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La tavola era imbandita per una sola persona: sul mobile di legno era posizionata una sola tovaglietta, un solo paio di bacchette, un solo piatto, una sola ciotola per il riso e un solo bicchiere.
Temari era seduta a terra e fissava, dalla parte opposta del tavolo apparecchiato per uno, l'orologio appeso al muro: ormai erano le dieci di sera.
Lei e Shikadai avevano mangiato un'ora prima; avevano aspettato Shikamaru fino alle nove, poi si erano decisi a mangiare senza di lui.
Era stato il figlio a decidere che era ormai giunto il momento di rifocillarsi, dopo aver aspettato più di mezz'ora il padre che non si era presentato.
''Farà tardi. Io ho scuola domani e sono stanco, quindi mangio.'' Si era sprecato a dire, prima di servirsi il riso e lo stufato preparato dalla madre che, dopo aver sospirato afflitta e un poco scocciato per il ritardo non proclamato del marito, aveva fatto lo stesso.
In quella mezz'ora di attesa il ragazzino non aveva spiccicato una parola, nonostante Temari avesse cercato di avviare più volte una conversazione con lui per sapere come fosse andata la giornata, come stesse andando a scuola e se ci fossero novità.
Shikadai a tutte le sue domande aveva risposto o con una scrollata di spalle, con uno sbuffo o con una parola composta da poche sillabe, giusto quanto bastava per far capire alla madre che, sì, l'aveva ascoltata, ma non aveva voglia di parlare; proprio come suo padre non era un ragazzino di molte parole.
Temari aveva perso le speranze di farsi una chiacchierata con lui, così se ne era rimasta in silenzio, seduta compostamente al suo posto, a fissare il vuoto, il trascorrere dei secondi.
Lei aveva aspettato un'altra poco prima di servirsi, poi il suo stomaco aveva iniziato a brontolare e si era messa a mangiare, decidendo di non aspettare Shikamaru per cenare.
Non era di certo la prima volta che il braccio destro dell'Hokage faceva tardi per via del troppo lavoro, ne tantomeno che non avvisasse del suo ritardo.
A Temari non era mai andato giù il fatto che Shikamaru non avesse il minimo riguardo per la sua famiglia e non si sprecasse nemmeno a telefonare per avvisare che si fermava a lavorare fino a una certa ora; in passato, quando la loro relazione era appena iniziata, quando Shikadai aveva ancora pochi anni di vita, l'uomo era stato molto più attento e aveva sempre avuto un pensiero per loro, anche in quei momenti in cui era sommerso dal lavoro e non poteva permettersi di andarsene dall'ufficio lasciando l'Hokage da solo.
Con il passare degli anni, però, le attenzioni e il riguardo del Nara per la sua famiglia erano diminuite parecchio, sfiorando la soglia dello zero.
I ritardi di Shikamaru potevano variare dalla mezz'ora alle quattro ore e, siccome lei e suo figlio non potevano di certo aspettare mezzanotte per mangiare, avevano deciso che se l'uomo non fosse tornato prima delle nove loro avrebbero mangiato senza di lui.
Dopo aver cenato la piccola copia di Shikamaru se ne era andato in silenzio così come era venuto, senza ringraziare la madre per la cena, senza aiutarla a sparecchiare, ne augurandole buonanotte; semplicemente si era alzato, aveva sbadigliato spalancando la bocca, si era stiracchiato le braccia e, dopo aver dato le spalle alla madre, si era incamminato in camera con le mani in tasca in un rigoroso silenzio.
Temari non aveva nemmeno fatto in tempo a deglutire il boccone che stava masticando e replicare al comportamento maleducato del figlio che questo se ne era già andato chiudendosi il shoji alle spalle.
Avrebbe potuto urlarli dietro, come era solita fare, incanalando più ossigeno che poteva nei polmoni per poi rilasciarlo tutto in una volta sola con un singolo urlo, ma era talmente stanca ed esasperata di quella situazione, che si ripeteva sì e no ogni giorno, che decise di lasciar perdere e rimanere in silenzio, da sola.
Lei era sempre sola, indipendentemente dal fatto che ci fosse qualcuno in casa, lei era perennemente sola e veniva bellamente ignorata dai suoi familiari.
