41. (𝕱𝖆𝖜𝖓)

Il problema non era neanche il gelo calato su di lui da quando erano partiti, il fatto che non le avesse più rivolto neppure una parola e che sembrasse ormai odiarla. Ciò che più le pesava era la maniera con cui continuava ad aiutarla e preoccuparsi, nonostante tutto.

Cavalcavano da ore senza emettere nessun suono denso di significato e senza parlare di fatti concreti, ma lo facevano con un'andatura calma, dettata da lui. Devon si girava verso di lei a intervalli definiti, la scrutava per un momento solo alla ricerca di stanchezza o cedimenti, le rivolgeva un laconico «Tutto bene?» o uno stringato «Hai bisogno di fermarti?» e poi si limitava a proseguire senza degnarla di nient'altro. Ogni volta lei aveva risposto di no, infastidita da quelle premure glaciali e prive di senso, e ogni volta lui aveva ripreso il cammino e non aveva aggiunto nulla.

In realtà non si sentiva in forze. Ogni movimento del cavallo sotto di lei le faceva contrarre i muscoli dell'addome e delle gambe, ma lottava contro una stanchezza che le aveva agguantato il corpo e non se ne voleva andare. Resistette, stringendo i denti e pregando che lui non se ne accorgesse. Cercò di tenersi dritta anche quando fu presa dal desiderio di accasciarsi e lasciarsi crollare, sfinita. Finché Devon non decretò che era ormai ora di mangiare, fermarsi e prendersi una pausa. Era strano, troppo, di solito lui non faceva proprio nessuna pausa. Sapeva di esserne la causa, ma non riuscì a dire di no, era meglio lasciar andare quell'ultimo scampolo di orgoglio o sarebbe davvero svenuta.

Scese dal cavallo di Lyam, più alto della giumenta a cui era abituata, e dovette lasciare che il comandante la aiutasse. Nonostante la presa delle mani di Devon sui suoi fianchi ormai apparisse come una morsa fredda, non riuscì a trattenersi dal godersela e sperare rimanesse lì.

Sei un'esimia cretina, per tutti i fulmini. Deciditi, ma cosa cazzo è che vuoi?

Non lo sapeva. Era solo consapevole di star detestando quella situazione, il silenzio e il vuoto che gravava su entrambi, il fatto che lui fosse passato dal volerle stare accanto con dolcezza al farle da bisbetico accompagnatore.

Si sedette a terra, lasciandosi andare con fare pesante. Lui tese una mano e aspettò qualche secondo prima di ritrarla. Sembrava aver avuto l'istinto a reggerla. Devon rimase in piedi, prese ciò che si era portato da mangiare dalla sacca appesa a Tory e glielo porse. Tornò ancora una volta dal cavallo e afferrò dalla tasca anche un flacone di vetro. Conteneva un intruglio strano, verdastro.

Le venne vicino e glielo allungò: «Questo lo devi bere da subito, l'ha lasciato il curatore. Senza fare storie, di grazia, non mi sembri stare bene per niente».

Sedò la stizza. Ma per chi l'aveva presa, ancora una volta, una bambina capricciosa?

Provò a cambiare argomento, magari c'era ancora la possibilità che potessero tornare a parlarsi come si deve: «Intendi quell'uomo insopportabile che mi ha visitata?». Azzardò un sorrisetto beffardo.

Solo che Devon non le diede corda. Le rispose con un secco «Sì», si sedette sull'erba dopo averle lasciato la boccetta in mano e iniziò a mangiare, in silenzio. Intorno a loro, solo il sibilo leggero dei primi venti che presagivano l'arrivo dell'inverno. Fawn si strinse un po' nel mantello, si rigirò la carne tra le dita senza addentarla, guardò in controluce il contenuto del flacone. L'uomo che l'aveva consolata e confortata sembrava essere stato scambiato con quell'essere austero che ora le stava davanti. Impassibile, rigido, per certi versi persino disumano.

No, non poteva esserselo sognato, lo ricordava alla perfezione. Lui stesso le aveva confessato di non essere affatto indifferente come appariva.

