Capitolo 18
YOONGI'S POV:
«"I segreti e le bugie sono il veleno che uccide ogni matrimonio", ha detto ieri Tzuyu, la moglie del parlamentare in disgrazia Kim Seokjin, riflettendo sulla fine dei loro dieci anni di matrimonio dopo che il marito ha ammesso di aver avuto un'avventura extraconiugale. "Quando menti alla tua sposa le mostri la più profonda mancanza di rispetto, e senza rispetto come può sopravvivere un matrimonio?", ha proseguito. È evidente che il rifiuto mostrato ieri di restare accanto al marito le ha dato un rinnovato amor proprio e la sicurezza necessaria a raccogliere i frammenti della sua vita e ricominciare da capo». Y/n smise di leggere la prima pagina del giornale e si voltò a guardarmi, che appoggiato allo schienale della sedia dell'ufficio sorseggiavo un triplo espresso, dopo aver passato la notte in piedi per finire l'articolo.
«Molto bello», disse. «Sei proprio bravo con le cose femminili. Dovresti fare più spesso questi approfondimenti».
«Continuo a pensare che avresti dovuto fare tu l'intervista», dissi.
«Non se ne parla», rispose Y/n. «Ero in debito con te e sapevo che tu avresti scritto un pezzo migliore. Guarda solo cosa hai scritto qui», disse, pugnalando il foglio con il dito. «Kim Tzuyu mostra già con chiarezza i segni di qualcuno che sta uscendo dalla sua crisalide. Dopo essere stata avvolta troppo a lungo nel pesante mantello di un uomo assorbito solo da se stesso, e nonostante la leggera timidezza, il suo volto si apre in un sorriso da cento megawatt ogni volta che parla della coraggiosa dichiarazione data alla conferenza stampa del giorno prima».
Alzò lo sguardo e sospirò. «È così giusto. Messo in modo così meraviglioso. Non è che ti sei preso una cotta per lei, vero?»
«Come? No, scema. Mi dispiace per lei, ecco tutto», dissi, diventando paonazzo. Ero stanco morto e l'ultima cosa di cui avevo bisogno era che Y/n facesse affermazioni stupide come quella. Passare tre ore ad ascoltare Tzuyu che parlava del suo matrimonio fallito mi aveva già confuso abbastanza le idee. Una frase in particolare continuava a risuonarmi nella testa. Era scoppiata in lacrime e mi aveva detto che già il giorno in cui si erano sposati aveva capito che lui non l'amava. Nel profondo del cuore, sapevo che eravamo ottimi amici ma che non ero innamorato di lei. Semplicemente, avevo visto in lei una buona moglie con gli agganci giusti. «Come si fa a sposare qualcuno di cui non si è innamorati?», aveva singhiozzato.
"Davvero", mi ero detto. Come si faceva? E avevo provato ad archiviare la domanda in un angolo della mente. Ma adesso avevo finito l'articolo, e dopo essere rimasto sveglio per quasi ventiquattro ore mi sentivo la mente in poltiglia, priva di barriere contro i pensieri casuali. Dovevo uscire di lì, dormire un po' e schiarirmi le idee.
Y/n stava ancora divorando l'articolo ed io cominciai a riordinare la scrivania. Il telefono squillò e lei accettò la chiamata senza distogliere lo sguardo dal giornale.
«Pronto», disse. «Sì, esatto», proseguì un attimo dopo. «Da dove, scusi?», chiese. «Capisco». Lasciò cadere il giornale e raddrizzò la schiena. «Be', ormai è un po' che imposto la rubrica in questo modo e da quando l'ho cambiata le mie lettere sono quadruplicate». Una pausa. «Sì, esatto». Un'altra pausa. «Be', ehm, sì. Penso di essere libera, mi lasci controllare l'agenda». Coprì la cornetta del telefono e se l'allontanò dalla bocca per lanciare un gridolino. Togliendo la mano, riprese a parlare con l'interlocutore. «Sì, in effetti sono libera». Ultima pausa. «D'accordo, ci vediamo lì, allora. Grazie mille. Arrivederci».
