Capitolo 5
Il Paladino
Il vecchio Peter non era un tipo molto socievole. Odiava le altre persone, odiava fare conversazione e soprattutto odiava dover urinare in un bagno comune con il rischio d'incontrare sotto coperta altre membri della ciurma.
Nel cuore della notte e con ancora il volto assonnato, chiuse la porta della latrina fregandosene di farla sbattere. Per sua fortuna la nave quella sera sembrava deserta per quanto silenziosa. I membri dell'equipaggio russavano come cinghiali e incrociò solo alcuni uomini di pattuglia, scontrosi tanto quanto lui da non rivolgergli parola.
Salì la scalinata che dava all'esterno, l'idea di fumarsi un bel sigaro di buon tabacco cubano lo allettava molto prima di tornarsene nella sua cuccetta ad ascoltare il ronfare fastidioso. Mentre si appoggiava al parapetto della nave, ripiegando su sé stessa una foglia di tabacco, si chiese il perché fosse diventato un uomo di mare, impiego che comunque richiedeva un certo tipo di socializzazione anche forzata.
Prima stalliere, poi pirata e infine corsaro, la risposta in realtà era più semplice di quanto pensasse: i quattrini.
Peter non aveva mai abbastanza e diventare un cane della monarchia risultò la strada più semplice, ormai sul polso il marchio del suo vecchio legame con il mare e con la sua vera ciurma era sparito del tutto. «Chissà se l'oceano pretenderà la mia testa per questo tradimento» Rise tra sé e sé per quella stupidaggine, come se mai il mare gli avesse mai dato una risposta concreta del loro patto oltre quel pasticcio d'inchiostro. Accese la punta del sigaro con un cerino prima di lanciare il misero stecchetto consumato alle sue spalle, tra le onde, e alzò il naso al cielo. La fitta nebbia di quella sera non gli permise di mirare alcuna stella. «Ehi tu!» Peter sbuffò e tirò su con il naso quando sentì il richiamo a pochi metri da lui spostando lo sguardo sul timoniere che non si era nemmeno concesso di chiamarlo per nome, a patto che lo sapesse. Era sicuro di ricordare che quando aveva una sua ciurma da pirata, tutti sapessero il nome di tutti. Ma tra corsari era diverso.
«Dico a te con il sigaro! Hai una bussola?» Peter si avvicinò al timone, dove l'uomo stava scuotendo qualcosa tra le dita. «La mia ha qualcosa che non va, deve essersi rotta» Imprecò picchiettando sul vetrino dell'oggetto incriminato, al cui interno, l'ago rosso ruotava su se stesso come impazzito. «Con questa nebbia e senza stelle non posso orientarmi e quest'affare mi ha abbandonato, non voglio svegliare il capitano per una sciocchezza simile» Peter mandò a diavolo tutti i suoi buoni propositi di gustarsi il suo sigaro in santa pace, cercò nel taschino della sua giacca, e ne tirò fuori la sua personale bussola placcata d'argento. Non gliela passò subito, poco convinto dell'onesta del corsaro di fronte a sé che poteva anche non rendergliela per quanto ne sapesse, ma l'occhio gli cadde sul movimento impreciso e innaturale dell'ago all'interno di questa. «Dammela!» Ringhiò il timoniere strappandogliela dalle mani poco gentilmente. «Ma che?..» Si chiese subito dopo, vedendo l'inutilizzabilità anche di questa. «Che diavolo significa tutto ciò? È impossibile che due bussole impazziscano all'unisono e proprio durante questa cazzo di nebbia» Imprecò rilanciando l'oggetto a Peter. «Forse c'è qualche disturbo magnetico? Non so non ci capisco molto di questa roba»Rispose il corsaro sorpreso anch'esso da quella stranezza.
L'uomo lasciò andare il timone «Dobbiamo gettare l'ancora e aspettare, avvertirò il capitano io stesso e..» spalancò gli occhi, fissandosi su qualcosa oltre la prua. Peter seguì il suo sguardo impaurito, finendo con il far cadere il suo sigaro dalla bocca che rotolò a terra a causa dell'oscillazione della nave.
Di fronte a loro avvenne qualcosa di inspiegabile.
Un enorme galeone nero usci dalla foschia, era talmente vicino che la collisione imminente risultò inevitabile. La nebbia lo aveva inglobato come a fargli da mantella e lo aveva reso praticamente invisibile fino a quella distanza critica, sorpresi rimasero a fissare senza parole in bocca l'intera struttura della nave e l'effige pirata che ben conoscevano, dipinta sulla stoffa della bandiera nera.