Non chiedeva tanto, voleva solo un minimo di dialogo durante i pasti, un poco di interesse nei suoi confronti e del riconoscimento, non le sembrava di pretendere chissà cosa, un così grande sforzo.
Le mancavano le lamentele sul lavoro di suo marito, così come le mancavano i complimenti che un tempo le faceva per i suoi piatti, come le mancava suo figlio che le raccontava cosa aveva imparato a scuola; ora era tutto così dato per scontato che sembrava quasi inutile parlarne, quando in realtà sarebbe stato comunque piacevole, o almeno per lei.
Ormai erano le dieci passate e di Shikamaru non c'era nemmeno l'ombra.
Temari si era stancata di aspettare l'arrivo del marito, nell'attesa aveva già lavato le stoviglie e si era anche concessa di bersi una birra, come premio per aver cucinato un ottimo stufato, di cui si complimentò con se stessa, dato che nessun'altro era chiaro l'avrebbe fatto.
Alle dieci e mezza aveva deciso di chiudere la cucina; non le interessava se Shikamaru fosse tornato anche solo un secondo dopo che lei avesse sbarazzato la tavola, non gli avrebbe riscaldato alcuna cena: quello non era di certo l'orario adatto per cenare e, poi, Temari era sicura che l'uomo, non appena sarebbe tornato a casa, sarebbe stato così stanco che si sarebbe subito messo a letto ignorando lo stomaco brontolante e lei.
Che fosse arrabbiata, triste, dispiaciuta, nervosa e ferita era ormai chiaro, erano sentimenti con cui ormai conviveva da mesi e le facevano molta più compagnia che la sua famiglia, tanto che la convivenza con questi dal dolorosa e faticosa stava divenendo quasi piacevole.
Forse avrebbe dovuto iniziare a fregarsene, forse se avesse smesso di tentare di lottare, di contrastare quei sentimenti negativi, lasciandosi invadere completamente da questi, sarebbe stata meglio, avrebbe smesso di soffrire, di provare qualsiasi cosa.
Che senso aveva continuare a stare male per due persone che non si rendevano minimamente conto di quanto dolore le procurassero con il loro comportamento distaccato e insensibile, incuranti dei suoi sentimenti?
Avrebbe dovuto iniziare a pensare a lei e poi a loro, a pensare prima al suo benessere che a quello dei due irriconoscenti Nara, proprio come facevano loro.
Forse se avesse iniziato a comportarsi così, in maniera completamente differente dal solito, i due avrebbero capito i loro errori e si sarebbero resi conto di quanto i loro rapporti familiari fossero disastrati.
Ma, forse, una volta capito l'errore sarebbe stato troppo tardi per rimediare.
Le palpebre degli occhi di Temari si erano fatte pesanti e avevano tentato di chiudersi una volta per tutte quella sera, alla ricerca di un po' di riposo.
La donna era seduta sul divano, con un libro tra le mani e una tazza di tisana, oramai vuota, sul tavolino davanti a lei, sul quale aveva steso le gambe.
Aveva letto qualche pagina, accompagnando ogni riga del romanzo che stava leggendo con un sorso di quella tisana che avrebbe dovuto distenderle i nervi e concigliarle il sonno; si era detta che avrebbe letto una mezz'oretta e poi sarebbe andata a dormire, non intendendo aspettare oltre suo marito, ma poi si era immersa nella lettura, fino a quando quell'intruglio di erbe che si era bevuta, insieme alla stanchezza, non aveva iniziato a far effetto annebbiandole la vista e rendendole difficile la comprensione del testo sempre meno nitido.
I suoi occhi stanchi avevano tentato invano di continuare a rimanere spalancati, cercando di mettere a fuoco le parole scritte nere su bianco che apparivano sempre meno chiare e difficile da comprendere messe l'una al fianco dell'altra.
Aveva sonnecchiato per una buona mezz'ora con il libro tra le mani, poi la testa le era ceduta in avanti e, di scatto, si era svegliata e si era messa seduta ben dritta sul divano, risvegliatasi bruscamente dal pisolino.
Dopo aver richiuso il libro si era stropicciata gli occhi con due dita, l'indice e il pollice della mano destra, aveva puntato le sue iridi verdi all'orologio che, ormai, segnava quasi l'una.
