» isn't it lovely?

- Siediti, non ti fare problemi - Gerard sorride e carezza il letto di fianco a sé.

E' nervoso, è teso, ma anche così maledettamente dolce. Cerca di essere naturale, di essere se stesso, anche se non sa come si fa.
Carino.
Dio, Frank si spaccherebbe la faccia nel momento stesso in cui quella parola balugina nella sua mente - non potrebbe permettersi nemmeno di sfiorarlo con il pensiero, ma non può fare assolutamente nulla: quel ragazzo è un angelo e quella stanza luminosa un paradiso.
Come il loro mondo sommerso.
Profumato di lavanda e di buono.
Il resto della casa è freddo, un'enorme villa completamente vuota che trasuda nullità, l'abitazione di chi c'è e non c'è allo stesso tempo, la casa dove le relazioni tra genitori e figli che si disgregano lentamente lasciando spazio a fili trasparenti e sottilissimi, senza alcun significato, senza alcun punto in comune tra di loro se non il sangue.
Lì invece, nel rifugio di quel tenerissimo fiore, tutto sembra vita, tutto sembra primavera.
Le pareti color celeste.
Il vaso trasparente con i fiori lilla.
La scrivania e l'enorme armadio di legno chiaro con i pomelli in metallo.
I post it e le foto appesi alla lavagna di sughero.
Il lampadario bianco.
La sedia bianca.
I disegni sparsi qua e là, i set di matite.
I libri di scuola ben ordinati.
Migliaia di cd e romanzi sulle mensole.
Ritagli di riviste e articoli di giornale sul balletto.
Il letto grande, un filo di luci di Natale, quelle che in genere si mettono attorno all'albero, avvolte attorno al metallo della testiera.
Tinto di bianco.
Tutto è bianco, tutto è colore, tutto è luce.
Arte pura.
E pensare che tra queste pareti si consuma il più grande dolore del mondo, si consuma la fame e la sete e il digiuno, si consumano ossa e carne, mente, esistenza. E pensare che tra queste pareti un essere così bello maciulla se stesso per un mondo che non lo comprende.

- Lo zaino lo metto... qui... - Frank se lo toglie e lo appoggia a lato della scrivania, prima di mettersi sulle coperte, piano, come se avesse paura di sporcare, infangare, corrompere.
Si sta ancora guardando attorno.
A pranzo ha mangiato solo lui.
Gerard gli ha fatto un piatto colmo di spaghetti con il sugo di pomodoro - buonissimi.
Per se stesso invece niente. Solo acqua.
Frank però è riuscito a fargli mangiare qualche forchettata di pasta.
Poche, ha paura che di più lo faccia stare male. Chissà cosa diamine gli hanno fatto le due settimane che è stato in ospedale, probabilmente è stata una tortura. Adesso pranzano ogni giorno insieme, e lo imbocca piano piano, gli sorride e gli parla per distrarlo, ed è contento che mangi con lui. A lezione al pomeriggio gli sta sempre vicino, lo accompagna in bagno e aspetta fuori dalla porta con calma, fumando una sigaretta.
Certo, lui non ne sa niente di queste cose, di disturbi alimentari. Non ci sa fare. Gli altri non li ha mai aiutati, era troppo occupato a cercare di ricomporre la propria vita per badarci.
Ma Gerard gli sembra così fragile.
Facilmente distruttibile.
Davanti a lui cercare di fare qualcosa per guarirlo è una magia, una delizia.
Davanti a lui allungare la forchetta è così splendido.
Scalda il cuore.

