Capitolo 9
JIMIN'S POV:
Uscii prestissimo per andare al lavoro, cosa che non era proprio da me. Avevo il presentimento che Yoongi sarebbe venuto a bussare quella mattina, cercando di convincermi con le paroline dolci a perdonarlo. Quando si trattava di lui, non potevo fidarmi di me stesso. Quindi, come un drogato, evitai anche solo la possibilità di cadere nella trappola.
Misi la sveglia alle cinque, mi preparai a razzo e alle sei ero già fuori.
Per fortuna, contrariamente al solito ebbi molto da fare e riuscii a non pensare a Yoongi per la maggior parte della mattinata. Il gemello del mio capo, Namjoon, e la nonna del marito di Taehyung avevano indetto una riunione segreta per discutere della festa di compleanno a sorpresa che stavano progettando.
Sedevo di fronte a Namjoon nel suo ufficio d'angolo pulito e ordinato, mentre la nonna, alias "Grammy", camminava su e giù e continuava a toccare, girare o spostare di pochi centimetri qualsiasi oggetto. Aveva uno scintillio dispettoso negli occhi ogni volta che giocherellava con qualcosa. Sapeva che Namjoon era ossessionato dall'ordine, a livelli quasi patologici; e lei era la peggior provocatrice che avessi mai incontrato.
Namjoon aveva dovuto interrompere la riunione per rispondere al telefono, ma si vedeva che il ficcanasare di Grammy cominciava a dargli sui nervi.
«Come procede la tua vita di tenebre?», mi chiese Grammy. Passò un dito sulle tapparelle dietro la scrivania, inclinando qualche listella in direzione opposta alle altre.
«Aspetto solo la prossima delusione. E tu, hai intenzione di morire presto?».
Scoppiò a ridere. «Non appena decidi di morire, smetti di vivere».
«Carina. L'hai letta su un biglietto di auguri?»
«Biscotto della fortuna».
«E comunque, dov'è Jungkook? Non dovrebbe essere lui a organizzare la festa per quell'idiota?», domandai.
«Non l'ho invitato, avrebbe cercato di convincerci a non fare nulla di figo. Mi spiego, bello?».
Nonostante un verso disgustato, riuscii a malapena a reprimere un sorriso. «È osceno quando cerchi di parlare "giovane". Puoi evitare? È un cliché da persona anziana. Lo sai, vero? Non l'hai inventata tu la tattica di mettere i giovani a disagio usando le loro stesse parole».
«Sei troppo giovane per sapere cosa ho inventato o no, saputello. Ed è un cliché solo se io non mi rendo conto di farlo, ma visto che è proprio il contrario, è metateatro. E no, non ho intenzione di spiegarti che significa».
Sospirai. «Che sia "meta" o no, è osceno. Dovresti usare le parole da vecchi, come "giovincello" o "vandalo", invece di parlare come una bambina di sette anni».
«È osceno anche se ti dico che ieri notte ci ho dato dentro e mi fa ancora male? Non so se sia perché ha fatto un buon lavoro o perché ho superato i settanta, ma cazzo oggi ho le ginocchia di legno».
«Sì. Anche quello è osceno».
Si strinse nelle spalle e prese un fermacarte dalla scrivania. Pensai che a Namjoon stessero per schizzare gli occhi fuori dalle orbite quando la vide passarselo da una mano all'altra con aria distratta e poi rimetterlo giù, qualche centimetro più in là. «C'è un motivo se tutti i tubi continuano a funzionare anche in tarda età».
«Il fatto che i tuoi "tubi" funzionino o meno rientra nella categoria di cose che preferisco non sapere».
Grammy rise. «Ma così mi perderei quella faccia inorridita. Dove sarebbe il divertimento?»
«Non sono inorridito. Fa solo schifo immaginarlo».
«E se ti dicessi che abbiamo fatto robe di sedere, di bocca e di passera in un ordine che non ti aspetti?».
Inarcai le sopracciglia e fissai Namjoon, che aveva terminato la chiamata e aveva sul volto la mia stessa espressione attonita. «Allora sì. Quello mi farebbe orrore».
Ridacchiò di nuovo. «Hai finito, capoccione? Era ora. Qui c'è qualcuno che non resterà ancora a lungo sulla Terra, sai».
«Sono certo che vivrai ancora per molti, molti anni. Mi sa che sei troppo cocciuta per morire», le rispose lui.
«Bene. Almeno non sei un perfetto idiota come tuo fratello».
«Taehyung è un tipo eccentrico. Sfortunatamente, non è un idiota. Altrimenti potrei fargli un assegno ogni mese e tenerlo fuori dalla mia vita e dall'azienda. Purtroppo, ho bisogno del valore aggiunto che porta alla Galleon, quindi siamo tutti costretti a sopportarlo».
«A ciascuno la sua opinione», dissi.
