Capitolo 16


Bacio al veleno

La sensazione più bella, per lei, era quella di percepire il sole sulla pelle. Il calore che quella palla di fuco emanava aveva la capacità di farla sentire subito meglio, come una terapia, una terapia che durava bene poco ultimamente e le era concessa di rado. Respirò affondo l'aria fresca in quella prima mattinata e l'odore dolce di gelsomino le arrivò al naso. Le si accapponò la pelle.
Nessun odore di salsedine, né di mare. Il palazzo bianco, anche se su un isola, era stato completamente inglobato dalle siepi di gelso e queste, avevano annullato qualsiasi sentore esterno che le ricordava casa. Sembrava quasi che Damien volesse privarla anche dei suoi ricordi o di tutto ciò che la facesse sentire bene. In realtà quei giardini erano lì ben prima di lei e trovò disgustoso come, anche senza volerlo, il principe era riuscito a farle l'ennesimo torto. Le mancava tutto della sua vita. Avrebbe pagato fior di dobloni doro pur di risentire l'acre odore di polvere da sparo o di zuppa, quella che Jin preparava già di mattina presto, quando la pesca andava bene. Karen avrebbe ucciso per sentire nuovamente il profumo del legno umido, quello che rivestiva la nave del Cigno Nero e del sapone con cui i mozzi lavavano i pavimenti, simile al sapone neutro che i suoi stessi uomini usavano per lavarsi, o meglio che Taehyung usava, dando così alla pelle l'odore mascolino che tanto amava respirare quando gli baciava il collo. Gli mancava la sua ciurma, i sette..ma soprattutto gli mancava Taehyung. L'idea che ora il suo scheletro stesse facendo compagnia al fondale e ai pesci dell'oceano le fece venire il sangue nero. Non l'aveva accolto nella sua ciurma per fare quella fine, suo padre non l'aveva fatto per questo, aveva sofferto troppo fin da bambino per finire così, ucciso come una bestia da macello a causa sua e della debolezza che le avevano fatto abbassare la guardia.
Karen scese le scale e strinse i pungi avvolti dai lisci e morbidi guanti di seta bianca, ore che le era stata strappata, si era resa conto di aver dato per scontato tutto ciò che la sua vita da capitano le aveva servito su un piatto d'argento. Certo non era ricca, non viveva nella bambagia ed era costretta a depredare navi per non morire di stenti, o far azzannare i suoi uomini tra loro per la fame, ma aveva una famiglia, qualcuno che le voleva bene e che ogni giorno l'accoglieva con un sorriso, perché quel genere di vita aveva dato a tutti loro la libertà di fare ciò che volevano. Erano grati a Jun per aver dato loro quella possibilità e a lei per aver continuato secondo la direzione del padre, cosa avrebbero fatto adesso?
La stavano cercando?
Ovvio che si.
Conoscendo i suoi uomini questi si sarebbero messi in grossi guai pur di riprendersela e l'idea le fece gorgogliare lo stomaco, ma allo stesso tempo temeva per la loro incolumità. Che Nam o Jin avessero preso il suo posto non c'era alcun dubbio, ma come avevano superato la perdita di del loro capitano? Come se la stavano cavando senza di lei? Ma soprattutto, chi guidava il timone del cigno nero? Certo c'erano tanti nuovi giovani membri sulla sua nave già capaci di dare il cambio a Taehyung, che lo sostituivano spesso quando si andava a riposare, o era annoiato, o quando semplicemente andava a farle visita, ma il solo pensiero di vedere qualcun altro alla guida della nave le fece provare una forte fitta all'altezza del cuore. Se fosse tornata in qualche modo, se anche solo per miracolo fosse riuscita a fuggire da lì, poi come sarebbe riuscita a scegliere un nuovo capo timoniere? Con quale coraggio avrebbe guardato quella nuova recluta negli occhi? Non l'avrebbe fatto, semplice. Non era Taehyung, nessuno lo sarebbe stato e nessuno avrebbe potuto sostituirlo.
Karen non voleva sostituirlo affatto. Come aveva già detto la sua vita da capitano le aveva offerto molte cose su un piatto d'argento, ed era stata così cieca a non accorgesi di cosa aveva realmente provato per chi più di tutti le era stato sempre a fianco in quegli anni. Lei non sarebbe stata la sovrana del regno francese, ma di sicuro era già la regina di qualcuno che ormai non c'era più.
