaugh, io sono qui solo perché ho perso la scommessa.» Nella mia testa mi ero ripetuta quella frase fino l'esaurimento. «Non pensare minimamente che questa sia la prima di tante altre. Sono stata chiara?»
«Cristallina come l'acqua.» Nonostante il mio tentare di essere seria, avevo un nodo in gola che si presentava ogni volta che ero in presenza di quel ragazzo.
Fece partire la macchina ed entrambi cademmo in un silenzio tombale. Come se fossi attratta da una calamita guardai Andrés fuori dal finestrino e lo sorpresi, ancora, a fissarci andare via.
«Allora, principessa, che musica ascolti?» Accese la radio facendo uscire, a tutto volume, una canzone metal di una band che non seguivo. Ma Benji abbassò il volume in modo che potesse ascoltare la mia risposta.
«Mi piacciono gli Imagine Dragons.» Risposi senza riflettere. «Mi danno la carica.» Ero convinta che i propri gusti musicali fossero un qualcosa di privato, che non andassero condivisi con il resto del mondo. Era un patto segreto tra me e l'artista, ma già con la mia risposta avevo sfondato un muro che mi ero ripromessa di non superare. Una linea sottile tra conoscenza e amicizia.
«Ho ascoltato il loro ultimo album,» Guardai Benji sorpresa, ritrovandomi ad attendere una sua considerazione. «devo ammettere che mi è piaciuto molto. Canzone preferita?»
Ormai era fatta. «Credo Kid.»
«Da la carica, non è vero?» Lo vedevo sinceramente interessato.
«Si...» Risposi sorpresa senza pensarci.
«Invece credo che Gods Don't Pray avesse il potenziale ma non si sia impegnata abbastanza.» Benji si voltò per un attimo nella mia direzione cercando la mia approvazione.
«Non avrei mai pensato di dirlo mai nella vita, ma sono d'accordo con te.»
Mi misi a ridere sinceramente divertita da quella situazione.
«Beh,» Continuò sorridendo. «abbiamo già trovato qualcosa in comune.»
Guardai fuori dal finestrino con una strana calma dentro. Non la sensazione che mi ero immaginata per quella serata.
«Ma siamo usciti dalla città.» Notai. «Dove stiamo andando?»
Benji si limitò a sorridere. «Prometto che ti piacerà.»
Poi cominciò a cantare tutte le canzoni che passavano in radio, mentre io lo ascoltavo ammaliata. Se non l'avessi visto e sentito alla festa di Danielle, non avrei mai creduto che avesse potuto avere una voce così bella. Certo non lo avrei mai ammesso davanti a lui. Sarebbe stato troppo per una serata sola.
Dopo diversi minuti arrivammo in un parcheggio pieno di altre macchine. Quando poggiai i piedi sull'asfalto mi resi conto che l'intera zona era illuminata dalle luci rosse e blu a neon di un'insegna.
L'Alchimista brillo
La scritta troneggiava sul tetto di una struttura di cemento grigio. Un posto piuttosto underground che non mi sarei mai aspettata.
Mi guardai intorno, chiedendomi se ci fosse un altro posto nel quale saremmo potuti andare, ma Benji si era ormai incamminato nella direzione dell'Alchimista brillo con le mani in tasca.
L'interno era piuttosto accogliente; le luci arancioni rendevano l'intera atmosfera calorosa.
«Ehi Joe.»
«Ciao Benji.» Un omone pelato e con una folta barba scura dietro il bancone salutò il mio accompagnatore come se lo conoscesse da una vita. «Accomodatevi pure dove volete, ragazzi.»
I tavolini erano di legno, così come le sedie, e optammo per accomodarci di fronte a quello che sembrava essere un palco sul quale erano posizionati una batteria, una tastiera, un basso e una chitarra elettrica.
Sulla destra della sala, separata da una fila di colonne, c'era una zona più intima occupata da tre tavoli da biliardo e qualche altro gioco come le freccette.
Mi guardai intorno per cercare di capire l'aria che tirava da quelle parti, se potessi essere tranquilla e, soprattutto, con chi avevo veramente a che fare.
