Capitolo 9
JUNGKOOK'S POV:
⚠️allarme MLML⚠️
Pensai che se il mio cuore avesse continuato a battere così forte, lo sterno si sarebbe spaccato in due. Ero seduto su una scialuppa di salvataggio rubata, indossavo un abito elegante che sarà costato il quadruplo del mio stipendio, ed ero solo, per quanto ci si possa definire “soli” a Seoul. Alle spalle di Taehyung, si stagliava il profilo della città: era tutta illuminata, e il suo riflesso scintillava sull’acqua. Il silenzio era perfetto, ma dovevo riuscire a ignorare quel fastidioso fruscio di fondo ogni volta che ci muovevamo sfregando i nostri corpi contro il gommone.
Mi ero comportato con giudizio, e avevo cercato di resistergli. Avevo tenuto a bada i miei sentimenti per Taehyung, quantomeno per essere sicuro che lui non volesse solo usarmi per poi gettarmi via. Lo ammetto, la mia lotta interiore mi ricordava certi sogni in cui vorremmo fuggire e invece ci sembra di correre con le gambe immerse nell’acqua. Resistere a Taehyung era un po’ come resistere al desiderio di cambiare canale quando ci sono le pubblicità per sostenere i rifugi per cani e gatti, e in sottofondo c’è In the Arms of an Angel – grazie tante, ma avrei preferito evitare di mettermi a piangere tra un giro e l’altro della Ruota della Fortuna.
Eravamo soli, e ormai avevo esaurito tutte le scuse. Non avevo più alcun motivo per dirgli di no, e appena avessi superato l’imbarazzo che mi paralizzava, avrei capito che anch’io volevo stare con lui.
Assentii impercettibilmente verso Taehyung, che aspettava paziente e mi guardava con occhi ardenti. Era bellissimo con indosso lo smoking, come sempre, d’altronde. Al lieve cenno del mio capo, si avvicinò. La barca dondolava leggermente, così si spostò carponi, e la cosa mi piacque. Mise le mani accanto ai miei fianchi e avanzò sulle ginocchia, un’immagine che non dimenticherò finché campo.
Avvicinò le labbra alle mie, e si fermò a pochi centimetri dalla mia bocca. Rimasi inebriato dal suo profumo divino. Costoso e virile, come sempre. Mi percorse un brivido dalla testa ai piedi e uno strano calore mi esplose nello stomaco e scese verso il basso ventre.
«Di solito», disse, portando le labbra al mio orecchio, così vicino da sfiorarmi la pelle mentre parlava. «Si comincia coi baci. Se si tratta solo di un’avventura, a volte non ci si bacia in bocca», disse col respiro affannoso, e mi stampò un bacio caldo e delicato proprio sotto il lobo. «Ma se è una cosa seria, allora sì, ci si bacia in bocca».
Tirò indietro il viso, così da trovarsi di nuovo di fronte a me. Chiuse gli occhi, si chinò in avanti e mi baciò per la prima volta.
Avevo baciato altri ragazzi in vita mia, ma rimasi impietrito, come fosse il mio primo bacio. Per qualche secondo, non mi ricordai neppure di chiudere gli occhi. Rimasi fermo, seduto con gli occhi semichiusi, la bocca immobile, le mani piantate dietro di me sulla superficie scivolosa del gommone. Fu come se il mondo scomparisse tutt’attorno, ed entrai in una specie di bolla dove esistevamo solo io e lui. Sentii che mi si otturavano le orecchie, come se il mio corpo spegnesse tutti i sensi che non erano necessari per concentrare tutte le sue energie solo sulle labbra.
Alla fine chiusi anch’io gli occhi e ricambiai il suo bacio. Le labbra di Taehyung erano morbide e birichine. All’inizio mi aveva baciato lentamente, poi mi aveva risucchiato il labbro inferiore dentro la bocca, lasciandolo andare poco dopo con un leggero schiocco. Mi aveva mordicchiato e aveva giocherellato con la mia lingua, stuzzicandola con la sua. Quello non era il bacio che si danno due adolescenti un po’ imbranati e tanto arrapati nel buio di un cinema. Era un’esplorazione. Un atto intimo. Le nostre personalità messe a nudo come non mi era mai accaduto prima.