«Prego, da questa parte» Un'inserviente le fece strada troncando i suoi pensieri, le parlò come se la ritenesse qualcuno di valore, o semplicemente si stesse abituando a trattarla da regina. Ma Karen vide l'impercettibile spasmo agli angoli delle labbra di quella giovane ragazza, non sarebbe mai stata una vera regina per quelle persone, ma un pirata assassino che per un volere superiore dovevano accettare e trattare come una nobildonna. Tanto meglio, quello non era il suo posto.
La seguì, cercando di non far già cominciare male anche quella giornata che per sua sorpresa, e tralasciando i suoi pensieri, si era portata avanti bene, dato che per la prima volta dopo tanti mesi, le era stata concessa una colazione all'aperto e fuori da quelle mura. Ne era sicura, se fosse stata per un secondo in più nel palazzo bianco sarebbe impazzita sul serio e il solo pensiero di doverci tornare a breve già le faceva vorticare la testa.
Seguita da due uomini della guardia reale e guidata dalla giovane, Karen raggiunse il vistoso e ovviamente opulento, gazebo bianco al centro dei giardini. Questo era circondato da fiori di ogni colore e una cascata di glicine viola scendeva da sopra la cupola, arricciandosi con i suoi rampicanti lungo tutto la struttura.
Era molto bello, non poteva negarlo a sé stessa, ma qualcosa continuava a turbarla e a darle fastidio. Lei non doveva vivere in mezzo a tutta quella perfezione, cozzava troppo con il suo modo di essere. Sospirò avvicinandosi, alzando le balse della gonna del suo lungo abito per risalire i pochi gradini che la separavano dalla tavola imbandita.
No, non era una giornata dedita al buon inizio e questo Karen lo capì non appena vide chi l'aspettava alla sua tavola. Damien seduto sulla sedia in ferro battuto bianco resa più comoda dai cuscini in velluto azzurro, sorseggiava una tazza di tè fumante. La guardò da dietro la ceramica e il sorriso che le fece avvolse il suo umore di neri e nefasti nuvoloni. Damien era una tormenta che ogni giorni, ogni qualvolta poteva anche senza volerlo, guastava le sue giornate di sole. Perché forse per lui era troppo difficile da comprendere che, avere ogni giorno davanti l'uomo che le aveva rovinato la vita e ammazzato la persona a cui più teneva, era alla pari di sorseggiare veleno ad ogni risveglio senza che questi facesse effetto dopo averle infuso sofferenza pura. Lo odiava, lo odiava con tutta sé stessa, ma soffriva ancora di più del fatto di non poterlo ammazzare senza finire sbranata dai cani che erano al suo seguito. Certo avrebbe potuto farsi uccidere e poi? Taehyung sarebbe stato fiero di lei? Rebeca come l'avrebbe presa? La sola idea di non poter mai conoscere il suo futuro nipotino poi, non le piaceva affatto.
«Prego siediti, o la colazione si raffredderà» Karen non pensò nemmeno di contraddirlo, sapendo già di aver preso il gioco in partenza, qualsiasi cosa avrebbe detto, non le avrebbe mai impedito di dover condividere la tavola con un tale e spregevole essere.
«Allora, come ti senti oggi?» Le chiese il principe, offrendole cortesemente un piattino caricò di bignè alla frutta. Lo sguardo di Karen si posò sulle fragole mature e i mirtilli dal colore bluastro a fare da guarnizione sulla tondeggiante pasta sfoglia calda, e lo stomaco le brontolò seguendo la sua natura.
«In trappola» Rispose, lasciando il ragazzo divertito da quella solita e aspettata risposta. Damien cosparse con della marmellata d'arance una fetta biscottata ancora tiepida e gli diede un morso, sembrò gioire del sapore della confettura in quel contesto così calmo, immerso nella natura verdeggiante dei fiori e del cinguettio degli uccellini più mattinieri.
«Vedrai mai questa occasione come un opportunità? Una donna come te dovrebbe esser grata al destino che ho disegnato per lei»
Una donna come te..
Karen storse il naso. Cosa aveva lei di così sbagliato per un uomo come lui? era veramente convinto di essere un paladino della giustizia e un principe senza macchia e vergogna? Damien non faceva altro che svilirla ogni giorno etichettandola come spazzatura su cui lui aveva riversato del profumo ed era questa la cosa che più odiava di lui. Si sentiva superiore, più forte, ed era sicura che nemmeno si ricordasse di quel pirata a cui aveva sparato in faccia, che aveva un valore per lui pari a quelli dei maiali da mandare al macello, o forse meno.
Me lei si.
