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Tokyo, 24 Dicembre
Ore 20.00
Sasuke alzò appena lo sguardo quando sentì qualcuno alla porta bussare due volte di seguito.
Subito aveva puntato i suoi occhi color pece alla porta, prendendosi una brevissima pausa, di appena qualche secondo, dal lavoro.
Credeva di essere rimasto l'unico nell'edificio a quell'ora: tutti i dipendenti, o meglio quelli che erano venuti a lavorare anche la Vigilia di Natale costretti dal capo, se ne dovevano già essere andati da almeno un'ora buona.
Quando, poi, aveva intravisto, dietro alla porta di vetro satinato, la figura slanciata dell'uomo che aveva bussato, si era ricordato che, alla fine, c'era qualcuno nella sua stessa situazione.
"Avanti." Aveva detto, dando il permesso di entrare, ritornando con gli occhi sul computer, studiando attentamente ogni parola o numero che apparivano sulla schermata.
Un uomo aprì lentamente la porta, facendo la sua entrata nell'ufficio del ragazzo molto più giovane di lui che stava alla scrivania.
Si avvicinò, con passi lenti e scostanti, con una mano in tasca e l'altra che sorreggeva una busta bianca di cartone, adornata con un fiocco rosso di tessuto, piuttosto appariscente.
"Sasuke, ancora a lavorare?" Chiese, in un sospiro sconsolato, osservando il corvino mentre faceva scorrere le pupille color pece da un lato all'altro dello schermo.
"È un problema se faccio gli straordinari?" Rispose, secco, muovendo appena le labbra.
L'altro non sembrò felice della risposta ricevuta.
Emise un altro sospiro e abbassò le spalle, in segno di resa, avvolte nell'abito nero.
"Non lo sarebbe se non fosse la Vigilia di Natale." Gli disse, allora, poggiandogli sul tavolo di vetro, la busta.
Sasuke fermò il movimento del mouse, che faceva scorerre sul tappetino con la mano destra, mentre con la sinistra si teneva il mento, strofinandoselo con l'indice.
Alzò finalmente gli occhi verso l'uomo, che, ora, lo stava guardando sorridendo o, almeno, così aveva intuito dagli occhi che si erano chiusi, l'unica parte del viso scoperta.
Si abbandonò sulla poltrona girevole di pelle nera, incrociando le braccia al petto, prima di lanciare un'altra occhiata di disapprovazione all'altro e al sacchetto.
"Grazie, ma non era necessario, Kakashi-sensei." Disse, poi, sospirando seccato.
L'uomo, con i capelli argentati e il viso ricoperto da una mascherina chirurguca che lasciava visibili solo gli occhi tra cui uno chiuso solcato da una cicatrice in verticale, tornò serio, infilandosi anche l'altra mano in tasca.
"Ogni anno dici sempre così." Ribattè, spostando l'unico occhio buono alla vetrata alle spalle dell'altro, scrutando al di fuori del palazzo.
"Ma ogni anno continua con i regali."
L'ultima parola venne pronunciata in modo più duro e aspro, del resto della frase, come se il gesto dell'altro fosse una presa in giro nei suoi confronti.
Ma in realtà Sasuke sapeva bene che non erano quelle l'intenzioni di uno dei soci dell'azienda nonchè suo tutore, che lo conosceva da quando era piccolo, sapeva bene la sua storia e non si sarebbe mai permesso di deriderlo, avendo vissuto con lui ogni situazione.
Kakashi Hatake, oltre che una parte fondamentale dell'impresa, era anche un suo caro amico di famiglia, forse l'unico di cui davvero si fidasse.
Sasuke sapeva che ogni gesto compiuto nei suoi confronti, era solo per il suo bene.
In tutti quegli anni l'Hatake non aveva mai avuto interessi secondari, aveva badato a lui, solo per amicizia e rispetto nei confronti della sua famiglia.
Dopo l'abbandono e successivamente la morte di suo fratello Itachi era stato lui a prendersi cura degli affari e del giovane che avrebbe dovuto, una volta compiuta la maggior età, prendere le redini dell'Uchiha Corporation, una delle più note e potenti aziende familiari igenico-sanitarie del Giappone, fondata quasi cento anni prima della nascita del novello proprietario Sasuke Uchiha, appena ventenne.
"Aaah... Sasuke, Sasuke." Sbuffò, scuotendo il capo, mentre l'interessatato rimaneva impassibile, seduto, aspettando che l'altro parlasse, nonostante sapesse già cosa volesse dirgli; eppure nessuno dei due era ancora arrivato al punto di darla vinta all'altro, facendo qualcosa di diverso.
"Perchè invece di startene chiuso qui non vai a festeggiare con i tuoi amici? Ti staranno aspettando.
Sei sempre così impegnato che non ti vedranno da chissà quanto." Lo incoraggiò l'Hatake, aggirando la scrivania e giungendo alle spalle dell'altro, avvicinandosi di più alla vetrata.
"Perchè non ho tempo per festeggiamenti inutili, ho cose più importanti a cui pensare.
E, poi, sai bene che non amo il Natale." Rispose il giovane, riavvicinandosi al computer.
