Capitolo 9
Cara Y/n,
ogni giorno, quando entro a scuola, i miei compagni più popolari sono seduti sul muretto e mi insultano gridando cose come Testa in Fiamme e Casa di Pan di Zenzero. Il problema è che ho una voglia matta di avere un ragazzo e uno di loro mi piace tantissimo. Come lo convinco a uscire con me?
Nayeon
Cara Nayeon,
temo che tu debba accettare la realtà. Essere sovrappeso e avere i capelli rossi non aiuta ad avere un ragazzo quando si va a scuola. Il migliore consiglio che posso darti è di trovarti una nicchia. Diventare dark, per esempio, sembra funzionare bene per le ragazze che non hanno una taglia perfetta e non sono bionde. I dark sembrano capaci di andare oltre le imperfezioni, purché siano fasciate di nero e viola e abbondino con eyeliner e rossetto neri. Veniamo ai cosiddetti compagni popolari che ti insultano. Il loro comportamento non va bene e va ancora meno bene fargliela passare liscia. Perciò fai così. Compra un po' di trofei da quattro soldi e lasciali fuori dalla portineria della scuola in una scatola con un biglietto. Il biglietto dirà che lo scorso fine settimana quei ragazzi hanno vinto le Regionali Nordorientali di Line Dance, ma che hanno dovuto andarsene prima di ritirare i trofei. La Federazione di Line Dance sarebbe molto grata se si potesse organizzare un incontro durante un'assemblea scolastica per celebrare questo importante successo.
A quel punto, addio popolarità dei compagni. Resterà solo Nayeon: popolare davvero, lei.
Y/n
Y/N'S POV:
Mi appoggiai allo schienale e valutai il mio operato. Scrivere quella terribile rubrica era diventato molto più semplice adesso che avevo il permesso di dire tutto quello che volevo. Escogitare i piani di vendetta era mille volte più divertente che sguazzare nella disperazione delle mie lettrici, alla vana ricerca di modi per aiutarle e costringere uomini che con tutta evidenza se ne fregavano di loro ad amarle. E adesso, con la complicità di Yoongi alla mia prossima vendetta personale, be', stavo andando alla grande. Il pranzo di ieri era stato un successo e ci eravamo abbandonati all'immaginazione. Discorsi su calcio e vendetta si erano intrecciati fino a produrre un piano di una portata tale da sconvolgermi anche solo a pensarci. In effetti, avevo dovuto impedirmi di rifletterci troppo perché mi spaventava un po'. Ma, come ricordai a me stessa, avevo un compito da assolvere. Non potevo deludere le mie lettrici con una banale rivincita. Dovevo fare le cose in grande e quello era il momento di mettere in moto l'ingranaggio.
«Allora, sto per mandare a Namjoon una richiesta di amicizia su Facebook», dissi a Yoongi, concentrato nel lavoro accanto a me.
«Una richiesta di amicizia?», chiese lui, voltandosi a fissarmi.
«Sì», risposi.
«E se ti ignora?».
Non ci avevo pensato. Potevo fallire prima ancora di cominciare.
Yoongi sospirò e si chinò a battere qualche tasto sulla mia tastiera. «"Vedo che segui ancora il FC Seoul. Non posso credere che l'altra sera abbiamo fatto così schifo! Quando smetteranno di acquistare spagnoli di serie B?"», lesse ad alta voce mentre digitava.
«E questo cosa significa esattamente?», chiesi, fissando lo schermo confusa.
«Significa che avrai di certo una risposta. Non esiste un uomo capace di ignorare un sano dibattito sulle condizioni della sua amata squadra di calcio».
«Se lo dici tu...», risposi poco convinta, guardandolo mentre inviava il messaggio. «E adesso che facciamo?»
«Aspettiamo».
«Giusto», dissi, e incrociai le braccia fissando intensamente lo schermo.
«No, aspettiamo aspettiamo», precisò Yoongi. «Potrebbero volerci un paio di giorni».
«Giorni», esclamai.
«Sì, giorni», ripeté Yoongi. «Dimenticatene per un po'».