Aveva arcuato un sopracciglio, indispettita, non credendo di aver letto per così tanto tempo e, soprattutto, non capendo perché suo marito non fosse ancora tornato a casa a quell'ora di notte; era sicura che Shikamaru non fosse ancora rientrato, altrimenti si sarebbe accorta della sua presenza, sentendolo aprire la porta di casa e camminare nel corridoio, strisciando i piedi sul parquet, con la sua solita andata lenta.
Si era alzata in piedi, avendo per un istante un giramento di capo che, però, passò subito non appena capì come orientarsi nella stanza.
Il fatto che Shikamaru non fosse ancora a casa a quell'ora di notte non gli piaceva affatto, tutt'altro la insospettiva; suo marito aveva fatto tardi la notte parecchie volte, ma mai così tardi soprattutto senza avvisare.
Sapeva che Naruto a volte trascorreva nottate intere in ufficio, che passava giornate lontano da casa, ma non aveva mai permesso a Shikamaru, ne a nessun altro, di rimanere dopo una certa ora di notte con lui a lavorare, non volendo che nessuno si stancasse tanto e trascurasse le proprie famiglie per causa sua.
Il lavoro dell'Hokage non era affatto semplice, anche suo fratello Gaara, Kazekage da quando aveva quindici anni, lavorava duramente per il benessere di Suna; Temari stimava entrambi e aveva ben idea dei sacrifici che compivano per il benessere di molte altre persone.
Quello a cui doveva pensare ora, però, era di capire dove diamine fosse suo marito a quell'ora di notte se non si trovava nell'ufficio di Naruto, posto in cui era più che certa non fosse.
La risposta più logica era che fosse in qualche bar con i suoi amici a ubriacarsi, senza curarsi del fatto che a casa avesse una moglie e un figlio che lo aspettavano e che il giorno dopo, alle sette del mattino, sarebbe dovuto essere in piedi per andare a lavorare.
La bionda non gli aveva mai vietato di bere, ne tantomeno di uscire con i suoi amici per passare una serata tra di loro, ciò che aveva chiesto era solo di essere avvisata per tempo in modo che si sarebbe potuto regolare con la cena, con il fatto che fosse tornato tardi e probabilmente ubriaco; inutile dire che Shikamaru non avvisava oramai da tempo delle sue uscite.
Questa volta Temari non gliel'avrebbe fatta passare liscia, gli avrebbe fatto fare una figuraccia davanti ai suoi amici, gli avrebbe urlato tanto addosso, riversando tutta la rabbia accumulata in quei mesi, che si sarebbe ricordato di quella notte anche se fosse stato ubriaco marcio.
La kunoichi era giunta al limite della sopportazione, davvero non ne poteva più di quella situazione.
Non era del tutto sicura che nello stato in cui avrebbe trovato il marito quest'ultimo sarebbe stato in grado di comprendere la gravità della situazione, ne tantomeno di controbattere alle sue accuse, non che questa sarebbe stata una novità, dato che il Nara non spiccicava mai parola quando lei le urlava contro, anzi, probabilmente nemmeno la ascoltava.
Sapeva che nemmeno questa volta avrebbe risolto qualcosa, ma era così arrabbiata e determinata a strigliare suo marito davanti ai suoi amici, facendogli fare una pessima figura, riuscendo, magari, anche a sfogarsi un poco, nonostante le sue parole sarebbero state vane, che aveva deciso di uscire nell'immediato di casa, senza perdere altro tempo a pensare, alla ricerca di Shikamaru.
Confrontarsi con suo marito e risolvere in maniera civile e in modo duraturo i loro problemi era ciò che voleva da tempo, ma, in quel momento, aveva solo una gran voglia di dare spettacolo.
Le vie di Konoha erano appena illuminate dalla luce bianca artificiale dei lampioni posti ai lati della strada, alcuni vicoli erano meno illuminati di altri, alcune lampadine sfarfallavano rendendo il fascio di luce tremolante e discontinuo.
Temari non aveva paura del buio, ne tantomeno di chi avrebbe potuto trovare in giro a quell'ora di notte; era pur sempre una kunoichi, era addestrata, sapeva difendersi e, poi, era così arrabbiata, che era certa sarebbero stati gli altri ad aver paura di lei se l'avessero incontrata.
La sua prima missione di livello di D dopo tanto tempo; doveva dire che era molto emozionata: trovare Shikamaru Nara, suo marito, che non tornava a casa da più di diciassette ore, strigliarlo per bene e portarlo a letto.
