Capitolo 1

Cara Y/N,

finora non avevo mai scritto alla posta del cuore, ma non ho nessun altro con cui parlare. Vedi, sei mesi fa mio marito mi ha lasciato per una donna dieci anni più giovane conosciuta a lezione di spinning. Del tutto sconvolta, ho cercato conforto nel cibo e in poco tempo ho preso nove chili. Poi, di punto in bianco, qualche settimana fa lui si è ripresentato alla porta dicendo che era pronto a tornare a casa a una condizione, che io diventassi più audace a letto. Mi ha lasciato un elenco di quello che aveva in mente, e la maggior parte delle cose prevede pratiche S&M che ho dovuto cercare su Internet anche solo per capire di che si trattasse. Lo amo tantissimo e ho un disperato bisogno di riaverlo con me, ma non fanno la taglia 50 delle tute in PVC che vuole lui.
Che cosa dovrei fare?
La tua disperata,

Yuri

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Cara Yuri,
compra la taglia 42 della tuta in PVC insieme a un paio di manette e un lanciafiamme. Chiama tuo marito e digli che acconsentirai a tutte le sue richieste e di venire subito. Al suo arrivo, comunicagli che hai una solo condizione, deve indossare lui la tuta in PVC e poi tu farai tutto quello che vuole. Quando l'avrà messa ammanettalo al letto, dopodiché tira fuori il lanciafiamme, apri il gas al massimo e chiedigli quali parti della sua anatomia vuole che vengano bruciate per prime. Poi intima a quella canaglia di non infastidirti mai più - stupida, stupida, stupida...

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Y/N'S POV

Non mi accorsi neanche che stavo sbattendo la testa contro il monitor del computer e borbottando la parola "stupida" come una litania, finché Yoongi non mi prese con delicatezza per le spalle e mi tirò indietro fino a farmi raddrizzare la schiena.

«Control, alt, canc di solito funziona meglio delle testate», disse, sedendosi alla scrivania accanto alla mia e cominciando a premere i pulsanti necessari a dare avvio alla giornata di lavoro.

Ero vagamente consapevole di avere il respiro affaticato e di stare stringendo forte il bordo della scrivania. Per quanto strano, intorno a me la redazione "Big Hit" sembrava indaffarata come al solito, ma mi sentivo tutto fuorché normale. Ero una torre di Jenga sul punto di crollare, come se stessi aspettando che qualcuno tolga il blocchetto sbagliato.

«Stai bene?», chiese Yoongi, interrompendo il ticchettare frenetico sulla tastiera per voltarsi a sbirciare il mio viso turbato.

Blocchetto estratto. Preoccupazione del collega mostrata. Collasso imminente.
«Perché?», ringhiai io, sforzandomi di controllare il volume anche se avevo soltanto voglia di gridare. «Perché sto scrivendo questa stupida, maledetta rubrica di posta del cuore?»

«Ehm, perché sei stata tu a proporla?», rispose Yoongi.

«Lo so che l'ho proposta io, cazzo», dissi, con il viso in fiamme. «Ma non dicevo sul serio. Era uno scherzo», spiegai a denti stretti. «Se Jungwoo pensa che questo ci farà recuperare il pubblico femminile è un idiota, e lo è ancora di più per averla affidata a me».

«Ma tu hai così tanta esperienza in fatto di relazioni», biascicò Yoongi.

Mi voltai verso di lui, chiedendomi cosa diavolo gli avesse dato l'idea che il sarcasmo fosse adatto a quella conversazione.

«Davvero?», dissi, «Quindi è per questo che alla veneranda età di ventotto anni sono di nuovo sola, giusto?». Agguantai uno dei piccoli troll che tenevo allineati sulla scrivania e iniziai a tirarne con violenza i capelli blu elettrico.

«Cos'è successo questa volta?», chiese Yoongi con un sospiro.

Si girò verso di me e si mise in posizione di ascolto. Un'immagine che era diventata fin troppo familiare nei cinque anni in cui aveva occupato la scrivania accanto alla mia, sempre in prima linea per i miei traumi sentimentali.