«Oh merda..»
Come il tristo mietitore, il Cigno Nero si abbatté su di loro mostrandosi in tutta la sua figura possente. Il timoniere del Paladino, il veliero su cui viaggiavano, non tentò nemmeno di cambiare rotta, e Peter si aggrappò al timone pronto a ricevere la speronata che avrebbe rischiato di farlo catapultare in mare.
L'impatto fu talmente forte che la sirena del Paladino si spaccò del tutto, finendo in mille pezzi tra le acque scure. Tavole di legno schizzarono ovunque colpendo o ferendo chiunque fosse per sua sfortuna di pattuglia sulla prua della nave e il veliero virò costretto sulla destra, oscillando pericolosamente verso il mare. La vedetta sopra al loro albero maestro, ripresosi dal tramortimento, si tirò su e corse alla campanella che dava l'allarme.
«Pirati! Ci stanno attaccando! Ai cannoni!» Urlò a squarciagola, come se fosse bastato armarsi e per difesa così tardi, dopo aver subito un attacco di quella portata e con così poco anticipo. Peter vide la nave nemica del Cigno nero scivolare sulle onde, proprio affianco al paladino, tra la nebbia scorse la sagoma di una persona osservare i membri della sua ciurma dal parapetto.
«E' troppo tardi» Disse con voce fioca, una volta messi a fuoco i cannoni nemici già puntati e pronti. «E' troppo tardi» Ripeté inginocchiandosi davanti a coloro che erano venuti per riscuotere il suo compenso per aver tradito la fiducia dell'oceano.
«Il mare è venuto a prenderci tutti. Il mare è venuto a reclamare la sua vendetta!» dopo quelle parole Peter non sentì altro che grida e colpi di cannone.
•••
«Siete tornato per liberarmi?» Erika sembrava non voler demordere e dopo aver visto Namjoon e alcuni membri dell'equipaggio correre verso di lei, in cuor suo ci aveva sperato veramente. «Ehi mi stai ascoltando?!» Domandò scuotendo le sbarre della sua cella.
«In realtà siamo qui per armare i cannoni» Rispose il quartiermastro in tutta fretta, lanciando ai suoi uomini casse di quella che sembrava polvere da sparo. Osservò i mozzi aprire le finestrelle che davano al mare e spingere con forza le canne di quei colossi di metallo in esse. Una viscerale paura si insinuò in lei, facendole sbiancare il viso.
«Cosa?! Avete intenzione di attaccare una nave con me rinchiusa in questa gabbia? Perché mi avete portato via se poi mi farete morire su questa stupida bagnarola?!» Urlò, battendo i pugni contro le sbarre in ferro. Nam ancora indaffarato nel suo lavoro, fece rotolare alcune palle di cannone sulle assi, in modo da passarle ai suoi uomini. I mozzi perfettamente addestrati, sollevarono di peso quelle pesanti biglie di metallo e le inserirono nei cannoni non ancora posizionati.
«Non ti succederà nulla se saremo noi i primi ad attaccare, non avranno tempo di rispondere al fuoco se li riduciamo in un cumulo di legna fradicia» Le spiegò, direzionando con la spalla un cannone già carico. Erika rimase paralizzata nella sua cella, le dita tremati aggrappate ad essa.
«E se risponderanno?» Domandò sperando veramente di non sapere la risposta. Namjoon si asciugò la fronte fradicia con la manica della camicia, finendo con l'arricciare gli angoli delle labbra in un sorriso per nulla rassicurante.
«Allora il problema non si pone, perché rischieremmo tutti di morire» Per questo Erika preferiva non avere risposta da quell'uomo.
«Adesso lasciaci lavorare dottoressa, i corsari non vanno a fondo da soli. Voi lì prendete delle micce ben asciutte, tu laggiù assicurati che tutte le lampade e candele siano spente eccetto che qui, non devono assolutamente vederci» Erika realizzò la verità dei fatti in quell'esatto momento.
«State affondando la nave che mi trasportava non è così?! Brutti bastardi, Jimin mi aveva promesso che non avreste fatto saltare in aria quel veliero se vi avessi seguito!» Gridò contro Nam, che conclusi i preparativi si apprestò a tornare sopra coperta.