Forse non era del tutto irreparabile, e si sorprese di sé stessa quando ebbe l'istinto a parlare ancora, sedando l'arroganza di cui si vestiva di solito. Non poteva finire in quel modo, qualsiasi cosa lui avesse fatto dentro a quella camera, quella notte, tutte le parole gentili che le aveva rivolto... si sentiva una tremenda egoista, ma non poteva fare a meno di rivolerle indietro a tutti i costi.

«Sarà sempre così, d'ora in poi?». Si vedeva piccola, ridicola e indifesa. Accennò un'occhiatina nella direzione di lui, sommessa. Cercò di renderla più carina possibile.

Devon rispose solo dopo alcuni secondi, che parvero lunghi un'eternità: «Così come?», la voce ancora inflessibile. Non la guardava nemmeno e gli occhi erano puntati dinanzi a sé, nel vuoto.

«Non lo so, mi sembra di avere davanti un'altra persona. Credevo avessimo iniziato a prendere confidenza, a... forse a diventare almeno amici?»

Ringraziò che lui non avesse poteri simili ai suoi, o l'occhiata che le rivolse l'avrebbe trafitta seduta stante, in pieno. Lui si era mosso solo per girare la testa, ma nessuna piega del viso si era scomposta. Eppure, quelle iridi scure parevano in grado di uccidere.

«Ancora con questa storia degli amici, sul serio?»

Sei tu a trovarla un'idea ridicola dalla prima volta in cui te l'ho proposta. Prima ti avvicini, poi mi cacci. Ti ostini a volermi aiutare e stare accanto, o a fare confessioni strane quando finalmente ho deciso di non darti più retta, e ora mi eviti di nuovo. Non sono io, a essere pazza!

Avvertì la testa che le bolliva, mentre ogni proposito di rendersi tenera stava svanendo: «E anche fosse? Cosa ti hanno fatto l'amicizia o l'affetto, in questa vita, per schifarli così?»

«Forse non sono in grado di provarle, ci hai mai pensato? Non siamo tutti inclini a slanci affettivi, sono sicuro che potrai trovare ciò che ti serve altrove».

«A me sembra che tu ne sia in grado, invece, a meno di non essermi sognata ogni cosa».

«Hai già il tuo amico, dovrebbe bastarti. Cos'è che vuoi con esattezza da me, dimmi?»

Non lo so. Non credevo di dover dare una definizione al fatto di volermi solo avvicinare a qualcuno, che diamine.

«Non lo so! Tu cos'è, che vuoi?» squittì, in preda alla confusione più nera.

«Niente». Laconico, asciutto, chiaro.

No, invece, che non era niente. Che dannatissimo, maledetto, incredibile cocciuto. Era tanto difficile, per lui, ammettere almeno di poterle volere bene?

«Non ti credo».

«Fai un po' come ti pare, a me non cambia».

Assurdo pensare che quell'uomo avesse anche più anni di lei.

«D'accordo, allora. Non venire di nuovo a consolarmi, poi!».

«Non succederà, tranquilla. Scusami per averlo fatto, anzi, un terribile gesto da parte mia. Sono sicuro che il tuo amico sarà in grado di sopperire meglio a questa mancanza».

Ma allora era una fissazione, per tutti e quattro i fottuti continenti. Non riuscì a trattenersi dall'alzare la voce, la carne nella mano era ormai un rimasuglio stritolato: «Si può sapere che problema hai? Perché cazzo insisti nel tirare in ballo Lyam?»

«Non lo so, mi interrogo sul concetto di amicizia che continui a propinarmi. Hai fatto amicizia con lui allo stesso modo? È un'abitudine che hai di tuo?»

Un colpo di spada dritto nel petto avrebbe fatto meno male di quel tono netto e tagliente che le aveva rivolto.

No. Non ho mai avuto voglia di stringermi addosso a lui o di sentirlo vicino in quello stupido modo che mi capita di provare con un totale idiota come te, per un motivo ridicolo che non mi spiego. E che io venga fulminata in questo istante se permetterò mai che succeda di nuovo.

