Capitolo 15
JUNGKOOK'S POV:
Entrai nella mia bakery poco prima delle cinque del mattino. Guardai amareggiato il cartello che qualche giorno prima avevo lasciato sulla porta:
Circostanze impreviste ci portano a chiudere The Bubbly Baker a tempo indeterminato. Cercateci però alla fiera di Sheffield!
Una volta dentro, passai la mano sul bancone, e ripensai a tutti i sogni che avevo fatto su questo locale. Si erano tutti infranti, ma dentro di me ardeva ancora una flebile speranza. Forse era solo una questione di ormoni – in effetti, dopo aver trascorso del tempo con Taehyung, non potevo che sentirmi al settimo cielo. Mi contagiava col suo modo di approcciarsi al mondo, incurante dei giudizi altrui, e più stavo con lui, più sentivo che sarei riuscito a superare qualunque difficoltà avessi incontrato nella vita.
Eravamo stati inseparabili per tre giorni. Ero sveglio da mezz’ora e, dopo aver trascorso tutta la notte lontano da lui, già mi mancava tantissimo. L’aura magica che lo circondava stava cominciando a svanire e lentamente mi assalivano di nuovo le preoccupazioni e i timori per il futuro.
Per quanto mi sforzassi di mantenere un atteggiamento “menefreghista”, la realtà non cambiava: mi mancavano i soldi per pagare le bollette. Taehyung mi aveva offerto il suo aiuto, e per rendere la cosa meno penosa, aveva fatto la battuta che mi avrebbe pagato diecimila dollari ogni volta che fossi andato a letto con lui. Forse pensava che giocare al cliente e alla prostituta avrebbe addolcito la pillola e mi avrebbe convinto ad accettare la sua carità. Avevo riso, ma sapevo che dovevo risolvere il problema da solo.
Sapevo di essere molto più fortunato di tanta altra gente, perché ero certo che Taehyung non avrebbe mai permesso che finissi a vivere per strada. Indipendentemente da come sarebbero andate le cose tra noi, era un uomo buono e avrebbe fatto di tutto per non farmi finire tra i poveri della città.
Se gli avessi permesso di darmi dei soldi, però, avrebbe significato arrendersi. Forse sarei riuscito a salvare l’attività col suo aiuto, ma non sarebbe stata più la mia, o almeno non nel modo in cui intendevo io. A questo punto decisi di osare, di fare una follia. Anziché attenermi alla ricetta dei biscotti ultra collaudata che ormai da due anni cercavo di perfezionare, mi sarei fatta guidare da Taehyung. Avrei seguito il suo esempio, traendo spunto dalla strategia vincente che lui adottava nella vita come nel lavoro: rischiare. Per me l’arte della pasticceria era sempre stata sinonimo di perfezione, e forse per questo alle mie creazioni mancava un po’ di spontaneità. Un po’ di allegria.
Andai nel retrobottega e mi fermai a pensare agli ingredienti che avevo a disposizione. Avevo già detto a Hoseok che non doveva più venire a lavorare, ma lui si era offerto di aiutarmi a preparare il necessario per la competizione, anche senza essere pagato. Avrei voluto mostrarmi generoso e dirgli che lo avrei pagato comunque, ma sapevo che a questo punto ogni dollaro che spendevo faceva aumentare il mio debito. Mi ero quindi dovuto accontentare di fare una promessa a me stesso: appena mi fosse stato possibile, avrei trovato un modo per sdebitarmi con lui.
Hoseok arrivò circa due ore dopo, con gli occhi ancora assonnati, sbadigliando.
«’Giorno, piccioncino», disse.
«Ho avuto un’idea…».
Mi guardò, e di sicuro notò lo sbaffo di cioccolato che avevo sul viso e il marshmallow appiccicato sulla maglietta. Aggrottò la fronte confuso. «Vuoi dire che invece di un cucchiaio raso di zucchero provi a usare un cucchiaio abbondante?»
«No. Non la consueta sperimentazione. Ho provato qualcosa di assolutamente nuovo».
