𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝑰𝑰
“𝕬𝖓𝖈𝖍𝖊 𝖘𝖊 𝖎𝖑 𝖙𝖎𝖒𝖔𝖗𝖊 𝖆𝖛𝖗𝖆' 𝖘𝖊𝖒𝖕𝖗𝖊 𝖕𝖎𝖚' 𝖆𝖗𝖌𝖔𝖒𝖊𝖓𝖙𝖎, 𝖙𝖚 𝖘𝖈𝖊𝖌𝖑𝖎 𝖑𝖆 𝖘𝖕𝖊𝖗𝖆𝖓𝖟𝖆”.
𝕾𝖊𝖓𝖊𝖈𝖆.
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🗡️𝕯ᥲᑲrᥡᥲ🦁
«Per la Dea. Siamo nei guai fino al collo. Siamo ricoperti di merda, non so se ho reso l'idea. Tanto vale iniziare a organizzare i nostri funerali».
La voce lamentosa di Hector mi giunse flebilmente alle orecchie, visto che per ripararmi dalla luce pomeridiana avevo posizionato la testa sotto al cuscino.
«L'hai espressa divinamente, per un attimo ti avevo quasi scambiato per un poeta. Sono seriamente colpita» borbottai gettando di lato il cuscino, rassegnandomi a interrompere il mio amato riposo.
«Ma ora che ne dici di sederti e smettere di fare avanti e indietro come una tigre in gabbia? Mi fai venire mal di testa, raggio di sole».
Ancora un po' intontita, misi lentamente a fuoco l'ambiente grigio e asettico che mi era ormai diventato dolorosamente familiare, la nostra stanza-cella.
Illuminato dai pochi raggi di luce forniti dall'unica finestra lì presente, Tor mi stava squadrando con un misto di rassegnazione e fastidio, segno che forse non aveva gradito la mia battuta.
Che peccato.
Da quando eravamo tornati dalla nostra avventura la notte prima, lui non aveva fatto altro che stare in un costante stato di tensione, convinto che avessimo delle possibilità di sopravvivenza pari allo zero.
Non che avesse torto del tutto, ma la cosa stava iniziando a diventare imbarazzante.
«Io mi preoccupo delle nostre sorti e lei tira fuori il sarcasmo. Dico, sono l' unico a cui importa evitare di finire mangiati dai vermi tra una settimana? Non puoi dirmi di stare calmo in una situazione del genere!»
«Se ti dico di stare tranquillo va meglio?» domandai con uno sbuffo divertito, non prestando particolare attenzione alle sue parole.
«Continua a camminare ancora e scaverai dei solchi nel pavimento».
«Ieri sei stata una sconsiderata. Sai che su di me puoi sempre contare, ma sei arrivata al limite, Faxon! Hai la minima idea di quello che passeremmo se l'Ascia scoprisse che metà delle sue preziose informazioni sono false?» continuò sull' orlo dell'esasperazione, ignorandomi del tutto e praticamente urlando le ultime parole.
«Andiamo, Hector! Le uniche persone che al momento lo sanno sono qui. Qualcuno di noi glielo direbbe? Non credo.»
«Mai pensato alla possibilità che lui lo venga a scoprire? Va bene, non brilla d'intelletto, ma non è privo di risorse. Dopo vorrà le nostre teste come risarcimento».
«E in quel caso noi ci inventeremo qualcosa. È solo un uomo, no? Chi è abbastanza furbo può ucciderne uno senza difficoltà» dissi tranquilla, scambiando uno sguardo complice con Alissa.
Stuzzicarlo era troppo divertente, mi dispiace.
«E a chi daresti la colpa, sentiamo? Mettendo prima in conto di riuscire a far fuori il comandante delle guardie reali, cosa non proprio scontata, inoltre-»
«Tor, non che voglia mettermi in mezzo alla tua ira, ma forse è meglio che abbassi giusto un filo la voce. Non credo che far sapere a tutta l'Accademia degli avvenimenti di ieri sia una grande idea» intervenne a quel punto Alek, pronunciando probabilmente le prime parole da quando stamattina aveva aperto gli occhi.
