» you're an angel fallen down, won't you tell us of the clouds?
Gerard Way, sei un codardo.
Proprio così.
Gerard Way, sei un codardo.
È l'unica cosa che riesce a ripetersi mentre, atterrito, rimane immobile, seduto sul palco di legno, Debussy nelle orecchie e tutto attorno solo polvere e puzza di posti vecchi e chiusi.
Con la sua barretta energetica ancora avvolta nella carta viola e verde che giace a qualche centimetro dalle sue mani e nello stomaco solo i succhi gastrici dei due biscotti integrali che ha mangiato stamattina.
Gerard Way, sei un codardo.
Si morde la lingua.
Stamattina Frank non era presente alle lezioni, ma lo ha visto entrare nel cortile in ritardo dalla finestra della classe di arte.
Sembra sia stato l'unico a notarlo mentre camminava, avvolto nei suoi pensieri, lo sguardo assorto e il cappuccio della felpa scura calato sulla testa.
Senza sigaretta in mano.
Un accenno di barba sul mento.
I jeans sbrindellati e le Converse.
Per un po' ha sperato che venisse alla seconda ora.
Terza forse?
Quarta.
Il banco di fianco a Gerard ha continuato a rimanere inesorabilmente vuoto.
Lo ha guardato tutto il tempo.
Ricordando.
Ricordando quel misto di paura e voglia di lasciarsi andare che ha provato ieri sera.
Paura: una bottiglia di vetro vuote infrante contro il muro appena accanto a lui e un corpo disinibito più forte di lui che lo soffocava, i bicchieri alle feste dopo i balletti e quella volta che anche lui ha visto tutte le persone sfocate e le pareti che giravano come in una di quelle giostre da voltastomaco, le lezioni private e le lusinghe di una bocca bagnata di whisky.
E poi è arrivato Frank, così incredibilmente entusiasta e fragile nella sua ubriachezza così... perso.
Frank che ha notato che lui non c'è stato un bel po', a scuola.
Frank che lo ha fatto sorridere con quella macchia enorme di vodka che chissà se i genitori di Woody se ne sono accorti adesso, che è lì, sulla loro moquette non più tanto immacolata.
Frank, a cui ha detto di essere triste. Chissà perché. Chissà come. Ma glielo aveva detto, gli aveva consegnato una delle parti più estreme della sua anima.
Frank che gli ha parlato quando ha riso e quando ha urlato di paura senza fare distinzione alcuna, prendendolo così, così com'era.
Frank che gli ha stretto la mano e lo ha portato a casa.
E lo ha fatto sentire così leggero, così a suo agio. Lo ha portato sulle stelle, guardandolo negli occhi, nonostante avesse bevuto.
Con quel sorriso adorabile.
Non ha potuto fare a meno di sussurrargli "grazie", prima di correre via in camera sua come se avesse davvero avuto le ali. Non aveva potuto fare a meno di offrirsi per leggergli il Signore degli Anelli a casa sua.
E non c'è un perché.
Non c'è nessun perché.
E' stato solamente il suo cuore che urlava.
Si è chiesto cosa fare tutta la mattina.
Riguardo a tutto questo. A tutta questa situazione. Perché qualcosa deve fare, no?
Non può stare lì con le mani in mano.
Dopo che gli ha detto tutte quelle cose.
Dopo che gli ha detto che non mangia perché ha una vita merdosa.
Dopo che Frank gli ha detto "anche io".
Dopo che si sono trovati.
Insieme.
Lì così.
Si è chiesto cosa fare tutta la mattina.
Combattuto tra il suo passato e la possibilità di un cambiamento - combattuto, perché aveva pensato il meglio e il peggio di mille cose contemporaneamente.
E se lui e Frank fossero diventati...
Non si ricorderà niente.
...amici?
E se...
Stupido.
... a un certo punto avesse potuto...
Illuso.
...Parlargli di sé?
Non gli piaci.
Parlargli di...
Ti lascerà ti manderà in frantumi ti ridurrà a polvere cenere silenzio ti userà come...
Tutto quello che...
... Tutti gli altri, idiota!
... Sentiva.
Quando è suonata la campanella per andare a pranzo si è pietrificato sul suo banco.
Gerard Way non si è riuscito a muovere nemmeno un millimetro.
Eh già.
Proprio così.
Gerard alzati.
Delle frasi continuavano a ripetersi nella sua testa a disco rotto.