Ma la popolazione del pub era non solo composta da uomini o donne incredibilmente forzuti, ma anche da famiglie e ragazzi come noi.
Senza che avessimo ordinato, il barista che avevo capito chiamarsi Joe ci poggiò davanti due boccali di birra.
«Non abbiamo l'età per bere.» Sussurrai a Benji porgendomi verso di lui e procurandogli una risata.
«E da quando Annika Menelaus si preoccupa di avere l'età per bere?» Sollevò un sopracciglio, poi si portò il bicchiere alla bocca e ne bevve un sorso.
No, Annika Menelaus non si era mai preoccupata di non avere l'età per bere. Bevevo da quando ne avevo memoria ma, in quel momento, mi trovavo in un luogo che non conoscevo, con un ragazzo che non avevo intenzione di conoscere, circondata da persone che non conoscevo... e che non pensavano a me.
«Vaffanculo.» Dissi guardando il boccale.
Presi il bicchiere e quasi finii la birra in un sorso solo. Perché la verità non era il luogo o le persone, era che volevo essere completamente lucida per non dire cose delle quali mi sarei potuta pentire.
«Accidenti principessa, vai piano.»
Poggiai il bicchiere con ancora la birra in bocca.
«Oh no Benjamin, per questa sera avrò bisogno di tantissimo alcol.» Mi voltai e alzai una mano verso Joe. «Me ne porti un'altra? Facciamo anche due.»
«Non ti ricordavo così festaiola, l'ultima volta che ci siamo visti a una festa non eri al massimo della gioia.» Benji mi guardò come se volesse analizzarmi.
«Sì, beh, all'ultima festa tu ti sei messo a ballare con Grace e un coglione mi ha gettato il suo drink addosso.»
«Non sapevo di farti questo effetto.» Si sporse sul tavolo avvicinandosi.
«Quale effetto?»
«Renderti gelosa.» Tornò ad appoggiarsi con la schiena alla sedia e per poco non mi fece sputare la birra che stavo bevendo.
«Io gelosa di te Cavanaugh?» Risi, ma sentii bene le guance diventare calde e mentalmente ringraziai Joe per aver messo quelle luci che negavano la visione di qualsiasi colore.
Mi fissai a guardare un gruppo di ragazzi più grandi che giocavano a freccette e sperai che Benji cambiasse argomento.
«Forse ti dava fastidio che io e Grace ci stessimo divertendo,» Fece un secondo di pausa. «mentre tu sei rimasta a guardare.» Un lampo malizioso gli illuminò lo sguardo.
«Solo perché ero preoccupata potessi pestare i piedi a Grace.»
Sorrise sinceramente divertito, poggiando il mento sulle mani. «Quindi ammetti che mi stavi guardando.» Sorrise e un'adorabile fossetta gli scavò la guancia.
A quel punto ero sicura di essere diventata totalmente rossa. Avevo bisogno di bere e rinfrescarmi.
«Io non ammetto proprio niente,» Tentai di evitare il suo sguardo. «sei tu che hai un ego così smisurato da doverti inventare una storia del genere.»
«E tu sei così testarda da non ammettere che eri un po' gelosa.» Mi mostrò pollice e indice con uno spazio in mezzo. «È adorabile.»
«Perché ti importa così tanto?» A quel punto era diventata una questione di principio. Volevo sapere perché, quell'anno, si fosse fissato con me. «Hai bisogno che ti dica quanto sei fantastico per dormire bene stanotte?»
Lo guardai sfidandolo.
«Non ho bisogno che tu lo dica, principessa, so già che lo pensi. Ma sei carina quando cerchi di nascondere quello che provi per me.»
Lo fulminai con lo sguardo. «Io non provo niente per...»
Ma l'attenzione di Benji non era più rivolta nella mia direzione, ma verso qualcuno alle mie spalle. Mi voltai, ma non mi sembrò di vedere nessuno che conoscessi anche io.
«Ora scusami, principessa.» Si alzò e mi rivolse un occhiolino. «Torno tra qualche minuto.»
