弐 (ni)

"La nuova villain in circolazione si fa chiamare 'Blood Queen', nome che calza a pennello con il modo in cui ha tolto la vita al rinomato Pro Hero Gunhead la scorsa notte. Dopo il tragico evento si sono perse le sue tracce, le uniche testimonianze sono quelle dei passanti che hanno assistito alle sue gesta criminali."

La donna che annuncia le ultime notizie sta inscenando la sua migliore espressione addolorata, è un'attrice nata. Il trucco perfettamente intatto fa capire ancora di più quanto i suoi occhi siano in realtà asciutti.

"Passo ora la parola alla mia collaboratrice, in collegamento dalla scena del crimine."

La scena cambia, dallo studio televisivo perfettamente in ordine alla via di cui stanno parlando tutti i notiziari della zona. Una donna dai capelli estremamente ricci è in piedi accanto a quella che dovrebbe essere la macchia di sangue lasciata dal corpo dell'eroe, ora coperta da un immacolato telo bianco.

"Buongiorno, anche se di buono non ci ha ancora portato niente questa giornata. Mi trovo nel punto esatto in cui Blood Queen ha assassinato Gunhead, la polizia sta ancora indagando per trovare anche solo un indizio che ci aiuti a scovare la temibile criminale."

Vari poliziotti in uniformi blu scuro si muovono freneticamente sullo sfondo, scambiandosi informazioni e direttive. Tra di essi, scorgo persino qualche Pro Hero di pattuglia.

"È con noi la persona che ha allertato le forze dell'ordine sull'accaduto."

Accanto alla giornalista vedo spuntare un volto familiare. Si tratta della stessa ragazza a cui ho svelato il mio nome da villain, la stessa che ha implorato la mia pietà in ginocchio.

"Vuole aggiungere qualcosa?"

Noto dei brividi attraversarle la schiena, lo shock ancora non l'ha abbandonata del tutto.

"I suoi occhi..." mormora, "non erano quelli di un essere umano. Lei era il predatore, mentre noi eravamo tutti sue prede."

Il suo tremore aumenta, si afferra la testa con le mani e poi, improvvisamente, si lancia contro la telecamera, agguantandola con forza. Il suo respiro veloce lascia un alone sul vetro dell'obbiettivo.

"HO FATTO QUELLO CHE VOLEVI!" Ha gli occhi spalancati in un'espressione di puro terrore. "LASCIAMI IN PACE, TI PREGO!"

Spengo la televisione con un sorriso soddisfatto dipinto sulle labbra, accavallo le gambe sul basso tavolino di legno davanti ad essa e mi metto ancora più comoda sul divano di stoffa verde smeraldo.

"Che bello quando le cose vanno come programmato" dico, rivolgendomi a Shoto.

Quest'ultimo è intento a sminuzzare finemente delle verdure dall'altra parte della stanza, il rumore ritmico del coltello giunge fino a me.

Viviamo all'ultimo piano di un palazzo apparentemente in rovina, quindi ben nascosto dal resto della società. Nonostante ciò, l'ambiente è abbastanza confortevole.
Abbiamo una stanza adibita a salotto e cucina. Gli arredi sono di legno scuro, mentre le superfici di marmo verde, venato d'argento, sono tutte lucidate a specchio. Un tavolo quadrato spartisce l'ambiente a metà: a destra l'ingresso - con l'appendiabiti slanciato e un piccolo caminetto usato come portaoggetti -, il divano ad U e il televisore; a sinistra tutto ciò che non può mancare in una cucina, tra cui fornelli ad induzione, frigo in stile americano di un nero lucido e varie credenze con i vetri ad ovale.

Il lato positivo di appartenere ad una famiglia ricca è che, anche vivendo una vita da criminale, puoi stare in una bella casa.

Varcata la prima porta dopo quella d'ingresso, si entra in una specie di palestra, ovvero una stanza tappezzata di specchi con qualsiasi genere di attrezzo e il pavimento di legno chiaro. Da questa si accede al bagno della casa e, infine, alla camera da letto.

Questo è tutto.

"Intendi dire quando riesci a terrorizzare più persone possibili?"
La risposta del bicolore non si fa attendere.

"Si...anche" ridacchio, abbandonando la testa all'indietro per gettargli un'occhiata in tralice.

Alza gli occhi al cielo. "Io ancora mi chiedo come mai la nostra squadra funzioni così bene, visto che noi due non abbiamo nulla in comune."

Mi alzo agilmente dalla comoda seduta e lo raggiungo, per poi circondargli da dietro il busto con le braccia e posare il mento sulla sua spalla sinistra.

"I motivi sono due: siamo amici da una vita e, anche se non lo ammetterai mai apertamente, so che mi vuoi bene, ma soprattutto, sai cucinare divinamente."

Lo sento sbuffare. "Non so davvero cosa mangeresti se non ci fossi io."

Ci penso sù. "Imparerei a fare la fotosintesi, sarebbe l'unica soluzione."

Inclina la testa da un lato, permettendo così alla luce del cucinino di illuminargli la cicatrice. Sollevo una mano e gli passo delicatamente le dita sulle strisce che si allungano sulla guancia.

Ricordo perfettamente il giorno in cui lui si è presentato da me con il volto sanguinante e la pelle che emanava un penetrante odore di carne bruciata. Era stata la sera in cui avevamo deciso di abbandonare tutto e darci alla vita che facciamo ora.
Non poteva più sopportare di essere accomunato a suo padre, così aveva fatto qualcosa che gli avrebbe ricordato per sempre che Shoto non è Endeavor.

Il bicolore si volta completamente verso di me poggiando la schiena contro il ripiano della cucina, le braccia incrociate al petto.

"Sei ancora preoccupata per me."
Non è una domanda.

"Le ferite guariscono, ma le cicatrici restano. Sono sempre lì, a ricordarci le nostre debolezze, i nostri errori, le nostre delusioni. Come un messaggio inciso sulla pelle, qualcosa che, qualunque cosa facciamo, non sparirà mai del tutto."

Il suo profumo leggero mi avvolge quando mi ritrovo stretta tra le sue braccia, la testa posata sopra la mia.
Mi rilasso istantaneamente, non mi ero accorta di avere ancora i muscoli tesi da dopo la nostra 'missione'.

"Non stai parlando solo di me, vero?"

Scuoto la testa contro il suo petto, il ritmo lento del suo cuore è come una melodia. "Spero solo che le persone capiscano il messaggio che voglio darli. Ho passato troppo tempo a nascondermi, è arrivata l'ora di affrontare il mio passato."

Mi separo dall'abbraccio e afferro il coltello posato sul ripiano alle spalle di Shoto, rigirandomelo tra le mani. La lama lucida riflette i miei occhi, in quel momento mi tornano in mente le parole di quella ragazza.

"Non sarò più una preda." Stringo il manico tra le dita fino a che le nocche non mi diventano bianche. "Sarò il predatore. E tutti quelli che ci hanno fatto del male pagheranno, te lo prometto Shoto."

L'ombra di un sorriso gli piega le labbra, mi accarezza dolcemente la testa senza staccare gli occhi dai miei.

"E io sarò al tuo fianco, sempre."

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