Capitolo 18

Dice to die

Il palazzo quel giorno, aveva un non so ché di nostalgico. Tutta quella gente che correva in ogni dove, schizzando da una parte all'altra nel loro daffare, le ricordò i momenti che anticipavano un arrembaggio. Le inservienti e i camerieri non l'avevano nemmeno notata sopra la scalinata, mentre li guardava con curiosità, e continuavano imperterriti a trasportare enormi vasi di fiori, vassoi e ad appendere drappi color oro e tendaggi a dir poco vistosi. C'era aria di festa al palazzo di giada, sembravano felici di adoperare tutte le loro energie per il ballo imminente, a differenza sua che aveva sperato con tutta se stessa che quel giorno non arrivasse mai. Perlomeno tutta quell'attenzione dedita ai preparativi aveva tenuto Brunetté impegnata e lontana da lei. La scorse proprio di fianco ad uno dei servitori del principe, uno di quelli dal ridicolo parrucchino bianco, mentre continuava ad impartirgli ordini per fare in modo che fosse tutto perfetto, Karen giurò di averlo visto storcere la bocca in disapprovazione, stufo anche lui di sorbirsi quella ramanzina irritante e le fece anche un po' pena, essendo impossibilitato a risponderle male o a farle ingoiare direttamente le petunie bianche che a seconda della donna, non erano per nulla di suo gusto.

«Chiama i fioristi, non sono quelli che ho ordinato per vostra grazia, se vedo ancora quelle orripilanti piante in questa casa vi farò sbattere tutti in mezzo alla strada!» Gracchiò la donna su di giri.

«Angelina, la modista non è ancora arrivata? Dobbiamo trovare l'abito necessario per la principessa e trovo ben poco professionale il suo ritardo!» Angelina, una delle inservienti più fidate della corte la seguì a passo svelto.

«Signora, la modista è già in attesa nelle stanze di vostra grazia» La accertò lei, beccandosi un occhiata di fuoco dalla donna. «E perché non sono stata informata?!» Ruggì la donna.

Quel ballo avrebbe fatto perdere un bel po' di anni di vita alla dolce Brunetté e Karen era ancora in attesa del momento in cui le fosse esploso il cuore per l'agitazione. La perfezione maniacale di quella donna prima o poi l'avrebbe uccisa, e sperava tanto di vederla schiattare sul bianco pavimento e davanti ai suoi occhi per un infarto. Quando Brunetté alzò gli occhi sopra la scalinata e la vide lì, tutte le aspettative di Karen andarono in fumo.

«Cosa fate ancora lì?! muovetevi la modista sta aspettando nelle vostre stanze! Voi portatela subito via di qui!» Karen sbuffò e le due guardie che le stavano sempre con il fiato sul collo scattarono e la costrinsero ad imboccare il corridoio che dava agli alloggi. Nel momento in cui abbandonò il grande salone e le pareti si fecero più basse e opprimenti, la strana sensazione di galleggiare nel vuoto la pervase ancora una volta. La sua gabbia era grande, vasta e sfarzosa, ma rimaneva comunque una gabbia, non la trovò troppo dissimile alle celle della prigione in cui aveva trascorso una lunga permanenza, forse era solo più pulita. Il cuore si agitò, odiava quando le succedeva e respirare nel corpetto divenne quasi impossibile. Karen conosceva alla perfezione il suo corpo, i suoi limiti e che ci fosse qualcosa che non andasse in lei era fin troppo palese. Si appoggiò una mano sul petto, fermandosi a metà corridoio ma le guardie dietro di lei la spinsero per farla proseguire non curandosi minimamente di cosa le stesse capitando.

«A-aspettate!» Le implorò in uno stato di agitazione.

«Muoviti!» Un forte colpo dietro le spalle da parte di uno dei cani del principe la fece traballare sui tacchi. Dallo stomaco le risalì una forte bile, fu impossibile per lei trattenersi oltre, si appoggiò alla parete con una mano e vomitò sul tappeto color borgogna tutta la colazione. Non le era mai capitato di soffrire d'ansia, non soffriva così quando viaggiava per mesi in mare aperto. Era stata per troppo tempo lontana dal suo mondo e ogni singola parete del palazzo le cadde addosso, soffocandola a tal punto da farla sentire male. Doveva uscire di lì, andarsene il prima possibile o avrebbe dovuto ricorrere a metodi ben poco piacevoli per porre fine alle sue agonie.

«Cosa fate?» La voce di Damien la raggiunse, sfortuna volle che fosse passato di lì proprio in quel momento e non tardò ad appesantirle il carico che portava in grembo «Aiutatela voi due!» Ordinò alle guardie, ma solo per puro dovere, non era realmente preoccupato per la sua condizione fisica, sembrava piuttosto adirato dal fatto che avesse sporcato i suoi preziosi pavimenti.

«Chiamo un medico vostra maestà?» Chiese una delle due guardie, quella che l'aveva tirata su di peso per la vita. Damien scosse il capo e guardò con disgusto la colazione di Karen ancora a terra.

«No stupido idiota, non permetterò che le condizioni fisiche di questa donna vadano a compromettere l'imminente incoronazione. Portatela nelle sue stanze e fatele servire una tisana, e dio, chiamate qualcuno a pulire questo casino, l'odore è insopportabile!» Karen non trovò nemmeno la forza di rispondere o di camminare sulle sue gambe, scortata di peso dalla guardia reale si arrese al fatto di dover raggiungere i suoi alloggi dove la stavano aspettando per mettere appunto il suo maledetto vestito. Tutta quella perfezione che voleva far apparire il principe non poteva esser in alcun modo intaccata dal suo malessere e ovviamente lei sapeva bene che una semplice tisana e un cambio d'abito non sarebbero bastati a curare il tutto, piuttosto non avrebbero fatto altro che complicare la sua situazione.