Non gli rispose. Respirò con affanno, tentò di calmarsi e di non mandare a fuoco l'intero bosco intorno a loro. Ne avrebbe guadagnato solo in ulteriore stanchezza, ci mancava che l'idiota dovesse soccorrerla. Lasciò che si beasse di aver avuto quell'ultima, arguta frase da imbecille quale era. Lo guardò di sfuggita: Devon non si era neanche agitato, continuava a mantenere quell'espressione da perfetta statua di marmo intrisa di boria.

Fawn lasciò cadere a terra il pezzo di carne con un gesto stizzoso, non le fregava più nulla di mangiare.

«Quello è l'unico cibo che abbiamo, fino a che non avremo raggiunto gli altri. Ti conviene mang—»

«Fatti gli affari tuoi!»

Rieccola, quella tendenza irritante a volerla aiutare, preda di una qualche necessità di sentirsi il paladino della salvezza. Non alzò neppure gli occhi per vedere l'espressione infastidita che poteva covare, all'idea di non poterla controllare. La fame gliel'aveva fatta passare lui, facendola imbestialire a quel modo. Che se ne prendesse la responsabilità.

Però era esausta, non avrebbe potuto reggersi ancora in piedi a lungo. Tirò su la boccetta di medicinale rimasta nell'altra mano con un sospiro accennato, la stappò e buttò giù un grosso sorso. Trattenne il piccolo brivido che il gusto amaro del tonico le provocò, e ingoiò tutto, arricciando le labbra.

Iniziò a concentrarsi sul proprio respiro, per cercare di calmarsi, mentre attendeva che facesse un minimo di effetto.

«Saranno anche fatti tuoi, ma di strada ne abbiamo ancora fino a stasera, e...»

Il suono della voce di Devon si attutì, rimase soltanto una nenia in sottofondo di cui non riusciva a distinguere le parole. La foresta intorno a lei iniziò a vorticare appena, lenta, la sensazione che sarebbe crollata come un sacco di patate se solo avesse osato alzarsi in piedi. Appoggiò entrambe le mani contro il tronco su cui era seduta, iniziò a sudare. Si lasciò scivolare giù, per andare a posizionarsi direttamente sul terreno nudo, le gambe distese. Una terribile nausea le afferrò lo stomaco, risalì su per il torace, la gola...

Si voltò appena in tempo per rimettere tutto ciò che aveva ingoiato dalla colazione, tra conati e forti colpi di tosse, al riparo dallo sguardo del comandante. O almeno le sembrò. Udì solo un ovattato «Che cosa c'era in quel tonico? Cosa ci ha dato quel ciarlatano?», e si rese conto della presenza di Devon che era già accorso vicino a lei. Nonostante le mani con cui cercava di sostenersi tremassero, ebbe la forza di scacciare via la presa di lui intorno al braccio.

Col cazzo, ora vattene.

Lui non se ne andava. Continuò a starsene lì, a spostarle i capelli dal viso e a passarle una mano sulla fronte per controllarla.

Vaffanculo, vattene.

Fawn si dimenò con le poche forze che aveva, per sottrarsi alle attenzioni improvvise che aveva deciso di rivolgerle. Non sarebbe stata ancora una volta la sua cavia di cui prendersi cura, che facesse prima pace col cervello.

«Si può sapere cosa stai facendo? Smettila, questa roba che ci hanno dato ha qualcosa che non va, mi lasci capire che cazzo sta succedendo?»

No, a costo di morirci.

«Ascolta, non puoi cavalcare in questo stato da sola. Sali con me su Tory, l'altro cavallo ci seguirà. Cerchiamo di arrivare almeno alla compagnia, i curatori di questa regione maledetta non sono affidabili, dobbiamo raggiungere le altre...».

Le altre... allora erano salve, dopotutto. Si vergognò di non aver avuto neanche il tempo di pensare a loro, di chiedersi se il gesto che aveva compiuto avesse davvero avuto un senso. Provò una punta di desiderio, in fondo voleva rivederle. Nonostante avesse un buon motivo per sentirsi in colpa con Nilde.

