4. Don't play my own game against me, Hyung
Taehyung scese dall'autobus con un balzo e corse velocemente verso casa sua; se la periferia di Seoul era sempre stata un luogo poco frequentato, a ora di pranzo era letteralmente deserta.
Dato che era metà agosto ed erano le due del pomeriggio, il sole batteva forte e quindi il ragazzo slacciò la felpa che teneva addosso e se la sfilò, tenendola in una mano mentre correva.
Arrivò in una baracca in fondo alla strada, afferrò le chiavi dalla tasca ed entrò.
L'ingresso si apriva direttamente in una stanza principale, dove c'erano un divano, un tavolino e una grossa TV. Al lato c'era una libreria con vari oggetti, e sul retro c'era un bancone che fungeva sia da tavolo da pranzo che da muro separatore tra il salotto e la cucina. A fianco c'erano quello che doveva essere un bagno e due camere da letto.
Taehyung si inoltrò in quella che doveva essere casa sua, ma sembrava più un magazzino da sistemare: cartacce, mozziconi di sigaretta e bottiglie in vetro vuote costellavano il pavimento, un paio di sedie erano state rovesciate, un quadro appeso al muro era storto e le porte erano tutte chiuse.
"Hey TaeTae" una voce sottile arrivò dalla cucina, e a piccoli passi Jin Eun si fece strada da suo fratello.
"Hey, piccola" il ragazzo allargò le braccia e la strinse; la ragazza sussultò per un secondo ma ricambiò l'abbraccio sperando che suo fratello non se ne fosse accorto, ma pensava male.
"Va tutto bene? Perché mi hai scritto?" Chiese Taehyung preoccupato, sciogliendo poi l'abbraccio affinché potesse guardarla negli occhi.
Jin Eun aveva appena compiuto tredici anni, eppure ne mostrava molti di più caratterialmente, mentre d'aspetto sembrava una vera e propria bambina.
Era l'unica donna di casa, e di fatto era lei a gestire le pulizie, la cucina e la spesa: suo fratello lavorava e pensava a portare i soldi a casa. Odiava quella suddivisione dei lavori e avrebbe fatto di tutto pur di lasciarle vivere la sua tenera età, ma era la ragazza stessa ad imporsi per aiutarlo e fare il possibile.
La ragazza tardò a rispondere e abbassò lo sguardo, al che Taehyung capì.
"...dov'è papà?" Le chiese, ma Jin Eun rimase in silenzio. "Andiamo Jinnie, ti prego! Ti ha fatto del male??" Chiese ancora più preoccupato Taehyung, scuotendole le spalle, ma lei scosse energicamente la testa facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli neri.
"E allora cosa succede?" Continuò con voce più dolce, per non spaventarla. La corvina alzò lo sguardo e sentì gli occhi lucidi, ma si passò una mano sul viso per evitare di piangere.
"Quando sono tornata a casa dopo la scuola lui era già qui, aveva bevuto e si vedeva. Si era dimenticato che fossero finite le vacanze e si è arrabbiato con me perché il pranzo non era ancora pronto. Allora ha preso dei soldi dalla riserva ed è uscito..." disse a bassa voce.
Taehyung spalancò gli occhi e si diresse con uno scatto verso la cucina: aprì una credenza e tirò fuori una zuccheriera dentro il quale tenevano tutti i risparmi, tirò fuori le banconote e cominciò a contare fremendo.
"Cazzo. Mancano 70.000* won" disse il ragazzo, mettendo a posto i soldi; sua sorella si morse il labbro e mise le mani dietro la schiena:
"non ho potuto fermarlo... era furioso"
"Ma... è quasi un mio stipendio settimanale! Ma è pazzo?!" Taehyung cominciò a fare avanti e indietro per la stanza, tenendo le mani tra i capelli.
"Mi dispiace..."
Il ragazzo si voltò a guardare la sorella, che teneva il capo chino e gli occhi arrossati. Il suo sguardo si addolcì e le mise le mani sulle spalle: "ma no, non è colpa tua" sussurrò, e le baciò la fronte.
"Potrei fare gli straordinari... se lavorassi per una settimana quattro ore invece che due al giorno dovrebbe andare bene" pensò Taehyung ad alta voce "o magari potrei dividermele e fare un giorno a settimana da fare pieno per un mese, ma dovrei vedere chi mi fa il cambio..."
"Tae no! Non puoi lavorare così tanto, hai anche lo studio!" Sua sorella gli prese la mano, ma lui la ritrasse.
"Non fa niente, e poi ho altri giorni liberi. Se non esco dovrei farcela, oppure studio di notte... non lo so"
Taehyung lavorava come barista in un piccolo cafè di Seoul. Non era molto frequentato ma neanche totalmente ignorato, e sorgeva nei pressi di un bellissimo parco, di fronte a un minimarket.
Lui ci lavorava dall'anno precedente, faceva due ore al giorno per sei giorni a settimana, ricevendo uno stipendio mensile di 400.000** won; 100.000*** won a settimana, poco più di 8.000**** won all'ora.
Il ragazzo si sedette e prese un foglio di carta e cominciò a fare vari calcoli, sotto lo sguardo preoccupato di sua sorella.
"Non puoi ucciderti con il lavoro, Tae..." disse, ma il ragazzo non la sentì minimamente.
"Sì, se al posto di due ore al giorno faccio due giorni da quattro ore e quattro da due, poi in un mese recupero la settimana persa..." disse tra sé e sé, senza nemmeno averla sentita.