...

«Ne sei sicura?»

«Si»

«Non pensi sia meglio rimanere qui?»

«No»

«Qualcuno dovrà pur sorvegliare la nave in nostra assenza»

«Jungkook hai rotto il cazzo!» Sbottò fulminandolo con il solo sguardo, non lasciandosi smuovere né da quelle parole, tantomeno dal movimento d'attracco della nave. Rebeca rimase a fissarlo con i piedi ben saldi piantati a terra. I gabbiani in cielo svolazzavano nel limpido chiarore della mattina, l'odore di porto invase l'olfatto della ciurma.

«Veramente, è inutile che ti dai tutto questo da fare, ho preso una decisione e per quanto a te scomoda non accetterò di scendere a patti» Disse, coprendosi l'intera siluette con un lungo mantello verde bottiglia, l'unica soluzione decente che aveva trovato per coprirsi la pancia ora meno evidente.

«Dei capirmi Rebeca, il nostro bambino rischia di nascere da un momento all'altro, come potrei lasciarti girovagare per una città così grande con il rischio di essere riconosciuta?!» Jungkook allungò un braccio e l'afferrò per il polso, scese dolcemente con la mano in modo da incastrare le dita con quelle della giovane. Il cuore di Rebeca perse un battito. Avevano toccato più volte quell'argomento nei giorni passati, ma come sempre, non avevano preso una decisione concreta, o meglio, Jungkook non aveva mai accettato il fatto che la sua compagna invece, avesse le idee ben chiare. Ma ora non c'era più tempo di rimandare. Taehyung era già sceso dalla nave e una volta sul molo, aveva mostrato il sigillo del Paladino alla guardia cittadina che si occupava degli attracchi. Rebeca a causa della distanza non sentì bene cosa si stesse inventando per l'occasione, vide il timoniere ciarlare con il tipo e mostrare Erika come un trofeo, sperò con tutta sé stessa che le guardie si bevessero la loro storiella, mantenendo così intatta la copertura che avevano previsto, o che Erika, non li denunciasse immediatamente alle autorità creando un bel pastrocchio.

«Rebeca..» La stretta sulla mano s'intensificò, e la costrinse a tornare con gli occhi sul compagno.

«Jungkook capisco la tua preoccupazione ma tu devi anche comprendere me. Starò attenta e ti seguirò ovunque così che tu possa proteggere me e il bambino, oltretutto rimanere qui non sarebbe altrettanto sicuro» Lo pregò. Capiva le motivazioni del ragazzo, lei stessa si dava della stupida per quell'azione tanto scellerata, ma non poteva starsene con le mani in mano e in panciolle quando sua sorella aveva bisogno d'aiuto. Il moro sospirò, l'amarezza per quella sua decisione era ben tangibile.

«Rebeca ha ragione JK. Cosa accadrebbe se dovesse partorire in tua assenza e da sola su questa nave? La dottoressa sarà con noi e non potrà assisterla, tu non potrai assisterla nel momento più importante della tua vita» Fu Nam ad intromettersi nel loro piccolo battibecco, dando così modo al pirata di aprire bocca e richiuderla in assenza di una contro-risposta.

«Non..non ci avevo pensato» Rispose al maggiore.

L'altra mano di Rebeca si unì alla gemella, riscaldando così in una stretta salda quella del ragazzo.

«Prometto di essere prudente, ma ti prego non mi privare delle mie libertà» Non servì altro per convincere Jungkook se non quella parola. Rebeca aveva toccato un tasto dolente e lui mai avrebbe potuto privarla di ciò che le aveva donato in passato. S'infastidì con sé stesso per averle anche solo fatto pensare di volerla rinchiudere nuovamente sotto una campana di vetro. Rebeca era incinta si, ma non malata, e lui non aveva nulla da temere con i sette al suo fianco pronti a morire pur di proteggere lei e il suo bambino. Si avvicinò per tirarle su il cappuccio coprendole così i capelli color grano.

«Non lo farei mai, lo sai» Rebeca accettò quella risposta finalmente positiva, si specchiò nei suoi occhini scuri e sorrise.

«Il piccolo Bora si prenderà cura di me, come ha già fatto» Jungkook rispose al suo sorriso e le toccò il ventre. Ricordò bene la prima volta che aveva discusso il nome del proprio figlio. In una notte stellata qualche tempo prima, gli animi erano agitati per l'assenza di vento, rischiando così di ritardare il loro viaggio. Pensierosi lui e Rebeca si erano rifugiati sul castello di prua a fissare le vele immobili, non potevano far nulla, ma rimasero lì per ore a guardare i tendaggi di stoffa nella speranza che qualche folata d'aria facesse continuare loro il viaggio. Alla fine quell'aiuto era arrivato, da nord-est esattamente e con forza aveva spinto la nave verso Sud, quando Rebeca chiese a Jungkook quale dei venti dovesse ringraziare per quell'aiuto inaspettato il ragazzo rispose semplicemente: La Bora.

Alla fine risero del fatto che per pura coincidenza quel nome fosse anche Coreano, e non trovarono scelta più ovvia da fare che chiamare così quella piccola peste anche oggi ritardataria.