«Concordo con Alek, fratellone. Lo so, Brya è stata un po' incosciente, ma ora sembri una di quelle vecchie che non fanno altro che ripeterti "oggi è il giorno in cui tirerò le cuoia"! Prova a rilassarti, ogni tanto».
«Vorrei tanto farlo, ma voi due non me lo rendete affatto facile. A proposito, mi vuoi spiegare dove diavolo eri stamattina? Abbiamo dovuto inventare in fretta e furia una scusa per giustificare la tua assenza, come se non fossimo già presi di mira da chi vuole ingraziarsi gli Invasori» le rispose a denti stretti, massaggiandosi energicamente le tempie.
«Fare il cascamorto con i vecchi sdentati che ci allenano non è proprio tra le cose che preferisco, credimi».
Ed eccolo che ricomincia...
«Se ti dico che non ho fatto nulla di male la smetterai di fissarmi come un predatore inferocito?» chiese lei esibendo il suo migliore sguardo innocente.
«Dipende. È vero o no?»
«Varia in base ai punti di vista, credo. Ho solo sgraffignato qualcosina nell'area dei nobilotti, ma non mi ha visto nessuno...» precisò Lis guardandosi le unghie.
«Basta. Non voglio sapere altro. Davvero. Dico sul serio, prima dimentico quello che hai detto, meglio starò» annunciò fermando il discorso, mentre agitava una mano in un gesto sconsolato.
«Questa conversazione non è mai avvenuta».
L'area dei nobilotti, come l'aveva definita lei, era l'ala dell'Accademia detta "della Triade", in cui vivevano i sostenitori degli Wells e i loro rampolli, tra cui membri del Tesoro e i più svariati Generali delle varie unità.
La più strettamente sorvegliata dopo il Palazzo di Drakkhal, un grande covo di temibili predatori travestiti da teneri agnellini.
Se dicevi qualcosa di sconveniente, potevi star certo che ciò sarebbe giunto a orecchie importanti nell'arco di mezz'ora.
Se diventavi sconveniente, non avresti più visto la luce nel giro di mezz'ora, e nessuno avrebbe mai capito - o cercato di capire - cosa ti fosse successo davvero.
C'era un profondo disprezzo reciproco tra noi dell'Accademia Militare e quelli dell'Accademia della Triade fin da quando queste erano state formate, per il semplice motivo che noi siamo addestrati per essere carne da macello alla Barriera e loro per sfruttarci al meglio.
Io e Alek ci scambiammo un' occhiata allarmata, chiedendoci silenziosamente se fosse il caso di cambiare argomento. Hector arrabbiato era come un animale selvatico, ma Hector arrabbiato e preoccupato per la sorella... una combinazione letale.
Notando il nostro gioco di sguardi, Lis sbuffò sonoramente, per poi alzarsi dalla sua branda e stiracchiarsi come un felino.
«È inutile che vi comportiate come se Tor stesse per farmi a pezzi, ragazzi. Sapete com'è fatto, vuole solo avere il controllo su tutto. Non serve preoccuparsi».
«Nel caso te ne fossi dimenticata, sorellina, io sono ancora qui» ribatté il fratello irritato, scrutandola con uno sguardo glaciale.
«Vedervi litigare è sempre... come dire, interessante. Ma adesso forse è meglio prepararsi all'annuncio di Sua Signoria Wells» replicò Alek con aria mesta.
«Anche se onestamente dover persino annunciare il fatto di volerci vedere morti è un po' troppo ridicolo persino per una del suo calibro».
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Il pomeriggio era passato in fretta, tra tentativi di organizzare delle strategie per poterci salvare la pelle al Campo e delle deviazioni totalmente casuali verso i Vicoli per riscuotere dei piccoli favori.
Ma ora che finalmente eravamo riuniti nel cortile esterno, gremito di cadetti di entrambe le Accademie, il tempo sembrava come rallentato.
Eravamo tutti e quattro in preda a una specie di strana apatia, che non ci consentiva di fare altro a parte scrutare con disgusto il palchetto sopraelevato allestito per l'annuncio.