«Okay…». Mi seguì nel retrobottega.
«Accidenti. Da quando in qua fai tutto questo casino quando lavori?». Allontanò col piede un pezzo di impasto che mi era caduto sul pavimento e che non avevo fatto in tempo a pulire.
«Si tratta del processo creativo, Hoseok», dissi provando un certo imbarazzo nel riconoscere quanto mi aveva influenzato Taehyung. Quell’uomo era una specie di virus, ma di quelli buoni, anzi ottimi.
«Penso di aver capito», disse, annuendo. «Sporchiamo tutto e distruggiamo il locale, e che quel Choi vada a farsi fottere, giusto? Vuoi che faccia anche qualche buco nelle pareti?»
«Ma no. Dico sul serio. Aspetta solo qualche altro secondo e…». Presi un guanto, aprii il forno e tirai fuori due teglie. «Questi sono gli s’mores. Non troppo rivoluzionari, ma ho pensato di farli così, vedi?». Ne presi uno e lo spezzai a metà. Sopra c’era una nuvola gonfia e spumosa fatta di marshmallow caldo. Sotto due biscotti morbidi racchiudevano un cuore di cioccolato fuso: quando spezzai il dolcetto ne fuoriuscì una meravigliosa cascata cremosa.
«Sembra buono», disse.
«E poi ho provato questi», aggiunsi, mostrandogli l’altra idea.
«Sembrano… normali?», prese un biscotto e gli diede un morso. «Sono ripieni alla ciliegia?»
«Sì, ma aspetta. Non sono ancora finiti». Ne presi uno e lo passai nelle mandorle tritate, poi lo infilzai con un bastoncino di metallo.
Hoseok mi guardò un po’ titubante, e forse pensò che avessi perso il senno.
Andai alla friggitrice e immersi il biscotto nell’olio bollente. Poi mi girai e gli sorrisi.
«Biscotti fritti. Paula Deen ne sarebbe entusiasta. Una volta pronti, potremmo scioglierci sopra un po’ di burro».
«Niente burro», dissi.
Terminai di friggere il biscotto, lo misi in una teglia, presi della panna montata, e ce la misi sopra. Come tocco finale, una ciliegia ricoperta di cioccolato.
«Ta-daaa!», dissi. «Assaggia».
Lo prese e gli diede un morso. Lo osservai e vidi che lentamente inarcava le sopracciglia. «Wow. È davvero fenomenale».
◦•●◉✿✿◉●•◦
La fiera di Sheffield si teneva in una vasta area nella campagna attorno a Busan. Vennero anche Dawon, Hoseok e Taehyung. L’evento offriva tutto quello che ci si poteva aspettare: giochi pensati per scucire soldi ai visitatori, giostre gestite da persone di dubbia esperienza e discutibili motivazioni, capaci anche di attentare alla tua vita, e profumo di frittelle. Visto che si teneva a un’ora soltanto da Busan, c’erano sempre fiumi di visitatori.
Io e Taehyung camminavamo dietro a Hoseok e Dawon, che stavano discutendo di un film. Hoseok lo riteneva un capolavoro, mentre Dawon affermava di essersi addormentata dopo appena dieci minuti dall’inizio. Avevamo già sistemato tutto il necessario per cucinare i biscotti – ci avrebbero dato in dotazione il forno, quindi avevamo dovuto portare soltanto l’impasto, già sistemato in frigorifero. La competizione sarebbe cominciata la sera, quindi avevamo qualche ora libera per divertirci.
Mentre camminavamo, Taehyung aveva posato il braccio sulle mie spalle e mi teneva stretta a sé. Sollevai il viso e gli sorrisi. «Comunque, non eri obbligato a venire».
«Lo so, ma ci tenevo a farlo. E poi quante volte hai provato a impedirmi di fare una cosa?»
«Una volta o due».
«E com’è andata a finire?»