«Non credo, no. Stavo molto meglio prima, circondata ladri e poco di buono. Almeno loro avevano la decenza di non mettersi addosso orribili abiti di alta sartoria per mascherare la loro natura» Rispose, mordendo una pasticcino ma indicando con lo sguardo gli abiti che il principe aveva indosso. Damien sembrò cogliere la frecciatina, sorseggiò un altro po' di tè in muto silenzio e parlò solo quando la tazzina di porcellana finì nuovamente sul sottotazza.
«Beh gioisci allora, se ami tanto i rinnegati presto ne sposerai uno prima del tempo seguendo la tua logica, quando dividerai il letto con me, non dovrebbe esser poi così diverso come quando lo dividevi con quegli individui, forse solo nell'odore o nell'igiene» La prese in giro, alzando un cipiglio compiaciuto dalla sua stessa risposta. Karen nervosamente graffiò con i tacchi il pavimento sotto al tavolo, senza però scomporsi in viso per quella risposta così crudele nei confronti delle persone a cui voleva bene, delle persone come lei. Un tempo avrebbe accoltellato chiunque mancasse così di rispetto ai suoi compagni.
«Quando divideremo il letto, sempre se ne divideremo uno, assicurati di farmi perdere i sensi perché potrei farti passare la peggior notte della tua vita, mio principe» Damien non sembrò sorpreso neanche da quella risposta, come e quando avrebbe avuto un erede da quella donna non era per ora un problema, prima doveva pensare alle nozze e al ballo che le precedevano, tutto doveva essere perfetto per quel suo giorno speciale, e sinceramente era ancora grato del fatto di aver piegato quella donna, anche se di poco, perché nemmeno Brunettè era riuscita a farle perdere la parlantina maligna, ma perlomeno, vedendo i modi di lei meno bruschi e il vestiario molto più elegante, aveva capito di aver cambiato almeno qualcosa. Karen addirittura, riusciva a camminare perfettamente sui tacchi senza inciampare nella pomposa gonna.
«Me ne ricorderò» Addentò soddisfatto un'altra fetta biscottata, una vittoria poteva concedersela.
«Ti fa male la schiena?» Domandò sviando il discorso verso direzioni ancor più fastidiosi. Karen a quella domanda sentì un formicolio graffiante dal sedere fino alle spalle.
«Brunetté ci sa fare con la verga, non ricordo nemmeno più come si dorme in posizione supina» Ironizzò lei, attorcigliandosi una liscia ciocca di capelli castani attorno all'indice. Damien non sembrò stavolta felice di sapere ciò.
«Non posso darle torto, se solo tu non fossi ancora così grezza, Brunetté non avrebbe bisogno di ricorrere a tali metodi barbari. Ha un'educazione cristiana e come donna di chiesa le hanno insegnato così ad impartire disciplina. Tu credi in Dio Karen?» Quella domanda arrivò inaspettatamente, e sorprese Karen tanto quanto il fatto che l'avesse chiamata per nome.
«No, credo solamente che esistano delle entità superiori, ma non sono una fanatica, perché che poi queste siano il tuo Dio o una serie di Dei non ha rilevanza, finché ci lasciano la possibilità di respirare ancora» Damien sembrò rimanere interdetto da quella risposta.
«Peccato, perché io sono credente e le nostre nozze saranno ufficializzate al cospetto del mio Dio. Sarebbe bene per te cominciare ad aggrappare la tua vita a qualche credenza veritiera, pur di non annegare nella paura della solitudine»
«Non diventerò cattolica per una tua volontà principe, tantomeno per paura. Non credo gioverebbe alle nostre nozze» Karen si portò la tazza di tè alle labbra e ne bevve un sorso alla faccia del suo giovane e stolto futuro marito, la sua risposta accese una luce di curiosità nel principe che sembrò più interessato da quella conversazione, molto più di prima.
«E perché?»
Karen si ripulì le labbra e si alzò dalla sedia, pronta a tornare a palazzo dopo aver finito di fare colazione. Si stirò il vestito sgualcito con le mani e si apprestò a raggiunger la giovane inserviente che già la stava aspettando per il ritorno. Non prima di aver dato una risposta al ragazzo.
«Perché il tuo Dio è punitore e vendicativo, non esiste sacra scrittura dove non abbia massacrato qualcuno e fatto genocidi. Il tuo Dio uccide in continuazione principe e secondo la logica del cristianesimo noi uomini siamo fatti della sua stessa sostanza, quindi se dovessi seguire il suo esempio, per te sarebbe la fine» prima di andarsene però, Karen rubò da sopra la tavola un bignè da portarsi in stanza e lì il suo sguardo furbo finì nuovamente con lo scontrarsi contro gli occhi chiari di Damien
«Beh, non che le mie divinità siano più benevole»