Mentre lo ha imboccato hanno sorriso.
Tutti e due.
Si sono sorrisi, l'uno all'altro.
Non c'è stato niente di più bello.
Poi Gerard gli ha detto che era sporco di pomodoro e gli aveva pulito le labbra. Aveva carezzato le sue labbra con il tovagliolo piano. Come se avesse paura di fargli male.
Ferocemente imbarazzato.
Eppure se lo ha fatto era perché lo desiderava.
Desiderava toccarlo.
L'angelo che benedisce la feccia, ha pensato Frank.
Roba da non credersi.
Si è chiesto cosa cazzo ha pensato quel professore quando li ha messi in coppia. Lui non è per niente come Gerard, lui è l'esatto opposto, Gerard è qualcosa a cui semplicemente non può arrivare. O forse è lui che si sbaglia a pensare così. O forse è Gerard che sembra maledettamente irraggiungibile solo perché è così tremendamente delicato e sublime.
Ma andiamo, come potrebbe mai essere un drogato peccatore al pari di una creatura celeste?
Non si può.
Frank è incattivito.
E' crudele.
Vittima della sua testa e delle sue fisse.
E' cresciuto al buio, la sua casa era il pericolo e la sua testa la gabbia. La strada asfaltata un triste parco giochi che poi era diventata la fonte della sua liberazione dai pensieri: erba.
Non potrebbe mai essere alla sua altezza.

- Hai fatto qualcosa di bello questo weekend? - Gerard lo chiede come se nulla fosse, carezzando le coperte. Perso in qualche riflessione, nelle profondità più oscure della terra o nelle altezze vertiginose del cielo, mentre il suo corpo è intrappolato lì, nella terra che non gli appartiene.

- Nulla in particolare. E tu?

Frank sta sul generico. Mica può dirgli che è andato a farsi con Ray al solito parchetto.
Se ne vergogna un po'.
Ne aveva sentito la mancanza. Si era sentito leggerissimo. Era stato bello, non aveva pensato a niente per un po'. Aveva riso per qualche cosa stupida e aveva potuto sentirsi strappato dall'esistenza e dal dolore.
Qualche minuto.
Ma poi era passato subito, sgocciolando veloce.
Quasi aveva avuto la tentazione di provare qualcosa di più forte, dopo.
Per avere ancora.
Per avere ancora pace,
Ray gli aveva proposto la cocaina.
Aveva la busta proprio in tasca.
Proprio lì.
Ma Frank aveva detto no - non si poteva permettere quella roba.
E si era sentito uno schifo anche solo per averla desiderata così intensamente.
Così si era affidato alla birra in lattina, e la serata era scivolata via fino alle due del mattino, quando era tornato a casa completamente perso.

- Ho studiato e ho ballato - Gerard interrompe il filo dei suoi ricordi, la voce bassa, appena sussurrata - Nulla in particolare.

Lo ripete con un altro sorriso.
E' vicinissimo.
Le loro cosce non si toccano, ma quasi.
E lui sorride, mentre si tortura una ciocca di capelli e dondola i piedi, sospesi appena sopra il parquet perché il suo letto è alto.
E' così magro.
E' così sottile.
E' così struggente, così splendido, mentre sorride nonostante qualsiasi cosa.
Mentre sorride nonostante sia triste.
Mentre dondola i piedi e gli parla, così, come se fosse normale.
Come se fosse normale vivere così.
Vivere senza mangiare.
Come se fosse normale.
Come se fosse normale che una creatura così bella si senta orribile.

- In questi giorni mi sto esercitando molto, vorrei poter... fare qualche provino o qualcosa del genere, insomma. Adesso che non sono più in una palestra non faccio spettacoli, mi manca, un po' - confessa, mordendosi il labbro e guardandolo di sottecchi, come se queste confidenze potessero costargli la vita.
Sorride e sbatte le ciglia.
Dondola i piedi.
Poi si avvicina un po' di più.
Solo un po'.
Si spinge verso di lui e le loro gambe si sfiorano.
Gerard arrossisce - non lo ha fatto apposta, non se ne è nemmeno accorto.
Intimidito, si stringe nelle spalle.
Frank impazzisce.
Questo angelo gli farà perdere la testa, ne è sicuro.

- Cosa ballavi quando ti ho visto?

- La Morte del Cigno. E' un balletto ideato da Michel Fokine, è stato realizzato per Anna Pavlova.