Quasi fosse stato robottino difettato.
Intrappolato dentro se stesso, perché era quello che era, preda delle sue paure, delle sue preoccupazioni, preda delle sue voci, lacerato, sferzato da un vento troppo grande.
E chi lo avrebbe salvato adesso?
Frank te lo ha chiesto.
Ieri sera.
Ubriaco.
Se saresti andato a pranzo.
Perché Frank sta solo in mensa.
Se non ci sei tu.
Ubriaco.
Ubriaco fradicio.
Gli ha ricordato Leroy.
Non è vero che non è mai stato solo con un ubriaco.
E' stato con Leroy.
Leroy era spesso ubriaco.
Ma Frank non è Leroy giusto?
Frank è stato così dolce...
Devi andare, devi andare da Frank...
Si è alzato con questo pensiero.
Si è alzato e si è messo lo zaino sulle spalle e ha preso un bel respiro.
Ma poi ha girato verso la palestra.
Devi andare, devi andare da Frank...
E i suoi passi intanto hanno fatto tutto il contrario e lui non è riuscito a fermarsi.
E i suoi passi hanno disegnato le linee dei pensieri che gli avvelenavano la testa.
Tanto che non ha saputo più distinguere realtà e paura e tutto sembrava confinato in una mente grande che pensava immobile e pesante mentre il suo corpo si muoveva a casaccio tra le mani di un crudele burattinaio, quel tarlo che corrodeva tutta la bellezza del mondo cercando di succhiarla via per farla sparire dai suoi occhi e non farlo sperare più,
farlo cadere in basso.
Per schiacciarlo.
Sopprimerlo, comprimerlo e rattrappirlo nella sua stessa sconsolata magrezza di un fisico che non risponde più a niente ed è incapace di obbedire a se stesso.
Frank sicuramente non si ricorderà nessuna delle cose che ci siamo detti.
E' bastata questa semplice frase pronunciata con la sicurezza del terrore e i passi sono diventati una corsa verso le braccia di quella sua solitudine forzata.
Non sei il tipo da Frank.
Da essere amico di Frank.
Proprio no.
Tu sei il ballerino sfigato che va bene a scuola, a Frank sicuramente piacciono le persone forti che riescono a vestirsi bene e farsi i piercing e rasarsi e tingersi i capelli, quelli che bevono e scopano e di certo non diventano anoressici per...
Beh, insomma, si è capito, con Frank ci rimani solo fottuto.
Dopotutto queste cose te le ha detto da ubriaco.
E' stata l'enfasi del momento.
E basta.
E basta.
E basta, e basta, che stupido che sei stato a pensare il contrario, vero?
Ed è volato via, Gerard, come la sera prima in camera sua, silenzioso e impercettibile, tra i fiumi di persone tra cui si sente invisibile, nel suo nascondiglio di musica, danza e trascuratezza.
Perché quale nido potrebbe accoglierlo, quali labbra, quale casa?
Che figura di merda ci fai ad andare a salutarlo?
Ti prenderanno in giro.
Tutti.
Strappandogli di dosso ogni briciolo della sua dignità come hanno sempre fatto.
Sbranando la sua carne mentre è ancora vivo e urla cercando di difendersi ma ormai le sue braccia giacciono e le sue gambe giacciono e non sente più niente.
Perché Gerard è così, a lui comincia a importare delle persone e poi... Poi tutto irrimediabilmente finisce male. Per lui.
Per gli altri no.
Gli altri hanno sempre qualcosa nuovo di zecca.
Migliore di lui anche.
Niente da dire.
Se non è abbastanza, dopotutto è colpa sua.
Della sua debolezza.
Della sua troppa bontà.
Della sua fragilità.
Di tutto quel grasso.
E mentre ha pensato tutto questo ha chiuso la tenda alle sue spalle.
Ha fatto due piroette, è caduto perché gli gira la testa ed è rimasto seduto sul pavimento.
Ha tirato fuori gli auricolari.
Ha guardato intensamente la barretta.
E da Frank non ci è andato.
E così adesso è qui.
Da Frank non ci è andato e così adesso è qui e non sta facendo assolutamente niente.
Da Frank non ci è andato, no che non ci è andato.
Come fa a fidarsi ora?
Al solo pensiero di parlargli
Al solo pensiero di rivolgergli lo sguardo
Al solo pensiero di camminare davanti ai suoi occhi
Gli tremano le mani e lo stomaco si contorce e sente fuoco sotto la sua pelle.