Y/n posò con cura il ricevitore prima di sollevare su di me due occhi folli e sgranati. Lentamente si alzò e poi prese a correre per l'ufficio agitando le braccia e urlando più volte «Oh mio dio» a tutto volume. Dopo aver fatto tre giri, alla fine frenò accanto alla mia sedia, mi afferrò la testa e mi baciò con decisione sulla fronte. Poi fece un passo indietro e saltellò sul posto, cantilenando: «Indovina, indovina, indovina?»
«Cosa?», urlai infine. Y/n mi stava facendo venire mal di testa e le mie narici rincorrevano ancora il lieve profumo che mi aveva lasciato sulla testa.
«Andrò alla tele», strillò lei, facendo un gran salto in aria. «Cioè, la tele vera, non quella roba finta di YouTube, la tele vera».
«Perché?», domandai incredulo, augurandomi che la smettesse di saltare in quel modo.
«Granada Reports vuole intervistarmi domattina a proposito della mia rubrica. Io, io, io», mi ripeté dritto in faccia.
«Wow», dissi tirandomi indietro, a disagio per la sua vicinanza improvvisa.
«Non è fantastico?», chiese lei. «Chi avrebbe mai pensato che, nell'istante in cui avessi deciso di rinunciare all'inseguimento incessante degli uomini, tutta la mia vita sarebbe migliorata. Non so perché non l'ho fatto prima», disse. «Forse avrei potuto diventare una celebrità anni fa».
«Non sei ancora una celebrità», le feci notare.
«Ma chissà dove potrebbe portare questa cosa», ribatté lei. «Tutti devono pur iniziare da qualche parte. Chissà chi potrebbe riprendere la notizia, una volta passata nei media locali!». Fece una pausa e s'intristì di colpo. «Oh, cavolo», disse, perdendo improvvisamente l'entusiasmo.
«Che succede?», chiesi.
«Quei maledetti Richard e Judy», imprecò lei.
«Cos'hanno fatto?»
«Dovevano proprio fare tutte quelle cretinate e farsi togliere dal palinsesto? Sognavo di partecipare a This Morning. Lo sognavo davvero e adesso, appena ne ho la possibilità, soprattutto di andare in Inghilterra, loro mi mandano a monte tutto. La stessa storia di Wogan».
«Wogan?»
«Sì, Wogan. Nell'annuario del mio diploma avevo dichiarato che la mia più grande ambizione era partecipare a Wogan. E subito l'idiota si è fatto togliere dalla TV. Perché queste celebrità non possono restare in onda abbastanza a lungo da intervistarmi?».
Capii che dovevo andarmene e cercare rifugio in un mondo più sano.
«Be'», dissi. «Devo andare e dormire un po'. Mandami un SMS per dirmi quando vai in onda, d'accordo?»
«Certo».
Proprio mentre stavo prendendo la borsa, il direttore arrivò di corsa.
«Ed ecco la mia coppia vincente», disse con un sorriso che andava da un orecchio all'altro e mettendo una mano sulla spalla di ciascuno di noi due. «Sono passato solo a dirvi che, tra la tua esclusiva e l'interesse nei confronti di Cara Y/n, oggi abbiamo già raddoppiato le vendite. Le visite sul sito sono triplicate e Taehyung mi dice che ha bisogno di un assistente, tanti sono gli inserzionisti che lo stanno chiamando».
«Davvero?», chiesi, tornando a sedermi.
«Davvero», rispose Jungwoo. «In più, ho delle fantastiche notizie per te, figliolo», proseguì. Non potei evitare una smorfia. Per quanto quelle notizie potessero essere buone, sentirsi chiamare figliolo da un uomo più giovane di lui era proprio sgradevole. «Un sacco di testate vogliono ripubblicare il tuo pezzo. La redazione sta ricevendo chiamate da siti web e giornali di tutto il mondo. Quella signora ha fatto furore, ieri. Immagino abbia punto sul vivo e fatto quello che da anni tutti sognavano accadesse a qualche politico. È una cosa davvero, davvero grossa», concluse il direttore.
«Wow, ripreso da altre testate», fu l'unica cosa che riuscii a dire. Si stavano realizzando anche i miei sogni, oltre a quelli di Y/n.