«Jungkook avete fatto di amoreggiare voi due? Noi vorremmo tanto visitare la locanda!» A spezzare quel piccolo momento di magia fu Yoongi, che da sotto la nave si stava sgolando per dare una mossa ad entrambi.

«Avete intenzioni di sviare ancora oltre la nostra meta?» Domandò a bassa voce Erika al ragazzo dai capelli platino, guardandosi attorno con fare circospetto. Anche se le guardie avevano abboccato alla loro storiella, non si sentiva per nulla tranquilla.

Yoongi si sistemò la tracolla sulla spalla e seguì il gruppo già avviato.

«In realtà dobbiamo prima raggiungere una tappa importante nei bassifondi prima di riposare» Spiegò il cartografo.

«Ma il principe verrà subito informato del mio arrivo, noterà questo ritardo e allora sarà la fine!»

Yoongi si spostò i ciuffi chiari dalla fronte e guardò da sotto di essi la ragazza con fare curioso.

«Cosa c'è dottoressa? Sento del nervosismo nelle tue parole. Hai fretta di raggiungere il tuo amato paziente o sei solo preoccupata che ci scoprano così segnando la nostra condanna a morte?» In realtà era già abbastanza sorpreso del fatto che la ragazza reggesse il loro gioco, quando poteva semplicemente farli arrestare tutti una volta sbarcata. Non ricevendo risposta il pirata le spiegò meglio.

«Taehyung ha già informato le guardie chiedendo loro di riferire alla corona che la povera dottoressa O'Connor, stralunata dal viaggio, avrebbe riposato in una locanda, poi l'indomani, lo avrebbe raggiunto con i suoi fidati corsari, solo dopo aver comprato gli strumenti necessari che le servivano per curare adeguatamente un principe»

«Certo che ha pensato proprio a tutto..»

«Abbiamo vorrai dire. Anche io ho messo del mio in questo piano» La corresse con soddisfazione.

Superato il porto chiassoso e una struttura addetta al carico e scarico merci enorme si aprì davanti a loro una città immensa. I sobborghi portuali di St.Barthélemy vantavano di enormi vialoni e un via vai di gente costante, i palazzi non proprio ben messi, costeggiavano le strade dei primi mercati di pesce. Le carrozze sfrecciavano davanti a loro, cariche di barili e casse appena recuperate dalle navi mercantili, giovani e vecchi dalle mani sporche, trasportavano il pescato di prima mattina inseguendo il loro duro lavoro. Le era mancata la città, doveva ammetterlo, anche quel particolare sentore di vento marittimo e di civiltà. Continuò a camminare, guardandosi attorno come se stesse per intraprendere una gita turistica, davanti a sé Taehyung, Hoseok, Jin e Jimin stavano parlottando di qualcosa, al suo fianco il cartografo invece non aveva mai smesso di tenerle gli occhi addosso, mentre dietro di sé la coppia ritardataria di Rebeca e Jungkook era affiancata da Nam.

«Dottoressa credo che a questo punto devo farti una domanda» La riportò alla realtà Yoongi, che ancora non smetteva di respirarle sul collo. Lo sentì bene, nonostante il rumore degli zoccoli sul selciato e il vociare della folla.

«Vedi, stavo pensando che la cosa più sospetta in tutta questa storia è proprio il tuo comportamento. Non capisco, sono stato incaricato di seguirti e di puntarti un pugnale alla schiena se necessario proprio per evitare alla tua bocca di dar fiato a parole dubbie che avessero compromesso il piano» da sotto la giacca del pirata, Erika vide perfettamente la punta del coltello fare capolino.

«Eppure, non vi è stato bisogno di alcuna minaccia» Yoongi rinfoderò l'arma, ora che non avesse più nulla di cui preoccuparsi una volta lontano da orecchie indiscrete.

«E la domanda quale sarebbe?» Lo interpellò Erika, guardando i quattro davanti a loro, intenti ora ad attraversale il lungo vialone.

«Da che parte stai?» Chiese a brucia pelo, fermandola con il braccio prima che potesse finire sotto alle ruote di una carrozza a causa della sua distrazione. I cavalli nitrirono e il cocchiere la mandò al diavolo con dovuto garbo prima di riprendere la corsa, Erika rimase più scossa da quella domanda che dalle imprecazioni di quello sconosciuto.

«Come?»

«Hai capito bene cosa ho detto» La incalzò il cartografo, riprendendo l'attraversata della strada.

Non si aspettava nulla di tutto ciò, non voleva pensare a niente che potesse metterla in discussione come quella domanda scomoda, ma il pirata aveva appena fatto la sua giocata e stava ad Erika ora scoprire le proprie carte.

«Da quella che mi salverà la pellaccia. Non credo che il principe Damien perdonerà questo mio affronto di aver siglato una lettera fasulla prendendomi così gioco di lui e della corona stessa, ormai sono in ballo tanto quanto voi e.. anche grazie a voi» Spiegò, non nascondendo il suo disappunto.

«Quindi se il principe ti concedesse il perdono, tu saresti disposta a denunciarci?»

Ecco, quella domanda era anche più specifica e fastidiosa. Erika guardò Yoongi per un secondo e troncò il contatto visivo non appena scorse il suo sporadico ghigno.

«Non lo so, devo ancora pensarci» Ammise, senza nascondere il solo disappunto nell'immaginare quella probabilità. Sinceramente i guai per la dottoressa erano appena iniziati ed era questione di ore prima che avesse effettivamente dovuto prenderli di petto e affrontare le sue responsabilità. Yoongi accettò quella risposta e tornò con gli occhi sui quattro davanti a loro, diede spazio al silenzio per poi parlare nuovamente.