Riuscii a resistere per ben diciannove minuti prima di ricontrollare se avevo ricevuto risposta. Niente. Ora di pranzo: niente. Dopo la riunione redazionale: niente. Mentre mi alzavo per infilare il cappotto e ritardavo fino all'ultimo momento di spegnere il computer: niente. Era peggio di quando aspettavo che quel telefono squillasse.
«Smettila di controllare», disse Yoongi, per la ventesima volta nel corso della giornata.
«Non sto controllando», risposi con un sobbalzo. «Guardo solo gli impegni di domani e poi chiudo tutto e me ne vado». Cliccai sull'agenda e non potei trattenermi dal dare un'ultima occhiata.
Ed eccolo. Il nome di Namjoon. Tra i messaggi non letti. Innocente, come se niente fosse. Lo fissai, incapace di cliccarci sopra. La mia reazione alla vista di quel nome fu fisica e reale come se lui fosse appena entrato nella stanza. Il cuore mi balzò in gola, battendo così forte da sorprendermi che Yoongi potesse non sentirlo. La sensazione mi ricordò così tanto quella provata in passato, la prima volta che lui mi aveva chiamata dopo quel bacio sulla pista da ballo, da farmi girare la testa. "Mi ha mandato un messaggio", continuavo a pensare. Lui mi ha mandato un messaggio.
«Ecco. Te lo dicevo che avresti ricevuto una risposta, no?», disse Yoongi, notando il nome di Namjoon in grassetto in cima all'elenco. «Aprilo, forza».
Avevo una gran voglia di aprirlo da sola. Assaporare il momento. Non sapevo bene perché e di certo non sarei riuscita a spiegarlo a Yoongi. Così cliccai sul messaggio e trattenni il fiato.
Hai detto proprio bene! Cavolo, come stai?
«Evvai», urlò Yoongi, alzando il pugno vittorioso. «Ci siamo», dichiarò, passandomi un braccio intorno alle spalle. «Senza dubbio. Posso lasciarti sola senza che mandi a monte tutto, adesso? Devo andare».
«Certo, me la caverò», risposi, grata di poter passare un po' di tempo sola con Namjoon nel ciberspazio. Sorrisi a Yoongi mentre lui infilava alcuni documenti nella valigetta.
«Grazie», gli dissi. «Davvero».
«Di niente», rispose lui. «È stato... È stato più divertente che pianificare il matrimonio. Mettiamola così. Ci vediamo domani».
Mi sedetti e fissai a lungo lo schermo prima di iniziare un po' titubante a raccontargli la mia storia. Quello che volevo fargli credere, certo. La storia di un enorme successo in tutti gli ambiti della sua vita. Una storia costellata di arguzie e su cui mi tormentai quasi quanto per la mia rubrica. A sua volta Namjoon, nei giorni seguenti, mi mise a corrente della propria, in una versione senz'altro ritoccata. Fui colpita dal pensiero che frequentare qualcuno in quel modo era molto più semplice. Ogni mossa, ogni commento poteva essere premeditato e affinato fino a trovare esattamente la nota giusta. Non come in passato, quando le relazioni crollavano e morivano ancor prima di iniziare a causa di imprevisti casi di logorrea su argomenti irrilevanti durante l'importantissima prima telefonata. Forse se avessi avuto Facebook quando ero più giovane adesso sarei stata felicemente sposata, data la quantità di volte in cui ero riuscita a mettermi in imbarazzo durante i cruciali incontri a tu per tu.
Quando infine trovai il coraggio di chiamarlo dopo giorni di scambi online, mi sorprese ritrovarmi con lo stomaco annodato mentre aspettavo che rispondesse, non potendo più contare sul ritardo della parola scritta per evitare passi falsi verbali. Lui accettò la chiamata con un «Pronto» burbero, ma il suo tono si rallegrò all'istante quando capì con chi stava parlando. Dopo l'inevitabile imbarazzo iniziale, ridemmo e scherzammo con gran disinvoltura. Lui sembrò più sicuro di quanto mi fossi aspettata, quasi indifferente, soprattutto dato che si interruppe diverse volte per rispondere ad altre chiamate in arrivo. Si scusò per la scortesia, ma quando si gestiva un'attività globale come la sua bisognava essere a disposizione dei clienti a tutte le ore del giorno. Mi venne in mente la parola "cretino", il che mi ricordò il motivo della telefonata. Dovevo convincerlo ad andare alla partita con me il sabato seguente. La carta vincente fu l'esclusiva area Hospitality, come consigliato da Yoongi. C'eravamo quasi.
