Capitolo 21
YOONGI'S POV:
Fissai il sudicio specchio del bagno degli uomini dell'hotel Majestic. Avvertivo nausea e ancora non avevo neanche toccato l'open bar. La festa di Natale dell'ufficio sarebbe stata la prima volta in cui avrei rivisto i colleghi dopo la scenata di Suran. Mi ero preso una settimana di ferie improvvisate per raccogliere i cocci della mia vita. Ero andato dritto da mia madre e avevo passato sei ore buone a fissare la parete cercando di smettere di tremare mentre lei mi rimpinzava di tè dolce e pasticcini. Quando infine ero riuscito a spiegarle cosa aveva fatto e perché, lei mi aveva gettato le braccia al collo e aveva pianto con me. Lacrime per il dolore del figlio mischiate senz'altro a quelle per la propria triste storia d'amore. A un certo punto era tornato a casa mio padre e mia madre lo aveva portato in cucina per aggiornarlo con bisbigli concitati. Quando mi aveva finalmente raggiunto, le sue condoglianze erano state inesistenti.
«Era ora, ragazzo», aveva detto, dandomi una pacca sulla schiena. «Lo sapevo che prima o poi avresti cominciato a spassartela».
Avevo scambiato uno sguardo disperato con mia madre ed ero scappato via. Mio padre e le sue opinioni strampalate sulle relazioni erano l'ultima cosa di cui avevo bisogno.
Costretto ad accamparmi per qualche giorno sul divano di un amico, avevo capito di dover sistemare la mia vita quando mi ero trovato a registrare il campionato mondiale di poker durante le pause per andare in bagno. E così ero uscito a passeggiare. Avevo camminato e camminato, sperando di allentare la morsa implacabile del senso di colpa. Era stato solo quando avevo iniziato a vedere il futuro come uno spazio ampio, aperto e pulito che mi si estendeva davanti anziché come un muro di mattoni eretto il giorno del mio matrimonio, che il sollievo aveva cominciato pian piano a farsi strada e attenuare il dolore. Quello che non mi aspettavo era che fosse seguito dalla rabbia. Rabbia per il troppo tempo sprecato da me e da Suran. Rabbia per gli anni trascorsi a esistere e basta, in una bolla stabile che non mi rendeva triste, ma di certo non mi rendeva neanche felice. Mi ero reso conto che volevo vivere. Volevo sentirmi vivo. Volevo sentire le emozioni pulsare in tutto il corpo, non seppellirle come avevo fatto fino a diventare un uomo noioso e di legno.
Quella sera avrei ripreso a vivere, mi ero detto mentre un uomo che faticavo a riconoscere mi guardava dallo specchio. Quella sera segnavo l'inizio del resto della mia vita. Avevo raddrizzato la schiena e mi ero schiarito la gola per poi uscire dal bagno in cerca di Hoseok, che aveva accettato di fare da DJ per un modico compenso e che avrebbe svolto un ruolo fondamentale nella nascita del nuovo io.
«Sembri un idiota», mi disse, trascinando un altoparlante sul palco improvvisato.
«Grazie», risposi. «Mi sento idiota. Tutti gli altri hanno già frugato tra i costumi e si sono accaparrati i nani migliori lasciandomi solo questo schifo».
«Quale nano dovresti essere?», chiese Hoseok.
«Il nano vagabondo, a quanto pare», risposi, togliendomi per la centesima volta dagli occhi il pompon bianco-grigio fissato alla punta del cappello. «Perfetto per il programma della serata, non trovi?», aggiunsi tetro.
Hoseok non rispose mentre cercava di issare l'altoparlante sul suo sostegno. A missione compiuta, scavalcò l'intrico di cavi per andare a sedersi con me sul bordo del palco.
«Senti, amico», disse, passandomi un braccio intorno alle spalle. «Sei sicuro di quel che vuoi fare?»
«Sì», dissi, annuendo con vigore.
«Ma...», iniziò Hoseok, a corto di parole per la prima volta a mia memoria.
«Ma cosa?», chiesi. «Sputa il rospo».
«Ma è così poco da te, amico. Tu non fai cose del genere. Non ti riconosco quasi in questo momento».
«Sarà perché sono vestito come un nano che non capisce nulla di moda, Hoseok», risposi.
«Sai cosa intendo. Prima molli la donna con cui hai passato la tua intera vita adulta proprio mentre stai per sposarla, poi mi chiami nel cuore della notte con una trovata strampalata come questa. Ti stai comportando come me, non come te. E francamente non sono troppo felice di essere costretto a fare la tua parte».