«Non troppo bene», riconobbi. Mi tornò subito in mente il pompino che gli avevo fatto vicino al ruscello, e arrossii. Era sorprendente come la mia mente si fosse adattata con facilità a passare da una vita senza sesso, a una in cui avevo sempre voglia di farlo, anche più volte al giorno, tempo permettendo. Forse qualcuno avrebbe potuto considerarmi un uomo lascivo e impudico perché mi piaceva così tanto fare l’amore, ma in realtà io non mi sentivo affatto in colpa. La gente usa spesso la parola “amore” senza darle il giusto peso. Io stesso non mi ci ero mai soffermato più di tanto. Quando ero alle medie avevo creduto di essere innamorato di Harry Style degli One Direction; da adolescente, avevo visto Drive e avevo pensato di esserlo di Ryan Gosling. Tutto qui.
Grazie a Taehyung, avevo capito una cosa: l’amore non è bianco o nero. Non ci si innamora follemente di qualcuno come per magia. Non si arriva, da un momento all’altro, al sentimento profondo che unisce coppie sposate da anni. Adesso lo avevo capito. Ti può piacere qualcuno, e questo sentimento assomiglia a un seme che ha messo radici nel terreno. Finché quel semino non comincia a crescere, non puoi sapere quali potenzialità possieda. Nelle fasi iniziali, può accadere che si scambi “il piacere” per “l’amore”, e solo col tempo riusciamo a renderci conto che il famoso semino non ha portato i frutti che ci aspettavamo.
E l’amore? È un seme diverso, e io ero assolutamente sicuro di averne già colto la differenza. Il sentimento che mi univa a Taehyung era importante. Non era banale. Aveva in sé una scintilla di eternità. Sapevo che era un dare e avere da parte di entrambi. L’amore reciproco sarebbe cresciuto e maturato, e sarebbe durato tutta la vita. Forse per questo alcuni matrimoni finiscono, perché non si capisce la differenza tra piacere e amore. La coppia guarda la piantina rachitica, o l’alberello stentato, nati solo dal seme del “piacere” e crede che si tratti invece del seme dell’“amore”. Magari passato qualche anno, ripensando a questa sorta di illuminazione sulla natura del vero amore, avrei anche potuto darmi dello sciocco. Ma al momento avrei scommesso la mia stessa vita di averci visto giusto: avevo colto il nocciolo della questione. Amavo Kim Taehyung e le sue stupide battutine, la sua cleptomania e i suoi difetti. Lo amavo con tutto me stesso.
«Stai mettendo a punto una tattica segreta per conquistare il mondo?», mi domandò.
«Non proprio», risposi.
«Non ricordo l’ultima volta in cui ho riflettuto altrettanto intensamente su qualcosa. Forse quando ho cercato di capire quale fosse la lettera muta nella parola scent, se la S o la C. Oppure la volta in cui mi sono soffermato a pensare a come si svuota un bidone della spazzatura».
Scoppiai a ridere. «Stavo solo pensando a cose di... Checche gay. Non preoccuparti».
«Ah, il ciclo? Lo segnerò sulla mia agenda. Ma ti avverto, un vero uomo non si fa fermare da un po’ di sangue. E tu hai un vero uomo».
Simulai un conato di vomito. «Non mi parlare di “ciclo”, non sono una donna e non intendo neanche diventarlo. Senti», dissi, e mi fermai per guardarlo in faccia. «Se io dovessi essere costretto a vivere fuori città per un po’, verresti comunque a trovarmi?»
«Ci verrei anche se tu vivessi al centro della Terra o in una stazione spaziale».
«Sono serio».
«Anch’io. Mi sono sempre chiesto cosa succeda quando sputi fuori dal finestrino nello spazio. Oppure se al centro della Terra si fluttua per mancanza di gravità».
Strizzai gli occhi. «Se apri un finestrino nello spazio… muori. Ecco quello che succede. E al centro della Terra… be’…».
«Vedi? Non lo sai». Incrociò le braccia come se avesse riportato chissà quale vittoria. «La mettiamo nelle cose da fare prima di morire».