«Sai, Taehyung aveva chiesto a Jimin di sorvegliarti come sto facendo io ora. Vedi lui è quello incaricato delle tue azioni, quello che fino ad ora ti ha seguito passo passo, ma penso che questo tu lo sappia già » Disse, cogliendo nuovamente l'attenzione di Erika.

«Certo che lo so»

«Ti sei chiesta perché allora lui non sia qui al mio posto e abbia chiesto a me di sostituirlo almeno per questa volta?» La giovane scosse il capo e l'espressione del pirata si fece nuovamente seria.

«Perché anche se necessario, non voleva più puntarti un pugnale alla schiena»

Erika rimase interdetta. Perché contrariamente alle sue aspettative, superate le motivazioni che avevano tutti loro per intraprendere quel folle piano e soprattutto nonostante lei non avesse ancora trovato una posizione in tutta quella storia rischiando anche di accoltellare i sette alla schiena da un momento all'altro, e a seconda della sua volontà, a differenza sua, Jimin aveva scelto da che parte stare.

«Per di qua!» Li spronò Taehyung ad aumentare il passo.

Il timoniere teneva in mano la mappa della città accuratamente disegnata da Yoongi. Superata la zona portuale le abitazioni dei pescatori si erano fatte più fitte e davano accesso ad una serie di vicoli intricati nel quale era facile perdersi se non si era del posto. Le donne, impegnate a svolgere i loro lavori domestici in assenza dei mariti non avevano sguardi benevoli, ma sorpresi, sospetti alle volte anche ostili. Al loro passaggio chiudevano le persiane e rincasavano con i cesti di panni ancora da stendere, portavano i bambini in casa e bisbigliavano tra loro. Il pirata dagli occhi verde acqua non se ne stupì, un gruppo di forestieri stava attraversando le loro vie, la loro quotidianità e oltretutto la maggior parte di loro erano uomini e armati. Seguirono le indicazioni del cartografo fino alle zone più interne, i bassifondi cittadini, lì dove la luce del sole arrivava ben poco, affievolita dal cemento delle mura alte delle case a loro volta messi in ombra dal palazzo di giada che svettava sulla collina più alta dell'isola nella sua più grande maestosità. Taehyung si guardò un po' attorno. Gente poco raccomandabile se ne stava in panciolle fuori dalle botteghe, a fumare, a bere o a giocare a dadi su tavolinetti allestiti alla ben in meglio. Persone forse prive di un lavoro, di uno scopo, della voglia di vivere, poteva capirlo dalle loro facce distrutte dal tempo. Non ci fece troppo casi, perché il castano poteva sopportare tutta quella miseria, lui stesso la conosceva bene e aveva fatto parte di quella classe sociale messa in ombra dalla nobiltà, troppo impegnata a sorseggiare il tè o a leggere il quotidiano del giorno nei floridi cortili delle loro abitazioni ben più vicine al palazzo. Era quella linea marcata che suddivideva i ricchi all'ingrasso e i poveri pezzenti a fargli venire l'orticaria. Per questo aveva deciso di non vivere più in quel modo, all'ombra della società che aveva scelto per loro a quale classe appartenere, e se questo significava diventare automaticamente nemici della corona, etichettati come criminali, ben venga. Tae era più che felice di esser diventato un pirata, di saccheggiare le loro ricche navi mercantili e di guastarsi alla faccia loro una bottiglia di rum pregiata destinata alla cantina di qualche spocchioso nobile.

Mentre attraversavano i vicoli dall'odore nauseabondo impegnato a rimuginare sulla brutalità di quella vita, si fermò. Sul ciglio della strada la figura minuta di un bambino era seduta sul gradino di una abitazione diroccata. Aveva dei corti capelli bruni scompigliati, gli occhi spenti e delle piccole lentiggini sul nasino a patata. Il basco di lana marrone tra le mani, girato in senso contrario a chiedere qualche spiccio. Un brivido percorse la schiena del timoniere, e un forte senso d'angoscia lo sconquassò fin dentro le ossa sotto pelle.

«Dove stai andando?» Domandò Jimin vedendo l'amico avvicinarsi al ragazzino. Taehyung non lo ascoltò e una volta davanti al giovane si fermò davanti alla sua figura e in silenzio.

«Signore, ha qualche moneta per me?» La voce del ragazzino era sterile, stanca, priva di ogni qualsiasi voglia di vivere. Tae frugò sotto il giaccone e tirò fuori un sacchetto gonfio di monete, ne prese una generosa quantità e la riversò nel basco del piccolo mendicante.

«Questo è tutto quello che posso darti per ora» Gli occhioni del ragazzino si fecero enormi nel solo contemplare quell'ingente quantità di dobloni d'argento che non aveva mai visto in vita sua. Un improvviso e sincero sorriso gli si allargò sulle labbra e come per magia sembrò riprendere tutte le forze che non aveva avuto fino ad allora. Il ragazzino si alzò saltellando felice sul posto.

«Grazie signore! Oh voi si che siete un anima caritatevole, meritate tutte le fortune del mondo!» Lo abbracciò di getto, lasciando Taehyung sgomento davanti a tutti gli altri.

«N..non c'è bisogno di tutte queste smancerie, dai..fila via» Lo allontanò da sé in imbarazzo. Sentiva dietro di sé il fastidioso sguardo soddisfatto degli altri bruciare sulla schiena, era la prima volta che si faceva pubblicamente vedere dalla ciurma nel compire un'azione caritatevole, loro difatti, non avevano motivo di sapere che fosse il benefattore anonimo dell'orfanotrofio di Tortuga, non c'era bisogno di dirlo in realtà, quando erano già tutti perfettamente consapevoli di che si trattasse di Tae.