Oltre che ad essere il proprietario e il direttore dell'azienda, che cervava di amministrare nei migliori dei modi, seguito dal sensei, Sasuke studiava all'università, cercando di ottenere il diploma il prima possibile, in modo da potersi occupare a tempo pieno dell'attività familiare.
Adesso che le scuole avevano chiuso, aveva il tempo di studiare più attentamente le condizioni dell'esercizio, non avrebbe sprecato un giorno per dedicarlo ai festeggiamenti di una festa tanto infantile come il Natale.
All'Uchiha non piaceva per niente questa festività, a suo parere era una delle tante feste commerciali che esistevano, una scusa usata dalle persone per non lavorare, farsi regali e fingersi buoni e felici per un giorno, dimenticandosi di tutto il resto.
Odiava tutto ciò che riguardava quel periodo.
Tutte quelle decorazioni pacchiane, le canzoni ridicole e stonate cantate dai bambini e soprattutto le luci, quelle dannate luci colorate, intermittenti, che tanto gli davano fastidio agli occhi, accecandolo.
L'uomo si passò una mano tra i capelli, grattandosi la testa.
Guardava fuori, dove i palazzi era adornati da insegne che auguravano buone feste dando un po' di colore alla città velata dallo strato di smog e con il cielo di un blu intenso, tendente al nero.
Sapeva che lo stato d'animo di Sasuke, che non era mai stato fin troppo allegro, in quel periodo si incupiva ancor di più, tanto che il ragazzo si chiudeva in se stesso maggiormente, diventando molto più irrascibile del solito.
I brutti ricordi legati a quel periodo dell'anno infestavano la mente del corvino, peggiorandogli notevolmente l'umore.
Era difficile mettere da parte il passato, ma quegli avvenimenti lontani non dovevano precludergli di potersi divertire e svagarsi un po', dimenticando tutto lo stress e le responsabilità che aveva durante il resto dell'anno, o almeno, provarci.
Era solo un ragazzo, eppure si era già fatto carico di tante mansioni, compiti fin troppo grandi per lui; Sasuke aveva bisogno di liberarsi un po' dallo stato di schiavitù e alienamento a cui si sottoponeva.
Tutti gli anni Kakashi tentava di spronarlo a uscire di più e a far festa con i coetanei, ma l'Uchiha non gli aveva mai dato retta, al contrario il ragazzo continuava a rimanere immerso nello studio, senza mai darsi pace.
Tuttavia, sebbene il suo carattere non fosse dei migliori, gli amici non gli mancavano, per ora.
Kakashi li aveva conosciuti personalmente e aveva constatato quanto fossero vicini al suo protetto, gli volevano un gran bene nonostante tutto; il tutore sapeva, però, che se fosse andato avanti ad ignorarli, prima o poi si sarebbero stancati di aspettarlo, lasciandolo solo.
Kakashi non voleva assolutamente che Sasuke rimanesse solo: la solitudine è il peggiore dei mali, ti distrugge lentamente portandoti alla depressione, sfruttando ogni tuo singolo ricordo e pensiero negativo.
L'Uchiha cercava rifugio nel lavoro proprio per sviare tutto questo, ma in realtà così facendo stava solo peggiorando la situazione.
"Ascoltami Sasuke." Riprese a parlare Kakashi, dopo un lungo silenzio, ritornando davanti a lui.
"Lo so che non vuoi che tutti gli anni ti ripeta le solite cose, però dovresti provarci, almeno una volta a fare qualcosa di diverso invece che passare questi due giorni chiuso in ufficio, da solo, sperando di non ricordare immergendoti nel lavoro." Finì di dire, con il suo tono calmo.
Kakashi lo conosceva bene e, soprattutto, sapeva bene cosa voleva dire essere solo e depresso.
Sasuke, di risposta, alzò un sopracciglio, prendendo un lungo respiro.
Lo stava infastidendo, non riusciva a concentrarsi pienamente e ciò non andava bene: doveva liquidare il sensei e i suoi discorsi melensi il prima possibile.
"Le sembro uno che va in giro vestito di rosso a cantare facendo finta che vada tutto bene?
Le ho già detto che preferisco occupare le miei giornate in altri modi e poi se non mando avanti io il lavoro non lo farà nessuno in questi giorni.
Ora, se non le dispiace, dovrei finire di riguardare questi documenti." Cercò di tagliare corto, mentre aguzzava lo sguardo sullo schermo.
L'altro alzò gli occhi al soffitto color crema: Sasuke era una testa dura e a volte era anche un po' troppo quereloso.
"Sai bene che non intendevo quello, la stai facendo più pesante di quello che è.
E ti ricordo che se è del lavoro che ti preoccupi, ci sono sempre io qui che ti posso dare il cambio, pur di non vederti anche solo per un giorno chiuso in questa campana di vetro." Gli rispose, non intento ad andarsene.
L'Uchiha alzò di nuovo un sopracciglio dall'irritazione mentre cercava di ignorare l'uomo: magari così se ne sarebbe andato lasciandolo tranquillo, quest'anno sembrava più insistente degli anni addietro.