«Quale delle due? Aprire un finestrino per essere risucchiati nel vuoto siderale e morire congelati, oppure fluttuare al centro della Terra, che di sicuro è fatto di rocce fuse, e morire fritti?»
«Entrambe. Le metteremo alla fine della lista, però, visto che vuoi sempre fare il signor Pessimista».
«Jungkook», sentii un uomo chiamarmi alle nostre spalle.
Rimasi pietrificato perché avevo riconosciuto la voce. Mi voltai e vidi Jimin, trafelato e coi capelli scarmigliati. «Ho visto il cartello sulla porta della bakery. Mi dispiace tanto che tu stia per chiudere».
«Jimin…».
«Oh, mi è venuta una fantastica idea», disse Taehyung. Mi mise una mano nell’incavo della schiena, si chinò verso di me e mi diede un lungo bacio, pieno di passione.
Restai senza fiato. Non ero mai stato uno a cui piacciono le effusioni in pubblico, ma date le circostanze, non ebbi nulla da obiettare. Quando infine si staccò da me, vidi Jimin ancora lì fermo, coi pugni serrati.
«Allora, vuoi fare a botte?», chiese Taehyung. «Perché ti avverto, “non ho tempo di sanguinare adesso”».
«Citazione da Predator», sussurrai. «Carina». Da quando avevo incontrato Taehyung ero cambiato parecchio. Mi sentivo assolutamente tranquillo. Lo conoscevo abbastanza bene da sapere che avrebbe fatto di tutto per evitare di picchiarsi con Jimin. Non era nel suo stile. Usando solo la forza della sua eloquenza, forse sarebbe stato in grado anche di convincere un orso affamato a non attaccarlo. Una parte di me fu quasi contenta che Jimin fosse arrivato fin qui: adesso mi sentivo pronto a porre fine a quella storia una volta per tutte, e con le parole giuste.
«Jimin», esordii. «Sono anni ormai che sei un peso psicologico che mi grava sulle spalle. Mi sono fatto un sacco di paranoie ripensando a quando siamo stati insieme: per me è stato solo uno spreco di tempo e una presa in giro, visto come sono andate a finire le cose. Ho permesso a quell’esperienza di tarparmi le ali, mi sono lasciato spaventare, e ho perso tante occasioni, rinunciando a provare cose nuove. Ti ho permesso di essere una specie di palla al piede. Be’, forse lo sono stato anch’io per te. Magari hai pensato che ti dovessi qualcosa perché siamo usciti insieme per tanto tempo, oppure hai la convizione che ci sia ancora una pagina alla fine del nostro libro su cui poter scrivere qualcosa».
«In ogni caso, non sarebbe una pagina bianca», aggiunse Taehyung. «In fondo trovi scritto: “a questo punto è arrivato Taehyung”. Poi, se guardi con più attenzione, sotto leggi: “Taehyung si è scopato il ragazzo che perseguiti. Più volte. Ed è stato meraviglioso. E a lui è piaciuto tantissimo. E anche stasera avremmo da fare”».
«Non mi sei d’aiuto», gli sussurrai.
«Scusa», mi disse a mezza bocca. «Cercavo solo di darti manforte».
Gli strinsi la mano. «Posso farcela da solo». Guardai di nuovo Jimin. «Ammettilo. Non si tratta di amore, né di nulla che gli somigli. La tua ossessione nei miei confronti è solo una questione di orgoglio. Ma non vale la pena che tu ci sprechi altro tempo».
Jimin mi guardava con la fronte aggrottata. Pensai che avrebbe fatto quel che faceva sempre: si sarebbe professato innamorato di me oppure mi avrebbe detto che non avevo capito nulla. Invece abbassò lo sguardo e annuì. «Forse hai ragione. Merda». Si passò le mani tra i capelli e fece un lungo respiro, lentamente.
Taehyung gli si avvicinò e gli diede qualche pacca sulla spalla. «Coraggio. Sono sicuro che arriverà presto il ragazzo giusto per te».