L'avrebbe perdonata? Forse era meglio non rivelare niente, fare finta che non fosse successo. Forse poteva ancora agire per farla accasare con l'ignobile rimbambito che persisteva a blaterarle cose.

Si sforzò di ascoltare, provò a tirare su la testa senza grande successo. Continuava a sentirla pesante, la vista era ancora confusa e sfocata. Ebbe un altro conato, ma lo trattenne.

«Fawn, mi stai sentendo? Non so cosa devo fare, magari prova a respirare con calma, o a sdraiarti... ora passa e possiamo andarcene da qui, tieni duro».

Un tono leggermente disperato. Ridicolo, a tutti gli effetti.

Si rigirò sulla schiena, il viso puntato verso l'aria sopra di sé, provò a prendere dei grossi e lunghi respiri. Chiuse gli occhi per far smettere quella sensazione di turbinio che le roteava davanti. Funzionò, attese qualche minuto in quella posizione prima di avere la forza di replicare qualcosa all'uomo agitato che si ostinava a non mollarla.

«Levati».

«Sei seria? Non è veramente il caso, piantala, prova a tirarti su piano».

«Su quel dannato cavallo con te non ci salgo, scordatelo».

«Ti rendi almeno conto di avere il colorito di un cadavere? Come cazzo pensi di reggere per il resto del viaggio?»

«Piuttosto muoio».

«Ma certo, sono venuto a prenderti da quel covo di sadici per vedere che ti ammazzi da sola».

«Nessuno te l'ha chiesto».

Il suono di un sospiro leggero: «Smettila, dai, andiamo». Avvertì che la stava afferrando con delicatezza per un braccio, la seconda mano di Devon passò sotto la sua schiena per spingerla su. Provò a divincolarsi, senza successo.

Non sapeva che altro fare, aprì gli occhi e fissò il cielo intervallato alle cime degli alberi sopra di lei. Emise un minuscolo fiotto di energia, quella che non credeva nemmeno di avere, e una fiammata si liberò nello spazio che la sovrastava, ruggendo appena.

«Ti ha dato del tutto di volta il cervello?». Un'altra specie di ringhio, stavolta umano.

Forse, perché il mancamento che ne derivò fu tanto forte da indurla a credere che avrebbe spento gli occhi per sempre. La voce di Devon però si fece più concitata, entrambe le mani tornarono sul suo viso, a tastarlo alla ricerca di segni di vita.

«Senti, ho capito il punto, va bene. Mi importa, te l'avevo detto ed è la verità. Possiamo essere amici o cosa diavolo ti pare, ora però alzati e vieni con me, d'accordo? Ti prego».

Non si sentì fiera di sé stessa, né felice di aver vinto, qualsiasi cosa quelle frasi potessero rappresentare. Ebbe solo la vaga consapevolezza di essersi comportata per l'ennesima volta da sciocca egocentrica, di avergli estorto ciò che desiderava in una maniera subdola.

Gli permise di alzarla di peso, però, senza più opporre resistenza. Devon la prese in braccio e se la posò sul dorso di Tory, senza mollarla e cingendola da dietro. Non si sentiva bene, era ancora intontita, ma quella stretta avvolgente ebbe il potere di farla sentire protetta e al tempo stesso terribilmente, inesorabilmente, ancora una volta in colpa.











🦌🤎⚔️🔥

Cerbiattini!

A chi mancava un po' di sano litigio?

Come, solo a me? Forse sì...

Ma questa storia sarebbe troppo bella, troppo lineare e troppo equilibrata, se i suoi protagonisti si decidessero a essere semplicemente normali e agire come si deve. Ognuno di loro ha tanti, terribili difetti e chissà... forse l'unica cosa bella è la capacità di volersi bene nonostante tutto.

Che succederà? Giusto, ci sarebbe qualcuno che vuole ancora lui morto e lei in sposa 👰 ☠️.

Se questo capitolo un po' più corto del solito vi è piaciuto, stelline e commenti sono sempre graditi ❤️✨.

A presto! ❤️

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