«Il bacio», disse tirandosi leggermente indietro per parlare, ma senza smettere di rubarne altri, «porta alle carezze. Se il ragazzo punta al sedere, ha intenzione di andare sicuramente fino in fondo, ma partendo prima dal primo punto».
Mi accarezzò il fianco e posò la mano sul mio pettorale destro. Trattenni il fiato, le mie labbra che sfioravano le sue. Ovunque mi toccasse sentivo accendersi un fuoco, scariche elettriche mi attraversavano la pelle e il cervello. Avevo le guance talmente in fiamme che mi domandavo se anche lui avvertiva il calore che emanava il mio viso contro il suo.
Cominciò a palparmi lentamente i pettorali, senza mai smettere di baciarmi, e all’improvviso pensai che non mi ero mai sentito tanto sensuale in vita mia. Con le sue carezze Taehyung mi diceva quanto mi desiderava. Sentivo che stava assaporando appieno quel momento, e in questo modo, piano piano, mi aiutava a sciogliere ogni imbarazzo.
«La maggior parte dei ragazzi», disse, interrompendo di nuovo i baci, «a questo punto si aspettano che anche il partner cominci a toccarli. Altrimenti potrebbero pensare che non gli stia piacendo».
«A me piace», dissi quasi senza fiato.
Rise sommessamente, posando la fronte contro la mia. «Dimostramelo».
Mi afferrò il polso, portò il braccio dietro di lui e mi posò la mano direttamente sul suo sedere. Mi mancò il fiato dallo stupore, e deglutii a fatica. Non potevo dire di essere un esperto, ma sapevo riconoscere la perfezione quando la toccavo. Il suo sedere era perfetto come avrebbero voluto esserlo tutti i sederi del mondo. Era come avere una Ferrari quando tutti gli altri hanno una Corolla. Senza pensarci, glielo palpai, e il calore che prima avevo sentito sprigionarsi in tutto il corpo ora divampò in un incendio, come se qualcuno avesse gettato benzina su quel fuoco. All’improvviso sentii che volevo di più. Bramavo di più. Spostai anche l’altra mano e mi aggrappai a lui, dimenticandomi che proprio su quella mano mi stavo appoggiando per tenermi dritto. Così caddi sulla schiena, e mi trascinai dietro anche lui che planò sopra di me: non avevo infatti alcuna intenzione di mollare il mio meraviglioso trofeo.
Taehyung si sdraiò delicatamente sopra di me, e continuò a baciarmi. «Molto bene, Pasticcino. Hai un talento innato».
«Credo che da qui in poi saprò cavarmela anche da solo».
Gli sfuggì una specie di grugnito che mi fece capire che avevo detto la cosa giusta. La sua mano scivolò dal pettorale alla mia coscia. Controvoglia abbandonai il suo splendido sedere e cominciai ad armeggiare con la sua cintura. Si rese conto che avevo qualche problemino, così aprì lui la fibbia e si tolse la cintura dai pantaloni. Sbottonai i pantaloni e tirai giù la chiusura lampo, mentre lui mi sbottonava la camicia dello smoking.
Respiravo a fatica e mi tremavano le mani come fossi andato in ipotermia, sebbene la serata fosse piacevolmente calda.
Mi prese la mano tra le sue, se la portò alle labbra, e mi baciò la punta delle dita. Mi rivolse un sorriso bellissimo. «Ti fa sentire meglio sapere che anch’io sono nervoso?»
«Bugiardo», dissi, e anche la mia voce tremò.
«Te l’ho detto prima: posso essere tante cose, ma di sicuro non un bugiardo».
Lo guardai aggrottando la fronte. «E perché saresti nervoso?»
«In passato sono andato a letto con tanti ragazzi, e non mi è mai importato del “dopo”. Questa volta, invece, mi importa».
Mi inumidii le labbra. «Be’, se lo stai dicendo solo per farmi rilassare, ti dico che funziona. Quindi, grazie».
Mi baciò di nuovo la punta delle dita. «Mi dispiace, forse ho esagerato un po’ trascinandoti qui», disse indicando con un cenno del capo la distesa d’acqua che ci circondava. «Volevo solo che la tua prima volta fosse memorabile».