Jimin si scrollò di dosso la mano di Taehyung. «Sei un cazzone, vaffanculo. Bene. Detesto il mio nuovo lavoro qui e odio questa città. Buona vita, Jungkook».
«Anche a te», dissi.
«Speriamo di non rivederci». Taehyung scartò una mentina e se la ficcò in bocca. «Che c’è?», mi chiese.
Scossi la testa, sorridendo. «Sei davvero un cazzone».
«Certo, certo. Comunque ammettilo, ami il mio “cazzone”».
«Forse solo un pochino».
Mi diede un leggero colpetto con la spalla, sorridendo malizioso. «Lo ami molto più di un pochino».
«Smettila», risi, e gli diedi una spinta. Abbassai la voce. «È un… cazzo molto bello. Ed è tutto quello che riuscirai a farmi ammettere».
«Lo prendo per buono. E così farai tu. Magari, prima o poi, potremmo anche sperimentare quel giochetto che ti dicevo con le trappole per orsi».
Gli diedi una botta sul braccio. «Sei orribile».
«E allora tu hai il gusto dell’orrido perché anche tu mi ami».
«Inizio a dubitarne».
Rise. «Dubita pure quanto vuoi, ma ormai ti tocca stare con me e sopportarmi per sempre».
«Non mi ricordo di aver firmato nessun contratto».
«Mi ferisci, Jungkook. Mi sono anche messo in ginocchio con le tue mutandine in mano. Abbiamo sancito un vincolo sacro».
«Me ne ero quasi dimenticato. Finché bucato non ci separi».
«Esatto. E indovina un po’, visto che sono ricco non ho bisogno di fare il bucato».
«Cioè, tecnicamente…».
«Shh», sussurrò, mettendomi un dito sulle labbra, e sorrise. «Sta’ al gioco e lasciati andare».
◦•●◉✿✿◉●•◦
C’era molta tensione per la gara. Veniva addirittura trasmessa in TV da Food Network. Girava voce che il figlio di uno dei produttori televisivi fosse tra gli organizzatori della fiera. Qualche anno addietro si era sparsa la notizia che sarebbero venuti quelli della televisione, e da allora la gara si era fatta sempre più agguerrita. Il mio stomaco era un fascio di nervi, nonostante avessi poche cose da fare in concreto: tirar fuori dal frigorifero l’impasto e preparare i biscotti da servire.
Avevo avuto un po’ di problemi a trovare qualcuno che mi prestasse una friggitrice, ma alla fine Taehyung si era fatto amico, o aveva minacciato – non mi aveva specificato bene, in realtà – il tizio che vendeva le frittelle nello stand vicino. La miscela del suo olio non era esattamente quella che avrei voluto io, ma sarebbe andata bene comunque.
Le telecamere rimasero lontane fino all’ultima mezz’ora di gara, quando sfornammo i biscotti e restammo in attesa dell’assaggio dei giudici. Taehyung era seduto in mezzo alla folla e ogni volta che lo fissavo alzava i pollici per farmi coraggio. Sembrava più emozionato di me, e a vederlo mi faceva tanta tenerezza.
Nell’attesa, diedi un’occhiata agli altri partecipanti: eravamo venti pasticceri ad aver superato il primo turno durante il quale i giudici avevano assaggiato i nostri biscotti, ma in modo informale. Ora i due giudici, seguiti dalle luci e dalle telecamere, stavano procedendo lentamente lungo la fila dei tavoli allineati sui quali erano disposti i biscotti.
Il cuore mi martellava in petto, e dentro di me imprecai contro Hoseok che mi aveva lasciato lì da solo. Lui non aveva intenzione di continuare a lavorare nel mondo della pasticceria, quindi mi aveva detto che sarebbe stato meglio se non fosse stato presente. Forse aveva ragione, ma avrei desiderato comunque un supporto, oltre ai pollici alzati ed esageratamente entusiasti di Taehyung.