Lo vidi allontanarsi e sparire al mio sguardo, così mi guardai nuovamente intorno. L'occhio mi cadde, ancora una volta, sul gruppo di ragazzi che giocava a freccette. Uno di loro mi guardò. Aveva i capelli ricci e scuri e un leggero strato di barba gli ricopriva la mascella. Mi fece un cenno con il capo, come se mi stesse invitando a raggiungere lui e i suoi amici.
Non mi sembrava di averlo mai visto in vita mia e, probabilmente, se non fossi stata qui con Benji, mi sarei unita più che volentieri.
Tornai a bere la mia birra fino a quando, sul palco, non vidi salire Benji insieme ad altri ragazzi che si posizionarono agli strumenti.
«Buonasera a tutti.» Urlò nel microfono mentre si metteva la chitarra intorno al collo, e l'intero bar gli applaudì. «So che siamo noti per suonare rock e metal, ma questa sera faremo un'eccezione, per un'ospite speciale. Facciamola sentire la benvenuta.»
Benji mi guardò e io sorrisi imbarazzata.
Cominciarono a suonare e già dalle prime note riconobbi la canzone.
«You gotta get yourself together, kid
Oh, how American
You think you're born to be the better»
Cantai insieme a loro con un sincero sorriso sulle labbra.
«You gotta take your losses as a win
Give me my medicine
Any amphetamine, whatever»
Ero davvero tranquilla e serena, leggera in una maniera che non mi sarei aspettata, anche se Benji mi stava guardando con intensità facendomi ribollire il sangue.
Ma mi spaventai quando una figura mi si avvicinò e si sedette accanto a me.
«È davvero bravo il tuo fidanzato.» Mi voltai nella sua direzione e riconobbi il ragazzo che stava giocando a freccette e che, poco prima, mi aveva salutata con un cenno.
Bevvi un altro sorso. «Non stiamo insieme.» Ammisi e quasi sentii un dispiacere nel pronunciare quelle parole.
Scossi la testa.
Non potevo provare dispiacere per qualcosa del genere.
«Bene allora.» Mi ero già dimenticata del ragazzo. «Questo potrebbe servirti, magari più tardi.» Si allungò sul tavolo, dai suoi capelli proveniva il profumo dello shampoo al cocco, e prese un tovagliolo sul quale iniziò a scrivere. Poi mi porse il foglietto piegato prima di salutarmi con un sorriso perfetto e andarsene via.
Lo seguii con lo sguardo fino a quando non ritornò di suoi amici. Quindi aprii il tovagliolo per trovarci il suo numero.
"Chiamami, Lee. ;P"
Perché no? Magari un giorno l'avrei chiamato e avrei anche potuto divertirmi.
Intanto Benji finì la canzone e tornò al suo posto, circondato da persone che lo bloccavano per fargli i complimenti.
«Chi era quello?» Indicò il ragazzo con la testa per poi bere un sorso di birra.
«Uno. Ti ha fatto i complimenti e mi ha lasciato il suo numero. Più tardi potrei anche chiamarlo.» Alle mie parole la birra gli andò di traverso e iniziò a tossire. «Ti senti bene?»
«Benissimo. Davvero ti vedresti con quello lì?» Incrociò le braccia e analizzò il ragazzo che avevo appena scoperto chiamarsi Lee.
«Perché no? È carino.» Scrollai le spalle.
«È un cliché vivente.» Mi interruppe lui e non potei fare a meno di sorridere.
«Magari è bravo a farli funzionare.» Lo stuzzicai bevendo un altro sorso di quella che era ormai la quinta birra. L'alcol nel mio corpo aveva raggiunto il livello perfetto perché potessi essere sicura di voler superare il limite.
«Non credo proprio.» Distolse lo sguardo da Lee per indirizzarlo verso di me. «Non so se te ne sei accorta, ma sono stato un cliché perfetto, qualche minuto fa sul palco.»
«Si, diciamo pure che sei stato bravino.»
«Bravino?» Mi sorrise malizioso cambiando argomento. «Avanti ammettilo, chi è meglio: io o Dan Reynolds?»
Tossii.
«Non puoi avermelo chiesto sul serio. È ovvio che la risposta sia Dan Reynolds.» Cominciai a ridere quasi in maniera incontrollata ed ero sicura che, se non ci fosse stata della musica rock di sottofondo proveniente dalle casse e non ci fossero state così tante persone a coprirmi, si sarebbero tutti voltati a guardarmi.