Al costo di controllare in ogni bar di Konoha, a costo di metterci tutta la notte, Temari avrebbe trovato Shikamaru, sperando che questo non tornasse a casa prima che lei lo riuscisse a localizzare.
Avrebbe potuto benissimo starsene a casa ad aspettare suo marito, senza scomodarsi nell'andare a recuperarlo, tanto prima o poi sarebbe tornato, ma era così desiderosa di esplodere in pubblico e fare scenate davanti a un intingente numero di persone che quell'opzione, la più logica, non le aveva minimamente sfiorato l'anticamera del cervello.
A passo spedito aveva attraversato una delle zone di Konoha in cui pullulavano i locali notturni, alcuni dei quali a luci rosse, posti in cui sperava di non beccare Shikamaru altrimenti sarebbe stato davvero peggio per lui.
Non c'era molta gente in giro, se non qualche ninja fuori servizio ubriaco: d'altronde non si trattava di un giorno del weekend, la maggior parte della gente che lavora non va di certo a sbronzarsi a metà settimana; evidentemente suo marito e i suoi amici, nonostante i trent'anni, non erano poi così coscienziosi e abbastanza svegli da rendersi conto che quello non era la notte adatta per festeggiare.
Era vero che il Nara, essendo la spalla destra di Naruto, non aveva giornate libere, ma ogni tanto, quando il lavoro non era così tanto, cosa più unica che rara, si concedeva almeno mezza giornata di riposo.
Evidentemente Shikamaru si era concesso un giorno libero di cui lei, ovviamente, non sapeva nulla, forse era stata una decisione presa il giorno stesso, ci poteva stare, ma rimaneva comunque il fatto che suo marito era fuori casa da quasi tutto il giorno e lei non sapeva dove diamine fosse.
Aveva sbirciato dall'esterno di alcuni bar, soffermandosi davanti all'entrata o davanti alle finestre per cercare di scorgere la figura del Nara o di uno dei suoi amici, ignorando alcuni clienti nelle vicinanze che si erano accorti di lei e che avevano o fischiato in approvazione, invitandola a unirsi a loro.
Per ora la sua ricerca non stava dando buoni risultati, Temari si stava innervosendo ancor più di quanto già non fosse.
Spostarsi velocemente le aveva fatto bene e male allo stesso tempo: aveva smaltito un po' di quella tisana che l'aveva fatta intontire e assopire più del dovuto che aveva in corpo, ma quella che era rimasto in circolo le stava dando ancora qualche problema a livello visivo e di coordinazione.
Temari iniziava a perdere le speranze di trovare Shikamaru che sarebbe già potuto, ormai, essere a casa; era passata ormai un'ora da quando era uscita e, in quell'ora, non aveva trovato suo marito da nessuna parte, nonostante di gente in giro ce ne fosse ben poca.
Sospirò, continuando a camminare a passo spedito, con le braccia incrociate sotto al petto, guardandosi continuamente intorno alla ricerca del gruppo di amici e tenendo le orecchie ben tese nella speranza di udire una voce familiare, ma, purtroppo, l'unica cosa che vide e udì furono una coppia di gatti litigare vicino ai cassonetti dell'immondizia a cui era passata di fianco.
Sbucata dal vialetto buio era stata quasi accecata dalla luce artificiale giallognola di un lampione dall'altra parte della strada; ormai aveva controllato in quasi tutti i locali di Konoha, mancavano giusto un paio.
Doveva dire che era stata abbastanza sollevata dal fatto di non aver trovato suo marito in un locale a luci rosse, anche se ciò non escludeva che non ci fosse mai stato; si era sempre fidata di Shikamaru sotto quell'aspetto, ma, nell'ultimo periodo di tempo, dato che tutto stava andando male, aveva iniziato a valutare anche il fatto che suo marito si fosse trovato un'altra o comunque la tradisse.
Era quasi impossibile che Shikamaru che faceva fatica a sopportare una donna riuscisse a sopportarne addirittura due, quell'uomo, poi, era troppo pigro e impegnato nel suo lavoro per avere tempo da dedicare alla sua famiglia, figuriamoci a un'amante; però, era anche vero, che ciò non escludeva il fatto che quando era fuori con i suoi amici non si concedesse di avere qualche scappatella occasionale.