•••

U

na corrente d'aria dovuta alla frettolosa apertura della porta, fece volare via tutti i fogli che Yoongi aveva sotto al naso. Questi si librarono in aria finendo in ogni dove e a terra, alcuni addirittura sotto gli stivali del disturbatore che era entrato come una furia nella sala delle mappe. Yoongi respirò a fondo e trattenne l'impulso di lanciare a mano tesa il pennino, lasciando che questi si piantasse in piena fronte di Jimin.

«Ti sembra modo questo?!» Lo rimproverò raccogliendo da terra le scartoffie che stava esaminando. Stava accuratamente segnando sulla mappa della città di St.Barthélemy, le loro tappe e tutti i luoghi d'interesse che sarebbero tornate utili per la missione, sinceramente l'ultima cosa che voleva era quella di esser disturbato dalla ciurma durante il suo prezioso lavoro.
«Dov'è?» Domandò Jimin. Il tono agitato e per nulla tranquillo fece insospettire Yoongi a tal punto da chiedersi cosa stesse cercando quel deficiente.
«Deve esserci qualcosa qui!» Continuò il trafficante arraffando qualche libro sugli scaffali, ma a parere del cartografo...con ben poca cura. Yoongi colse al volo l'irrequietudine del ragazzo e si apprestò a toglierli un libro dalle mani per rimetterlo al proprio posto.
«Da quando ti interessi di libri tu? Si può sapere che ti prende?!»
Jimin era bianchiccio e su di giri, sembrava sul punto di avere un attacco di cuore, ma il suo amico lo conosceva talmente bene da sapere si trattasse di una solita scenata delle sue.
«Devi aiutarmi Suga! Devo avere un'informazione cruciale!»
Il cartografo si grattò la tempia con l'indice, confuso e irritato allo stesso tempo dal mezzo discorso che aveva intrapreso Jimin, se avesse parlato chiaro invece di buttare all'aria il suo studio magari avrebbe anche potuto aiutarlo.
«E sarebbe di grazia?»
«Cosa ne sai tu di medicina? Sai qualcosa sulle malattie?»
Suga inarcò un sopracciglio chiaro e lo guardò come se avesse davanti il più stupido dei sette mari. «Per queste consultazioni abbiamo un medico a bordo, chi meglio di Erika può aiutarti nel tuo problema? » Sottolineò con ovvietà «Ti sei ammalato Jimin?» Domandò poi al ragazzo, tornandosene a sedere nella sua scrivania. Suga piantò nuovamente il naso tra i fogli e l'odore dell'inchiostro sembrò calmarlo, Jimin oltretutto non sembrava per nulla malaticcio come diceva, che fosse diventato ipocondriaco?
«No, non capisci! Non sono io ad essere malato, ma Erika!» Rispose il moro alzando la voce.
«Me lo ha confessato ieri sera, lo ricordo bene! Non che ricordi molto di tutto quello che è successo, ma ho sentito chiaramente quando mi ha detto di aver riscontrato una sindrome!»
Il discorso per Suga diventò improvvisamente interessante. Perché la dottoressa non aveva detto loro di esser malata? Questo poteva compromettere il piano, e essere un grave problema per tutti loro. Alzò il capo e guardò fisso Jimin negli occhi, iniziava a preoccuparsi anche lui.
«Perché non lo domandi a lei? dove si trova ora?»
Jimin negò con il capo e si lasciò cadere sulla sedia davanti a lui.