Il ragazzino dopo aver ringraziato Taehyung per l'ennesima volta, se la filò via e di tutta fetta, ma prima che potesse anche solo mettere un piede di fronte all'altro, questi lo agganciò dal polso fermandolo.

«Cosa fate?!Lasciatemi!» Si divincolò il piccolo mendicante, cercando di sottrarsi alla stretta ferrea del pirata.

«Questo trucco è vecchio come il cucco, lo usavo io anni fa» Disse Taehyung, frugando sotto il gilèt sgualcito del moccioso. «Come pensavo» Sorrise, recuperando ciò che gli era stato sottratto con l'inganno.

«Ragazzino, dovresti stare attento a chi derubi, potrebbe anche essere più esperto di te nel farlo e soprattutto..più pericoloso» Minacciò rimettendo in tasca il borsello.

Il piccolo ladruncolo tremò per la paura, soggiogato dallo sguardo minaccioso dell'uomo davanti a sé, ma in un impeto di coraggio lo calciò allo stinco. Taehyung lasciò andare la presa e il furfantello scappò nel vicolo, non prima di voltarsi solo per mostrare il medio. Tae lo maledì e prese a rincorrerlo pur di dirgliene quattro. Non gli avrebbe mai fatto del male, ma almeno una bella lavata di capo se la meritava quel piccolo ingrato. Scattò in avanti e girò l'angolo ma non lo vide nemmeno alla fine del vicolo, il ragazzino era scomparso nel nulla.

«Ci sa fare il nanerottolo» Lo schernì Jimin raggiungendolo.

«Anche io ero così da piccolo, a saperlo adesso mi prenderei a calci sui denti da solo» Brontolò Taehyung.

«Sei ancora un furfante Taehyung»Lo corresse Hobi in una risatina.

«Solo che ora si fa prendere a calci dai mocciosi» Lo prese in giro JK, beccandosi un'occhiataccia dal timoniere.

«Jungkook smettila, non poteva di certo picchiare un bambino, per quanto..io me lo aspetti da uno come Tae» Lo rimproverò Rebeca.

«Certo continuate a prendervi gioco di me! Intanto io ho trovato la nostra destinazione!» Rispose offeso il timoniere, mostrando loro l'edifico che avevano davanti.

Erika alzò il naso e guardò il cartello appeso fuori dalle mura grigiastre.

"Dice to die" Lesse la dottoressa. «Dadi per morire? Un nome stravagante per una sala da gioco e un tempo abbastanza limitato il nostro per perderlo nelle scommesse» Disse Erika esasperata dai loro battibecchi.

«Ma noi siamo qui per altro» Spiegò Tae, spingendo la diroccata porta di legno. Nell'istante in cui si aprì la cacofonia di voci sovrastò le domande di Erika. La stanza era enorme, una vasto salone dal soffitto di legno e le pareti di cemento grezzo, imbandito al centro con tavoli da gioco, apparecchiati con tovaglie di veltro verde, fish colorate, carte da poker e dadi. Ai lati della stanza vi erano posizionati tavoli più piccoli, per giochi da due persone come dama o scacchi, e un tavolo da bigliardo era stato allestito di fianco al bancone bar, dove le palline schioccavano tra loro quando venivano colpite dalle stecche dei capaci giocatori . Sulle pareti vi erano appesi vari bersagli rosso, bianco e neri per le freccette, con i quali gli sfidanti si dilettavano nel dimostrare chi avesse la mira più impeccabile tra loro, scoppiando in risa di scherno ed esaltazioni di gloria degne delle scimmie, per ogni mancato punto o talvolta centro ben fatto. C'era allegria in quel posto, mescolata alla tensione dei giocatori seduti al tavolo da poker molto più seri e concentrati nel gioco. Si potevano scorgere attraverso la nebbia causata dal fumo dei sigari, che infastidì leggermente la gola della dottoressa, non abituata a quel genere di ambienti. Quelli non avevano il comportamento degli uomini-scimmia, ma più da segugi intenti a guardarsi male l'un l'altro da dietro le carte, pronti a sbranarsi a suon di fish, distratti solamente di tanto in tanto dai bicchieri stracolmi di whiskey portati al loro tavolo.

«E' questo il paradiso?» Domandò Hope, seriamente commosso da quella visione. Aveva un serio problema con il gioco d'azzardo la vedetta del Cigno Nero. Fece qualche passo in avanti e si avventurò nel locale

«Io voglio giocare a freccette!» Rebeca entusiasta tanto quanto lui lo seguì finché almeno, non vennero bruscamente fermati.

«Il club Dice to die è privato, non potete entrare senza invito» Li ammonì l'omone dalla prorompente altezza fisso sull'entrata «Tantomeno le donne sono ammesse» Aggiunse il lacchè.

Beca guardò prima lui, poi la mano che lo sconosciuto gli aveva appoggiato sul petto come scusa nel fermarla e palparla allo stesso tempo.

«Toglila, immediatamente» Lo avvertì lei.

L'uomo per nulla intimorito da una donna, rise ma non si mosse.

Fu Taehyung ad intervenire per sedare gli animi, e soprattutto quello di Jungkook già pronto a far scoppiare il panico più totale. Non dovevano attirare l'attenzione e soprattutto gli serviva inimicarsi quella gente.

