5. (𝕷𝖞𝖆𝖒)

La situazione era un totale disastro e fin dal primo istante Lyam non aveva saputo come reagire. Era frastornato dagli eventi, afflitto dalla totale mancanza di una prospettiva e per l'ennesima volta interpretava la parte dell'anello più debole. La componente fragile del loro improbabile duo, o forse solo quella che non era mai stata davvero convinta.

Fawn era stata il motore di tutto dal primo giorno, da quando avevano scelto di vagabondare per la brughiera senza un reale piano e lui non aveva trovato appigli per sottrarsi. Era passato un anno intero e la rabbia cieca che l'aveva avvolta non accennava a placarsi, neanche un po' e neanche a quel punto.

Fino a farli finire lì, in quella condizione senza speranza: l'ennesimo tentativo di portare a termine un qualcosa andato in fumo, loro prigionieri, lui sempre più stanco...

Eppure, lei non riusciva a mettere un freno a quei sentimenti, non ancora. La guardava da lontano e la vedeva dibattersi come una belva in gabbia, mentre cercava di liberarsi dalle catene e fare piazza pulita dei propri nemici. Spesso, Lyam credeva che Fawn non si rendesse nemmeno conto di chi fossero i veri nemici. Aveva l'impressione di vederla combattere contro qualcosa di invisibile. Se la immaginava nel giorno in cui, dopo aver distrutto tutto, si sarebbe guardata attorno per rendersi conto di non avere più nulla da rincorrere.

Finché Dylam era esistito, la speranza di vederla in pace era stata reale, tangibile. Fawn era stata un'altra persona, qualcosa che ormai non riusciva più a riconoscerle addosso: sorridente, ammorbidita, a tratti persino in grado di esercitare gentilezza. Poi era successo ciò che nessuno di loro due amava ricordare e anche quel piccolo miracolo si era spento. Da quel giorno, c'erano stati solo più fuoco e ira.

Dopo il disastro si era ripromesso di non abbandonarla, di seguirla nonostante tutto. Un po' per starle vicino, ma la verità era che lui stesso non avrebbe saputo dove andare: forse tutto il senso del loro rapporto si concentrava lì, nelle loro solitudini che ormai si erano intrecciate in maniera indissolubile.

All'inizio aveva cercato di motivarsi, di concedersi una ragione personale per cui pensare di continuare e portare avanti il proposito ideato da Fawn: ottenere vendetta, fare qualcosa che aiutasse a liberare Agonos dal giogo di Proteo e dei suoi, vedere finalmente una parvenza di libertà per quella razza di cui entrambi facevano parte. Immaginare un futuro privo dell'intolleranza a cui era abituato da tutta la vita. Sogni, fantasie che avevano sullo sfondo un viso meraviglioso contornato da capelli biondi, e due occhi ormai irraggiungibili.

Lyam lo sapeva, non poteva paragonarsi a Fawn e non aveva la facoltà di comprendere il dolore privo di ritorno che era stata costretta a vivere. Il suo sogno segreto era ancora vivo, respirava e forse, ogni tanto, pensava persino a lui. Si limitava ad accarezzarlo in silenzio, senza avere il coraggio di parlarne con la sua amica e di far uscire ciò che covava nel petto. Piangere, disperarsi, dirle quanto anche lui soffrisse per quel qualcuno che sentiva sempre più lontano... Non riusciva a farlo per rispetto e si limitava a starsene lì, a non contraddirla e a osservarla dibattersi. Le era rimasto accanto con pazienza, ripromettendosi che non avrebbe mai avuto il coraggio di lasciarla al suo destino.

Fino a quella mattina.

Ormai l'aria di Agonos stava virando verso il freddo appuntito che conosceva da tempo, segno che l'estate era già un ricordo da lasciar andare via. Era stato svegliato coi soliti modi bruschi che quelle guardie reali gli avevano dedicato dal primo istante, e lui aveva obbedito senza battere ciglio. Piegarsi a qualcuno più forte di lui era un atteggiamento di cui il suo spirito era impregnato da tutta la vita, inutile pensare di reagire proprio a quel punto. Era pronto a un'altra giornata e alla solita camminata veloce e sfiancante, da passare nel silenzio assoluto e con le mani legate dietro la schiena. Nessuno si azzardava a parlare con lui, e gli unici suoni che riceveva gli arrivavano da Fawn, direttamente nel cranio.