Il sabato seguente mi svegliai alle 4:34 del mattino. Mi tirai su a sedere nel letto con il panico di avere saltato la sveglia. Leggere l'ora mi diede sollievo, una sensazione insolita a quell'ora del mattino. Mi alzai subito, sapendo che era il momento di prendere la decisione più importante della giornata. Cosa indossare?
La sera prima avevo passato quelle che erano sembrate ore a sfilare davanti a Lisa, sostenuta da grandi bicchieri di vino. All'inizio avevo pensato di puntare su un effetto sofisticato e pudico, ma le idee di Lisa viravano più verso uno stile sgualdrina/prostituta. Alla fine decisi di tenere il piede in due staffe. Si trattava solo di una partita, in fondo, perciò non dovevo vestirmi troppo elegante. Tirai fuori i miei migliori jeans di marca, le mie Jimmy Choo taroccate e una maglia piuttosto aderente che con il reggiseno giusto ritenevo mi facesse fare un figurone.
Scelti i vestiti entro le 5:04, mi trascinai in cucina e guardai nel frigo tutto il cibo che avrei dovuto evitare di mangiare perché la maglia aderisse alle mie curve e non sformasse.
Alle due in punto di quel pomeriggio, allo stadio, Yoongi studiò i miei vestiti con aria disperata mentre i fan sciamavano intorno a noi fuori dalle porte dell'area premium.
«Non puoi indossare questa roba», commentò, scuotendo il capo e fissandomi il seno.
«Perché no?», protestai. «Mi è costato tantissimo».
«Voltati», disse lui in tono burbero.
«Perché?»
«Tu voltati e basta per un attimo», ripeté.
Feci un lento giro su me stessa, imbronciata come una scolaretta che doveva mostrare l'uniforme nuova alla nonna.
«Dovrai togliertela», dichiarò lui.
«Ma adoro questa maglia», dissi.
«Non ne dubito, ma non c'è nessun posto dove nascondere i microfoni. Li noterebbe a chilometri di distanza».
Lo fissai. Cavolo. Aveva ragione. L'intero piano si basava sul fatto che io fossi munita di microfoni, in modo che Yoongi potesse parlare di nascosto mentre io ero con Namjoon. In caso contrario, sarebbe andato tutto a monte.
«Dovremmo improvvisare». Yoongi si guardò intorno in cerca di ispirazione. «Ti serve per forza qualcosa che abbia un colletto e possa nascondere i cavi dell'auricolare. Trovato», disse, iniziando a sbottonarsi la camicia blu polvere.
«Cosa stai facendo?», chiesi.
«È tutto a posto. Sotto ho la mia maglietta portafortuna», disse lui. «Non devi vedermi nudo».
«Sul serio credi che indosserò la tua camicia per incontrare un mio ex? Voglio che pensi di aver fatto un errore quando mi ha mollato anni fa, non di essersi salvato per un pelo da un travestito».
Lui si fermò con un bottone a metà di un'asola. «D'accordo, allora lasciamo perdere. A me va benissimo anche solo guardare la partita».
«No», urlai, posandogli la mano sul braccio per impedirgli di allontanarsi stizzito. Avevo bisogno di Yoongi. Non solo era cruciale per l'intero piano, ma mi sentivo anche molto più sicura di me con lui nei paraggi.
«Per favore, non andare», dissi. «Mi dispiace. Sono solo nervosa, ecco tutto».
Yoongi si sporse per sistemarmi la camicia intorno alle spalle, poi si chinò fino a portare gli occhi all'altezza dei miei.
«Non c'è bisogno di essere nervosi», disse in tono dolce. «So che puoi farcela. Mi hai capito?».
Deglutii e distolsi lo sguardo prima di restare ipnotizzata dalle sue iridi nero pece. «D'accordo», dissi con un sorriso fiacco, per poi andare in cerca del bagno delle donne.