Temari si continuava a ripetere che le sue ipotesi deliranti erano insensate, frutto del suo malessere che, ormai, la stava sempre di più logorando, portandola a pensare addirittura che quello sfaticato di suo marito, che non faceva sesso con lei da settimane, avesse invece l'abitudine di farlo con un'altra donna.
Attraversò la strada asfaltata, tenendo gli occhi leggermente socchiusi per non farsi accecare completamente dalla luce giallognola sfarfallante del lampione.
Voltò la testa di lato, fermandosi in mezzo alla strada deserta, puntando i suoi occhi stanchi e affaticati sulla sagoma scura che aveva visto poco prima con la coda dell'occhio.
La chiazza informe e scura che procedeva con lentezza, facendo qualche sosta ai lati della strada, non era altro che un grosso cane che, solo quando si avvicinò abbastanza alla luce del lampione, Temari riconobbe: era il vecchio Akamaru, il cane di Kiba.
Non appena la donna si rese conto che l'animale, che stava procedendo con tranquillità verso di lei, marcando il territorio circostante durante il tragitto, era il cane dell'Inuzuka, iniziò ad andargli incontro, sperando di vedere spuntare dal buio anche il padrone; Kiba sicuramente sapeva dove si era cacciato Shikamaru, avrebbe chiesto a lui informazioni e non gli avrebbe risparmiato, nonostante non fosse nessuno per lei, un po' della sua rabbia.
Il cagnolone bianco, che già in precedenza aveva percepito la presenza di Temari, si fermò in mezzo alla strada con la lingua a penzoloni, osservandola avvicinarsi a passo spedito, rabbiosa.
Mugulò appena, dopo aver usmato l'aria circostante, percependo il malumore della donna: se solo avesse percepito il suo odore prima che lei lo avesse visto, avrebbe potuto cambiare strada, ma ormai era troppo tardi, il suo padrone era nei guai.
Kiba spuntò da un vicolo a lato della strada, a un paio di metri dal cane; con un gesto veloce si era tirato su la cerniera dei pantaloni, sistemandosi, poi, con una mano, le parti intime compresse in due strati di tessuto.
Inspirò profondamente, per prendere una boccata d'aria fresca, riempendo i polmoni di ossigeno.
''Temari?'' Alzò lo sguardo che fino a qualche metro prima aveva tenuto puntato a terra, sui propri piedi, cercando di star attento a dove li metteva, dato che le strade erano ben poco illuminate.
Puntò i suoi occhi piccoli e nocciola in quelli grandi e verdi della donna dinanzi a lui che lo stava guardando con un'espressione seria e fredda in volto.
La puzza della spazzatura e degli escrementi che circondavano la zona avevano coperto l'odore di Temari che, pur essendo piuttosto forte e persistente, non aveva sovrastato gli altri; solo una volta sbucato sulla strada principale, allontanatosi un poco dai vicoli più sporchi e impregnati di cattivi odori, i nasi di Kiba e Akamaru erano stati completamente invasi dall'odore della bionda.
Un brivido percorse la schiena dell'Inuzuka quando guardò negli occhi la moglie del suo amico: il suo sguardo, solitamente per nulla caldo e accogliente, era ancora più glaciale del solito.
''Che cosa ci fai in giro a quest'ora?'' Chiese, subito, stupidamente, infilandosi le mani, che fino a qualche secondo prima aveva tenuto sulle sue parti intime, in tasca.
''Dove è Shikamaru?'' Scandì Temari, tenendo gli occhi fissi sul moro, non battendo mai ciglio, cercando di capire dal suo stato se fosse sobrio o sbronzo.
Da come era riuscito a formulare quella domanda, purchè sciocca, sembrava non essere poi messo così male, ma era ancora tutto da vedere e, soprattutto, che lui fosse sano o meno, non precludeva che anche suo marito fosse nelle stesse condizioni.
Kiba sapeva di essere nei guai, ma quello che, sicuramente, lo era davvero fino al collo era Shikamaru non appena sua moglie l'avrebbe trovato; da buon amico avrebbe coperto il povero sciagurato, o almeno ci avrebbe provato, non volendo infamarlo.
Era parecchio difficile, soprattutto nelle condizioni di semi-sbornia in cui era, trovare un modo per coprire l'amico, nel nome della loro amicizia, ma allo stesso tempo se stesso.