«Sta dormendo in cabina, non si è ancora del tutto ripresa da ieri notte e poi non me lo direbbe mai, la conosco ormai così bene da sapere di poterle far confessare una cosa simile solo dopo aver bevuto litri di birra!» Jimin ripensò a dove l'aveva lasciata poco prima, nella sua brandina dove lui si era risvegliato al suo fianco. Non sapeva perché fosse finita così la serata, ma temeva di essersi appiccicato a lei come una cozza allo scoglio come accadeva ogni qual volta alzava il gomito. Maledetto lui e quel suo lato odioso che usciva fuori nei momenti meno opportuni. Chissà cosa le aveva detto e quali cose imbarazzanti aveva fatto...
«Cosa ti ha detto esattamente?» Lo incalzò Yoongi vedendolo perso nei pensieri.
Jimin fece mente locale, facendo riaffiorare i ricordi della serata precedente. Immagini annebbiate e confuse si mescolarono a sensazioni piacevoli. Deglutì ripensando al profumo di lei, si ricordò di averle sussurrato alle orecchie e di aver superato il confine tra loro due quando le si era accoccolato addosso. Scosse il capo in modo da cacciare quelle informazioni che ora non servivano a nulla e parlò chiaro.
«Mi ha detto..mi ha detto di soffrire di una sindrome»
Yoongi allungò il collo, in attesa e tutt'orecchie di sapere quale fosse il problema che affliggeva la dottoressa.
«Credo si chiami, sindrome di Stintolma o Stantolma, non ricordo bene»
La mascella di Suga si abbassò tanto da arrivare quasi all'altezza del tavolo e il silenzio che si alzò tra i due, divenne assordante a livelli imbarazzanti. Il cartografo si passò una mano tra i capelli bianchi e contrariamente alle aspettative di Jimin ancora preoccupato, il cartografo scoppiò a ridere di pancia.
Il trafficante si alzò sconvolto.
«Io ti dico che Erika sta male e tu mi ridi in faccia?!» Ringhiò verso il ragazzo. Suga anche se ancora provato, cercò di far scemare le risa. Avrebbe di gran gusto fatto credere al ragazzo che la dottoressa fosse malata per tutto il giorno, così da ripagare la sua ignoranza, ma nemmeno lui si ritenne un tipo così malvagio.
«Sei un idiota Jimin» lo additò,confondendolo ancor di più. Si alzò Yoongi, raggiungendo la libreria da dove prese un libro ammuffito e vecchio.
«Fortuna che qualcosa che possa aiutarti c'è in mezzo a tutte queste cianfrusaglie» Disse aprendo il tomo nella pagina giusta. Quando lo portò sotto gli occhi di Jimin il trafficante lo guardò male.
«Questo è uno dei romanzi di Rebeca, non un tomo di medicina, non me ne faccio nulla» Disse prendendo i mano il volume. Yoongi roteò gli occhi al cielo e tornò a sedere.
«Di tanto in tanto quando non ho niente da fare me ne leggo qualcuno, in realtà li ho rivalutati e ora li trovo molto interessanti» Ammise, accasciandosi sullo schienale «Ma non stiamo parlando di quali siano i miei nuovi hobby Jimin, questo romanzo parla di una giovane contadina che viene rapita da un gruppo di briganti»
«E quindi?» Tagliò corto il pirata, non capendo dove volesse andare a parare Suga con tutta quella storia.
«Non serve un libro di medicina per sentir nominare la sindrome di Stoccolma, così si chiama. In quel libro viene nominata molto spesso e ho capito che non si tratta di una e vera e propria malattia ma di una patologia astratta, cioè cronicamente esiste, ma credo che Erika l'abbia voluta intendere in quel senso» Jimin osservò il volume che aveva in mano e lesse velocemente alcune righe e frasi sottolineate da Rebeca o Yoongi, sinceramente non sapeva chi fosse stato ad appuntarsi tali mielosità, e lo richiuse con un tonfo.