Ci misi un po' a rendere sexy la camicia di Yoongi mentre mi esaminati nello specchio. Alla fine decisi di infilarla nei pantaloni, dato che per fortuna avevo indossato una cintura di strass piuttosto sfiziosa, e lasciai abbastanza bottoni aperti da mostrare un bel po' di scollatura. Lo strano era che quella camicia mi faceva sentire sexy. Mi ricordava tutti quei film romantici in cui la protagonista va a letto con un ragazzo e poi al mattino si alza e gli prepara la colazione indossando solo la camicia che la notte prima gli ha strappato di dosso in preda alla frenesia. Purtroppo, non avevo mai avuto l'occasione di mettere in atto quella fantasia. Avevo scoperto che, di solito, nelle mattine successive alle notti di passione io e il tipo di turno riuscivamo al massimo a fare un salto da McDonald's per smaltire i postumi della sbornia. In realtà una volta ci avevo provato, molti anni prima, ma quando mi ero apprestata a raccogliere la camicia l'avevo trovata puzzolente di alcol e sigarette e mi era venuto da vomitare.
Trovai Yoongi nella cabina inutilizzata dall'area stampa che era riuscito ad accaparrarsi tramite il cronista sportivo del giornale.
«Sta meglio a te che a me», disse lui, guardandomi di nuovo il seno.
«È tutta questione di stile», risposi, issando il cestino da picnic che avevo scrupolosamente preparato e posandolo sulla mensola che correva lungo l'intera parete anteriore della stanzetta. Tornai a voltarmi verso Yoongi con le mani sui fianchi. «E adesso mettimi il microfono, Yoon», dissi con un sorriso.
Dopo aver armeggiato nella mia camicia per qualche momento imbarazzante cercando di far funzionare il piccolo microfono, Yoongi lasciò la cosa nelle mie mani e si ritirò in una stanza in fondo al corridoio. Avendo stabilito che potevamo comunicare cantando Stella, stellina, mi apprestai a preparare il mio sontuoso banchetto.
«Questo non è solo cibo, è una vendetta culinaria», mormorai tra me mentre disponevo con cura i rustici della carne e la gustosa torta di doppio cioccolato fondente. Poi feci saltare con grandi cerimonie il tappo di una bottiglia di champagne, mi versai un bicchiere e lo mandai giù in un sorso solo.
«Sono pronta», dichiarai a bassa voce proprio nel momento in cui bussavano alla porta.
«Porca miseria, è bellissimo», borbottai, mentre Namjoon entrava a passo deciso avvolto in una nuvola di costoso dopobarba.
Lo guardai, sentendo la testa girare come ogni volta che lui entrava in una stanza tanti anni prima. In qualche modo, era ancora più bello di allora. I suoi capelli biondo ramato non erano più minacciati dal colore scuro delle radici come un tempo. Erano stati anche impomatati con cura e acconciati in un ciuffo elegante davanti, che non ricordava per nulla il taglio fatto in casa da sua madre che gli toccava sfoggiare da ragazzo. Aveva la barba appena accennata, uno dei dettagli che preferivo perché dava sempre agli uomini un'aria molto virile. E poi eccolo. Quel sorriso. Il sorriso che tanti anni prima mi aveva fatto tremolare le ginocchia sotto gli effetti di un Cinzano allungato adesso mi rese un po' euforica, dopo lo champagne bevuto a stomaco vuoto.
«Concentrati, Y/n, concentrati», mi intimò Yoongi severo nell'orecchio, proprio mentre il dopobarba delizioso di Namjoon catturava le mie narici e mi sentivo svenire.
«Y/n», disse lui, avvolgendomi in un abbraccio che mi fece quasi cedere le ginocchia. «Non sei cambiata per nulla», proseguì, tenendomi a distanza di braccio e squadrandomi dalla testa ai piedi.
Ebbi un improvviso flashback degli anni Ottanta, quando faceva figo indossare la camicia di papà stretta in vita da una grossa cintura bianca. Ed eccomi lì, adesso, con la camicia di Yoongi e l'aria di chi era ancora intrappolata nel peggior decennio della moda del secolo scorso. Studiai l'abbigliamento di Namjoon. Era chiaro che indossava solo capi costosi e di marca, accostati per mettere in risalto la maglietta della squadra con quella disinvoltura che agli uomini di Seoul riusciva tanto naturale. Mi imbarazzò che lui stesse molto meglio di me.