«Jimin?» Domandò fermandosi davanti alla sua cella, trattenendo quella sembrava proprio una risata di scherno. Realizzando la cosa Erika schiuse le labbra, scioccata per esser passata da stupida
«Dovresti imparare a fidarti meno delle promesse di un pirata signorina, specialmente se queste provengono dalla bocca di Park Jimin»
Mentre Nam se ne andava, lasciandola lì in balia dei suoi mozzi troppo indaffarati nell'ultimare i preparativi per darle altre spiegazioni, Erika giurò a sé stessa di non fidarsi mai più di Jimin in vita sua.
Sempre che questa fosse durata ancora al lungo.
•••
«Non ho paura, non ho paura, non ho paura» Erika si coprì meglio le orecchie cercando di attutire il rumore assordante dell'artiglieria a fare fuoco. Ogni colpo, ogni palla di cannone sparata fuori però la faceva saltare sul posto. Le faceva ancora male la testa a causa della botta atroce che aveva dato alle inferriate della sua cella, la nave su cui era doveva aver speronato o colpito qualcosa di altrettanto grande.
«Fuoco!» Aveva urlato Taehyung talmente forte da sopra coperta che persino lei riuscì ad udirlo, prima che scoppiasse quell'inferno, mentre qualcun altro suonava indemoniato la campanella d'allarme che ogni nave aveva sulla propria vedetta.
«Fuoco!» Ripeté il primo mozzo all'artiglieria febbricitante. Non voleva pensare a tutte quelle vite che stavano strappando via, ma la contempo era grata di trovarsi lì e non sulla nave che stavano riducendo ad un colabrodo. Se quello era il suo destino ben venga, per quella volta poteva ritenersi fortunata di esser stata rapita contro la sua volontà, al resto, al motivo per cui l'avevano portata con sé poteva anche pensarci dopo. Di una cosa però era certa, non l'avevano uccisa neanche dopo aver minacciato una donna incinta e per giunta compagna di uno di quei pirati. Erika sapeva bene come giocare le carte a suo vantaggio, e questo poteva solo star a significare una cosa: gli serviva viva. Non poteva metterci la mano sul fuoco, quel Jungkook non sembrava nutrire molta simpatia nei suoi confronti, però se si fosse in qualche modo conquistata la fiducia dell'equipaggio specialmente di Rebeca, allora forse avrebbe potuto avere le sue risposte e salva la pellaccia. In caso contrario i pesci sarebbero stati ben lieti di banchettare con i suoi resti, era meglio non stuzzicare troppo lì opportunità che gli era stata offerta. Chiuse gli occhi, rimanendo concentrata sui suo pensieri e non sulle grida degli uomini del Paladino. Dubitava del fatto che l'avessero messa al sicuro prima di abbattere quella nave solo perché donna, Jimin le aveva confiscato anche il diario con tanto di sigillo reale di St.Barthélemy e le sfuggiva ancora qualche dettaglio, ma una mente brillante come la sua avrebbe impiegato ben poco a ricostruire i pezzi mancanti: Volevano lei, l'unica altra donna sulla nave era in dolce attesa, gli serviva anche il sigillo e far sparire dalla circolazione il Paladino e oltretutto quel Taehyung, si era anche presentato come sostituto capitano e non come capitano stesso. Stava ancora riflettendo su alcuni punti quando tornò il silenzio a regnare. Tolse i palmi dalle orecchie rimanendo a guardare i mozzi che esultavano per la vittoria e nessuna perdita, dopotutto alla sua ex nave non era stata nemmeno data l'opportunità di rispondere al fuoco.
