什弐 (jū ni)
Anni prima.
Le fiamme scoppiettavano come pop-corn nel microonde, l'unica differenza era che non si percepiva nell'aria il rassicurante profumo di mais. Al contrario, l'odore di bruciato mi pizzicava le narici e mi faceva bruciare la gola. Attraverso le lacrime che mi appannavano la vista - rendendo tutto sfuocato come quando apri gli occhi sott'acqua - riuscivo a scorgere soltanto il rosso del fuoco e il nero dei materiali carbonizzati.
Non ero restata immobile come tutte quelle persone che ora avevano creato una sorta di cordone umano fuori dall'edificio, insieme a diversi giornalisti che riprendevano in diretta la scena con le loro telecronache piene di finto pathos.
Io ero corsa dentro senza nemmeno pensarci. 'È quello che fanno gli eroi' avevo pensato.
Ma ora mi rendevo conto che gli eroi - quelli veri -, prima di buttarsi a capofitto nelle loro imprese, creano un piano d'attacco. Io invece non avevo pensato ad altro se non a dimostrare che, nonostante il mio quirk spaventoso, potevo salvare delle vite.
Il palazzo aveva preso fuoco per colpa di un guasto al sistema di riscaldamento: da un appartamento le fiamme si erano diffuse a macchia d'olio in pochissimo tempo, complici i materiali facilmente infiammabili che componevano la maggior parte dell'arredamento orientale.
Mi portai un braccio davanti al naso per cercare di inalare meno fumo possibile, la tosse mi scuoteva da capo a piedi rendendo i miei movimenti più instabili di quello che avrei voluto.
Attraversai nuovamente l'ingresso del palazzo, senza l'aiuto di qualcuno il mio quirk era totalmente inutile in situazioni come quelle.
Scorsi velocemente con lo sguardo i volti delle decine di persone che hanno circondato la zona, fino a che un viso familiare non attirò la mia attenzione.
Era un ragazzo che frequentava la mia stessa scuola, se ricordavo bene era in grado di controllare il vapore presente nell'atmosfera.
Mi avvicinai di corsa a lui. "Devi fare qualcosa!" esclamai, afferrandolo per le spalle e scuotendolo leggermente.
Lui scosse la testa come se fosse bloccato in una specie di trans. "Gli Eroi stanno arrivando, non possiamo fare nulla" mi rispose, atono.
"Ti sbagli!" ritentai, "usa il vapore attorno al palazzo per domare le fiamme che hanno ricoperto le scale, così le persone potranno cominciare ad abbandonare i loro appartenenti senza mettere in pericolo nessuno."
Nonostante fossi convinta che il mio era un piano che poteva funzionare, il ragazzo sembrava non avere intenzione di aiutarmi.
Gli tirai un pugno sul petto.
"AIUTAMI, DANNAZIONE!"
I suoi occhi verdi rimasero fissi sull'edificio, come se fosse ipnotizzato dalle spirali create dalle fiamme. I capelli scuri creavano un'aureola attorno alla sua testa, donandogli un aspetto da angelo.
'Angelo un cavolo, fifone direi!'
Mi massaggiai la sommità del naso, cercando qualche alternativa su come agire. L'unica che mi venne in mente, però, era quella che speravo di dover scartare fin dall'inizio.
"Il tuo potere fa parte di te e devi imparare ad accettarlo. Non esistono quirk buoni o malvagi, il tutto sta in come noi decidiamo di usarli."
Le parole che Touya, il fratello maggiore del mio migliore - e unico - amico Shoto, mi ritornarono in mente. Era una delle poche persone che mi avevano sempre trattata gentilmente: mi fidavo di lui.
"Mi dispiace" sussurrai, prima di piantare i canini nel collo del ragazzo.
In quel preciso istante lui parve ritornare perfettamente lucido. Mi afferrò per la vita nel tentativo di allontanarmi, mentre un urlo terrorizzato gli risaliva lungo la gola.
Mi staccai da lui qualche secondo più tardi, l'espressione ancora più spaventata della sua. Era la prima volta che usavo quel lato del mio quirk... o meglio, che lo usavo consapevolmente.
Mesi prima stavo giocando con Shoto e, tanto per fargli uno scherzo, gli avevo tirato un piccolo morso sulla spalla. Non avrei mai pensato che i miei canini sarebbero cresciuti e diventati più affilati in quel momento, o che avrei cominciato a bere il suo sangue come se quello fosse stato il mio istinto innato.
Subito dopo ero stata capace di replicare il suo quirk.
Ho perso il conto per le volte in cui mi sono scusata. Ma lui era sempre stato comprensivo con me e si era limitato a rifilarmi un 'Non fa nulla, non l'hai fatto apposta' per ogni volta che lo facevo.
Mi pulii con uno scatto secco il sangue che mi era colato lungo il mento, cercando di ignorare gli sguardi disgustati delle persone che avevano assistito alla scena e quello terrorizzato del ragazzo davanti a me.
Era come se questi mi trasmettessero un'unica parola: mostro.
Alla fine tutto andò come avevo calcolato: il quirk del ragazzo mi permise di liberare dalla morsa del fuoco tutte le persone intrappolate nell'edificio e, quando finalmente gli Hero si presentarono sul posto, dovettero occuparsi soltanto di spegnere le fiamme restanti.
Un senso di leggerezza mi pervase il petto, quella stessa sensazione che si prova quando si fa una buona azione e ci si sente in pace con sè stessi.
Sensazione che durò ben poco, giusto il tempo di posare nuovamente gli occhi sulla folla che ancora circondava la zona. Nelle loro espressioni non leggevo affatto l'ammirazione che speravo, al contrario, continuavano a guardarmi come se il cattivo fossi io.
"È la ragazza che ha aggredito Akihiro!" urlò un uomo dall'aspetto simile al ragazzo in questione, suo padre forse.
"Sei un mostro!" esclamò una signora poco distante.
"Catturatela!"
Mi portai le mani sulle orecchie, come una bambina spaventata da un temporale. Le lacrime minacciavano di rigarmi le guance di lì a poco.
"Non dovrebbero esistere quirk come il tuo!"
Cominciai a correre, schivando tutte quelle figure che tentavano di afferrarmi. Il petto ormai scosso dai singhiozzi.
"Dovevi bruciare insieme al palazzo!"
Quella fu l'ultima volta in cui sperai di poter cambiare l'opinione della società su di me: se mi vedevano come un mostro, allora lo sarei diventato sul serio.
Oggi.
"In quel momento giurai che avrei avuto la mia vendetta" concludo, sollevando finalmente lo sguardo su Touya. "Avrei fatto capire a tutte quelle persone che nemmeno gli Hero sarebbero stati capaci di proteggerle."
Un secondo più tardi mi ritrovo ingabbiata tra le sue braccia, stretta in un abbraccio.
"Non avevo idea che..." si blocca, la voce strozzata dalla rabbia. "Non ti meritavi tutto quello!"
Faccio un sospiro, accoccolandomi sul suo petto. "Non sempre i cattivi sono nati come tali. A volte sono stati costretti a diventarlo per proteggersi da un mondo che non li ha mai accettati."
Gli poso un bacio leggero sulle labbra.
"Ma ora il mio mondo sei tu. E non mi sono mai sentita più al sicuro di così."
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top