«E guardati», dissi, spettinandogli i capelli e sforzandomi di trovare la cosa giusta da dire. «Bello cresciuto», riuscii infine a farfugliare.
Fui sicura di sentire Yoongi che gemeva nel mio orecchio.
«Quasi non sono riuscita a trovarti», disse Namjoon. «Ho chiesto e mi hanno detto che questa in realtà è una cabina riservata alla stampa».
«Oh, sì, be', ho pensato che probabilmente eri già stato in tantissime tribune esclusive e questa ti avrebbe offerto un'esperienza un po' diversa. E il commentatore che conosco è riuscito a procurarmela».
«Oh, giusto», disse lui, guardandosi intorno. «E chi sarebbe?»
«Oh, ehm, è...», balbettai aspettando che Yoongi dicesse il nome del suo amico, ma non arrivò alcun suggerimento. «Oh, tanto non ti direbbe niente. Non lavora qui, conosce solo gente che lo fa. Un po' di champagne?»
«Wow, non mi dispiacerebbe», rispose lui, annuendo con aria d'apprezzamento. «Ecco, lascia fare a me». Prese la bottiglia e riempì due bicchieri.
«Allora», proseguì lui, facendo scorrere lo sguardo lungo il mio corpo e soffermandosi forse un po' troppo all'altezza della scollatura. «Ai vecchi amici», concluse, alzando il bicchiere in un brindisi.
«Ai vecchi amici», risposi, senza poter evitare di rispondere raggiante al suo sorrisone.
«E così, Y/n Lee, un pezzo grosso del giornalismo? Devo ammettere che sono colpito», disse lui, passandomi un braccio intorno alle spalle e dandomi una stretta amichevole. Mi sentì sfiorare dalla sua barba appena accennata e temetti di crollare. «Pensa un po', la mia vecchia Y/n nei mezzi di comunicazione. Fantastico».
«Be', sai, ho lavorato duro per arrivare dove sono», risposi, sentendo la sghignazzata sarcastica di Yoongi.
«Adesso non fare la modesta, Y/n, ho sempre saputo che saresti andata lontano».
«Davvero?»
«Oh, sì», fece lui, sporgendosi a riempirmi di nuovo il bicchiere. «A scuola sei sempre stata una cervellona, no? Te lo dico, quando ti ho rimorchiato non potevo credere alla mia fortuna. Ho pensato di avere fatto tombola. Bellezza e cervello. Il massimo».
«Davvero?», ripetei.
«Davvero», rispose lui, annuendo convinto. «Non credevo che mi avresti mai notato, a essere sinceri. E poi quando è successo ricordo di aver pensato che era il giorno più bello della mia vita».
«Sul serio?», dissi, prendendo un lungo sorso dal bicchiere. Avevo trovato il Namjoon giusto? Era un caso di scambio di identità?
«Peccato esserci conosciuti da ragazzini. Eravamo troppo giovani perché funzionasse, non credi?», commentò lui, passandosi con cura le dita tra i capelli ingellati.
«Sì, presumo», borbottai. Forse avevo capito male. Forse non era andata come ricordavo.
«Ma, ehi», disse lui, allargando le braccia. «Adesso siamo qui, no? E devo ammettere che è davvero bello vederti».
«Be', Namjoon. È... Una cosa molto carina da dire. Grazie».
Namjoon prese un lungo sorso di champagne e mi squadrò di nuovo dalla testa ai piedi. Sperai che notasse che portavo solo una taglia in più rispetto a quando ero ragazzina.
«È vero, Y/n», continuò lui, scuotendo il capo. «Ho avuto alcune donne pazze nella mia vita, credimi. Compresa la mia ex moglie, ma non farmi iniziare. Quella è tutta un'altra storia. Che tu sia rispuntata così, però. Una donna incantevole e sana di mente che guadagna di suo e ama il calcio. Y/n, penso che questo sia di nuovo il giorno più bello della mia vita». Mi rivolse un sorriso allusivo, facendo scorrere di nuovo lo sguardo su di me.