«Ehi tu, muoviti!» non capì nemmeno se fosse sollevata dal fatto di esser ancora viva, che Jungkook si era sbattuto di farle visita. «Cosa..dove mi porti?» Domandò, quando il pirata aprì la sua cella in tutta fretta. La sollevò dall'angolino in cui si era seduta, tirandola fuori da quella che ormai era diventato il suo nido protettivo. «Non fare storie e seguimi, ringrazia le tue capacità o per me un altro giorno in compagnia dei topi non avrebbe guastato» la minacciò spingendola sopra la scalinata. L'illuminazione era tornata a rendere più chiaro l'ambiente, in sottofondo il vociare festoso dell'equipaggio per quella nuova vittoria. Con la presenza di JK dietro le spalle e la paura a farle tremare leggermente le ginocchia non pensò nemmeno per un secondo di provare a scappare, per andare poi dove? Non aveva più una nave su cui fare affidamento, tantomeno sapeva cosa il futuro le riservasse, girò per i corridoi solo quando Jungkook le disse di farlo e a passo svelto, sembrava agitato quanto ansioso che si desse una mossa. «Qui» Le disse, facendola fermare davanti ad una porticina di legno. Girò il pomello aprendola, catapultando Erika al suo interno. «Fai quello che devi fare, sei un dottore no?» Erika si morse la lingua per non rispondere, l'agitazione del pirata era sufficiente a farle capire che non fosse proprio il caso di innescare la propria appendice velenosa. Mise a fuoco la stanzetta, una cabina sciatta e ben poco arredata, dove al suo interno vi erano i sette e Rebeca. Quest'ultima aveva gli occhi rossi come se avesse appena smesso di piangere e stava rassettando un cuscino pulito per il ragazzo disteso sul letto. Jimin in preda alle convulsioni si agitava tra le lenzuola in un bagno di sudore.
«Ti prego..» il tono di Rebeca le fece tremare il cuore, il lamento disperato di una persona pervasa dalla paura di perdere qualcuno a lei cara. «Ti prego aiutalo!» Forse per deformazione professionale, forse per compassione, Erika non seppe mai veramente cosa la spinse ad avanzare in quella cabina e avvicinarsi al pirata febbricitante. Senza proferir parola gli afferrò il polso per controllare il battito, sotto i suoi polpastrelli la pelle di Jimin bruciava come lava, ma avvertì ancora una lieve pulsazione. Controllò la temperatura corporea passando il palmo sulla fronte umida del ragazzo, Jimin sembrò rispondere a quel tocco fresco contro la pelle non appena entrò in contatto con la sua. «Ha la febbre molto alta, non mi stupirei se queste convulsioni fossero dovute a delle allucinazioni» Sentenziò dopo una breve diagnosi. «Puoi fare qualcosa?» A domandarlo questa volta fu Taehyung, sorprendentemente quella richiesta non uscì dalle labbra del capitano come un ordine. Doveva esser veramente preoccupato per quel ragazzo. Erika metabolizzò quell'opportunità: aiutare Jimin significava costringere quei pirati ad avere un debito con lei o perlomeno a farle guadagnare un po' di rispetto che avrebbe agiato la sua condizione da ostaggio. Non aiutare Jimin, significava tradire il suo voto da medico e tradire tutto ciò a cui credeva, oltretutto rischiando di essere lanciata in mare aperto.
«Ho bisogno di acqua fredda e canovaccio pulito» rispose secca, e Hope acconsentendo con il capo sparì dietro la porta. «E per quanto sembri strano una bevanda di zenzero e limone» Continuò spostando lo sguardo sui membri presenti.
«Devo averne un po' essiccato nella mia cucina, vado a vedere cosa possa posso fare» Rispose Jin facendo per uscire. «Aspetta» Lo fermò Erika prima che potesse correre via «Controlla se hai anche dell'assenzio e un pestello» quella spezia era un infallibile rimedio antipiretico necessario per abbassare la febbre. «Sarebbe perfetto anche del rosmarino e della salvia, la cucina ne avrà sicuramente in dispensa qualche foglia» Jin non ci pensò due volte prima di partire alla ricerca di ciò che gli era stato chiesto. «Voi aiutatemi a sollevarlo, dobbiamo toglierli i vestiti fradici» Ordinò, tirando su il ragazzo per il busto. Jimin lasciò cadere la testa all'indietro esausta, i muscoli del collo erano talmente deboli da non riuscire a sorreggerne il peso. Per un secondo si preoccupò veramente delle sorti del suo inusuale paziente. «Deve aver preso troppo freddo, non mi sorprende che sia ridotto così male»