In quel momento l'unica cosa che il moro voleva, dopo la serata devasto, era andarsene a casa, buttarsi nel letto e dormire per dodici ore di fila; subirsi la rabbia di Temari non era assolutamente nei suoi piani.
Aveva bevuto parecchio quella sera, proprio come gli altri, ma era quello messo meno peggio tra i suoi amici che avevano nettamente alzato molto di più il gomito.
Ad ogni pinta di birra, bicchiere di sakè o di quant'altro, tracannati a goccia, Kiba era stato costretto ad andare in bagno: proprio come un cane la sua vescica aveva ben poca tolleranza.
Non poteva dire lo stesso dei suoi amici che, nonostante fossero abituati abbastanza a bere, quella sera si erano ridotti davvero a degli stracci.
L'Inuzuka si trovava in difficoltà: i secondi passavano e lui non aveva ancora spiaccicato parola, ne tantomeno aveva le idee chiare su cosa dire per salvare in primis il suo culo e, poi, quello dell'amico.
''Penso stia tornando a casa ci siamo salutati già da un po'.'' Rimase sul vago, cercando di non sbilanciarsi troppo con i dettagli che avrebbero potuto tradirlo.
Ovviamente non era assolutamente vero che il Nara se ne stava tornando a casa, sia lui che gli altri erano ancora al bar a bere e, probabilmente, non si sarebbero mossi da lì fino alla chiusura.
Lui, con la scusa di dover portare il cane a fare un giro, se ne era uscito da quel posto, non sopportando più il caldo, l'odore di alcool e di sudore che emanavano i corpi accaldati degli amici, ne tantomeno le loro risate, i loro cori e le loro grida, le loro voci biascicanti.
Aveva promesso che sarebbe tornato a breve, ma in realtà con quella scusa aveva deciso di svignarsela e andarsene a casa, lasciando il conto salato da pagare ali altri.
Se Temari avesse creduto alle sue parole, cosa che dubitava accadesse, sarebbe tornato di corsa al bar, avrebbe prelevato Shikamaru e lo avrebbe portato a casa il più velocemente possibile, sperando di arrivare a destinazione prima di lei.
Anche gli altri uomini sposati del gruppo avrebbero avuto bisogno di un aiuto per tornare a casa dato lo stato pietoso in cui erano messi: era proprio per questo motivo che aveva deciso di andarsene prima del tempo.
Essendo quello messo meglio tra tutti sapeva che il compito di trascinarli a casa uno alla vola sarebbe spettato a lui e, sinceramente, la cosa non gli andava troppo a genio perché sapeva bene che, non appena avrebbe aperto la porta di casa al posto dell'amico, la moglie del suddetto sarebbe stata davanti all'entrata, in pigiama, con le braccia incrociate al petto, un'espressione truce in volto e la lavata di capo pronta; tutto ciò era già successo in passato, più e più volte e, puntualmente, lui era stato tartassato di parole dalle donne dei suoi amici, come se fosse colpa sua se i loro mariti non sapessero contenersi.
Kiba voleva bene ai suoi amici e, proprio per questo, per evitare sia a loro che a se stesso l'ennesima lavata di capo da parte delle signore, aveva ricordato più e più volte, all'inizio scherzosamente, poi in maniera seria, ai suoi compagni, di non esagerare troppo con il bere e di andare a casa a un orario decente, in modo che si sarebbero evitati, tutti quanti, brutte conseguenze per i giorni seguenti; ovviamente nessuno gli aveva dato retta, non intendendo lasciarsi sfuggire quella effimera possibilità di fuga dalla loro vita tramite l'alcool.
Lui, tra tutti, era l'unico non sposato che si sarebbe potuto permettere di sbronzarsi, tornare a casa la mattina dopo, eppure, nonostante fosse l'unico senza una famiglia alle spalle, era il più responsabile tra i suoi amici, tanto che, a volte, doveva pensare lui per loro.
L'Inuzuka era empatico e cercava sempre di mettersi nei panni delle mogli dei suoi amici che li aspettavano a casa sveglie fino a tardi, dovendo pure preoccuparsi, una volta tornati, di metterli a letto e vegliare sul loro sonno, eppure, nonostante fosse l'unico a pensare alle donne dei suoi amici, puntualmente, queste incolpavano lui, l'unico scapolo del gruppo, credendo che fosse colpa, con la sua cattiva influenza da uomo solo e indipendente, se i loro mariti tornassero a casa in tali condizioni.