Sperai che Yoongi avesse sentito ogni singola parola. Fare affidamento sull'idea che lui si innamorasse di me era un rischio: aveva detto così. Cristo, per poco Namjoon non mi chiedeva di sposarlo. Lo guardai ipnotizzata mentre si sedeva e distendeva il suo lungo corpo su una sedia, prima di intrecciare le mani dietro la testa e lanciarmi un sorriso soddisfatto. La sua soddisfazione era contagiosa. Non potei evitare di chiedermi come sarebbe stato se Namjoon fosse davvero diventato di nuovo il mio ragazzo. Senza dubbio saremmo stati il tipo di coppia che faceva picnic a base di champagne. La scena mi apparve in mente con tanta chiarezza che non volli perderla. Mi vidi seduta con lui in un prato estivo su una coperta a scacchi a imboccarmi pigramente delle fragole e a bere champagne, per poi fare l'amore teneramente proprio lì sotto il sole. Forse ci stava mettendo lo zampino del destino. Forse tutta la mia missione di vendetta era solo un modo per farmi ritrovare Namjoon. Per farmi riscoprire il primo maschio che mi aveva fatto battere forte il cuore e che aveva fatto salire la mia temperatura corporea appena era entrato con passo arrogante. Forse eravamo destinati da sempre a stare insieme. Forse la mia caccia era finita.
«Perché non predi quei rustici e un'altra bottiglia di champagne e vieni a sederti accanto a me?», propose lui in tono seducente.
«Okay», ridacchiai, inciampando nei miei piedi tanta era la fretta di stargli vicino. Posai la bottiglia sulla mensola davanti a noi e mi sedetti, con il cuore che batteva velocissimo. Non potei fare a meno di notare i peli morbidi sul dorso delle sue mani, qualcosa che non aveva di certo a quindici anni. Mi resi conto che l'ultima volta che eravamo stati insieme era un ragazzo. Adesso era un uomo. Un uomo fatto e finito, a quanto pareva, e probabilmente molto diverso da allora. Aveva avuto tempo di maturare e capire cosa volesse davvero nella vita. Lo stavo ancora guardando con intensità mentre pensavo a tutte quelle cose quando lui mi prese la mano e se la portò alle labbra fissandomi negli occhi.
I nostri sguardi si incontrarono.
«Oh, Namjoon», mormorai, mentre lui si chinava verso di me.
«Di solito non vado tanto di fretta», dichiarò lui, mentre le nostre lebbra si avvicinavano sempre di più. «Ma tu sei diversa», disse, e iniziò a baciarmi. All'istante, il contatto con la sua bocca cancellò ogni pensiero legato alla missione.
«Y/n, ho bisogno di parlarti SUBITO», un bisbiglio urgente mi arrivò all'orecchio.
Mi tirai indietro di scatto, temendo che Namjoon potesse sentire Yoongi attraverso l'auricolare.
«Che c'è?», chiese lui sorpreso. «Non devi avere paura, Y/n. Sono io», disse in tono gentile.
«Adesso», urlò Yoongi, facendomi sobbalzare.
«È solo che... Devo andare in bagno», ansimai. «Torno tra un attimo. Non andare da nessuna parte».
Mi precipitai lungo il corridoio. Cosa diavolo saltava in mente a Yoongi di interrompermi in quel modo?
«Che cavolo stai facendo?», chiese lui appena entrai nella stanza. «Lo stavi baciando?».
Abbassai lo sguardo sul pavimento.
«Non posso credere che ti stai lasciando baciare», disse Yoongi esasperato.
«Io non posso credere che mi stai urlando nell'orecchio e intimando di fermarmi», ribattei. «Sono una donna adulta, sai? Non puoi farlo».
«Hai dimenticato perché siamo qui, o hai solo deciso di prenderti una vacanza dalla razionalità?»
«No, non me lo sono dimenticata, Yoongi, ma... Ma non l'hai sentito? Mi voleva, allora. L'ha detto lui. È solo che eravamo adolescenti, per questo ci siamo lasciati. Avevo capito male, non ti rendi conto? E... E io gli piaccio. Lo so. Potrebbe essere la volta buona, Yoongi. Lui potrebbe essere quello giusto. Penso che dovremmo dimenticarci della vendetta è vedere che direzione prende questa cosa».
Yoongi mi fissò. Alla fine si prese la testa tra le mani e scosse il capo prima si sollevare di nuovo lo sguardo.