Gerard Way, sei proprio un codardo.
Si tocca la pancia nella luce soffusa della palestra.
Che schifo.
Per fortuna non ha ancora toccato quella barretta.
Si sarebbe sentito così in colpa che avrebbe vomitato tutto.
Come succede quando mangia troppo nei giorni peggiori per cercare di convincersi che è sano.
Comincia a ficcarsi il cibo in bocca e sente la fame crescere e ha fame, ha disperatamente fame, vuole essere normale, normale, ma non fa in tempo a finire che deve andare in bagno e dentro lo stomaco già non ha più niente, si sente sfinito e ancora più debole e allora si trascina a letto dopo essersi pulito dicendo che non fa niente, mangerà qualcosa domani.
E' uno spettacolo orribile.
Lui è orribile.
Tu sei orribile.
Gerard Way, sei un orribile codardo.
Gerard Way, sei un terribile codardo.
Debussy si interrompe ed entra in scena, totalmente inaspettato, un Liszt malinconico con il suo Malediction.
Chissà perché Frank non c'era a lezione, questa mattina.
Chissà dov'è andato.
È entrato a scuola, e poi?
Forse non voleva vederlo.
Già.
Proprio così.
Magari si ricorda tutto ciò che hanno detto e Gerard gli fa schifo e ha deciso di non presentarsi nemmeno a lezione per non stare di fianco a lui e doverci pure parlare.
Chissà perché finiscono sempre vicini.
Forse perché sono uno più solo dell'altro.
Ma no, come può Frank non avere degli amici. Probabilmente non hanno il loro stesso orario. Ecco tutto.
E se si ricorda che gli ho chiesto di venire a casa mia?
L'improvvisa consapevolezza gli fa stringere lo stomaco.
Perché deve sempre fare cazzate?
Perché deve sempre darsi in questo modo?
Perché deve sempre amare le persone così?
Amare?
Sei tutto scemo.
A lui piacciono le ragazze.
Per forza.
Sua madre e suo padre dicono che le persone gay sono anormali e hanno problemi mentali o traumi infantili o cose del genere.
Non è gay.
Semplicemente Frank gli interessa come... persona.
Semplicemente Frank gli rivolge la parola e lui si sente scaldare.
Semplicemente Frank è Frank e lo fa sentire meglio del solito e si è preso cura di lui dopo che mai nessuno lo ha voluto fare.
Non è gay.
Lui e Leroy sono sempre stati vicini, ma non gli ha mai comprato dei regali e non hanno mai avuto un anniversario e alla fine è andato tutto in malora e lo ha solamente maledetto, deturpato, infranto con le stesse mani che promettevano di farlo grande.
Non è gay.
Bert non gli ha infranto il cuore in mille pezzettini quando si è messo con Lizzie, ci è solo rimasto male perché avrebbero dovuto essere migliori amici per sempre e solo loro due e invece è arrivata lei e lui, come sempre, è passato in secondo piano.
Che casino, che casino.
Se pensa alla sua vita gli viene il mal di testa e si sente stracciato.
Se pensa a tutte quelle persone.
A come lo hanno avuto.
Lo hanno consumato.
Brividi.
Oh, a proposito di casino.
Liszt sta finendo e lui è ancora seduto su quel vecchio pavimento.
E con Frank come la mettiamo?
- Non lo so - dice ad alta voce, come se stesse rispondendo a qualcuno per davvero.
Non può non venire a scuola per sempre e hanno troppe lezioni in comune per ignorarsi.
E se si è dimenticato tutto?
E se si ricorda tutto?
Sospira e chiude gli occhi.
Ascolta le ultime note di Liszt.
Cerca di indovinare cosa ci sarà dopo.
Bach.
Parte un allegretto e si mette a ridacchiare.
Mozart.
Che stupido.
Dopo Liszt nella riproduzione casuale c'è quasi sempre Mozart.
Chissà come mai.
Chissà come mai.
- Chissà come mai.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio, tutto silenzio, solo le note musicali, e a tratti gli sembra di non sentire nemmeno quelle.
Silenzio.
Per quanto ancora ci sarà silenzio, per quanto ancora farà silenzio attorno a sé, per quanto ancora rimarrà segregato?
Pirla, vai da lui.