Temari aveva battuto per la prima volta le palpebre da quando aveva puntato i suoi occhi su Kiba nel momento in cui questo aveva risposto alla sua domanda in modo piuttosto vago.
Il tempo di reazione di Kiba era stato lento, segno che aveva dovuto pensare a una risposta, il che voleva dire che ciò che aveva detto era una menzogna.
Nonostante il tono di voce pacato e fermo, senza increspature, ne tantomeno alterazioni dovute all'alcool, la donna non si fidava di ciò che l'uomo aveva detto.
L'Inuzuka stava cercando di coprire suo marito, era chiaro e, lei, capiva il suo tentativo di proteggere Shikamaru, d'altronde era suo amico, probabilmente anche lei avrebbe fatto lo stesso nella sua situazione.
Non voleva prendersela con Kiba, voleva riservare tutta la sua rabbia repressa a suo marito, ma se il moro non le avesse dato le informazioni necessarie per facilitarle la ricerca sarebbe stata costretta ad avere un scontro con lui.
''Ho perlustrato quasi tutti i bar aperti di Konoha, me ne mancano giusto un paio da controllare.
Dimmi in che bar si trova Shikamaru ed evitami di fare altra strada inutile e perdere altro tempo.''
Aveva cercato di mantenersi più calma possibile, di non mostrare segni di cedimento, trattenendo la rabbia e il nervosismo, nonostante le mani tremanti e i polmoni carichi di ossigeno, pronti a emettere urla piuttosto acute.
Proprio come previsto Temari non aveva creduto alle sue parole; Kiba aveva deglutito un groppo di saliva formatosi in gola, con ancora il retrogusto zuccherino dell'alcool in bocca, abbassando per un attimo lo sguardo su Akamaru, cercando aiuto, sapendo bene che, però, il vecchio cane non sarebbe potuto essere in grado di salvarlo da quella situazione spiacevole.
La donna poteva benissimo star bluffando, poteva non aver davvero setacciato da cima a fondo ogni bar aperto di Konoha come aveva detto: se Temari stava mentendo avrebbe potuto avere ancora qualche possibilità di salvezza, gli sarebbe bastato dirgli un nome di un bar abbastanza distante da quello in cui si trovava Shikamaru in modo da prendere tempo per poterlo prelevare e trascinare a casa, o almeno provarci.
Il problema sorgeva nel caso in cui le sue parole fossero state vere: se come aveva detto gli mancava solo la zona circostante da controllare, non ci avrebbe messo molto a trovare Shikamaru, Kiba non avrebbe avuto tempo nemmeno per provare a far fare un tratto di strada all'amico che la moglie l'avrebbe subito raggiunto.
''Lo troverò con o senza il tuo aiuto.''
Non ottenendo nessuna risposta dall'altro, Temari decise di non star a perdere altro tempo con Kiba che era chiaro che per non tradire il suo amico non avrebbe parlato.
Si incamminò in sua direzione, a testa alta, con gli occhi puntati sulla strada da percorrere, ormai perso interesse nei confronti dell'Inuzuka, dato che non si era deciso a dirle niente.
Lo sorpassò, passandogli di fianco, dandogli una spallata con tutta la forza che aveva in corpo, facendolo smuovere appena.
Kiba seguì i movimenti della donna che, come un soldato, marciava a passo spedito, con il suo obiettivo in mente, sorpassando qualsiasi ostacolo che le si parava davanti, senza scoraggiarsi se durante il tragitto non riusciva a trovare informazioni pertinenti, utili al fine della missione.
''Temari, aspetta!'' Esclamò il moro, dopo il leggero urto, afferrando la donna per un braccio, senza stringere troppo la sua mano intorno all'arto, giusto lo stretto necessario per rallentare e arrestare la sua camminata spedita.
La bionda, sentitasi afferrare, si era fermata e si era voltata di scatto, puntando, di nuovo, i suoi occhi carichi di rabbia su Kiba, disintegrandolo con una sola occhiata; le labbra rosee erano imbronciate, tirate in una linea sottile, serrate l'una contro l'altra a fatica, tanto che tremolavano per lo sforzo.