Ebbe un leggero moto di stupore, quando un soldato lo afferrò per un braccio e lo condusse distante dalla solita posizione che occupava nella compagnia. Notò Fawn che era già in piedi, poco più in là rispetto alla schiera di cavalieri in formazione. Il loro comandante li aspettava entrambi, sembrava avere qualcosa da dire. Frenò un brivido: quell'uomo era troppo alto, troppo solenne e al tempo stesso selvaggio, per lasciarlo tranquillo. Qualcosa nel disordine apparente che la sua immagine restituiva gli suscitava un terrore viscerale, che un'armatura tirata a lucido non avrebbe mai saputo fare.

Era stato sufficiente a farlo sbottonare, ormai tre giorni prima, nonostante le proteste rabbiose di Fawn. Si era deciso a parlare lui per entrambi e a rivelare a quel comandante che erano due semplici ribelli.

«Il nostro gruppo é stato dissolto ormai un anno fa, ma non abbiamo intenzioni diverse dalle vostre. Cercavamo di sopravvivere e poter dare fastidio a qualche gruppo di Disertori incontrati durante il percorso. Per noi si tratta di difesa personale».

Vero solo in parte, ma poteva bastare a far avere a quel Devon pietà di loro. Spingersi a rivelare come la sua amica tramasse per trovare Proteo e poterlo uccidere lei, in prima persona, non gli era sembrata una buona idea. Devon sembrava averci creduto, e doveva aver riflettuto sulle sue parole. Li aspettava per informarli del loro destino, quindi? Forse li avrebbe liberati, una buona volta... forse era più magnanimo di quanto credesse.

Si fermò e lanciò un'occhiata a Fawn, ma non ebbe il coraggio di inviarle alcun pensiero. Si limitò a trovare la forza di guardare il comandante, dopo aver piegato la testa in segno di sottomissione.

«Verrete con noi fino alla capitale. Ci sta attendendo il re: una volta lì, sarà lui a decidere cosa fare di voi».

La voce era profonda, dura e gelida, inquietante tanto quanto l'uomo che la possedeva. Eppure, quelle parole...

La stessa speranza che credeva di aver ucciso per sempre riapparve, resuscitata in un lampo grazie all'effetto di una singola frase. Rimase per un momento interdetto, fermo e con lo sguardo perso nel vuoto, prima di capire che la sua amica gli stava parlando in maniera concitata.

La ignorò, le inviò un breve «Ne parliamo dopo», e lasciò che una delle guardie lo riconducesse al fondo della carovana, dove camminava da giorni affiancato alle curatrici della compagnia. Il passo si era fatto leggero, ovattato, all'improvviso più sicuro.

Fawn tentò di comunicare con lui più volte nell'arco della giornata, ma non ottenne nulla di più che brevi risposte da parte sua. Stringate, concise, sufficienti a tenerla buona. Dentro il cuore di Lyam, un singolo proposito che credeva perso riaffiorò e si fece sempre più grande, ora dopo ora.

Arrivò il momento della cena, in cui finì vicino a lei ancora una volta. Mangiavano separati da uno spiazzo erboso, Fawn seduta su una radice sporgente e lui direttamente sul terreno. Si erano mischiati agli altri cavalieri. Il comandante in primis era lì, a sorvegliarli e impedire che facessero sciocchezze durante il tempo in cui li avevano slegati per potersi nutrire.

Controllare lei, più che altro.

Tutto ciò di cui Fawn aveva continuato a parlargli erano ridicoli tentativi di fuga, piani per sfuggire al giogo di quel tale, modi assurdi per uccidere l'intera cavalleria o fare almeno fuori lui. Ricominciò con la stessa tiritera...

«Dobbiamo muoverci, fare qualcosa prima che questi stronzi ci portino a superare il confine. Cosa ce ne facciamo della regione reale, il nostro compito è qui! Cosa vuole farci fare, secondo te? Consegnarci al sovrano e vederci pendere dalla forca più alta di Vasileya!».

«Non è detto, Fawn, non sappiamo cosa ha davvero in mente e forse la condanna non è l'unica strada che ci aspetta. Tanto vale aspettare e capire, provare a reagire adesso vorrebbe solo dire morte certa...».

«Lyam, io lo so a cosa stai pensando, ma non è una buona idea, è una follia! Lei se n'è andata, per tutti i fulmini, ti ha lasciato! Perché pensi ci sia ancora una possibilità?».