«Eri così sicuro che mi sarei concesso a te appena fossimo stati qui?», domandai.
Annuì. «Te l’ho detto alla festa in maschera, ti avevo già inquadrato».
«Ma mi hai detto solo i miei lati negativi».
«Be’, stasera ti dirò quelli positivi. Le tue dita», disse, e me le baciò. «I tuoi polsi sottili», e mi baciò anche quelli, mentre parlava. «Il tuo cuore generoso», concluse.
«Quello è il mio pettorale sinistro», risi.
Rispose con un sorriso. «Shh. Sto cercando di sedurti. Non rovinare tutto».
«Mi avevi già sedotto tempo fa. Credo più o meno da quando mi hai rubato i fiori».
Scoppiò in una risata scrosciante. «Sicuro? Perché mi era sembrato che fossi pronto a darmi un calcio nelle palle».
«Forse quello poteva essere un preliminare».
Inarcò un sopracciglio. «Depravato».
E con questo si zittì e tuffò la testa sul mio petto. Mi baciò sopra la camicia semi aperta, ma ben presto me la strappò via, con foga sempre più ardente. Anch’io cercai di strattonargli l’abito, ma togliere lo smoking a un uomo è molto più complicato di quel che mi stava facendo credere. Ci sono un mucchio di bottoni, e la cravatta, la cintura, la chiusura lampo. Non so come lui fosse riuscito a spogliarmi così velocemente, mentre io gli avevo solo allentato la cravatta. Stavo cercando di togliergliela, quando udii un flebile tonfo, il suono di qualcosa che cadeva in acqua.
Le dita si bloccarono, mi guardai intorno, e non riuscii a trovare il mio abito da nessuna parte. Compresi i pantaloni. «Taehyung…», dissi lentamente.
«Oh. È davvero sexy il modo in cui pronunci il mio nome» .
«Come se stessi per ucciderti?», domandai.
«Per quale motivo?»
«Dov’è il mio abito?»
«Oh…». Guardò alla sua sinistra, nel punto in cui il vestito stava inabissandosi lentamente. «Eccolo là, farà felice un pesciolino, gli regalerà una serata da favola. Immaginati quanto sarà bello, Jungkook. È…».
Cercai di dargli uno schiaffo in faccia ma mi bloccò il polso e me lo baciò di nuovo.
«Mi dispiace per l’abito», disse. «È stato un incidente. Ma, mi farò perdonare, rimedio subito». Si tolse la camicia e la buttò in acqua. «Visto? Ora siamo nella stessa barca. Ah ah. Capita?».
Era divino al chiaro di luna. Cominciai ad accarezzarlo con lo sguardo partendo dalla vita e salii, divorando vorace ogni centimetro del suo corpo. Prima i muscoli che formavano sui fianchi una V davvero notevole. Aveva una lievissima peluria scura sulla pancia e sul petto, che definiva in modo ancora più marcato la linea degli addominali e dei muscoli del torace. Non era una peluria folta che poteva risultare sgradevole, e mi piaceva il fatto che si depilasse, come fanno alcuni modelli che si vedono sulle riviste. Il suo petto però era più autentico. Più virile, e non vedevo l’ora di accarezzare ogni centimetro di quel torace muscoloso e squisitamente maschio. A ogni minimo movimento guizzavano muscoli di cui non sospettavo neppure l’esistenza: una fila di linee diagonali sotto le costole, le spalle che sembravano scolpite in una roccia viva, pulsante.
Gli lanciai un’occhiataccia. «Se stessi continuando la lezione di poco fa a un povero principiante come me, questa sarebbe la parte in cui mi dici che i giochi di parole stupidi, che invece dovrebbero far ridere, sono essenziali nei preliminari?».
Annuì, si abbassò di nuovo, e posò le mani ai lati della mia testa. Dalla tasca dei pantaloni tirò fuori un preservativo e me lo mostrò. «Lascia che risponda alla tua domanda con un’altra domanda. Qual è la differenza tra uno pneumatico e trecentosessantacinque preservativi?».
Inarcai le sopracciglia e scossi lentamente la testa.
«Uno è Goodyear. Gli altri sono great year, un anno stupendo».