Namjoon sorrise. «A differenza di alcuni di voi, devo lavorare. Quindi, possiamo passare all'organizzazione di questa festa di compleanno?»
«Spogliarellisti», disse Grammy. «Fine. Non mi servono input né opinioni. Si fa. Tu mi servi solo per i soldi». Indicò Namjoon. «E tu per preparare una buona storia di copertura insieme al maritino, in modo che Taehyung arrivi al momento giusto e senza sospettare nulla. Punti extra se riuscite a escogitare qualcosa che lo faccia vestire da scemo. Penso io ai costumi per gli spogliarellisti e a tutto il resto».
Annuii. «Mi piace».
Namjoon scosse la testa. «Se dico di sì, te ne vai e la smetti di toccare la mia roba?».
◦•●◉✿✿◉●•◦
Quando uscii dall'ufficio ero esausto. Mi ero svegliato quasi due ore prima del solito. E la sera ero andato a letto molto più tardi del normale, un po' per via dei ricordi pazzeschi di Yoongi tra le mie gambe e un po' per il confuso tentativo di capire che cazzo gli avesse fatto cambiare atteggiamento in un lampo.
Mi fermai un attimo fuori dal mio condominio e cercai di sbirciare dalla finestra. Non volevo incontrarlo. Almeno non aveva il mio numero, quindi potevo evitarlo, se riuscivo ad andare e venire senza che mi vedesse.
«Via libera, credo», disse una voce alle mie spalle.
Feci un balzo per allontanarmi. Per le strade di Seoul, voci inattese dietro di te scatenano ogni sorta di allarme. Quando mi voltai, ero pronto a cavare gli occhi a qualcuno con i mignoli, se necessario. Vedendo Yoongi mi rilassai, ma solo di poco.
«Ti eri appostato nell'ombra in attesa che arrivassi?».
Inclinò appena la testa, incassando l'accusa. «Più o meno. Ho fatto un paio di pause. Mangiato un hot dog. Parlato di tasse con un senzatetto. Dato del pane a un piccione. Però sì, perlopiù ti ho aspettato».
Indossava un completo e una cravatta dall'aria costosa. Non ne capivo abbastanza di vestiti da esserne sicuro, ma sospettavo che avesse messo da parte il ruolo del membro della classe media Min Dohyun, se non altro per quanto riguardava l'abbigliamento. Sapevo che era ricco, ma vederlo tutto in tiro sottolineò ancora di più il messaggio.
Ci avevo azzeccato, dopotutto. Persino vestito da persona comune, avevo sentito l'odore da ricco proprietario di yacht che emanava.
«Ho da fare, cose importanti. Tra dieci minuti comincia la maratona di Crescere, che fatica!, quindi...».
«Oh, wow. Sembra davvero importante. Posso andare a prendere la pizza, lo guardiamo insieme».
Gli puntai un dito in faccia e scossi la testa. «No. Non rientrerai nelle mie grazie con quattro paroline. Ho fatto una rara eccezione per te. Sono stato carino e se...».
«Lascia che ti spieghi».
Scossi la testa e afferrai la maniglia del portone. Mi fermò, appoggiando la mano sulla mia.
«Jimin. Non permetterò che vada come in quelle stupidaggini che si vedono alla televisione e al cinema. Posso spiegarti quello che è successo, davvero. Ascoltami».
Incrociai le braccia. «Di che stupidaggini parli?».
Si strinse nelle spalle. «Lo sai. Quando la spiegazione è semplice ma il personaggio invece di sputare il rospo continua a ripetere frasi come "Aspetta, se mi lasci spiegare" e "Non andartene! Posso spiegarti tutto". E però continua a ripeterlo in dieci modi diversi invece di dire le tre parole che sistemerebbero tutto. Quindi metà del film è costruito su un malinteso che si potrebbe risolvere con un dialogo di cinque secondi».
«Mi stai dicendo che hai tre parole magiche che sistemeranno tutto?».
Alzò gli occhi e capii che stava cercando di condensare in tre parole qualunque cosa volesse dire. «C'era telecamera».
«C'era...».
«Sarebbero state meglio quattro parole. Ma sì. C'era una telecamera».
«Ferma lì». Dopo un po', registrai ciò che aveva detto. «Ci stavi riprendendo? Sto aspettando l'incantesimo che sistemi le cose, qui, perché al momento significa solo che posso ucciderti nel sonno senza il minimo senso di colpa».
«Ricordi la sorellastra di cui ti ho parlato? Ieri mattina ha forzato la porta di casa mia e mi ha fatto un ridicolo monologo da supercattivo. Pensavo che fosse solo scena, ma deve avere nascosto delle telecamere prima di svegliarmi».
«Telecamere? Plurale? Mi stai dicendo che ormai c'è un mio video su internet?»