«No che non è ovvio.» Poggiò una mano sulla mia, provocandomi un brivido lungo il braccio, e mi guardò serio facendomi immediatamente smettere di ridere. «Senti, capisco che è il tuo cantante preferito, ma siamo arrivati a un punto in cui puoi ammettere che sono migliore di lui.»
Gli risi in faccia, forse per l'alcol o forse perché era davvero divertente stare con lui.
«Ammetto che ti stavo guardando, sì,» Ritornai seria per un attimo. «ma solo perché stavo cercando di capire se stessi strozzando la chitarra o solo torturandola.»
Risi ancora e Benji mi seguì applaudendo leggermente.
«Te lo concedo,» Tornò con la schiena poggiata allo schienale e continuò a guardarmi sorridendo. «questa era molto bella. Mi piace il sarcasmo tagliente.» Alzai le sopracciglia e mi prodigai in un mezzo inchino. «Ma non sei stanca?»
Il suo volto era serio, così come la domanda.
«Di cosa?» Se avessi scosso la testa ero sicura che avrei sentito il cervello galleggiare nell'alcol.
«Di quest'aria da dura.» Benji si allungò nella mia direzione e, gentilmente, mi mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, soffermandosi sulla mia guancia. La sua mano era così calda che desideravo chiudere gli occhi e farmi accarezzare all'infinito. «Non hai voglia di abbassare questo muro?»
Mi schiarii la voce e mi scostai dalla sua presa prima che potessi fare qualcosa della quale mi sarei sicuramente pentita il giorno dopo.
«Non sono mai stanca se si tratta di ragazzi come te.»
«E com'è uno come me?» Fece tornare quel suo sorriso malizioso che, in qualche modo, riuscivo a comprendere perché confondesse le ragazze.
«Superficiale,» Cominciai ad elencare tenendo il conto sulle dita di una mano. «pieno di sé, abituato ad avere tutto quello che vuole e non dimentichiamo il tuo passatempo preferito: collezionare cuori spezzati.»
Benji alzò un sopracciglio e sorrise contento. «Vedo che ti sei informata su di me. Interessante.» Bevve un sorso di birra, evitando di distogliere il suo sguardo dai miei occhi.
«Non c'è bisogno di informarsi, sei un cliché vivente.» Alzai il bicchiere nella sua direzione, come a voler proporre un brindisi.
La sua risposta fu una risata genuina, come se fosse stato divertito da tutta la situazione. «E una come te come sarebbe?» Ma non mi diede il tempo di rispondere. «Lascia che indovini: testarda, cinica e troppo sicura di conoscere tutto di tutti.»
Sorrisi cercando di contenere una risata. Mi stavo seriamente divertendo quella sera.
«Hai dimenticato una cosa importante:» Catturai la sua attenzione perché piegò la testa di lato e la sua espressione contenta si trasformò in un'espressione confusa. «non m'impressionano i bei faccini.»
Si sporse verso di me. «Quindi pensi che sia bello.»
Bevvi un sorso e scrollai le spalle. Non gli avrei mai risposto.
E non ce ne fu bisogno perché fummo interrotti da Ruby che si avvicinò al nostro tavolo insieme a Itzel e Danielle.
«Ma guardate un po' chi si rivede, ragazze.» Ruby fece passare il suo sguardo da me a Benji e viceversa, così nascosi il mio volto dentro al bicchiere. «Accidenti Benjamin, i tuoi standard si sono decisamente abbassati.»
«Ciao anche a te, Ruby.» Il suo tono di voce era delicato, ma l'espressione era di nuovo mutata, mostrando fastidio. «I miei standard sono intatti.»
Gli occhi di Ruby mi fecero una scansione completa. Odiavo quando facevano così. Perché non potevano semplicemente lasciarmi in pace?
«Ah certo, vedo...» Danielle rise alle sue spalle mentre Itzel mostrò un ghigno malefico. «È per questo motivo che ti trovi qui con... lei.»