E Gerard non ha bisogno nemmeno di pensarci su tanto, si alza, butta gli auricolari e il telefono nella tasca, raccoglie la barretta che sa che non ingoierà mai e lentamente va verso la mensa.
I corridoi sono pieni di persone.
Sguscia via senza guardare in faccia nessuno, qualcuno lo spintona ma non si ferma a pensare nemmeno un istante.
Destra.
Sinistra.
Sinistra.
Arriva in un corridoio più grande, il lato che guarda sulla mensa è completamente vetrato.
Si avvicina, poggiandovi una mano sopra e cercando freneticamente Frank con lo sguardo tra gli studenti seduti ai tavoli.
Stupido stupido stupido ti farà crepare ti farà crepare di dolore ti farà crepare di dolore ti ridurrà in briciole ti farà vomitare sangue ti-
Un picchiettio lo fa sobbalzare.
Abbassa lo sguardo.
Ed eccolo lì Frank.
Esattamente nel tavolo davanti a lui.
Belliss-
Si guardano.
Si guardano.
Si guardano.
E basta.
- Hey - Frank si alza in piedi e gli sorride un po'.
Non si sente la sua voce, ma dalle sue labbra si può capire ciò che dice.
Sul suo collo lo scorpione guizza, è vestito di scuro, come al solito, ma sotto la felpa nera si intravede una maglietta rossa con sopra una qualche scritta sbiadita.
Gerard rimane in silenzio, è senza fiato.
Si ricorda si ricorda si ricorda si -
- Eccomi, il vero Frank.
La sua bocca si muove e produce le forme più belle del mondo.
Dietro di lui, il suo vassoio è pieno a metà.
Il vero Frank.
Ricorda, ricorda tutto.
- Sobrio - mormora Gerard, accennando un sorriso e sistemandosi i capelli corvini con una mano.
- Sobrio - ripete Frank.
Si guardano, ancora e ancora, sembra si stiano fondendo con gli occhi.
E a nessuno dei due importa delle persone che passando li fissano.
- Non sei venuto a pranzo - le parole escono lentamente.
Gerard abbassa lo sguardo, e il suo sorriso si spegne un po'.
Si sente in colpa.
Pensa alla barretta che non ha mangiato.
Apre la bocca per dire qualcosa ma non trova niente.
Poi c'è un altro picchiettio sul vetro, richiama la sua attenzione verso l'alto.
Incontra di nuovo quegli occhi verde chiaro e si sente mancare.
- E' okay - Frank si morde il labbro, lo fissa fino a farlo arrossire.
Ma che cosa diamine gli sta succedendo?
- Scusa - sussurra.
- E' okay.
Silenzio.
Gerard sente le orecchie in fiamme.
Tocca il vetro piano, per sentire qualcosa di freddo sulla pelle.
Frank si avvicina e con un dito sfiora il punto in cui il palmo del ragazzo di giglio si è soffermato.
Rimangono immobili, si toccano e non si toccano allo stesso tempo.
Silenzio.
Si sente pesante.
Con Frank si è esposto.
Forse troppo?
Lascia che lo sguardo vaghi su quegli zigomi pronunciati coperti lievemente dalla barba che ieri non ha notato, sulle mani callose e sui segni dell'inchiostro sulla pelle.
Sorrisi.
Frank si tortura il labret metallico e Gerard prova lo strano impulso di avvicinarsi a quella sottile cortina trasparente e baciarlo proprio in corrispondenza di quella bocca sottile.
Si sente uno stupido.
Non si conoscono nemmeno.
Il vero Frank.
Com'è bello il vero Frank.
Anche con il mento non perfettamente rasato.
Com'è bello...
Si accorge solo troppo tardi che si sta avvicinando al vetro e adesso le loro facce sono separate solo da qualche millimetro d'aria e quella lastra di vetro.
E in un secondo corre via, il cuore che batte a mille, lasciando Frank fermo lì davanti con la bocca a forma di o, mentre si chiede come diamine ha fatto lui a meritarsi il corpo di luce vibrante di quell'angelo così vicino.
AVVERTENZA:
Purtroppo, come vi avevo già detto, questa fanfiction è in pausa.
Molti mi hanno detto che avrebbero preferito trovarla comunque sul mio profilo, e così l'ho pubblicata di nuovo, ma, momentaneamente, non ci saranno altri capitoli dopo questo.
Mi dispiace molto, ma per adesso, per motivi personali, non riesco a proseguirla.
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