"Mi ero innamorata del mio rapitore"

"Non vi era cosa più bella degli occhi del mio aguzzino"

"Non sarei tornata a casa per nulla al mondo"

Se possibile adesso, Jimin era diventato anche più bianco di prima e Yoongi, già afferrato nell'argomento, trattenne un sorrisetto divertito.
«Non è malata la tua dolce Erika, si sta solamente affezionando a tutti noi e.. a te»


•••


Svegliarsi il mattino dopo una sbornia ti lasciava la bocca impastata e una gran voglia di acqua fresca. Si accoccolò tra le coperte non ancora pronta ad aprire gli occhi e sbadigliò sul cuscino. Reggeva bene l'alcol Erika, ma ovviamente anche lei aveva i suoi limiti, nonostante ciò ricordava perfettamente tutto. La gara di bevute, il comportamento peculiare di Jimin, la chiacchierata con Taehyung, il quasi bacio con quest'ultimo. Gli occhi della ragazza si aprirono di scatto a quel ricordo e si tirò su nel letto, finendo però con il fiato sospeso e il cuore palpitante quando si trovò le labbra di Jimin ad un soffio dal naso. Tornò giù d'impulso sbattendo la testa contro il cuscino per lo spavento.
«Ma sei fuori di testa?! Che ti salta in mente di fissarmi mentre dormo?!» Jimin se ne stava seduto, o meglio, accovacciato sulle.ginocchia e al fianco della sua brandina e la stava fissando da chissà quanto tempo. Erika trovò così imbarazzante quella situazione che perse la forza di replicare.
«Ti ho portato dell'acqua» Rispose il pirata, porgendole una borraccia di pelle colma dell'unica medicina capace di farle tornare la salivazione. Non ci pensò due volte nel strappargliela di mano.
«Ehm..Grazie?» Pigolò imbarazzata da quella gentilezza non proprio da lui, sentendo la gola refrigerata una volta tracannata una modesta quantità del liquido che le serviva. Erika tornò seduta, bevendo metà dell'acqua che le serviva per tornare con le corde vocali in funzione e parlò.
«Come mai tutta questa premura nei miei confronti? Ti senti in colpa per aver dormito nel mio letto, attaccato a me come un paguro nei confronti della sua amata conchiglia, o semplicemente ti stai scusando per il tuo peculiare comportamento di ieri sera?» Domandò, pronta già di prima mattina a far fronte ad uno scontro di lingue taglienti. Cioè, non nel senso letterale della cosa, o almeno non era quello il suo intento.
Jimin non rispose, non sembrava nemmeno per nulla interessato a scusarsi, o almeno così intese la ragazza attraverso quello sguardo ancora più serio, misto a preoccupazione ben tangibile.
«Che succede Jimin?» Domandò sperando di avere le dovute risposte, iniziava a spaventarla il trafficante del cigno nero con le sue profonde e taglienti iridi color cioccolato fondente. Jimin si sfiorò il naso con l'indice in un gesto incerto, si schiarì la voce e finalmente diede fiato alla bocca.
«Ho parlato con Taehyung, mi ha detto che ieri sera vi siete quasi baciati»
Il letto di Erika sprofondò nelle tavole del pavimento, metaforicamente sfondò il soffitto del ventre della nave e bucò lo scafo finendo in mare aperto. Se fosse stata gettata dall'oblò, tra le onde gelide e furiose, sicuramente la sensazione sarebbe stata la stessa del ricevere quella notizia. Non che non lo sapesse, se lo ricordava bene, ma il solo fatto che anche Jimin ne fosse al corrente le folgorò i neuroni innescandoli in un moto continuo che la svegliarono all'istante.
«E..e quindi? Ero ubriaca..» La mancata negazione all'apparenza non sembrò costare al suo interlocutore, che non batté ciglio, ma l'impercettibile spasmo sulla sua mascella non sfuggì agli occhi attenti della dottoressa.
«Quindi, c'è qualcosa che non so?»
«No, mi sembra che il capitano dalla lingua lunga abbia già detto tutto»
«Tae è sempre molto aperto con me, come io lo sono con lui..ci scambiamo donne, abbiamo praticamente condiviso esperienze insieme con esse, nello stesso letto, a volte con la stessa persona..»
Erika lo fermò sul parlare prima che approfondisse ulteriormente l'argomento
«Non voglio saperlo, non mi interessa» Arrossì e maledì il suo cervello fin troppo deviato negli ultimi giorni che le aprì involontariamente in testa un contesto fatto di pensieri impuri e immagini ben nitide, dove lei veniva presa da Jimin e contemporaneamente da Taehyung nello stesso istante.
«Non voglio sapere altro!» ordinò più a sé stessa che al pirata, che sembrò piuttosto interessato a quel repentino cambio di colorazione delle guancie solitamente bianche della ragazza.
«E non mi sembra il caso di farne una chiacchiera da taverna. Taehyung è stato piuttosto schietto nel rifiutarmi, so bene che c'è un'altra donna nel suo cuore e sinceramente nemmeno mi interessa, non ero lì per cercare l'amore» Spiegò, giocherellando con l'orlo delle lenzuola bianche.
«Volevi un'avventura? Cercavi il divertimento?»
La mano di Erika partì come una scheggia, già pronta a schiantarsi contro lo zigomo del pirata, ma non raggiunse mai il suo obbiettivo perché Jimin la intercettò con tale velocità da bloccare la sua corsa.
«Non ti arrabbiare, non intendevo in senso offensivo ero solo curioso di capire meglio quale fosse la fonte dei tuoi problemi. Se non ti sei innamorata di Taehyung, allora perché mi hai confessato di aver cominciato a provare sentimenti per il tuo rapitore?» Erika sfuggì alla presa sul polso e tirò indietro la mano portandola al petto. Quando aveva confessato una cosa simile?
«Credo tu abbia ancora la birra in circolo Jimin, perché io non ti ho mai parlato di una cosa del genere! E..»

"Credo di avere la sindrome di Stoccolma"