Forse lei aveva ragione. Forse credere di avere un'altra occasione era troppo, forse ciò che gli animava il petto da quella mattina era solo uno sbaglio tremendo, la via diretta verso la rovina. Ma gli aveva ricordato che la sua vita aveva un senso, ancora una volta, e dentro a quella landa animata dalla pioggia uno scopo non esisteva più da tempo...

Trovò il coraggio che non credeva di avere.

«Questo tuo atteggiamento deve finire: è un anno intero che facciamo a modo tuo. Eseguo ogni tua richiesta senza mai lamentarmi, combattiamo contro il nulla e non ti rendi conto di essere accecata dall'odio. Non serve a niente continuare e fingere che vada bene. Me lo devi, Fawn: io mi farò portare a palazzo, non mi importa quanto tu lo ritenga folle e non mi interessa delle tue opinioni su di lei. O sei con me, o le nostre strade si dividono qui».

La guardò: il falò continuava a scoppiettare tra loro e gli altri cavalieri non avevano notato niente, ma lei si era zittita e un'ombra nera le era calata addosso. Nessuno aveva sentito le loro parole, ma lei non rispose più. Aveva ottenuto quello che voleva, per le scuse ci sarebbe stato tempo. Da quella mattina, l'unica immagine che riusciva inseguire era quella di un viso contornato da capelli biondi, la pelle d'avorio, un paio di occhi scavati nel ghiaccio.

*

Quando la principessa Idalia era arrivata tra loro, all'inizio, si era scatenato il caos. La loro legge interna e non scritta prevedeva che chiunque, qualsiasi Mistero di quel regno e degli altri, sarebbe sempre stato il benvenuto, accolto e supportato. Nessuno, però, si sarebbe potuto immaginare un arrivo di quel tipo.

Da quando il gruppo era nato erano accorse persone di ogni genere: umili e non, ma mischiate in nome dello stesso ideale da perseguire, secondo il concetto che lì le classi non sarebbero più esistite. Quel gruppo raccoglieva molti disperati e scappati di casa come Lyam e Fawn, ma anche persone con un passato nobiliare, ricchi mercanti, persino un paio di figli di duchi da altre regioni, che si erano uniti alla causa dopo aver disertato i consigli paterni.

Nessuno si sarebbe mai aspettato che tra loro arrivasse un reale, né avevano mai stilato un piano di comportamento per quell'evenienza.

Lei si era palesata tra loro in un giorno qualsiasi all'inizio della primavera, e la sua apparizione aveva destato reazioni confuse dal primo attimo. Qualcuno aveva ipotizzato che si trattasse di uno scherzo, altri avevano gridato alla trappola. Lei era rimasta a osservarli nel suo mantello grigio che la ricopriva per intero, col cappuccio abbassato: una ninfetta, candida e innocente come i fiori che non avevano ancora avuto l'ardire di sbucare. Una ragazzina persa nel bosco, in attesa della balia che l'avrebbe riportata a casa. Nonostante i vestiti umili con cui aveva tentato di mascherarsi, la sporcizia e i graffi che si era procurata nel suo viaggio da sola fin lì, non avrebbe potuto imbrogliare nessuno.

Lyam ricordava di averla vista e aver pensato che uno spirito di luce fosse sceso direttamente dal cielo: uno spirito un po' goffo, a dirla tutta, piccolo e che dava l'aria di qualcuno che fosse caduto all'improvviso da una nuvola, mentre stava dormendo; che si guardasse intorno corrucciato, senza capire come tornare su. La guardava mentre tutti gli altri ribelli parlavano tra loro, e non aveva potuto fare a meno di formulare quella fantasia e di riderne, lasciandosi scappare un suono spontaneo. Lei se ne era accorta. Aveva voltato il capo nella sua direzione e aveva fatto scorrere quei grandi occhi azzurri alla ricerca di chiunque fosse stato, in mezzo al trambusto: un sorriso, quando l'aveva individuato. Piccolo, accennato, accompagnato da un leggero brillio negli occhi.

A quel gesto il mondo aveva smesso di girare, per un momento soltanto. La forza di gravità che lo teneva ancorato al suolo si era spostata. Gli astri si erano ripresi un secondo dopo, e nessuno avrebbe capito che l'incedere del loro universo aveva incontrato una deviazione, ma Lyam sì. Era calata dall'alto una verità terribile e innocente, che non l'avrebbe più abbandonato: vivere per sé stesso non aveva più senso, ciò che contava ormai era solo quel sorriso. Rivederlo, riviverlo ancora.