Alla fine i giudici giunsero anche al mio tavolo e assaggiarono sia gli s’mores che i biscotti farciti alle ciliegie. Annuirono in segno di apprezzamento, e segnarono qualcosa sulle loro cartelline, ma non mi dissero nulla. Proseguirono, e finalmente potei tirare un sospiro di sollievo, pur avendo ancora la gola serrata. Il momento dell’assaggio non era stato così tremendo come avevo immaginato, ma mi sarebbe piaciuto avere almeno una vaga idea di cosa pensassero dei miei biscotti.
Una volta finito il giro di tutti i partecipanti, i giudici tornarono al loro tavolo per rivedere gli appunti che avevano preso, e parlarono rivolgendosi alle telecamere. Uno dei cameraman passò tra i partecipanti e chiese a ciascuno quante possibilità di vittoria pensava di avere. Arrivato il mio turno, la luce sparata dietro alla telecamera mi fece sbattere gli occhi, ma riuscii a balbettare qualche parola che assomigliasse a una risposta sensata. Sorrisi addirittura, mentre la telecamera si spostava sul concorrente successivo.
Poco dopo i giudici si mossero con fare solenne, seguiti dalle telecamere e dalle luci, mentre la maggior parte dei visitatori si radunava per vedere come si sarebbe conclusa la competizione.
Uno dei giudici, una donna con occhietti a palla e il nasone, fece un passo avanti. Si fermò, per creare più pathos, e ci scrutò negli occhi a uno a uno. «Il primo premio va a…».
◦•●◉✿✿◉●•◦
«Un fottuto imbroglio», ringhiò Taehyung. «Il primo posto a un banale biscotto simile a un brownie?»
«Non c’è problema», risi.
Hoseok era imbronciato. «Ha ragione lui. Hanno fatto una vera cazzata».
Dawon annuì. «Uno non può ritirare il primo premio se è morto, giusto? Taehyung, tu sei una specie di criminale, no? Puoi ucciderlo?»
«Rubo oggetti. L’assassinio non è esattamente una delle mie specialità».
«Allora rubagli il cuore… strappandoglielo dal petto», suggerì Dawon con un’inquietante faccia seria.
«Oookay. Forse è un tantino esagerato», disse Hoseok. «Comunque hai sempre mille dollari. Non è male per qualche biscotto».
«È un inizio», concordai.
Al momento di andar via, Taehyung e Hoseok presero le buste piene di contenitori tupperware ormai vuoti. Ci eravamo allontanati solo di qualche metro dal luogo in cui si era svolta la competizione, quando un uomo con gli occhiali, stempiato, ci raggiunse correndo. Indossava camicia e pantaloni eleganti.
«Jungkook, giusto?»
«Sì?», chiesi.
«Sono Chuck Patterson. Uno dei produttori di Food Network. Ho assaggiato i tuoi biscotti e penso che avresti dovuto vincere tu, sul serio».
«Quest’uomo già mi piace», sussurrò Taehyung.
Gli feci cenno di star zitto, e intanto continuavo a fissare Chuck negli occhi. «La ringrazio».
«Mi occupo anche del casting di una trasmissione intitolata Bake Off, in America. Ci sono dieci concorrenti che gareggiano per vincere un premio finale di diecimila dollari. Di solito facciamo i provini online mesi prima di iniziare a girare, ma a uno dei concorrenti è venuto il morbillo qualche giorno fa, e noi abbiamo in programma di cominciare a registrare la prossima settimana».
«Ma chi cazzo prende ancora il morbillo al giorno d’oggi?», domandò Taehyung.
Con una certa discrezione, cercai di colpirlo con un calcio a una gamba, perché chiudesse la bocca. «Mi sta offrendo un posto nella trasmissione?», chiesi.
«Proprio così. Riceverai un compenso per il tempo che resterai in gara. Durante le riprese è previsto anche un alloggio. La trasmissione dura tre mesi, ma registriamo tutto in due settimane. Sei interessato?»
«Gli è permesso ricevere visite?»
«Certo, può…».
«Accetto. La ringrazio!».
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