Incrociando le braccia, si dipinse in volto la sua migliore espressione della serie "sei-solo-un-idiota-a-dover-star-qui-a-
sopportare-queste-stronzate" e poi lanciò un'occhiata all'orologio. Sapevo di non avere molto tempo prima che mi ricordasse che avevo delle scadenze da rispettare, così mi affrettai a prendere il cellulare per illustrargli i fatti.

«Stamattina Taehyung mi ha mandato questo messaggio dieci minuti dopo aver lasciato il mio appartamento», gli dissi, porgendogli il telefono.

Scusa Y/n ma questa storia per me non funziona più. Diamoci un taglio finché possiamo ancora restare amici e non incasinare le cose al lavoro. Taehyung XX

«Oh cielo», disse Yoongi senza sembrare per nulla sorpreso o comprensivo.

«E... E...», continuai, trattenendo le lacrime. «Abbiamo fatto sesso prima che se ne andasse».

Ci fu una pausa imbarazzata mentre Yoongi elaborava quell'informazione. Alla fine borbotta sottovoce: «Bastardo». Poi sospirò e si mise le mani sulle ginocchia. «Puoi trovare molto meglio», mi consolò. «Dimenticati di Taehyung e abbi pazienza, arriverà qualcuno di migliore».

«Ho ventotto anni, Yoongi. Non ho bisogno di pazienza, ho bisogno del Botox», risposi, riuscendo a staccare una ciocca di capelli blu dalla testa del troll. «E poi è facile dirlo per te che sei fidanzato con l'amore della tua vita e non giri come me con la scritta CALAMITA PER STRONZI tatuata in fronte». In un impatto di furia, scagliai il troll torturato per terra.

Yoongi iniziò a parlare, ma mi dovevo togliere dal gozzo altre cose che non aspettavano i comodi di nessuno.

«Ne ho avuto abbastanza», lo interruppi, agguantando dalla scrivania un altro troll vestito da calciatore. «Guarda questo», dissi, sollevandolo perché lo vedesse. «Il mio primo amore me l'ha comprato quando avevamo quindici anni, poi mi ha mollato davanti a tutti i suoi amici dicendo che ero noiosa».

Lasciai andare il troll e lo guardai rimbalzare due volte sulla scrivania prima di cadere a terra, diretto a tutta velocità verso quello mezzo calvo vicino al cestino della spazzatura. «Quanto a questo», dissi alzandone un terzo con i capelli di un giallo brillante. «Questo l'ho sorpreso a letto con una delle mie migliori amiche dopo che eravamo stati insieme dieci anni». Questa volta feci a meno della scrivania e lo mandai subito a raggiungere la desolata coppia sul pavimento. «E quest'altro», proseguii, sollevandone uno che imbracciava una chitarra classica. «Be', diciamo solo che la sua vita era molto più complicata di quanto mi avesse fatto credere». La voce andò affievolendosi e non riuscii a guardare Yoongi negli occhi.

Il troll con la chitarra atterrò di testa sul calciatore e lì rimase, quasi stessero praticando qualche posizione sessuale contorta.

«Quei troll rappresentano ciascuno dei tuoi ex ragazzi?», chiese Yoongi. «E io che pensavo avessi soltanto gusti terribili in fatto di pupazzetti da scrivania».

«Non rappresentano ciascuno dei miei ex ragazzi», protestai.

Lui alzò le sopracciglia.

«Solo quelli di cui mi sono innamorata». Mi morsi il labbro con forza, cercando di trattenere le lacrime.

Entrambi fissavamo il cimitero di cuori spezzati che sorridevano noi scioccamente, adagiati sulla moquette di nylon verde spento.

«Perché?», chiese Yoongi, scuotendo la testa incredulo. Sapevo che nessuna argomentazione avrebbe convinto il mio razionalissimo collega che la mia stramba collezione avesse qualche senso.

Sospirai e sentii l'intero corpo afflosciarsi, mentre mi rassegnavo ad apparire proprio la disperata donna di quasi mezza età che stava rapidamente diventando. «Perché avevo bisogno di qualcosa che, dopo venti lunghi anni di relazioni, mi ricordasse che nella mia vita ci sono stati almeno alcuni momenti d'amore», risposi.