«L'ho sentito, Y/n», disse in tono gentile. «Non penso che ricordi sul serio di essere uscito con te. Si sta inventando tutto. Ci sta provando con te perché ti crede una miniera d'oro, dato che lavori nella stampa e puoi farlo accedere alle tribune per le partite».
«No, non è vero», ribattei, scioccata dal suo atteggiamento. «Ha detto che si riteneva fortunato a poter uscire con me. L'hai sentito. Ha detto che è stato il più bel giorno della sua vita».
«Oh, Y/n, chiunque potrebbe dirlo. Non voglio che tu rimanga ferita, solo questo. Non mi fido di quel tipo. Tutta quella roba su quando vi frequentavate da ragazzi, se la sta inventando».
«Non è vero».
«D'accordo», disse Yoongi con aria un po' infastidita. «Sai che ti dico? Perché non glielo chiedi? Chiedigli come vi siete messi insieme o come vi siete lasciati. Se sei stata così importante per lui se ne ricorderà, giusto?»
«Certo che se ne ricorderà».
«Be', in quel caso, fantastico. Spegnerò il microfono e mi guarderò la partita in pace. Lascerò fare a te. Ma se non se lo ricorda, voglio che mi assicuri che andremo avanti come da programma».
«D'accordo», accettai imbronciata.
«Avremo una parola d'ordine, così non dovrai uscire di nuovo dalla stanza».
«Se proprio dobbiamo», dissi con un sospiro, impaziente di tornare da Namjoon.
«Bene, allora la parola d'ordine è, vediamo... Ehm, che ne dici di...»
«Fottiti», lo interruppi. «Perché è quello che vorrò dirti quando ricorderà ogni dettaglio della nostra relazione».
«D'accordo», disse Yoongi. «Vada per fottiti».
«Vieni a sederti, incantevole fanciulla», mi disse Namjoon, seducente quando tornai nella stanza. «Siamo quasi al calcio d'inizio. Devi ammettere che questa partita è la migliore vista che abbia mai avuto su una partita. Sto inviando foto dal cellulare a tutti i miei amici seduti nella curva nord. Mi odiano, non è fantastico?»
«Grandioso», dissi, immersa nei miei pensieri, allungando la mano verso lo champagne.
«Allora, vedi ancora spesso Jackson?», chiesi.
«Jackson chi?»
«Jackson. Il tuo migliore amico delle superiori. Jackson Wang».
«Oh, lui, in realtà no. Non ho idea di cosa gli sia successo. Abbiamo perso i contatti dopo la scuola. Sai com'è. Era un po' stronzo, in effetti. Sono stato felice di liberarmene».
«Giusto», dissi, annuendo. Mi fermai a riflettere su come proseguire. «Mi dispiace ancora per come ci siamo lasciati, sai?», dissi con quanta noncuranza possibile. Namjoon mi guardò perplesso. Ricambiai lo sguardo con aria ansiosa.
«Oh, Y/n, non ne avevo idea», disse lui, prendendomi la mano e accarezzandola. «Non devi più starci male. So come vanno le cose. Le adolescenti sono schizzinose. Un momento gli piaci, quello dopo non più. Ho pianto solo una settimana, lo giuro».
Lo fissai senza parole. Pensava davvero che fossi stata io a mollarlo.
«Sai che ti dico?», continuò lui. «Facciamo che queste sono le tue scuse. Dimenticherò la spietatezza con cui mi hai mollato quando ero un povero ragazzino indifeso se continuerai a procurarmi posti come questo. Che ne dici? Ti farebbe sentire meglio?». Lanciò un'occhiata all'orologio e poi guardò fuori dalla finestra. «Andiamo, FC Seoul», urlò a tutto volume, balzando in piedi per incoraggiare la squadra sul campo.
Il cuore mi stava battendo di nuovo fortissimo, ma non per la gioia. Neanche per la delusione. Ma per la presa di coscienza che, per l'ennesima volta, pur essendomi ripromessa di non farlo, avevo vacillato sul filo della speranza. Per un attimo mi ero illusa di avere davanti il mio lieto fine, ma lui era solo un imbroglione, pronto a propinarmi qualunque battuta ritenesse necessaria per ottenere ciò che voleva. Ero un'idiota. Una stupida.
Mi morsi il labbro prima di borbottare: «Fottiti, Kim Namjoon. Fottiti».
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