«Annika, grazie.» Interruppi la loro conversazione dato che stavano parlando di me. «Ma tu e il tuo gruppetto potete benissimo chiamarmi colei che non si piega ai vostri commenti.» Mi alzai avvicinandomi a loro e guardai Ruby con occhi glaciali. «E visto che adorate tanto parlare di me, magari prendete appunti. Potrebbe servirvi una lezione su cosa significhi avere stile, cervello e carattere. Spoiler: non li vendono al supermercato.»
Ruby drizzò la schiena, mentre Danielle e Itzel smisero di ridere. Itzel, invece, allungò un passo nella mia direzione ma Ruby la bloccò con un braccio.
«Sai, Annika,» Sottolineò il mio nome con una certa enfasi. «non mi sembravi il tipo che frequentasse questi posti o le persone come lui. Ma forse è solo che non avevo ancora visto il tuo livello di... intelligenza.» Mi lanciò un sorriso velenoso. Benji non c'entrava nulla, il problema ero io. «Ma va bene, immagino che ognuno ha il diritto di abbassarsi a nuovi standard, no?» Dalle sue labbra uscì una calda risata «Non ti preoccupare, sono sicura che troverai un modo per giustificarlo a te stessa.»
Avvicinò il suo volto al mio tanto che potevo percepire il suo fiato dritto in faccia. Sentii un calore inondarmi il petto. Non erano loro a decidere quello che potevo o non potevo fare.
«Hai ragione,» Scrollai semplicemente le spalle, non le avrei dato nuovamente la soddisfazione di gettarmi su di lei o le sue amiche. «non mi sembravi il tipo da capire, ma ognuno ha i propri standard.» Finsi un'indifferenza che non avevo. «Non preoccuparti, Ruby, sono sicura che troverai un modo per giustificarlo a te stessa. Alla fine, ognuno ha il diritto di scegliere con chi scendere a patti.» Mi sedetti nuovamente al mio posto e presi in mano il bicchiere di birra. «Ora, se avete finito di essere irrilevanti, magari lasciateci il nostro drink. Non vorrei che la vostra presenza lo rendesse insipido.»
Ruby fece un respiro profondo, gli occhi iniettati di sangue. Ero riuscita a darle fastidio e, improvvisamente, mi sentii più pesante.
Ma mi lasciò stare, perché si piegò sul tavolo di fronte a Benji rendendo la sua espressione sensuale.
«Venerdì Isa darà una festa, dovresti venire.» Ruby sussurrava dolcemente, ma non abbastanza piano da non farmi sentire ogni singola parola. «Sono sicura che sarà un po' più il tuo stile rispetto a questo.» Ruby allungò due dita, accarezzando la bocca e il mento di Benji.
Ma i lineamenti del ragazzo si erano induriti. Aveva serrato la mascella e gli occhi gli erano diventati gelidi.
«Tu non hai idea di quale sia il mio stile.» Si alzò lasciando confuse tutte quante. «Ora andiamo via.»
Mi prese per un polso e mi fece alzare. Le sue mani erano calde ma dure, per i calli procurati dalla chitarra. Alla fine, però, era comunque un tocco piacevole.
Mi trascinò vicino a un tavolo da biliardo, nella parte più privata del bar.
Ruby, Danielle e Itzel, invece, ci avevano lanciato un ultimo sguardo in cagnesco e si erano unite al gruppo di ragazzi che giocava ancora a freccette, tra i quali c'era Lee.
Benji si appoggiò con le mani sul tavolo e chinò la testa chiudendo gli occhi.
«Ti senti bene?» Mi avvicinai a lui, ma non ebbi il coraggio di toccarlo, così incrociai le braccia al petto cercando di riscaldarmi dopo quell'incontro. Non ero più abituata a stare al centro dell'attenzione in quel modo. «Comunque avrei potuto continuare ad affrontarla.» Aggiunsi titubante. Non volevo che pensasse mi fossi rammollita o, forse, non volevo pensarlo io.
«Lo so.» Benji sorrise e fece il giro del tavolo. «Ma mi ero stancato di Ruby e mi era venuta voglia di giocare.»
Prese le due stecche appoggiate sul prato del tavolo e me ne porse una avvicinandosi.
«Ti va una partita?»
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