Gli occhi di Gerard brillano, e Frank è catturato.
Adesso vuole sapere, riscrivere la propria vita sulle orme di quel piccolo cuore che si è incrociato con il suo.

- Anna Pavlova?

- E' una ballerina russa molto famosa, è vissuta fino al 1931. Il balletto è del 1901. E' un brano a parte, però ha ispirato molto le interpretazioni più moderne del Lago dei Cigni, sai, quello di Tchaikovsky. Nel Lago dei Cigni Odette, la protagonista, si innamora di Siegfried, un principe, alla fine muore. Siegfried sta facendo una battuta di caccia di sera quando vede per la prima volta Odette, trasformata in cigno con altre ragazze dallo stregone Rothbart. Assume una forma umana solo quando il sole tramonta. Odette gli racconta la loro storia durante la notte, e si innamorano. Siegfried le giura eterno amore, ma Rothbart trasforma sua figlia, Odile, in Odette, e il principe, il giorno dopo, annuncia che vuole sposarla. E a questo punto il castello piomba nell'oscurità e tutti... oh, ti annoi? Scusami, ho cominciato a parlare a ruota libera e...

Gerard arrossisce.
Non parla così tanto con qualcuno da mesi.
E i loro visi sono a distanza-due-centimetri come nei libri film canzoni d'amore.

- Per nulla, continua.

E così va avanti, un po' esitante, le mani appoggiate sulle gambe e lo sguardo che carezza i lineamenti.

- E tutti si rendono conto dell'inganno. Anche Siegfried, che vede Odette fuori dal castello, di nuovo cigno. Si precipita a cercarla, ma quando la trova, ormai morente, una tempesta si abbatte sul lago e i due amanti vengono inghiottiti dall'acqua.

- E finisce così?

- Sì... Beh, poi all'alba uno stormo di cigni bianchi vola sul lago. Per ricordarli.

- Tragico.

- Sì, ma bellissimo.

- Penso tu abbia ragione.

E così Frank per un po' rimane in silenzio.

- Lo hai mai ballato, il Lago dei Cigni?

- Sì, due anni fa ho fatto uno spettacolo.

- Hai una foto?

Gerard annuisce e si alza, leggero.
Da una mensola prende una scatola di cartone, la porta sul letto e si siede a gambe incrociate.
Sorride e solleva il coperchio, l'altro sporge il collo, assetato.
Dentro c'è un mazzolino di fiori secchi, e poi un numero spropositato di foto.
Gerard è ovunque, con la tuta da ballerino, immerso in grandi teatri che sembrano sovrastarlo, piroetta su palchi a cui dona luce. In un paio ha anche il tutù, bianco - ed è semplicemente perfetto. A Frank sembra maleducato guardarle in quel modo, quasi ipnotizzato, ma non può fare a meno di perdersi nei dettagli, negli scatti che lo ritraggono bambino e adolescente, nella sua crescente fragilità e malinconia, mentre salta, si inchina, viene ricoperto di rose e ammirazioni. All'improvviso gli sembra quasi di sentire gli applausi del pubblico, gli sembra di osservarlo danzare piano, proprio come ha fatto nella palestra della scuola, gli sembra di avere negli occhi le accecanti luci della scena e di esserci stato sempre.

- Sono stupende...

Le ammira, quelle foto, quasi non osa toccarle.

- Sei stato in teatri famosi?

- Sì, un po' in giro per tutta America. Ho fatto anche degli spettacoli in Italia, Spagna, Francia e Russia.

- Russia?

Frank la Russia nemmeno se la immagina.
C'è la neve e la steppa.
E quel treno che attraversa tutto lo stato e va fino a Vladivostok - la Transiberiana.
Il suo sogno, quel treno.
Uno dei tanti.
Insieme a una chitarra.
E forse una vita nuova.

- Sì, beh... in realtà non ho avuto tempo di visitarla, quando vai a fare gli spettacoli non c'è tempo per niente se non per le prove generali, per la serata, il ricevimento dopo... Fa freddo, questo è tutto quello che so.