Sembravamo quasi dei condannati a morte che aspettavano di essere giustiziati.
Con la sola differenza che il nostro unico crimine era quello di essere nati.
«Silenzio! Attenzione, per favore» urlò in quel momento Sua Signoria Antiope Wells, in maniera decisamente poco aristocratica. Era affiancata dalla nipote, di cui vedevo solo i capelli rossastri, e dagli eredi von der Lynn. Qualche passo indietro invece potevo scorgere Artens, il loro Primo Consigliere, e il nostro caro amico Axariel.
«Come saprete tutti, domani sarà il diciassettesimo anno trascorso dalla caduta della Barriera, accaduta in circostanze poco chiare» iniziò con la solita voce gracchiante e con il medesimo fastidioso sorriso sulle labbra.
«Per commemorare le morti causate dalla sua disgregazione, domani verranno organizzati delle sfide al Campo di Mors, in cui combatteranno quattro cadetti dell'Accademia Militare. Il Campo sarà aperto a tutti coloro che desiderano essere spettatori».
Quelle parole ebbero l'effetto di scatenare una marea di bisbigli, tra i quali era impossibile cogliere più di una frase sensata.
Il tutto condito da gente che sgomitava per raggiungere un posto più tranquillo, persone che protestavano a gran voce e decine di ragazzi con gli occhi puntati su di noi, immaginando quello che stava per succedere.
«I nomi dei quattro cadetti estratti per i ludi sono: Alissa ed Hector Dusk, Dabrya Faxon-Keller e Aleksandr Hunt» dichiarò affondando lo sguardo sulle nostre figure, come se ci avesse subito riconosciuti nel mezzo della folla.
«Gli interessati hanno tempo fino a due ore dopo l'alba di domattina per confrontarsi e scegliere le armi prima della partenza verso il Campo. Qualora uno di voi provasse a nascondersi o fuggire sarà ucciso sul posto».
Ovviamente i nomi sono stati estratti per pura casualità, gente.
Una volta che ebbe finito di parlare, facemmo il possibile per non far trasparire nessuna emozione e abbandonammo in fretta lo spiazzo, cercando di mantenere intatta la nostra dignità.
Da allora, abbiamo recuperato le nostre armi preferite - una delle pochissime eredità dei nostri genitori - da dove le tenevamo nascoste, e da quella che sembra un'eternità siamo sdraiati sui rispettivi letti a cercare di mettere in piedi qualcosa, mentre tentiamo di non perdere la calma.
«Ricapitolando: sappiamo che ci saranno quattro "prove", giusto? Una per ognuno di noi» ripeté per la millesima volta Lis, con la voce impastata dal sonno.
«Si, a meno che l'Ascia non abbia mentito, cosa non così improbabile. Ti ricordo che l'ha già fatto sulla data delle sfide, quindi non penso che il resto sia pura verità. Alek, il tuo contatto ha rimediato quello che gli hai chiesto?»
«Zecke? Probabilmente sì. Quella vecchia canaglia non negherebbe mai un favore a un povero bisognoso» replicò, con la fronte agrottata per la tensione.
«Speriamo per noi che sia così. Bene, dobbiamo solo passare in armeria per prendere qualcosa e poi potremo trascorrere tutto il resto della notte a deprimerci. Non suona così male» mormorai, alzandomi per dare una rapida occhiata al buio punteggiato di stelle.
Dopotutto, quella poteva essere la mia ultima occasione per vederle.
«No, effettivamente messa così non è male. Fare il conto alla rovescia di quanto ci resta prima di finire ai ferri è ben peggio» mormorò Lis con una piccola risata triste, prima di alzarsi a sua volta.
E così, ci ritrovammo a passeggiare per i corridoi ignorando le occhiate di compatimento e soddisfazione da parte di chi pensava che non avessimo alcuna speranza di uscirne vivi, e arrivammo nella sala che cercavamo.
Con l'aggiunta di una piccola sorpresa.
Ad aspettarci c'erano i fratelli Von der Lynn e Roxanne Wells. I primi due ci rivolsero uno sguardo schifato, mentre la terza stava giocando con un piccolo pugnale, e ci sorrise in modo poco rassicurante.