«E' a causa del suo rituale Voodoo, deve averlo sfinito a tal punto d'abbassargli completamente le difese fisiche» Rispose Jungkook aiutandola nel metterlo con la schiena appoggiata alla testiera del letto. Erika non poté che trattenere una risatina di scherno. «Rituale voodoo? Non farmi ridere pirata, è solo un uomo con una forte influenza» Quando le sue iridi verdi finirono sul petto già scoperto del ragazzo analizzarono al dettaglio ogni disegno tribale che ne deturpava la pelle, non chiese per ovvia professionalità cosa stessero a significare quei simboli che non aveva mai visto. «Non ti prendo per il culo» Jungkook sollevò i palmi del contrabbandiere mostrandole i tagli che si procurato per il suo rituale di sangue. Erika esterrefatta dalla stupidità di quel pirata che si era auto inflitto delle ferite, passò in rassegna le mani del ragazzo. «Non sto dicendo che voi non crediate a queste stupide e ridicole fandonie da uomini poco istruiti, sto solo esternando i fatti: rituale o no, questo idiota ha la febbre e solo cure mediche esistenti possono fargli tornare la temperatura corporea stabile» Jungkook accettò quella risposta graffiante senza insistere oltre, gli sembrò inutile battibeccare in quel momento con una tipa tanto scettica «Posso fare qualcosa?» Le domandò Rebeca «Adesso abbiamo bisogno anche di bende pulite e alcol per evitare che s'infettino» Avvisò la ragazza facendola uscire dalla stanza. A quel punto Erika tolse la coperta che copriva Jimin e senza alcun pudore o rossore in viso, gli sfilò gli stivali e provò a slacciare i pantaloni fradici. «E per tua informazione» Disse a rivolta a Jungkook. «io credo solo a ciò che vedo: un topolino spavaldo che si ammala come tutti i comuni mortali»
«Sei molto professionale, per essere una donna che sta spogliando un uomo» La incalzò Yoongi e Erika si fermò lasciando andare la patta dei pantaloni del pirata, cominciava a trovare irritanti quegli assistenti improvvisati. «Servono abiti asciutti per favore, da uomo, renditi più utile. Mi state tra i piedi» quella risposta acida che spesso era abituata a dare contro il sesso opposto poteva anche costarle cara, ma Erika non si preoccupò quando nel ragazzo vide accendersi un sorriso di divertimento. Suga se ne andò per recuperare dei vestiti nuovi e la donna spostò lo sguardo serio su Taehyung e Jungkook. Jimin non stava fermo un attimo nel letto e continuava a dimenarsi come se impossessato dal demonio stesso «Avete una vasca o qualcosa di simile? temo che per ora non basterà far scendere la temperatura con qualche straccio» i due si guardarono all'unisono e l'attimo dopo sollevarono il ragazzo di peso.
Jungkook calciò la porta di legno che dava al bagno comune. Erika li seguì a passetto, dando loro istruzioni ben chiare sulla temperatura dell'acqua e tutto il resto. Doveva essere ghiacciata, per questo Taehyung si occupò di riempire la tinozza con secchiate veloci mentre JK sorreggeva il corpo di Jimin ancora con i pantaloni addosso. Fortuna che Suga l'aveva fermata in tempo, altrimenti avrebbero dovuto far fare al pirata il giro della nave nudo come un verme. Non che la cosa le dispiacesse, sarebbe stata una bella vendetta nei confronti di quel ratto bugiardo. A lavoro ultimato Taehyung si occupò insieme a Jungkook di spogliare Jimin e per quanto professionale un attimo prima, Erika si costrinse a voltare lo sguardo altrove colta da un'improvvisa vergogna. Non le era mai capitato di scadere così tanto nel banale e la risatina di entrambi infervorò ancor di più il suo dissenso dovuto dal colpo basso che le incassò la sua reazione traditrice. Tornò immediatamente focalizzata sul suo obbiettivo, trovandolo fortunatamente già immerso nella vasca. L'urlo straziante di Jimin fece accapponare la pelle dei suoi amici. Erika non si scompose, sapeva ciò che sarebbe accaduto e si apprestò a tenere fermo il ragazzo aiutata dai due, ricevendo anche una manata in piena faccia. Jimin sembrò tornare dal regno dei morti, si aggrappò ai bordi della tinozza spingendo per venirne fuori anche a costo della vita. «Tenetelo fermo, lo shock termico è la miglior cosa per fargli abbassare la febbre!» Ordinò ad entrambi, finendo con l'inzupparsi egli stessa gli abiti logori. Tenere buono Jimin risultò un impresa titanica persino per tre persone, che faticarono a gestire quella ribellione del tutto naturale «Fatemi uscire, bastardi! Non ascoltate questa stronza!» Ringhiò il moro nel delirio, ma lei lo zittì ficcandogli la testa sotto il filo dell'acqua.