La contraddizione sfociò da sola con i suoi ricordi, quando la frase le tornò in mente insieme all'esatto momento in cui l'aveva pronunciata «Ah..quello...» si morsicò la lingua.
«Quello era solo un modo di dire..e poi magari mi sono affezionata a tutti voi e non per forza si deve parlare d'amore in questi casi, non prendere tutto alla lettera!»
Jimin non sembrò del tutto soddisfatto, si portò le dita al mento con fare pensieroso intento a collegare tutti i punti. Erika d'altro canto sperò proprio non vedesse o ricordasse il contesto per cui aveva detto quella frase, e poi perché diavolo lo aveva fatto?! Era con Jimin, lo stava coccolando e finalmente aveva condiviso con lui un bel momento intimo più di quanto non sembrasse, la speranza per uscire da quell'imbarazzante momento si ripose tutta nella scarsa abilità di quel ragazzo di vedere le cose con chiarezza.
«Non dire stronzate Roscia, si vede lontano un miglio che provi qualcosa per Taehyung!»
Non era una domanda, ma una conferma dato il modo in cui aveva posto quella frase. Le piccole ma vistose lentiggini di Erika ricomparvero completamente, poco prima sopite dal rossore che il sangue le aveva portato alle guance.
«No!»
«Si invece!» confermò lui, sicuro di ciò che stava dicendo. Erika non trovò nemmeno la forza di opporsi, era sparita, completamente, così come la voce che non sembrava proprio in vena di uscire e replicare la tesi di Jimin «Non innamorarti di Taehyung, sarebbe uno sbaglio» Erika era sicura che il suo stridio di denti lo avesse ben sentito anche Hope da sopra la coffa. Nervosamente rise, non sapeva come uscire da quella situazione di merda, ma una via di fuga lei era sempre capace di trovarla in qualsiasi conversazione.
«Mi sono affezionata a voi punto. Non mi sono innamorata di nessuno e l'unica intenzione che ho in testa da un mese a questa parte è di sperimentare il sesso e superare la mia anorgasmia, cosa che anche il tuo capitano mi ha negato e per fortuna direi, dato che avrei solamente alimentato le tue folli e inspiegabili tesi campate in aria!»
Jimin si fece pensieroso e stranamente taciturno.
«E allora perché non lo hai chiesto a me?» Tagliò corto Jimin serrando i pugni. Erika sbatté le ciglia più volte, confusa «Perché sei andata da Taehyung? Ti ho già specificato più volte di essere aperto a qualsiasi tua richiesta!»
Veramente stava parlando di ciò con Jimin? Perché era andata da Taehyung? bella domanda, era inevitabile ormai mentire sul fatto che lo trovasse tremendamente affascinante, il caso poi aveva voluto che fosse finita lì per parlare con lui, ma la conversazione aveva preso una piega leggermente diversa, finché il capitano non le avesse aperto gli occhi. Come si sarebbe sentita nel sapere di aver approfittato di un uomo nella sua solitudine? Di aver sguazzato nel territorio destinato ad un'altra donna? per giunta quella per cui avevano fatto tutto quel casino. E se alla fine avesse finito con l'innamorarsene come diceva Jimin? Rideva al solo pensiero di esser gettata via e scartata come niente una volta finita la missione, perché Taehyung da come aveva capito, avrebbe sempre scelto Karen. Con Jimin invece era tutto diverso, era sicura che non si sarebbe innamorata di lui, che lui non avrebbe mai amato lei e che tra loro non c'era qualcun altro a far battere il cuore del giovane trafficante. Quando aveva parlato di sindrome di Stoccolma, si riferiva veramente al fatto di nutrire affetto nei confronti di Jimin, ma niente più, come per Taehyung tutto era nato e sarebbe finito in una semplice attrazione fisica dovuta alla sua età e alla voglia di scoprire. Per Taehyung sarebbe stata un intralcio alla sua platonica e purtroppo traviata relazione, per Jimin sarebbe divenuta solo divertimento, cosa che anche lei cercava. Allora perché non aveva chiesto a lui? Erika non ci mise molto a tirare i fili e tessere una risposta concreta, non voleva sfamare la boria di quel saccente pirata.

No, hai paura di innamorarti di lui!

Cacciò via quel pensiero. In realtà aveva anche paura, paura che Jimin le ridesse in faccia una volta formulata la fatidica richiesta che tanto agonizzava e le sputasse velenoso un "NO" come risposta che l'avrebbe affossata nella vergogna, mentre lui continuava a crogiolarsi nella sua piccola vittoria. Ma ora sembrava serio, il suo sguardo, il suo viso, la sua voce, tutto di Jimin era estremamente convincente.
«E sia allora» Senza troppi preamboli, senza nemmeno dar tempo al pirata di capire cosa effettivamente stesse accadendo in quella stanza, Erika lo afferrò per il bavero della blusa e se lo tirò contro, permettendo così alle loro labbra di scontrarsi.

Hai fatto una cazzata assurda.