«Amico, se ci tieni veramente a tornare a casa con il tuo arto ti consiglio vivamente di fare come dice, non è quel genere di donna e non si farebbe alcun problema a procurarti un moncherino» Disse tirando fuori dalla tasca una lettera «E poi siamo già vostri ospiti, invitati dal vostro capo in persona» Continuò mostrando all'uomo la busta firmata sul retro. L'energumeno tolse la mano solo per poter prendere l'invito e Rebeca, da sotto il mantello, rinfilò nella cinta dei pantaloni il pugnale affilato.

Dopo una veloce lettura e qualche occhiataccia ben poco convinta, il lacchè si fece da parte.

«Venite» Disse solamente, addentrandosi nel salone.

Taehyung lo seguì a ruota con tutto il gruppo ben poco sorpreso dagli sguardi che i giocatori gli lanciarono al loro passaggio tra i tra i tavoli. Nessuno poteva sapere che fossero ora che i loro tatuaggi erano ben coperti e andava bene così, anche se quello sul pettorale di Tae bruciò sotto i vestiti, ne andava così fiero che in parte si sentì triste nel doverlo nascondere per la prima volta. Superato il bancone del bar, l'uomo li portò in una stanza più interna, riservata e decisamente più privata. L'arredamento era molto più rispettabile, e i giocatori avevano vesti molto più eleganti, le fish sui tavoli erano numerose, segno che le cifre messe in palio non raggiungessero minimante il loro immaginario, le mani dei giocatori erano più curate e le bottiglie pregiate.

«Ma questi sono nobili» Bisbigliò Erika nelle orecchie di Taehyung, che non sembrò turbato a differenza sua.

«Anche loro hanno dei vizi» Rispose. Lo sguardo del ragazzo vagò nel salone, fermandosi in un punto bene preciso. L'energumeno si fermò di fianco ad un giovane seduto al tavolo con dei nobil uomini. Non sembrava farne parte, era evidente che non appartenesse a quel ceto, lo si notava dal suo abbigliamento molto più simile al loro, fatto di pantaloni in pelle e da una giacca nera senza maniche sopra una semplice blusa bianca abbastanza stropicciata. Aveva i capelli biondi, raccolti in un codino e una fascia nera sulla fronte, i lineamenti erano coreani, gli occhi a mandorla dalle iridi scure e la pelle più abbronzata rispetto a quella bianchiccia dei suoi sfidanti. Al lobo portava una piccola croce d'argento e quando sorrise, Tae notò il molare dello stesso materiale brillare tra le labbra.

Quando i loro sguardi s'incrociarono, il biondo cacciò dal tavolo i suoi sfidanti con un cenno del capo, che senza fare storie levarono le tende per dare spazio ai suoi nuovi ospiti.

«Mi sei mancato Taehyung»

«Temo di non poter dire lo stesso» Rispose il timoniere, rimanendo in piedi davanti a lui.

Nel sentire quel nome, un tipo poco più in là impegnato nel sonnecchiare sul divanetto con un giornale in faccia, si svegliò, si tirò su a sedere e sbadigliò sonoramente.

«Ma dai, sono venuti veramente?»

Il timbro ironico del ragazzo vibrò nelle orecchie di Erika, non capì il perché ma rimase particolarmente colpita dal temperamento del ragazzo che aveva parlato, con lisci capelli corvini sopra e scoloriti sulle punte, dagli occhi famelici e giudicanti. Non che il biondo fosse meno attraente agli occhi di una donna così in dubbio negli ultimi mesi, ma quel modo di fare così spocchioso e arrogante, quel piccolo ghigno, le ricordò troppo uno di quelli che Jimin le faceva continuamente.

Forse era solo attratta dagli stronzi.

«Wooyoung, non mettere in ridicolo i nostri ospiti, dopotutto sono ben più famosi e famigerati di noi» Lo placò il biondo, trattenendo però quello che sembrava un principio di risata.

«Hai ragione, per ora è ancora così, ma temo che perdere il loro capitano sia stato un bel colpo basso» rincarò la dose Wooyoung.

Sobbalzò quando Namjoon colpì il tavolo con un pungo per farlo azzittire.

«Non siamo qui per questo» Ringhiò il mastro ad entrambi «Non siamo qui per farci sfottere da voi» Sottolineò zittendolo.

«Ma siete qui per chiedere il nostro aiuto, almeno così mi pare» Lo incalzò il biondo rigirandosi tra le dita la busta ricevuta mesi prima dalla flotta del Cigno Nero e firmata dal nuovo capitano. Nam lo guardò male ma lasciò che la rabbia sfumasse via con i pessimi pensieri di far a pezzi una volta per tutte i loro rivali o almeno, così li considerava. La ciurma degli Ateez, seconda solo a loro, anche se loro non avevano mai dato troppo peso a queste stronzate da competizione.

«Siamo già abbastanza sorpresi dal solo fatto che voi abbiate accettato di aiutarci» Lo incalzò Jin fattosi improvvisamente serio «Perché manterrete la parola, vero?» Domandò.

Il biondo alzò gli angoli delle labbra in un ghigno, guardò Jin e poi Tae.

«Sei tu il capitano adesso, non è così? Perché non me lo chiedi tu invece di far parlare gli altri in tua vece? Da capitano a capitano» Chiese al castano.

Taehyung sospirò, odiava quel tipo, odiava con tutto sé stesso lui, i suoi precedenti e la sua faccia da schiaffi.

«Perché so che nutri risentimento nei miei confronti, Hongjoong» gli rimase difficile anche chiamarlo per nome.