«No. No, decisamente no. Probabilmente no». Sembrava un po' meno sicuro. «Ho passato al setaccio l'appartamento e le ho trovate tutte. Ma è stato questo a stranirmi. Il messaggio che mi è arrivato era suo, si vantava del fatto che ci stava guardando. Ero troppo incazzato per riflettere e, be', ecco».
«"Be', ecco"? Cosa dovrei fare? Dirti che va tutto bene? Che non fa niente, tanto mi faccio riprendere nudo di continuo?».
Abbassò lo sguardo a terra. «Non permetterò che succeda di nuovo. Non accamperò scuse. Sapevo che Mina era fuori di testa, ma credevo avesse dei limiti. Adesso so che non ce ne sono, non più, e le impedirò di fare altre cazzate con la mia vita - la nostra».
Guardavo fisso a terra e cercavo di metabolizzare il tutto. Se sorvolavo sull'onta di essere filmato da una sua parente psicopatica e sulla stranezza della sorellastra che piazza telecamere spia e lo guarda fare sesso, mi rendevo conto che non avrei dovuto prendermela con lui. E tuttavia, non avrei accettato tutto passivamente, fidandomi che ci pensasse lui a questa sorella che si ritrovava, o al video di me nudo come un verme sotto la sua bocca che forse aveva salvato sul computer.
«Voglio parlarle», dissi.
Yoongi sussultò. Forse per via del mio tono o di qualcosa nel mio sguardo, mi guardava come se gli avessi appena detto che desideravo verificare se si potesse uccidere qualcuno con una forchetta. Sì, forse me lo stavo chiedendo davvero.
«Non sarebbe una buona idea. Fidati di me. Farò tutto il possibile per tenerla fuori dalle nostre vite. Finora ho cercato di passare inosservato ed evitarla. Non più. Ha superato ogni cazzo di limite sulla faccia della Terra, non sarò più gentile. Non so con precisione come fargliela pagare, ma se non si ferma mi inventerò qualcosa».
Sospirai. «Se il tuo piano di vendetta è abbastanza crudele, ti lascio carta bianca. Però penso di avere diritto quanto te di odiare questa donna, quindi non credere che non mi metterò in mezzo se il tuo lavoro lascia a desiderare».
Finalmente, assunse un'aria un po' meno seria. Accennò un sorriso. «Ricordami di non farti mai incavolare».
«Hai una macchina del tempo?».
Ridacchiò. «Touché».
«E poi, non lo so ancora se ti ho perdonato».
«La pizza migliorerebbe le cose?»
«Un po'. Ma farai meglio a trovare un posto dove fanno i grissini al formaggio. E i dolci con l'impasto della pizza. E ho bisogno dei wonton al formaggio».
Aggrottò la fronte. «Sicuro che volevi dire tutte "e"? Non c'era qualche "o"?»
«Non stavo balbettando. Inoltre, visto che metti in dubbio le mie parole, aggiungici un frappè agli Oreo e cioccolato».
Assunse un'aria meditabonda, poi annuì. «Dammi mezz'ora di tempo. Poi mi aggiorni su cosa mi sono perso della maratona. A proposito, sei sexy quando fai l'intransigente».
Mi accigliai.
Per tutta risposta, annuì con un sogghigno. «Ecco. Proprio quello sguardo lì».
Entrai nel palazzo e, una volta sicuro che nessuno mi vedesse, sorrisi. Non importa quanto fossi incavolato per il video e la sorellastra; ero lieto di scoprire che nulla di quanto avevo pensato su Yoongi la notte prima era vero. Quindi, aprii le porte alla felicità. Avrò anche passato quasi tutta la vita a convincere gli altri che ero allergico a quel sentimento, ma cominciavo a credere che fosse perché temevo di non trovarla mai. Dopotutto, se nemmeno cominci a cercare, non puoi nemmeno fallire.
Dentro di me avevo ancora paura che sarebbe finito tutto all'improvviso. Che dopo la luna di miele dei primi appuntamenti si sarebbe rivelato un cretino. Chiunque può fingersi una brava persona per due cene o qualche ora. E all'inizio non si mostrano nemmeno le cattive abitudini o i lati insopportabili del proprio carattere. Forse era uno di quegli animali che vanno a letto con i calzini, per esempio. O forse non riusciva a lavarsi i denti senza disseminare molecole di dentifricio su tutto lo specchio. Peggio ancora: forse beveva latte scremato.
Manie a parte, non riuscivo a immaginare un futuro per noi due. Probabilmente, alla fine gli sarei venuto a noia e mi avrebbe lasciato, o persino tradito. Si sarebbe accorto che ero troppo povero per interessare a uno come lui. O forse non sarebbe riuscito a impedire alla sorellastra psicopatica di rovinare la nostra relazione. Comunque fosse, sembrava una causa persa.
Eppure, da quel stupido che ero, volevo provarci comunque.
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