«Che cosa vorrebbe dire?»
«Il tipo razionale». Hoseok fece una smorfia. «Normale, che cerca di fare discorsi ragionevoli. Mi sta dando la nausea».
«Scusa. Non volevo metterti sottosopra lo stomaco», risposi.
«Senti», disse Hoseok. «So che hai appena mollato la tua fidanzata ed è Natale e ti senti solo, ma sei proprio sicuro di voler andare fino in fondo? Perché non ti limiti a entrare nello spirito di una festa di lavoro? Bevi una bottiglia di vino scadente e scopati qualche segretaria, invece di fare questo gesto eclatante».
«Le segretarie non esistono più. Adesso le chiamano assistenti personali».
«Meglio ancora», urlò Hoseok. «Trovatene una che ti assista personalmente nel superamento di questo strano periodaccio scopandoti fino a farti svenire».
Mi chinai e iniziai a lucidarmi la fibbia dorata dello stivale da nano, per poi raddrizzarmi e guardare l'amico. «Non voglio sesso fine a se stesso», dissi. «Voglio lei e basta».
Hoseok fece un profondo sospiro. «E allora diglielo. Perché fare tutto questo casino?»
«Hai letto la sua rubrica. Crede che siamo tutti dei bastardi, compreso me, dopo il modo in cui mi sono comportato con Suran. Non posso parlarle e basta. Devo convincerla che le sue speranze non saranno di nuovo deluse. Devo convincerla a ricominciare a sperare».
«Wow, amico, ti sei preso proprio una bella sbandata», sospirò Hoseok.
«Sono convinto che lei ne valga la pena», assicurai.
«Be', cerca solo di stare attento», disse Hoseok, alzandosi.
«Cosa intendi?»
«Non lo so», rispose lui, strascicando i piedi. «Non voglio vederti soffrire, amico. Con queste donne non si può mai sapere. Potrebbe non essere quella che credi. Le femmine fanno cose folli. Possono essere imprevedibili. Non voglio che questa storia finisca male per te».
«Penso che valga la pena rischiare», dissi in tono solenne.
«E sei proprio sicuro che sia quella giusta. Assolutamente sicuro?»
«Al cento percento».
Hoseok aprì la bocca, quasi stesse per dire qualcosa di serio, ma poi dovette cambiare idea. Mi strinse la spalla.
«Be', buona fortuna, Cucciolo. Vai a conquistare la tua Biancaneve, se proprio ci tieni. Da parte mia, sono pronto quando vuoi», disse.
«Grazie, amico», risposi. «Se funziona, sono in debito con te».
Uscii dalla erroneamente denominata Gran Sala da Ballo per andare in cerca del bar e affrontare i colleghi. Speravo che sarebbero stati già così euforici per i free drink e l'ilarità del vedersi in costume fiabesco da distrarsi e non farmi domande sullo spettacolare ultimo incontro con la mia ex.
«Tra rose e fior, non nasce l'amor, Suran e Yoongi non si vanno a sposar», cantarono in coro sei nani mentre mi avvicinavo al bar.
«Grazie, ragazzi», borbottai, agguantando un cocktail e cercando una via di fuga. Andai verso l'area della reception con l'intenzione di prendere una boccata d'aria fresca, ma fui intercettato dal fotografo assunto per immortalare l'arrivo dei dipendenti della «Big Hit» prima che fossero completamente sbronzi.
«Su, figliolo, non ti ho ancora fotografato, vero? Mettiti laggiù».
Mi trascinai verso il fondale allestito dal fotografo. Mentre me ne stavo lì, terribilmente infelice, mi resi conto che una serata in cui eri costretto a farti fotografare vestito da nano, su uno strato di finta neve di polistirolo e accanto a una renna di peluche, non prometteva esattamente di essere un gran successo.
«Sai che ti dico?», esordì il fotografo. «È tutta la sera che voglio provarci. Togliti le scarpe, inginocchiati e infila le ginocchia nelle scarpe, in modo da sembrare un vero nano. Forza, sarà spassoso».
L'avrei preso a pugni, ma fui interrotto dall'arrivo di Biancaneve.
«Cavolo, di questi tempi non puoi proprio avere i nani, eh?», disse Y/n, sbucando da dietro il fotografo con un costume perfetto completo di parrucca nera.