Gerard trema.
La Russia gli ricorda Leroy.
Prova a non pensarci, così comincia a rimettere le foto nella scatola.
Sente già un peso nel petto, come se stesse soffocando.
Non può permettersi di affogare in quella dimensione scura, non ora.
Si tiene a galla alla bell'è meglio, quel tanto che basta per resistere ancora qualche ora.

A Frank basta guardarlo negli occhi per capire che sta vivendo qualche brutto ricordo.
Vede le sue dita tremare impercettibilmente.
Vorrebbe invitarlo a scappare con lui sulla Transiberiana.
Partire solo loro due.
Per giorni e giorni, su quel treno.
Vorrebbe prenderlo per mano proprio in quel momento e dirgli di fare le valigie e prendere i soldi di suo padre e poi andare via.
Correre all'aereoporto di New York e prendere al volo un aereo per Mosca.
E poi da lì partire.

- E' tutto okay? - allunga la mano verso la sua, la accarezza piano.

- Sì, sì, è... Solo un po' di malinconia per i vecchi ricordi - Gerard si ritrae per alzarsi di nuovo.
Sorride per rassicurarlo, ma Frank non gli crede.
Lo sente, dentro di sé, cosa sta provando.
Quel reticolo di dolore acuminato è così ben visibile, in quei pochi secondi di silenzio.
Vorrebbe tirare via la tristezza dal suo corpo come si fa con un filo blu.
La ingoierebbe tutta.
In ogni parte.
Pur di farlo stare bene.

- Comunque potresti ballare quel brano, ai provini. La Morte del Cigno.

Lo guarda rimettere al suo posto la scatola delle fotografie.
Ha parlato per distrarlo, si sente così incapace davanti a tutto quello.
Lo disarma.

- Dici? Lo sto provando da molto. Devo ancora perfezionarlo. Mi piacerebbe allungarne la versione originale con un altro brano di Tchaikovsky, ma non ho ancora deciso quale. Modificherei anche un po' la coreografia.

Chiude il coperchio definitivamente e la ripone dov'era prima, raddrizzando i libri attorno.

- Sarebbe splendido. E saresti bravissimo.

- Grazie mille - quello si volta, rosso in viso, abbozzando una risatina nervosa.
Frank lo ammira, lo rimira.
Dolce, dolcissimo giglio.
Come può meritarsi tutto questo?
Come può avere tutto il peso del mondo sulle spalle? Lui solo, lui solo...

- E ora che facciamo?

- Matematica. Ti va?

Gerard si alza sulle punte per arrivare a una mensola più alta e prende il libro verde.
Esattamente quel libro che Frank durante l'anno ha aperto due volte unicamente per rassegnarsi che no, non ci capirà mai un cazzo.

- Non esattamente.

Entrambi ridono.

- Non ho il quaderno qui con me... non possiamo farla - Frank sbuffa, e Gerard torna sul letto con penne colorate, evidenziatori, il libro.

- Fa niente, ti presto dei fogli.

Ma quelli che gli dà dopo dieci secondi non sono fogli, è un quaderno intero.
Nuovo di pacca.

- Ma no, dai...

- Sì, tienilo, ne ho troppi - ride ancora, debolmente, e glielo caccia tra le braccia, poi si sdraia al suo fianco:

- Allora, gli ultimi esercizi sono su iperbole e parabola. Hai presente?

Frank scuote la testa.
Piano.
Si vergogna.
Si sente così stupido.
Gerard è troppo intelligente per lui, e ne è ampiamente consapevole. Va bene in molte materie. E se non fosse per la sua timidezza, sarebbe anche più bravo. A volte quando viene interpellato si agita, balbetta, non riesce a rispondere. Come se si bloccasse completamente.
Quegli istanti tutti trattengono il respiro.
Lo prendono in giro.
Dicono che è un cagasotto.
Ma a lui sembra ancora più brillante di quello che è, quando poi dopo qualche secondo recupera il coraggio e elabora una risposta così articolata e perfetta da lasciare a bocca aperta tutti quanti. Tutti gli insegnanti gli fanno sempre complimenti su complimenti.