Si erano amati a discapito di una lista infinita di ostacoli: dei dissapori degli altri ribelli che, nonostante avessero deciso di prestare fede ai loro principi e tenerla con loro, ne erano spaventati e temevano ripercussioni. Della guerra che stavano conducendo, dei nemici e della paura che provavano. Di Fawn: gelosa del suo amico e delle attenzioni che le erano state tolte all'improvviso, si ostinava a mantenersi diffidente verso di lei, a trovarla sciocca e superficiale. Di tutte le ramanzine che la sua amica gli aveva propinato, avvisandolo di non innamorarsi di una donna che non avrebbe mai potuto sposare, di essere realistico e non lasciarsi abbindolare.

A discapito del fatto che lei aveva ragione e lui lo sapeva benissimo. A discapito persino del futuro.

Si erano amati come bambini, ridendo e giocando: lui veloce come il vento, lei una piccola fata col potere di librare per aria la materia. Lui un folletto dai capelli rossi, una scheggia impazzita e piena di vita, dispettoso e leale; lei bionda ed eterea, gentile e paziente. Si erano amati in silenzio e timidamente: un amore fatto solo di carezze e sguardi, di pochi e semplici momenti condivisi assieme, di promesse che non sarebbero mai state realizzate e di sogni. Infiniti, splendidi sogni.

All'indomani del disastro, lei se n'era andata. Non aveva avuto il coraggio di salutarlo dal vivo e gli aveva lasciato soltanto una lettera, in cui gli giurava amore eterno e lo pregava di stare attento. Gli spiegava che aveva preferito non vederlo, o non sarebbe stata in grado di lasciarlo. Gli prometteva che un giorno, se il fato glielo avesse concesso, si sarebbero rincontrati... Ma che, fino ad allora, la realtà dei fatti le rendeva impossibile rimanere.

Un gruppo di uomini del Re, a disfatta avvenuta, aveva trovato il loro rifugio ormai distrutto. Lei si era unita a loro per essere riportata a casa, in un palazzo dove non ci sarebbe mai stato posto per lui, orfano cresciuto nella brughiera e nel nulla.

Fawn non aveva avuto la forza di dirgli quello che pensava. Era troppo nascosta dentro al suo personale dolore, ma lui sapeva benissimo quello che gli avrebbe rimproverato. Di essere stato uno sciocco a fidarsi di lei, che altro non era che una traditrice e una ragazza debole, che non avrebbe mai potuto averla e che lei, pur sapendolo da sempre, aveva scelto di illuderlo.

Lyam non aveva bisogno di sentire quelle parole, le conosceva già, ma il fatto era che aveva smesso da tempo di dare ascolto a qualsiasi raziocinio. Lei era diventata il suo centro di gravità e lui non avrebbe potuto più fare nulla per opporsi alla forza con cui lo attirava a sé, nemmeno volendolo.

*

Passò un giorno soltanto, Fawn non gli aveva ancora rivolto parola. Era rimasta in silenzio, chiusa nel suo mutismo, e lui deciso a non ritornare sui propri passi. Combatteva contro la consapevolezza di averla delusa o ferita.

Venne da lui una mattina, prima di rimettersi in viaggio. Lo guardò decisa negli occhi e gli parlò con voce bassa, ma carica di decisione:

«Io l'ho perso per sempre, ma questo non mi autorizza a privare anche te della felicità. Sono stata egoista e avvelenata, proprio come hai detto tu. Andiamo a palazzo insieme... Facciamo capire a quel vecchio che non può trovare miglior partito di te, in circolazione».

Lui la guardò per un attimo, stupito e zitto per qualche secondo, poi non poté fare a meno di ridere piano a quelle parole. Dopo un anno, gli sembrò di riavere accanto a sé l'amica che aveva conosciuto: pungente, sarcastica, fedele come poche cose al mondo.

Al suono di quella risata, Fawn sembrò rilassare il viso. Aggiunse con dolcezza: «Io non smetterò mai di essere dalla tua parte, ricordatelo. Non mi importa chi scegli, sarò sempre lì a combattere con te».

Ripartirono così, senza abbracci e senza aggiungere nulla, non sarebbe servito. Erano sempre stati loro due. Sarebbero sempre stati loro due.


🦌🤎⚔️🔥

E con questo, abbiamo capito qualcosa in più sull'altro importante prigioniero, amico di Fawn ma con le sue personali paure e speranze.

Qualcuno é curioso di saperne di più sulla principessa? Come ve la immaginate?

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