«Da quando in qua i principini macchiano il loro sangue stando a contatto con noi plebei?» li attaccò Hector non appena mise piede nella stanza, dimostrando di avere la stessa vena poco lungimirante di Alissa.
Prima aveva rimproverato la sua testa calda, e ora si stava comportando allo stesso modo.
«Credimi, io non starei mai in questa topaia di mia spontanea volontà» sputò acidamente Gavriel, il maggiore dei Von der Lynn.
Appoggiato mollemente alla parete, pareva quasi una creatura angelica, con i capelli dorati che sembravano richiamare a sé tutta la luce presente nella penombra.
Purtroppo, le apparenze ingannano.
«Sai, nessuno ti obbliga a restare. Torna pure dai nobili della Triade, scommetto che leccherebbero anche il suolo dove cammini se lo chiedessi» continuò il mio amico con una sfacciataggine che non gli apparteneva.
«Oppure ti affonderebbero una lama nella schiena. Li aiuterei volentieri, a essere onesti».
«Allora dovresti metterti in fila. Non penso che lascerebbero a un perdente come te l'onore della prima coltellata» rispose impassibile il principe, facendo baluginare i denti in un ghigno ferino.
«Ma ci sono molti modi di colpire un avversario, Gavriel. Quello che personalmente preferisco è togliergli ciò a cui tiene» si intromise la Dusk più giovane in un maldestro tentativo di distogliere la sua attenzione dal fratello.
E tirò lentamente fuori da una tasca una spilla di smeraldi, sulla quale era facilmente riconoscibile lo stemma dei Von der Lynn.
Merda. Siamo nella merda più totale.
Ebbi la conferma di ciò subito dopo, quando Gavriel si impadronì con nonchalance del pugnale di Roxanne per poi tentare di puntarlo alla gola di Alissa.
Per sua fortuna, i miei riflessi non erano niente male, e riuscii a parare all'ultimo quel tentativo di attacco con il coltellino che tenevo dentro la manica della divisa, sobbalzando un poco per l'irruenza del colpo.
«Chiedere gentilmente la restituzione del maltolto è quello che fanno tutti gli umani normali, Gavriel. O è troppo difficile per te?» mi azzardai a domandare nel bel mezzo del caos che si era generato, mimando a Lis di lanciare la spilla a Livia.
Incredibilmente, per una volta mi ascoltò senza fare storie.
In tutto ciò, Roxanne stava osservando la scena con uno sguardo che oscillava tra il divertito e il calcolatore, Alek stava trattenendo Hector dal saltare alla gola di Gavriel e Livia scrutava con un odio feroce Alissa, pronta a intervenire non appena avesse fatto un solo passo.
Una situazione di stallo che non sapevo come sciogliere senza finire infilzata, ma per mia fortuna prima che lui potesse fare nulla Roxanne si riappropriò del pugnale, e lo piantò con slancio nel legno di un tavolo lì vicino.
«Mi sei sempre stata più simpatica degli altri, Dabrya. Quasi mi dispiace che da domani non sarai più in circolazione» sospirò con una voce così dolce che quasi le credetti.
«Toglimi solo un dubbio: lo hai detto per aggiungere un po' di teatralità o credi veramente a questa frase priva di senso? Tu, che dici a me che ti sto simpatica? Devi aver bevuto qualcosa di forte prima di venire qui».
Non si degnò di rispondere. Si limitò a rivolgermi un sorriso sghembo e fece cenno agli altri due di andare, cosa che fecero molto volentieri.
Una volta rimasti soli, scegliemmo le armi di scorta e ritornammo silenziosamente in camera, consapevoli che non saremmo mai riusciti a dormire.
•✧ Spazio autrice ✧•
Sì, ce l'ho fatta a postare un nuovo capitolo, anche se non mi soddisfa pienamente ed è un po' di passaggio 🥴
Ci tenevo a dirvi grazie per le duecento stelline e seicento letture ❤️ ci vediamo al prossimo capitolo ✨
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