«Yoongi, è fantastico. Diventerai famoso anche tu», disse lei, riprendendo a saltellare.
«Non voglio che tu ti faccia venire strane idee», disse Jungwoo, di colpo severo. «Non cominciare a guardarti in giro con le stelle negli occhi sognando di lasciare la "Big Hit". Ora, ben fatto e... tornate al lavoro». Il direttore se ne andò lasciandoci in un silenzio stordito per quel repentino cambiamento d'umore.
«Wow», sussurrò Y/n. «Pensa che cercheranno di portarti via. Era ora, amico. Pensa, tu e Suran potrete andare a vivere a Pusan e diventare una di quelle super coppie. Tu il giornalista di grido e lei l'avvocato di successo. Avrete tate e camerieri e... auto pulite e tutto. Chiama Suran. Chiamala subito e dille che potreste trasferirvi a Pusan».
Temetti che gli occhi fossero sul punto di sprofondarmi nella testa. La stanchezza e lo stress causato da un eccesso di informazioni erano troppo per il mio fisico.
«Sono così felice per te, te lo meriti tantissimo», sentii Y/n dire.
La guardai un momento, poi la mia bocca prese a muoversi senza che io potessi fermarla.
«Non sentiresti la mia mancanza?», chiesi.
«Certo che no», esclamò lei. «Tu e la tua vita perfetta potete benissimo andarvene a sud, per quello che mi riguarda. Sarebbe anche ora che avessi la possibilità di sedermi accanto a qualcuno di incasinato quanto me».
Ecco la verità. Se io non ci fossi stato, lei non avrebbe sentito la mia mancanza. Non le sarei mancato. Il pensiero mi stava ancora rimbalzando nella testa quando fummo interrotti da Yena, la receptionist, che mi spinse sotto il naso un cestino della carta straccia.
«Scegline uno», mi spronò.
«Come?», farfugliai.
La deprivazione del sonno faceva certo accadere le cose più strane.
«Un nome», disse lei, scuotendo il cestino.
«Ehm, Seung-sik», dissi.
«Qui non lavora nessun Seung-sik, e comunque devi sceglierlo in segreto, non dirlo ad alta voce, così rovini tutto».
Pensai che sarei davvero scoppiato in lacrime. Cosa stava succedendo? Guardai Y/n in cerca di aiuto.
«Regalo di Natale segreto», mimò lei con le labbra, indicando la montagna di quadratini di carta ben piegati nel cestino, contenenti il nome di ogni dipendente del giornale.
«Oh, capisco», dissi, sollevato che ci fosse una spiegazione logica.
«Io odio i regali di Natale segreti», decretò Y/n. «Creano così tanti sprechi. Regali schifezze, ricevi schifezze e poi ogni cosa resta per centinaia di milioni di anni in qualche cassetto, rifiutandosi di andarsene e decomporsi».
«Cos'hai ricevuto l'anno scorso?», chiesi.
«Un pacchetto regalo di dopobarba maschili», rispose Y/n.
«Quelli che costano meno di cinque won?»
«Esatto», disse lei. «Sbagliato su così tanti livelli. Sarebbe più utile prendere una banconota da cinque, gettarla nel cesso e tirare l'acqua. I regali di Natale segreti andrebbero banditi».
«Sentite, prendete un nome e basta», disse Yena, perdendo la pazienza e scuotendo di nuovo il cestino.
Sia io sia Y/n ci affondammo la mano e pescammo un pezzetto di carta. Y/n aprì il suo per primo ed emise un gemito. Feci lo stesso e fissai il proprio.
«Be', almeno questa dovrebbe essere l'ultima volta che ti toccherà farlo», disse lei, quando Yena fu passata alla scrivania seguente. «Non me li vedo quegli sciccosi dei giornali nazionali che si scambiano regali di Natale segreti. La loro sarà più una roba alla getta le chiavi nel mucchio e scambiale insieme alle mogli. Allora, chi hai pescato?», chiese.
Ripiegai con cura il pezzetto di carta e me lo misi in tasca.
«È un segreto», dissi, prima di prendere la valigetta e avviarmi verso la porta.
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