Sorpreso dalla foga della ragazza Jimin rimase congelato sul posto, la guardò esterrefatto, trovandola con gli occhi chiusi e impacciata, immobile nel suo bacio a stampo. Sorrise Jimin, solleticando con quel movimento la morbida bocca della donna con l'anellino che aveva alle labbra carnose e leggermente screpolate dalle intemperie. Gli passò una mano sul collo, risalendo piano lungo tutta la pelle liscia e bianca, finendo con le dita dietro la cute. Erika aprì gli occhi e permise a Jimin di specchiarsi in quelle stupende iridi color smeraldo, ma li richiuse nell'istante stesso in cui sentì la mano di lui serrare le dita sulla mascella e spingere dolcemente per farle schiudere la bocca, l'altra invece, si occupò di stringere le ciocche rosso fuoco e farle inclinare la testa. Erika si lasciò guidare, non si infastidì del fatto che qualcuno avesse toccato i suoi capelli e se ne sorprese, paventata, ma al tempo stesso elettrizzata di approfondire quel contatto. Nella sua vita aveva si, dato qualche bacio a stampo e anche con la lingua, ma il primo di questi era sempre un vero e proprio disastro, li ricordava come uno scontro di denti e scambio di saliva inutile, ma quel pirata sembrava proprio sicuro di cosa stesse facendo.
«Cominciamo dalle basi allora, mi sembra opportuno insegnarti a baciare, o farti avere un bacio come si deve» Le disse e le gambe di Erika fremettero nel momento stesso in cui le passò la lingua umida sulle labbra, Jimin aumentò la pressione delle dita facendole schiudere completamente la bocca e non attese oltre per darle ciò che voleva. Tornò a baciarla, strofinando sui denti di lei l'appendice calda, ma il vero sapore di Jimin arrivò al cervello, quando con essa sfiorò la punta della sua, ancora nascosta dietro al palato. Erika si trovò sopraffatta da una furia incontrollabile, furia che sapeva di sale e portava con sé ancora un leggero sentore di birra e improvvisamente non le fregò nulla di cosa le avrebbe fatto.
«Devi..devi lasciarti andare» La vogliosa richiesta le fece intuire che forse non stava del tutto svolgendo bene il suo dovere da allieva. Come già detto non le fregò nulla e lasciò che la sua lingua finalmente si intrecciasse con quella del ragazzo. La cassa toracica di Erika vibrò per l'agitazione, le gambe si aprirono accogliendo il corpo del pirata che si accostò ancor di più contro il suo, e non vi fu sensazione più appagante di sentire Jimin gemere nella sua bocca per quella richiesta a cui aveva dato ascolto.
Il contrabbandiere era in grado di dar vita a tali suoni? Oh certo che lo era, Jimin amava far sentire al suo partner quanto stesse amando ciò che stavano facendo, lo trovava erotico, così sporco ma giusto allo stesso tempo da diventare una regola non scritta per lui, ma sempre valida. In compenso le curiosità della dottoressa ebbero un risvolto interessante. Non avrebbe mai creduto che la lingua di una persona potesse essere considerata una zona tanto erogena, ma Jimin ovviamente l'aveva smentita, e stavolta per davvero, e si era ritrovata a far danzare la sua, più piccola
e meno esperta, con quella più lunga e capace del ragazzo, che fino a quel momento aveva solo considerato tagliente e meritevole di amputazione. Ringraziò Dio per non averlo fatto. Durò abbastanza a dire il vero, tanto quanto il pirata ritenne giusto farle mancare aria e per farle capire lo sbaglio enorme che aveva commesso nel privarsi di alcune cose emozionanti come un semplice bacio con lui, che poi si rivelò anche più complesso di quanto pensasse. Ma alla fine Jimin si staccò e un fremito involontario del suo corpo la spinsero ad avanzare verso di lui, ma la razionalità la fermò ancora una volta, perché non le pareva il caso di implorare Jimin per averne ancora, sarebbe stato a dir poco imbarazzante. Tornando con il fiato nei polmoni e la lucidità che le serviva, la rossa guardò il pirata tutto compiaciuto. Sembrava felice e soddisfatto del lavoro che aveva svolto, e lei non poté che ammirare il suo. Jimin aveva le labbra gonfie, gli occhi famelici e i capelli corvini leggermente scompigliati. Si chiese a sua volta come fosse ridotta lei, ma dallo sguardo di lui, voglioso e predatorio comprese forse, di avere un briciolo di sensualità femminile e di questo gli fu grata.
Nessuno l'aveva mai guardata così.
Nessuno.

«Per stavolta basta così» Jimin si alzò e si sistemò la camicia, Erika non ricordava invece nemmeno di avergliela stropicciata tanto con le mani. Lo vide prendere la giacca, pronto a fuggire o andare chissà dove, forse voleva fare colazione o magari starsene per i fatti suoi. La concezione che fosse rimasto deluso dal bacio le fece provare un insolita delusione.
«Se vorrai la prossima volta approfondiremo l'argomento, vado a lavarmi.. e con acqua fredda ne ho estremo bisogno»
Erika ringraziò il cielo, ma arrossì proprio per sua natura nel sentire ciò. Allora, non doveva avergli fatto per nulla schifo. Si sistemò anche lei e si tirò su per cambiarsi d'abito, ma prima che Jimin potesse lasciare la stanza una domanda le balenò in testa.
«Cosa ti fa cedere che non mi innamorerò di te invece? Non sarebbe uno sbaglio come con Taehyung?» Domandò, marcando a fuoco la penultima parola. Il pirata si fermò sulla soglia e sorrise sotto un ciuffo ribelle di capelli corvini.
«Se mai tu dovessi innamorarti di me, ti costringerei a bere un calice di birra saturo di veleno, sarebbe un destino molto meno crudele»
Erika rispose alla sua risata ma passò superficialmente oltre quell'avvertimento.
«Jimin, se mai dovessi innamorarmi di te..lo berrei volentieri»


•••

🏴‍☠️Angolo della ciurma:
...devo aggiungere altro? No. Voglio solo essere baciata da Jimin.
Commento a freddo, di poche parole, ma chiaro e conciso. Erika ti invidio tantissimo 🙃

-ChZzz 🖤

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