Yoongi mi fissò ed io mi preparai alla sua vuota solidarietà. Avrei dovuto saperlo.
«Ma hai appena detto che con te sono stati tutti degli stronzi, per citare le tua stesse parole, Y/n».

Tornai a guardare l'ammucchiata di troll sul pavimento. Avevo letto su qualche rivista che era necessario essere positivi riguardo alle relazioni importanti del proprio passato. Ricordare i bei momenti e imparare da quelli brutti. Forse era tempo di vedere quei troll per ciò che erano davvero: il ricordo orripilante degli uomini che avevano dato alla mia vita romantica quell'impronta disastrosa, lasciandomi sulla soglia dei trent'anni e condannata a uno sterile nubilato.

«Bastardi», dissi, assestando loro un calcio poco convinto con uno dei miei tacchi a spillo assassini, parte dell'uniforme mangiauomini che dovevo continuare ad indossare a causa del mio prolungato stato nubile.

«Oh, per l'amor del cielo», disse Yoongi, esaurendo la pazienza. «Puoi trovare di meglio. Se fossero tutti qui in fila di fronte a te, cosa faresti?».

Se fosse sul serio tutti qui in quel momento? In carne e ossa? Il pensiero mi strappò una smorfia. Fui di nuovo assalita dal ricordo di quei momenti orribili in cui avevo pianto la fine di quelle storie d'amore. Ore trascorse a cercar di capire come fosse andato tutto storto. Disperati tentativi di riconquistarli, di solito mentre tornavo a casa da sola in taxi al termine di sterili sabati sera e non riuscivo a impedire alle dita di inviare messaggi alcolici, vergognosamente imploranti. Tutti quei tentativi erano stati ignorati, certo, il che aveva alimentato la mia disperazione fino a trasformarla in furia, e in sogni di rappresaglie e vendette per ciò che mi avevano fatto passare. Un'ondata di rimpianto minacciò di sommergermi di dolore o rabbia. Io scelsi la rabbia.

«Vorrei farli soffrire come loro hanno fatto soffrire me», urlai, le mani strette intorno ai braccioli della sedia. «Come avrei dovuto fare a suo tempo. Ormai è troppo tardi». Negli ultimi tempi lo era tutto. Da quando avevo deciso che mi trovavo sulla corsia preferenziale per i trent'anni, avevo perso le speranze di sposarmi, per fare dei figli e per cambiare lavoro e sottrarmi alla morte lenta e dolorosa del giornalismo locale. Senza poterlo evitare, avevo iniziato a guardarmi alle spalle e riflettere su come fossi arrivata a quel punto delle sua vita. Nubile, senza figli e tenere un'assurda rubrica di posta del cuore per un giornaletto locale. Se solo avessi potuto tornare indietro e fare le cose in modo diverso. Adesso era davvero troppo tardi, cazzo.

«Non è troppo tardi per Taehyung, però», disse Yoongi, interrompendo i miei pensieri. «Te l'ho sentito dire troppe volte. Ti lasci trattare come una pezza da piedi, Y/n. Per una volta, digli chiaro e tondo cosa pensi di lui e volta pagina. E poi piantala con questa assurdità dei troll».

Lo fissai per un momento prima di raccogliere il troll mezzo calvo dai capelli blu.

«Hai ragione», dissi infine, tornando a guardare il mio collega. «Non può trattarmi così e passarla liscia. Gli farò un bel discorsetto».

«È la prima cosa sensata che hai detto in tutta la mattinata», commentò Yoongi.

«Gli manderò un messaggio», annunciai, prendendo il cellulare. «Cosa dovrei scrivere?»

«Non scrivergli», ribatté lui, togliendomi il telefono di mano. «Affrontalo di persona. Dagli della testa di cazzo faccia a faccia, e che cavolo. Ti abbasseresti al suo livello, scrivendogli solo un messaggio».

«D'accordo», dissi. Un'ansia ghiacciata minacciò la spavalderia che avevo appena racimolato. «Glielo dirò in faccia, certo che sì».

«Bene», disse Yoongi. «Appena arriva al lavoro. Non scappare in bagno a piangere nell'istante in cui lo vedi».