«Anche questo era necessario?» Domandò Jungkook inarcando un sopracciglio, mentre con le mani tentava ancora di tenere l'amico fermo. «No, questo l'ho fatto per mio diletto» Ammise Erika lasciando riemergere Jimin l'istante dopo. Per la seconda volta si vergogno della sua perdita di professionalità davanti a quell'individuo, ma quel tipo..quel tipo continuava a farle perdere le staffe. Qualche minuto dopo e varie imprecazioni e insulti da parte del suo paziente Erika analizzò la situazione.
«Basta così, riportiamolo in cabina» Consigliò prima che l'ipotermia potesse peggiorarne la salute, si divertì un sacco nel vedere il suo sogno realizzarsi: Jimin che veniva scortato nudo nella sua stanza. Lo lasciarono sul letto e la dottoressa si sorprese nel trovare tutto ciò che aveva chiesto a sua disposizione e già sistemato nella camera, compresi dei vestiti da donna asciutti per lei. Non ci pensò due volte prima di far levare le tende ai suoi spettatori.
«Potete lasciarci soli? Da qui me ne occupo io ma ho bisogno dei miei spazzi» Disse, rivolta alla ciurma. «Dovremmo fidarci Taehyung? potrebbe anche farlo fuori mentre non ci siamo» Chiese giustamente Namjoon, appoggiato allo stipite della porta. «Sul serio? Se avessi voluto ammazzarlo non vi avrei aiutato fino a questo punto e poi non vedo cosa ne gioverebbe a me, far del male ad un vostro compagno sotto il naso di tutti è a dir poco una mossa stupida, ho appreso la lezione» Tae le rivolse un sguardo veloce, prima di sbuffare. «Ha ragione, se questo la farà lavorare meglio dobbiamo lasciarle spazio, starò personalmente fuori la porta per assicurarmi che non vada da nessuna parte» Erika lo ringraziò con un cenno del capo, scappare e accaparrarsi una scialuppa su quella nave, anche se allettante come idea, le parve un suicidio bello e buono, e di cavolate ne aveva fatte già fin troppe. Prima di uscire dalla stanza però il capitano le lanciò un'ultima occhiata ammonitrice.
«Se lo salverai, prenderò in considerazione l'idea di non farti più ingabbiare, ma fallisci e rimpiangerai le celle del Cingo nero. Dottoressa fai del tuo meglio» improvvisamente come un arcobaleno che si era aperto su un cielo tornato azzurro, in Erika si accese l'ebra sensazione di appagamento, non tanto per la minaccia, non tanto per il premio che le sarebbe stato concesso in caso di trionfo, ma per quella fiducia che le era stata riposta. Gli occhi smeraldini di lei brillarono, infocandosi per quella nuova sfida.
«Potete anche prepararmi una stanza e imbandire un bacchetto in mio nome allora» Disse, scostandosi vanitosamente una ciocca di capelli rosso fuoco dal viso
«perché io raramente fallisco»
•••
Non appena era rimasta sola con Jimin privo di sensi nel letto, Erika si accomodò in un angolo per togliersi di dosso gli abiti ormai ridotti ad un cencio. Fece scivolare le bretelle della sua vestaglia sulle spalle e si infilò velocemente l'intimo pulito, la camicetta verde e i pantaloni di camoscio che le avevano lasciato sulla sedia. Trovò elettrizzante la sensazione dei panni asciutti sulla pelle che le infusero un po' di sollievo, finalmente i piedi infreddoliti gioirono negli stivaletti marroni. Si acconciò i capelli rosso fuoco in una coda raffazzonata e poco precisa, grazie al nastro che aveva trovato con essi. Qualcosa le diceva che nella preparazione dei suoi abiti ci fosse lo zampino di Rebeca, perché quella mandria di cavernicoli non avrebbe avuto un' accortezza simile. Una volta pronta si avvicinò ai piedi del letto. Jimin sembrava essersi calmato dopo aver dato di matto nella vasca, ma i tagli sulle mani a causa di ciò, avevano ripreso a sanguinare copiosamente e la situazione risultò ancora precaria. Agguantò il pestello di pietra che Jin le aveva lasciato sul comodino e vi versò dentro il rosmarino e la salvia, velocemente pestò i due ingredienti andando a creare una poltiglia densa e viscosa a causa degli oli rilasciati dalle erbe aromatiche e dell'alcol che vi aveva aggiunto. Storse il naso quando