«Giusto in tempo», disse il fotografo. «Forza, abbiamo bisogno di lei per questa foto, e gli dica di mettersi in ginocchio», proseguì, indicandomi.
Y/n si afferrò la gonna lunga fino ai piedi ed entrò nell'inquadratura. Il mio cuore partì al galoppo. Sembrava uscita direttamente da una favola. Come diavolo avrei fatto a realizzare il mio piano, soprattutto dato che somigliavo più a un troll che a un nano? Y/n odiava a morte i troll. Dovevo essere impazzito. Quella non era una favola, era la vita reale dove i nani non finivano insieme alle principesse. Che diavolo mi era passato per la testa?
«Forza, in ginocchio», disse lei, interrompendo il mio panico. «Se ti alzi sembrerai solo un senzatetto ubriaco che si è imbucato alla festa. Se sei in ginocchio, almeno, la gente capirà che dovresti essere un nano». Mi afferrò la mano e mi fece cenno di lasciarmi cadere in ginocchio.
Mi accorsi di non riuscire a parlare, così feci l'unica cosa possibile. Obbedii e cercai di non alzare lo sguardo su Biancaneve.
«Fantastico», disse il fotografo scattando a tutto spiano. «Una per la mensola del caminetto», disse poi quando ebbe finito.
Y/n mi aiutò a tirarmi in piedi e aspettò in silenzio mentre armeggiavo con le fibbie degli stivali.
«Allora, come te la sei passata?», mi chiese mentre tornavamo verso il bar. «Volevo chiamarti, ma poi ho pensato che avessi bisogno di un po' di spazio».
«È stata una settimana difficile, mettiamola così», dissi, cercando di recuperare la saliva nella bocca asciutta.
«Ma probabilmente più difficile per Suran», rispose Y/n.
«Sì, sì, certo», dissi in fretta. Proprio mentre stavamo per entrare nel bar, lei si fermò e si voltò verso di me.
«Senti, Yoongi», esordì. «Volevo ringraziarti per tutto l'aiuto che mi hai dato nelle ultime settimane. Non avrei potuto fare metà delle cose che ho fatto senza di te». Mi stava guardando con tanta intensità che mi chiesi se fosse quella la mia occasione. Forse avrei dovuto farlo subito e confessare tutto. Lasciare perdere le altre trovate.
«Tuttavia, devi sapere che ho in programma di mettere in atto la mia ultima vendetta questa sera», proseguì. «So che non te ne ho parlato, ma pensavo che avessi abbastanza cose a cui pensare».
Presi a riflettere febbrilmente. Avrebbe messo in atto la sua ultima vendetta quella sera? Ciò significava che il troll con la chitarra classica era lì. Chi poteva essere? In genere, gli uomini che lavoravano alla «Big Hit» erano così mal messi che non riuscivo a immaginare Y/n innamorata di uno di loro. A meno che... No, non avrebbe mai fatto una cosa simile, giusto? Come in una galleria del vento, la mia mente tornò alla mattina al bar in cui, preso da una gelosia furiosa, mi era messo a leggere il blog di Jungwoo. Ricordai che citava la chitarra tra i suoi hobby. Mi ricordai perché avevo avuto subito la visione nauseante e romantica di lui che faceva una serenata a una Y/n pazzamente innamorata.
Quindi Y/n aveva avuto una relazione segreta con Jungwoo. Per quello aveva detto che era complicato e non voleva parlarne. Quello che non aveva senso era che Jungwoo sostenesse tanto la sua rubrica di vendette. Di certo doveva immaginare che sarebbe diventato un bersaglio. Ma del resto, la sua ambizione era così cieca che avrebbe accettato qualunque cosa potesse aiutarlo a fare carriera.
«Yoongi, mi stai ascoltando?», chiese Y/n, interrompendo i miei pensieri. «Volevo solo dirtelo, perché non fossi sorpreso quando accadrà».
«Sì, certo», dissi ancora sotto shock. Mi resi conto che dovevo fermare all'istante il mio piano. Non potevo metterlo in atto quella sera. Non se lei aveva quella cosa in programma.
«D'accordo, devo andare un attimo in bagno e poi possiamo berci qualcosa prima di farci torturare dalle adorabili sorprese che i regali di Natale segreti hanno in serbo per noi».
Rimasi piantato dov'era, annebbiato, poi lanciai un grido.
«Cazzo», urlai, prima di lanciarmi al mio inseguimento. Dovevo raggiungere il Babbo Natale segreto prima di lei.
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