Il capitano degli Ateez scoppiò a ridere, estasiato da quel comportamento remissivo, sapeva di averlo in pungo, che tutto fosse in mano sua a seconda della sua decisone. Hongjoong portò la mano sotto al mento e lo guardò dall'alto in basso.

«Risentimento per una donna? Solo perché in passato abbiamo avuto dei disguidi per Karen non mi pare il caso di farne una tragedia. Lei ha rifiutato di diventare la mia compagna e tu mi hai preso a pungi per la mia insistenza, perché ora non dovrei aiutare entrambi?» Disse ironicamente.

«E' proprio questo che mi turba, cosa vuoi in cambio?» Domandò Taehyung fin troppo paziente.

Hongjoong ci pensò su, come se non avesse architettato già da tempo quella richiesta. Wooyoung al suo fianco faticava a contenere l'entusiasmo, mentre il suo capitano tardava appositamente a dare quella risposta.

«Te» Rispose con tutta la semplicità del mondo mentre Tae rimase allibito dalla trattativa proposta.

«Non ho di quegli interessi, mi spiace ma non saprei soddisfarti» Tagliò corto il castano.

Il capitano degli Ateez cacciò via qualcosa d'invisibile davanti agli occhi. «Non in quel senso, non sono interessato al tuo cuore, ma alle tue capacità. Sei un ottimo pistolero e un abile timoniere, semplicemente mi servi»

No, non era questo il motivo.

Hongjoong non aveva bisogno di lui, Tae lo sapeva benissimo. Gli Ateez erano temutissimi pirati, dall'alba dei loro giorni non avevano rivali in mare se non i sette del Cigno nero. Erano capaci, forti, coraggiosi e intrepidi, qualunque pirata avrebbe venduto l'anima al diavolo, o ad Hongjoong per far parte della loro ciurma, per questo era inconcepibile che fossero così interessati ad un singolo individuo che oltretutto il capitano stesso odiava a morte. Il concetto era semplice, quel pirata era spietato, vendicativo e bastardo fino al midollo. Aveva capito perché Tae si fosse immischiato nella piccola relazione passata, nata tra lui e Karen e sfumata quasi subito, anche prima di Taehyung stesso, ed ora voleva solo fargliela pagare separandolo dalla sua famiglia e soprattutto da lei. Nonostante ciò, non vedeva quale possibilità aveva di rifiutare?

«Affare fatto, se è solo questo che ti preme Hongjoong sarò ben lieto di diventare nemico della mia stessa ciurma» Rispose con tono fermo il timoniere.

«Aspetta Taehyung non mi pare il caso, possiamo cavarcela anche da soli» Provò a fermarlo Rebeca, dispiaciuta da quella decisione presa a sangue freddo.

«No» La placò «Non possiamo perdere quest'opportunità, loro sanno troppe cose, sono della città e hanno le carte giuste per poterci aiutare a salvare Karen, ho preso la mia decisione e niente potrà farmi cambiare idea» Rispose. Rebeca si calmò, non perché fosse improvvisamente d'accordo con le parole del ragazzo, ma perché aveva capito con un solo incontro di sguardi che Taehyung stava palesemente mentendo. Solo chi ormai lo conosceva bene poteva comprendere cosa gli frullasse in testa.

«D'accordo allora, aggiungiamo alla trattativa anche quindici barili di rum e tutte le vostre scorte a disposizione» Sorrise tutto felice Hongjoong porgendogli la mano, Tae la strinse in una presa salda, conciliando la più falsa promessa che avesse mai dato, perché niente lo avrebbe più separato da Karen una volta tornato da lei, tantomeno il capitano degli Ateez.

«Voglio anche la donna» La voce di Wooyoung s'intromise in quel patteggio, facendo rabbrividire Rebeca da cima a piedi.

«Non lei, la donna di Jungkook non m'interessa, non sono così disperato» Spiegò il moro, puntando il dito sulla figura nascosta dietro le spalle larghe di Nam «La rossa, ho sempre avuto un debole per le ragazze dai capelli color corallo» Taehyung schioccò la lingua sul palato, lui era diventato molto più capace nel gestire a modo suo le emozioni e mentire, ma non era del tutto convinto che tutti fossero d'accordo con quella richiesta, specialmente quando notò il quasi impercettibile spasmo sulla guancia di Jimin.

Quello poteva esser un bel problema. Erika d'altro canto, sbiancò e s'indicò il petto.

«Io? Non vedo a cosa possa servirvi!» Tagliò corto, declamando un palese dissenso.

Wooyoung si alzò dalla sedia e fece a Nam segno di scansarsi, che s'impose tutto il suo autocontrollo per spostarsi da lì e non colpirlo in faccia con un diretto, si avvicinò a lei e la osservò da capo a piedi.

«Non vedo quali altri scopi possa avere una donna su una nave, nulla togliendo a Karen e alle sue prestigiose capacità di comando» Alzò le mani in resa, quando sentì ringhiare il quartiermastro al suo fianco.

«Ho ben altre capacità io, non servo solo a scaldare il letto dei pirati!» Si difese Erika, ferita da quel commento a dir poco spregevole.