«Certo che no», risposi, cercando di apparire più sicura di quanto mi sentissi. «Appena lo vedo lo metto in riga».

«Eccellente», commentò Yoongi tornando a girarsi verso il computer, le mani ferme sulla tastiera pronte a scattare in azione. «Ora devo iniettare un po' di entusiasmo in un pezzo sul nostro servizio di raccolta rifiuti di Seoul. Ti consiglio di trovare qualcosa di altrettanto eccitante su cui concentrarti». Detto questo, prese a digitare a ritmo rapidissimo, il consulto sentimentale era chiaramente finito.

Alle tre del pomeriggio Taehyung non era ancora apparso, senza dubbio impegnato a socializzare con potenziali inserzionisti per farsi rimborsare il pranzo dal giornale. Avevo passato la giornata a guardare con ansia il corridoio dietro di me, divisa tra la smania di vedere Taehyung e il timore della mia reazione.

Cercai di concentrarmi sulla rubrica di posta del cuore che dovevo consegnare entro quel pomeriggio, ma sembravo non riuscire a trovare parole adatte a consolare le donne scoraggiate quando io stessa ero in quella condizione. Avevo appena iniziato a rileggere la risposta arrabbiata che avevo scritto quella mattina al problema di Yuri, quando Yoongi mi diede un colpetto sulla spalla.

«Ci siamo», disse, indicando dietro di me con il mento.

«Come?», strillai, capendo all'istante che Taehyung doveva essere finalmente arrivato.

Il mio volto divenne esangue. Rimasi seduta immobile, incapace di voltarmi a guardare, a fissare con ansia Yoongi mentre un fischiettare allegro e familiare iniziava a risuonare nell'ufficio. Quando Yoongi mi diede una gomitata, mi costrinsi a girare lentamente la testa in direzione del corridoio. Taehyung avanzava rapido e a passo sicuro, vestito con un impeccabile completo blu scuro e la camicia e la cravatta costose che gli avevo regalato per il compleanno, spendendo un fin troppo familiare profumo di inebriante dopobarba. Notò subito che lo stavo fissando. Con un cenno di saluto distratto, mi passò davanti diretto alla sala riunioni.

Io rimasi con la mano tremante sospesa a mezz'aria e un sorriso fiacco congelato sulle labbra.

Continuai a fissare il punto in cui era passato, come stordita.

«E quello cos'era?», urlò Yoongi. «Forza. Seguirlo subito. Diglielo. So che puoi farlo».

Voltai la testa per incontrare il suo sguardo incredulo.

«Non posso», bisbigliai, scuotendo lentamente il capo.

«Perché no?», chiese lui.

«Perché», dissi, distogliendo lo sguardo per la vergogna. «Perché...», ritentai, sapendo che stavo per apparire ridicola.

«Ti prego, non dire quello che penso che stai per dire», mi implorò Yoongi.

«Perché lo amo», esclamai, incapace di alzare la testa e affrontare la sua reazione. Cosa potevo fare, quando ero caduta nella trappola appena avevo posato gli occhi su Taehyung? Tutta la rabbia e il dolore erano stati messi fuori gioco da un violento attacco di struggimento e desiderio.

Mi costrinsi a sollevare lo sguardo, ma vidi soltanto l'espressione di sconcerto totale sul volto di Yoongi.

L'ultima cosa che potevo fare era spiegargli cosa fosse successo. Non sapevo spiegarlo nemmeno a me stessa.
«Mi spiace», borbottai, alzandomi con fare incerto e sporgendomi a prendere il cappotto dallo schienale della sedia.

«Mi spiace», ripetei, mentre inciampavo nella sedia e attraversavo l'ufficio.

Non sopportavo di continuare a guardare l'incredulità di Yoongi. Sapevo che aveva ragione, ma io amavo Taehyung e in qualche modo questo non lasciava spazio a scontri rabbiosi sul modo inaccettabile in cui mi aveva scaricata senza tanti complimenti.

Amavo Taehyung, il che significava che in quel momento l'unica cosa che potevo affrontare era una triste analisi post-mortem per capire cosa avevo sbagliato e, ancora più importante, se potevo fare qualcosa al riguardo.

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