- Fa niente, possiamo ripassarle un po' insieme, se ti va. E poi facciamo i compiti, sono pochi.

Gerard, a pancia in giù, alza il viso e lo guarda, la matita già alla mano.
A Frank non va proprio per nulla, ma come fa a dirgli di no? Come fa a dire di no a quell'improvvisa disponibilità?
Forse non sarà così male.

- Okay...

Gerard sorride, apre il libro e comincia a parlare.
Le ore seguenti sono una specie di miracolo.
Frank rimane lì ad ascoltarlo, ammaliato.
Non capisce tutto, alcune cose deve chiedere di farsele rispiegare anche tre volte.
Le loro dita si toccano, a volte, ritraendosi subito. Si sfiorano per sbaglio.
Il ragazzo di giglio risponde sempre, semplifica le regole, gliele fa vedere applicandole su alcuni esercizi già fatti.
Evidenziano con colori diversi qualsiasi cosa, scrivono le intestazioni in rosso.
Lui è troppo ordinato, il quaderno nuovo di Frank in confronto sembra un campo minato.
Ma Gerard non se ne cura.
Gli fa i disegni delle parabole, con pazienza.
Non sembra gliene freghi nulla del fatto che il suo compagno non sa fare assolutamente niente perché fino ad adesso non si è dato la pena di studiare.
Trova le soluzioni con un entusiasmo contagioso.
Si divertono, ridono e alla fine anche Frank si sdraia, accanto a lui, domandandosi il mistero di quella strana scintilla di speranza che vede accesa nei suoi occhi malgrado le cupe ombre che, poco prima, mentre guardavano gli istanti della sua vita scattati a colori, avevano minacciato pericolosamente di avvolgerlo.
Sono ancora imbarazzati, ma sentono l'atmosfera distendersi, poco alla volta.
Non parlano troppo.
Solo tanto.
E di cose semplici, come la x e la y.
Senza pretendere.
Quando finiscono sono a malapena le cinque.

- Ora mi merito la mia lettura?

Frank scherza, e mentre Gerard ride di nuovo sente il proprio cuore brillare.
Quasi non se ne capacita, di riuscire a farlo divertire. Non avrebbe mai creduto di esserne in grado.
Gli piace.
Gli piace il suono che fa la sua voce in quei momenti.
Gli piace che è nervoso e smette poco alla volta.
Gli piace che lo guarda di sottecchi e scuote la testa.
Come se si stesse chiedendo cosa diavolo succede e perché lui lo fa ridere così tanto.

- Sì, direi proprio di sì.

Il ragazzo adesso ha un grande libro tra le braccia.
E' un'edizione vecchia, con le pagine ingiallite e la copertina fragile e consumata.
C'é un po' di silenzio, entrambi contemplano il romanzo in silenzio.

- Pronto?

- Certo.

Frank si avvicina un poco, di qualche centimetro.
La fragranza di lavanda si fa più forte.
Potrebbe essere la sua nuova dipendenza, quel profumo.
Così delicato e rilassante.
Sembra lo stia invitando a chiudere gli occhi e lasciarsi cullare.
Gerard è la più dolce delle armonie.
Ci si perderebbe per sempre, in quella stanza.
Solo loro due.
Solo Gerard, esattamente lì accanto, a sfiorarlo e a fargli sentire il suo respiro lieve.

Piano piano, senza aggiungere altro, comincia a leggere, a voce bassa, lo sguardo fisso sulle pagine, mentre Frank si avvicina ancora, respirando piano:

- Quando il signor Bilbo Baggins di Casa Baggins annunziò che avrebbe presto festeggiato il suo centoundicesimo compleanno con una festa sontuosissima, tutta Hobbiville si mise in agitazione...

























Angolo autrice:

sto ripubblicando i capitoli che avevo tenuto per me dopo qualche tempo. non so mai se tornerò a scrivere qui, però oggi avevo voglia, quindi perchè no?

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