Non riuscii a trattenere una risata. «Facciamo un patto. Non ripetermi mai più questa battuta, altrimenti mi butto in mare all’istante».
«Affare fatto. Comunque, ne ho tante altre dello stesso genere».
«Magnifico. Quindi l’unica possibilità che ho di farti star zitto è tenere impegnata la tua lingua?».
Sorrise malizioso. «Esatto».
Lo attirai verso di me delicatamente, le mani attorno al collo. Mi sembrava un po’ strano da parte mia essere tanto intraprendente, ma allo stesso tempo mi dava una scarica di adrenalina non indifferente. Eravamo nel porto di Seoul, il mio abito stava andando a fondo insieme alla sua camicia e io stavo per dare la mia verginità a un milionario su una scialuppa di salvataggio. Dopo una serata così rocambolesca, saremmo finiti mezzi nudi sulla riva, alla disperata ricerca di un’auto.
Era la favola che avevo sempre sognato. Quel genere di magia che immaginavo vivessero le persone che passavano davanti al mio locale. Era il mio film, e io mi sentivo ubriaco di felicità. Non sapevo se sarei riuscito a sistemare le cose con il lavoro, né se Jimin avrebbe davvero smesso d’importunarmi. Ma di sicuro avevo un uomo che mi faceva sentire amato e felice. Era sufficiente. Anzi, era più che sufficiente. Era perfetto.
Premette i fianchi contro di me, e mi fece sentire la dura protuberanza della sua erezione contro la mia. Mi mancò il respiro e, istintivamente, allungai una mano, nonostante la mia totale inesperienza in campo sessuale. Sentivo uno strano vuoto tra le gambe che doveva essere riempito in qualche modo, un tormento pulsante che doveva essere placato. E sapevo esattamente da dove mi sarebbe venuto il sollievo.
«Sono pronto», sussurrai.
«Lo so», replicò.
«Bastardo arrogante», risi, ma perfino la risata ben presto si affievolì. Avvertivo la solennità di quel momento che metteva tutto a tacere, a parte l’eccitazione e il desiderio. Sentivo che la bramosia sessuale che ci aveva inebriati entrambi ormai era incontrollabile. Questa consapevolezza non mi faceva paura, anzi mi dava un senso di libertà, come se finalmente mi fossi sbloccato. Ormai era caduta ogni inibizione. Mi guidava solo l’istinto.
Con mani esperte mi sfilò gli slip. Grazie al cielo, questa volta fu più accorto e posò la mia biancheria intima accanto a noi. Appoggiandosi su una mano, con l’altra si tolse i boxer, e intanto continuava a baciare ogni centimetro del mio corpo. I miei capezzoli sensibili, infiammati dalla sua bocca ed eccitati dalle calorose premure della sua lingua, divennero turgidi.
All’improvviso fui contento di essere un ragazzo gay inesperto perché capii che sarei venuto ancor prima che mi toccasse in mezzo alle gambe. Sentivo la testa battere di pura estasi, inebriato dal piacere, e quel pulsare si faceva sempre più forte.
«Adesso scoprirai perché i preliminari sono la parte migliore».
«Pensavo che quelli fossero già i preliminari», dissi.
Rise e mi fissò negli occhi. Il desiderio che vidi nel suo sguardo mi fece avvampare tutto. «Questi sono i preliminari». Si abbassò e mi baciò il busto, poi scese verso l’ombelico e mi scappò quasi da ridere, perché mi fece il solletico. Quando arrivò a baciarmi nel basso ventre, trattenni il respiro. Recitai una veloce preghiera di ringraziamento, “Ti ringrazio, Signore, di essermi fatto la doccia prima di venire qui”, e chiusi gli occhi.
La scialuppa dondolava delicatamente mossa dallo sciabordio dell’acqua, e intanto i baci di Taehyung scendevano sempre più giù. Proprio quando pensavo che ormai stessero per giungere a destinazione, Taehyung cambiò direzione e cominciò a baciarmi l’interno delle cosce. Si divertiva a stuzzicarmi, voleva tenermi sulle spine, quel bastardo, ma non potevo lamentarmi perché i suoi baci erano pura beatitudine.
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