«Allora faccio ammenda delle mie parole cara, ma non m'interessa la cucina e il cucito..» La derise Wooyoung, afferrandola per le gote con due dita « Voglio solo quello che una donna così bella abbia da offrire ad un uomo come me... e una bella scopata a sangue sarebbe perfetta»

Strinse così forte la presa che Erika dovette graffiargli il braccio per liberarsi, e la rossa ritirò la gamba per calciarlo alle palle ma non ce ne fu alcun bisogno. Le cinque dita della mano di Jimin lo agguantarono per il collo allontanandolo da lei in un battito di ciglia per spingerlo contro il tavolo da gioco. Questo si mosse rumorosamente sotto il naso di Hongjoong sorpreso tanto quanto il suo braccio destro di quella violenza improvvisa.

«Vuoi provare con me?!» Domandò Jimin con tono intimidatorio al pirata «Vogliamo vedere chi sanguinerà prima dei due?!» Gli ringhiò in faccia. Wooyoung se lo tolse di dosso e anche se scosso, ritrovò immediatamente la sua indole attacca brighe.

«Non ho interesse per quelli del mio stesso sesso, a differenza tua» Rispose schifato da quella vicinanza. Jimin lo lasciò andare, per nulla toccato dalle sue offese e tornò al fianco della dottoressa pronto a mordere se necessario. Erika rimase più stupita da quel suo comportamento che dal commento stesso del pirata. Non aveva mai visto Jimin così furioso, tantomeno si aspettava di vederlo così protettivo nei suoi confronti.

«Suvvia signori, non è questo il modo di stringere alleanze!» Hongjoong alzò la voce per far tornare le attenzioni su di sé «Wooyoung, non abbiamo bisogno di quella donna è palesemente impegnata con il trafficante del Cigno Nero, non ripetere lo stesso errore che feci anni fa con Karen, ti assicuro che è imbarazzante» Lo ammonì, guardando tuttavia Taehyung. Nonostante le parole, gli occhi del biondo non nascosero per bene il disgusto al ricordo.

No, quell'uomo non avrebbe mai digerito il rifiuto di Karen.

«Io non..» Provò a dire Erika in imbarazzo.

«Esattamente Erika è la mia donna, ma anche se non lo fosse, merita il dovuto rispetto come medico del Cigno Nero, sia perché capace, sia perché è a tutti gli effetti una persona al nostro pari» Le parlò sopra Jimin. Gli occhi della ragazza si sgranarono di colpo e a quelle parole non poté negare a sé stessa di aver sentito il suo cuore tremare per qualche istante. Se non fosse stata una menzogna nata solo per impedire al pirata di chiederla come premio, avrebbe baciato Jimin seduta stante per aver detto una cosa così importante. Non voleva che la rispettassero perché sua, ma per la persona che era e questo era molto maturo come pensiero.

Se solo..non fosse stata una menzogna..

«Beh, come posso non credere alle sue parole dopo aver visto l'impeto d'ira che hai riservato al mio mastro» Si congratulò Hongjoong, beccandosi un'occhiataccia da parte di Wooyoung che tuttavia decise di farsi da parte e chiudere finalmente la bocca.

«Wooyoung, vai a prendere quello che ci serve nel mio studio. Io intratterrò gli ospiti con una bella notizia» Il pirata a quell'ordine si congedò e lasciò la stanza.

«Quale bella notizia?» Domandò Taehyung al biondo sedendosi sulla sedia di fronte al capitano.

Il pirata tutto sorridente tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un manifesto sgualcito, lo aprì e stirò gli angoli con le dita prima di lanciarlo al centro del tavolo. Tae prese in mano il volantino, lesse la scritta a caratteri cubitali ben stampata sul fronte e impallidì, cosa che fece sorridere Hongjoong.

«Gioite uomini del Cigno Nero!» Disse il biondo con entusiasmo in voce.

«Stasera il palazzo di giada darà un gran ballo e il principe Damien chiederà la mano al vostro capitano!» Taehyung in un impeto di rabbia strappò il volantino e sbatté il palmo aperto sul tavolo, immaginava che quella ipotesi potesse avverarsi, ma non stasera, non così presto. Tutti si congelarono sul pavimento. Rebeca sbiancò e rischiò di svenire per lo shock, Erika si portò le mani alla bocca, dispiaciuta in realtà per l'accaduto e per l'umore di Taehyung comprensibilmente distorto da quella notizia.

«E me lo dici solo ora?! Stasera! Come cazzo facciamo a recuperare Karen in così poco tempo?!» Urlò frustrato contro il pirata. In quel preciso istante Wooyoung rientrò con un altro paio di uomini, ognuno con dei pesanti bauli tra le braccia. Li lasciarono cadere a terra e li aprirono mostrando loro il contenuto.

«Mio caro sostituto capitano, ho detto che ti avrei aiutato e così ho fatto» Disse, tirando fuori da una piccola scatola di legno delle buste siglate con della cera lacca.

«A differenza vostra io sono già pronto»



...

🌊Angolo della ciurma:

Eccoci qui, finalmente con i piedi a terra! Dopo mesi di peripezie i nostri pirati sono giunti a destinazione, ma molti ostacoli si sono presentati a bussare alla loro porta. In primis l'imminente matrimonio di Karen, diciamo che ne vedremo delle belle da qui in avanti!

Allora, vi aspettavate gli Ateez in questa storia? Beh non si poteva parlare di pirati senza dare il giusto cameo proprio a loro! C'è molta ciccia sul fuoco, abbiamo delle nuove rivelazioni, un Jimin geloso, un Taehyung disperato e uno Yoongi fin troppo chiacchierone. Oltretutto, vi piace il nome per il bimbo di Beca e JK? Io lo trovo perfetto!🥺

Beh fatemi sapere tutte le vostre considerazioni nei commenti! Come sempre vi spetto!

Baci😘

ChZzz🖤

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