si accorse che fosse in realtà del liquore che avevano raccattato da qualche parte. «Barbari» Disse, sedendosi al bordo del letto. Afferrò i polsi del ragazzo e con cura la ripulì i palmi sfilandogli poi i numerosi anelli dalle dita, erano mani curiosamente più piccole di ciò che si aspettava, tuttavia quando le strinse le sue in un gesto involontario, ricevette una scarica di calore imprevedibile. Erika batté le palpebre confusa da quella sensazione ma senza indagare troppo, versò sopra le ferite aperte il liquido ambrato e tenne salda la stretta quando Jimin cercò nel dormiveglia di ritrarre la mano. «Sta buono ratto, sto cercando di aiutarti» raccolse con le dita un'abbondante quantità d'impasto e le fece scorrere sulle ferite in modo da fermare il flusso del sangue. Il rosmarino e la salvia erano spezie facilmente reperibili e comuni, ma possedevano un'ottima proprietà cicatrizzante che non tutti conoscevano. Premette i pollici con più forza massaggiando i palmi del ragazzo che, preda ancora dei deliri della febbre tirò indietro il capo sul cuscino e..gemette. Le guancie di Erika si imporporarono dello stesso tono del colore dei suoi capelli e spalancò gli occhi esterrefatta da quella reazione, come preda di una scossa, lasciò andare la presa facendo comparire una smorfia contrariata sul volto del pirata. Quel pervertito non sembrava nemmeno essersi reso conto di aver fatto sfuggire alle sue labbra un suono tanto osceno. La ragazza lasciò perdere e velocemente gli fasciò con le bende le mani, completando parte del suo dovere con un lavoro pulito e preciso. Soddisfatta agguantò il canovaccio appoggiato sulla bacinella colma d'acqua fredda, la immerse e la strizzò prima di passarla sulla fronte del sue paziente. Quello era un buon metodo per far tornare i sensi a Jimin e fallo riprendere almeno per il tempo necessario di prendere la medicina improvvisata. Strizzò ancora il panno e lo ravvivò con altra acqua
«Ehi Ratto, sveglia» Lo chiamò poggiando il panno sulla sua pelle, schiaffeggiandogli dolcemente le guance. Spostò il canovaccio sul suo torace, portando via il sudore dalla pelle bollente fino all'ombelico al disotto degli addominali, cercò di mantenere una certa professionalità, nonostante Jimin fosse coperto dal lenzuolo solo dalla vita in giù. Ripeté l'operazione con la bacinella, ormai quasi del tutto convinta che il ragazzo apprezzasse più quelle premure che le sue richieste.
«Puoi aprire gli occhi, lo so che sei sveglio» Gli angoli delle labbra di Jimin s'incurvarono lievemente, ed Erika alzò gli occhi al cielo quando schiuse le palpebre, in un espressione soave. Aveva le gote leggermente rosse per la febbre alta, ma nulla poteva impedire ad un tipo come lui di prenderla per i fondelli anche in quella condizione pessima.
«Dovresti scendere più a sud, i muscoli delle gambe mi fanno un male cane dottoressa» Erika furente lanciò il panno nella bacinella, non curandosi dell'acqua che schizzò da tutte le parti. «Sai, preferivo molto più quando urlavi e pregavi di farti uscire da quella vasca, non perdi mai questa tua boria?» Jimin provò a ridere, ma terribili dolori intercostali lo costrinsero a stare zitto almeno per quella volta. La rossa si rese conto immediatamente di quella sofferenza, ma in qualche modo era riuscita a far svegliare il pirata, così si alzò per passare un braccio dietro la testa di Jimin e sollevarlo dal cuscino quel tanto che bastasse per fargli bere la bevanda di zenzero preparata da Jin. Non si rivelò un impresa facile convincerlo, soprattutto quando lui annusò la bevanda con disgusto, ma conosceva un buon metodo per far mandare giù gli intrugli ai bambini che spesso visitava. «Lo so farà schifo e picca, ed è questo il bello» Gli premette il pollice e l'indice sulle guance costringendo la mascella del ragazzo ad aprirsi e approfittò di quella piccola finestra di tempo per fargli bere il liquido caldo, Jimin era troppo debole per opporsi a quella violenza psicologica. «Ingoia» Ordinò pretenziosa.