''Ci penso io a recuperare Shikamaru e a portarlo a casa t-tu avviati, io ti raggiungo con lui.'' Disse, poi, l'nuzuka, cercando di non farsi intimorire da quegli occhi iniettati di sangue, riabbassando i toni, ricordatosi di che ore fossero e di essere nel bel mezzo di una strada al centro della cittadina, circondati da edifici, di case.
Era l'unica cosa che poteva fare per non aggravare ancor di più la situazione ed evitare a Shikamaru di essere ammonito e percosso dalla moglie davanti a degli spettatori, non che in quel momento all'uomo sarebbe importato qualcosa, tutt'altro, era talmente ubriaco che nemmeno avrebbe capito una sola parola detta da Temari.
Era meglio che la donna non vedesse dove fosse suo marito e, soprattutto, con chi fosse, altrimenti si sarebbe fatta un'idea del tutto sbagliata di quella serata e avrebbe dubitato della fedeltà di suo marito.
''Perché? È in condizioni così pietose da dover essere trasportato di peso? O... forse, non devo vedere qualcosa?'' Come se gli avesse letto nel pensiero, Temari aveva guardato in maniera ancor più truce l'altro, a un palmo dal suo viso, riuscendo a percepire il suo fiato caldo e alcolico solleticarle il naso fastidiosamente.
Che cosa voleva nascondergli l'Inuzuka? Forse le supposizioni che aveva fatto qualche tempo prima non erano errate, forse suo marito si concedeva delle scappatelle, aveva rapporti extraconiugali.
Mosse bruscamente il braccio preso in ostaggio, cercando di liberarsi dalla presa leggera di Kiba che, però, si fece più stretta e salda, impedendole, così, di andarsene.
Era vero: Kiba non voleva che Temari vedesse che suo marito, così come i mariti di Ino e Karui, fosse in un bar, ubriaco, in compagnia di altre donne con cui, però, assolutamente, non stavano e non avrebbero fatto nulla.
Non era di certo la prima volta che il gruppo di uomini si trovava circondato da donne, ragazze di almeno dieci anni più giovani, ciò capitava spesso, soprattutto se insieme a loro c'era anche il Sesto Hokage.
Era risaputo che dove c'era Kakashi Hatake, uno dei ninja più amati e stimati, ci fossero donne: l'ex capitano della squadra sette, con la sua aria misteriosa, i suoi modi gentili di fare e la sua disponibilità e riservatezza aveva sempre appresso qualche ammiratrice in più del dovuto.
Kiba ci andava spesso in giro insieme, dato che entrambi avevano un paio di cose in comune: l'amore per i cani e l'essere scapoli in cerca di belle donne, possibilmente più giovani di loro, con cui spendere la notte.
Capitava, a volte, che i due Don Giovanni si unissero al gruppo di uomini sposati e si portassero appresso il gregge di ammiratrici che, puntualmente, non appena riconoscevano gli altri ninja, dato che anche loro avevano una certa fama nel paese, avendo preso parte a loro tempo alla Quarta Guerra Ninja, tentavano di entrare nelle loro grazie.
Sai, Chouji e Shikamaru non avevano mai avuto doppi fini; non si poteva dire che quei tre non fossero galvanizzati dal fatto che delle ragazze più giovani fossero interessate a loro, però avevano sempre intorno al dito quell'anello d'oro che ricordava loro, ogni qualvolta allungassero le mani per afferrare il bicchiere, che erano sposati e avevano una famiglia a cui rimanere fedeli.
Se uno di loro avesse voluto farsi una scappatella avrebbe benissimo potuto farla, nessuno avrebbe fatto la spia, nel nome della loro amicizia, ma fino a quel momento a nessuno degli uomini sposati era mai saltato in mente di tradire le loro mogli, nonostante avessero dei bocconcini molto appetibili a fianco.
Era chiaro che i tre amassero le loro donne, ma Kiba credeva che, più che per un fatto di amore, ai suoi amici non saltava in mente di tradire le loro mogli per paura: Ino, Karui e Temari non erano donne da sottovalutare, avrebbero potuto sgamare la loro infedeltà solo guardandoli e i tre non volevano sapere quali sarebbero potute essere le conseguenze anche solo per aver dato un bacio a un'altra.
[5242 parole] - 19 Dicembre 2021
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