Continuò così indisturbato a lavorare, controllandolo con la coda dell'occhio, sperando che si decidesse ad uscire dal suo ufficio.
Non capiva perchè continuasse ad ostinarsi a volerlo far uscire a divertirsi trascurando il lavoro, proprio lui che era sempre stato così dedito a ciò che faceva.
"Ho capito... me ne vado." Si arrese l'Hatake, alzando le mani, dopo averle estratte dalle tasche, in segno di resa.
Era inutile continuare ad insistere, era meglio non infastidirlo ancora: anche questa volta aveva fallito malamente nella sua missione di salvarlo dall'asocialità.
"Era ora..." Rispose schietto, roteando gli occhi.
Uno sbuffò trapassò la mascherina bianca davanti alla bocca del maggiore.
Sasuke non aveva mai capito il motivo per il quale la indossasse, sapeva solo che non se l'era mai tolta da quando lo conosceva, non aveva nessun ricordo del suo viso.
Probabilmente doveva essere germofobico o ipocondriaco, oppure avere qualche allergia a lui sconosciuta, ma sinceramente non gli importava più di tanto.
Si voltò per avviarsi verso la porta, fermandosi dopo qualche passo.
Il giovane, che aveva seguito ogni suo movimento, si bloccò nel lavoro.
Stava quasi per alzarsi e cacciarlo dall'ufficio a calci, ma si trattenne, cercando di calmarsi.
"Non fare come ho fatto io, Sasuke.
Pensando solo a lavorare ti perderai una gran bella parte della tua vita, rischiando di rimanere solo." Parlò di nuovo Kakashi, rimanendo immobile, a metà strada tra la porta e la scrivania.
"Non vorrai passare le feste a leggere libri porno e accarezzare cani, spero." Aggiunse, girandosi appena verso di lui e sorridendo, continuando poi a camminare.
Il corvino rimase stupito da quelle parole.
Sapeva della vita passata del sensei, raccontatagli con fatica un giorno in cui si era ubriacato pesantemente, annegando i ricordi nell'acool.
Suo padre, un uomo un tempo di successo, si era suicidato per via della perdita del lavoro quando Kakashi era ancora piccolo.
Negli anni seguenti era poi stato in una struttura privata, dove aveva conosciuto un uomo, il suo maestro, che era diventato il suo punto di riferimento, ma poco dopo morì anche quest'ultimo, in un incidente, insieme alla moglie che aveva appena partorito.
In seguito aveva poi dedicato la sua vita allo studio e al lavoro, facendo strada in fretta e iniziando a lavorare all'Uchiha Corporations, dove ormai era stabile da più di dieci anni.
Kakashi aprì la porta, alzando la mano in segno di saluto, prima di uscire.
"Sensei, aspetti." Lo fermò il minore, ricordatosi di una cosa.
Subitò l'Hatake si girò, speranzoso di aver suscitato un cambiamento nel giovane.
Il corvino aprì diversi cassetti, più volte, imprecando mentalmente di non ricordarsi dove avesse messo l'oggetto che stava cercando.
Finalmente, dopo vari tentativi, estrasse un pacchetto, o almeno quello che doveva somigliare a uno di essi: un semplice fiocco di carta verde era appiccicata con dello scotch su un libro.
L'uomo intanto si era riavvicinato alla postazione dell'Uchiha, osservandolo intento a cercare qualcosa.
"Ecco... il suo regalo." Disse Sasuke, allungando il braccio verso di lui.
Ogni anno si ripromettevano di non farsi regali, ma puntualmente l'Hatake veniva a meno alla promessa, così il ragazzo era costretto a ricambiare, comprandogliene uno a sua volta, dandoglielo poi rientrati dalle vacanze, non avendo pensato a comprarglielo prima.
Quest'anno però era stato prevenuto e ci aveva pensato a tempo debito.
L'uomo afferrò dalla mano di Sasuke l'ogetto, rigirandoselo tra le mani, scrutandolo attentamente, giudicandolo.
Sorrise, volgendogli uno sguardo complice.
"Il Paradiso della Pomiciata. Questa è una versione esclusiva, non è facile averla." Commentò, soddisfatto.
"Stai parlando con un Uchiha, niente è impossibile per me." Ghignò, portandosi le mani davanti alla bocca.
Il tutore scosse la testa, continuando a ridere.
"Ti ringrazio...
So cosa fare stasera." Rispose poco dopo, con tono allusivo, ripercorrendo il percorso verso l'uscita.
"E tu stare troppo attaccato a quell'aggeggio infernale: lo sai che non ti fa bene agli occhi." Aggiunse, indicando il computer con il dito.
"Si sensei... ora se ne vada, mi ha già fatto perdere troppo tempo." Sbuffò, rimanendo nella sua posizione stoica.
Kakashi aprì la porta, uscendo dalla stanza, chiudendola, poi, lentamente.
"Sta sera nevica se ti sei ricordato di darmi il regalo in tempo.
Chissà che non avvenga qualche miracolo!" Esordì a gran voce, scherzosamente, mentre chiudeva la porta di vetro, senza dare il tempo all'Uchiha di ribattere.
[2111 parole] - 22 Dicembre 2017
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