«Che strano sentirselo dire, solitamente sono io a pronunciare queste parole»
L'occhio destro di Erika anche se impercettibilmente, tremò. Jimin stava sfarfallando per la febbre, ma era più che sicura che anche fosse stato sano come un pesce, le avrebbe risposto al medesimo modo. L'immagine di lei in ginocchio e lui in piedi a impartirle quell'ordine le si materializzò in testa, si sarebbe volentieri strappata il sistema limbico dal cervello, quello che controlla le emozioni e i pensieri per quel colpo basso che si era auto inflitta.
«Senti razza di parassita infetto, non me ne potrebbe fregar di meno se tu morissi di stenti oggi stesso, ma per mio guadagno devi bere questa dannata medicina e permettimi di curarti, perché non ho nessuna intenzione di morire a causa dei tuoi giochetti sporchi» per fortuna risultò abbastanza convincente, perché Jimin sembrò ascoltarla una volta per tutte. Il pirata tossì e strizzò gli occhi disgustato, lei in compenso ne gioì molto.
"Da quando sono così sadica?"
Cacciò via quel pensiero dalla testa rimettendo la tazza sul mobile di fianco al letto. «Che crudele» Il mieloso tono del pirata la fece sospirare amaramente, solo qualche era prima aveva un obbiettivo importantissimo da portare a termine e che poteva farla diventare uno dei dottori più prestigiosi del reame, ma tutto era andato in frantumi con la stessa nave su cui stava viaggiando, i suoi sogni, la sua fama, barattati per un non nulla, ridotta a semplice infermiera costretta ad occuparsi di criminali. Erika pensò che veramente fosse quello il suo destino, forse non era fatta per scalare la vetta, forse alle donne come lei, non era permesso raggiungere la cima nonostante tutto l'impegno possibile.
«Ora che ti ho salvato la vita..» La sua voce raggiunse velocemente il ragazzo ancora sdraiato sul letto, Erika furbamente pensò di poter approfittare di quella sua condizione psicofisica precaria, per avere almeno qualche risposta concreta.
«Posso sapere perché mi avete rapita?» gli occhi liquidi di Jimin seguirono la sua figura, spostandosi poi sul soffitto della stanza.
«Te lo dirà il capitano, non spetta a me rivelare i dettagli del nostro obbiettivo»
La ragazza si ripulì le mani con un panno pulito e sospirò ancora, Jimin non le avrebbe rivelato proprio un bel niente.
«Quale capitano? Prima, quando mi hai fatto salire a bordo, Taehyung si è definito un sostituto, quindi devo dedurre che non sia lui a comandare la baracca» Jimin sembrò abbastanza sorpreso di quell'attenzione che la ragazza avesse riposto nei dettagli, non gli sfuggiva proprio nulla, ma tornò immediatamente serio.
«Per quello che vuoi sapere è a lui che devi chiedere adesso, posso solo dirti che no, non è il nostro effettivo capitano, Taehyung stesso non accetta tale titolo a tutti gli effetti. Ma non sarà così per molto, lei ci sta aspettando» Le labbra di Erika si schiusero vistosamente, gli occhi si spalancarono per la sorpresa.
«Lei?» Soffiò scossa. Si rimangiò il pensiero di poco prima non appena vide gli occhi di Jimin ardere per la sfumatura d'orgoglio con la quale aveva parlato del suo vero capitano: Erika comprese di avere torto marcio. Alle donne come lei era permesso raggiungere la vetta, allo stesso modo di come una donna fosse riuscita a diventare il capitano di una nave di pirati.
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🏴☠️Angolo della ciurma:
Bene, nuova settimana, nuovo capitolo 🥳
Allora..diciamo che questo è un capitolo di transizione..
I nostri pirati hanno abbattuto il Paladino per evitare di esser scoperti e tenere nascosto il rapimento di Erika..ma a cosa servirà loro la dottoressa? Beh ancora non sappiamo il reale motivo, ma ci arriveremo presto.
In più abbiamo una prima vera interazione tra lei e Jimin e diciamo che non vanno proprio d'amore e d'accordo, ma chissà cosa riserverà loro il futuro 🤔 magari amore o forse semplice odio? Potrebbero anche diventare nemici del tutto! Come sempre vi invito a non fidarvi della mia penna, che crudele si diverte a giocare con i sentimenti dei propri personaggi 🙃
Per ora vi lascio all'immaginare di Jimin nudo sotto le lenzuola e mezzo malaticcio 😂
Alla prossima 🌊
-ChZzz🖤
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