Jin Eun strinse i pugni e corrugò la fronte: "lascia che ti aiuti anche io con il lavoro"
Taehyung alzò la testa di scatto: "no, Jinnie. Non ci pensare nemmeno, sei troppo piccola"
"Ma ho tredici anni!"
"Appunto" rispose freddamente suo fratello.
"Ma così non ce la facciamo!" Piagnucolò la ragazza. Taehyung batte una mano sulla sua coscia, facendole segno di sedersi in braccio a lui: la piccola obbedì, e il ragazzo la strinse a sé, accarezzandole i capelli con una mano.
"Jinnie, fidati di me. Mi aiuti molto di più stando qui a casa che andando a lavoro: già non mi piace che stai qui, pulisci, cucini, ti occupi delle faccende domestiche-"
"Posso fare entrambe le cose" disse, e Taehyung la guardò male per essere stato interrotto.
"No, hai anche tu la scuola, ma a te è più importante perché hai un esame quest'anno" suo fratello picchiettò un dito sul suo naso per farla sorridere.
"Va bene..." disse, senza però accennare una risata.
Taehyung increspò le labbra e strinse la vita di Jin Eun con un po' più di forza: "e dai, lo fai un sorriso al tuo oppa?" Disse con voce da bambino. La ragazza scosse la testa, ma quando sentì suo fratello farle il solletico e cacciare il labbruccio come un neonato, non riuscì a trattenere una leggera risata.
"Questa è la mia Jinnie" disse il ragazzo, per poi abbracciare di nuovo sua sorella.
Senza che lei potesse vederlo, Taehyung soffocò una lacrima solitaria nella folta chioma nera di Jin Eun.
~
Complimenti Jimin, di' addio ai tuoi bei capelli per l'ennesima volta.
Appena usciti da scuola, i ragazzi si erano divisi. Jungkook era venuto in moto, mentre Namjoon, con la sua auto, aveva deciso di dare un passaggio a Hoseok e a Nabi per evitare che prendesse il pullman tutta da sola.
"Jimin, salti su?" Gli chiese il ragazzo, ma lui scosse la testa.
"No dai, è vicino. Faccio a piedi"
"Sicuro?"
"Certo, vai tranquillo" gli rispose sorridente. Namjoon fece un cenno col capo e poi uscì dal parcheggio.
"Quand'è che ti tingi?" Jimin si voltò e vide che Jungkook era ancora lì.
"Beh, non lo so. Ultimamente sono sempre impegnato a casa per aiutare mia madre a mettere in ordine la casa... quindi boh"
Jungkook si morse appena il labbro, e Jimin lo guardò incuriosito. Stava per parlare, ma qualcosa sembrava bloccarlo.
"Io... conosco un parrucchiere comunque. È molto bravo e ci va anche uno dei miei amici, Yoongi. Magari quando decidi di andare ti accompagno"
Jimin sorrise: era davvero carino da parte sua.
"Ti ringrazio"
Fece per andarsene, quando Jungkook salì in sella al suo veicolo, e senza mettere in moto si avvicinò al bruno camminando sulle punte.
"Dai, salta su"
"ho già detto di no anche a Namjoon... sul serio, abito a quattro passi."
Jungkook appoggiò il piede che dava verso Jimin a terra per potersi reggere in equilibrio, lo afferrò per il colletto della polo e lo attirò a sé, mentre lui si avvicinava al suo orecchio.
Ma questo è fissato, Dio buono.
"Ma la mia non era una richiesta come quella di Namjoon, il mio era un ordine." Sussurrò.
Jimin deglutì e cercò di rimanere calmo. "ma non mi dire... è abbastanza imbarazzante questa tua uscita, sai?"
L'altro sorrise divertito. "fa sempre il suo effetto"
Jimin aveva notato che c'era qualcosa di strano, fra loro. Il comportamento di Jungkook non lo lasciava di certo indifferente, e non era la prima volta che affrontava situazioni del genere: se una persona si comportava in questo modo, allora ci stava provando con lui.
Jungkook ci prova con me?
Le gote andarono a fuoco al solo pensiero: sin dalla tenera età aveva trovato Jungkook un ragazzo interessante e non poteva negare di nutrire una corte amicizia e una forte gelosia nei suoi confronti, ma non credeva potessero essere definiti come qualcosa di più.
Il suo essere timido e silenzioso lo portavano ad essere anche abbastanza docile, e quindi per Jimin era facile imbarazzarsi: non era esattamente un tipo malizioso, a volte recitava la parte giusto per divertirsi come aveva fatto in passato con qualche ragazza e un paio di ragazzi che volevano una cosa da una volta, ma nulla di più.
Inoltre, che Jimin sapesse, Jungkook era etero. In teoria.
Anni prima, Jimin gli aveva confessato di avere un cotta per un ragazzo della loro scuola, ma avendo solo dieci anni era ovviamente una cosa così.
Crescendo, Jimin aveva capito che il fatto di avere cotte anche per i maschi era una cosa seria, e non un suo sfizio ogni tanto, ed era giunto alla conclusione.
Ma Jungkook...
Lui non parlava mai di ragazze, o di ragazzi, o di amore in generale, e da come aveva sentito a pranzo sembrava che avesse molte ai suoi piedi ma che non le calcolasse di striscio.
"Ti sto aspettando Hyung" Jungkook si era improvvisamente staccato da lui, Jimin non seppe dire quando però. Il bruno, impotente contro gli occhi profondi di Jungkook che sembravano scavargli nell'anima, accettò e salì a bordo, mettendo lo zaino nel mini bagagliaio e prendendo al suo posto un casco.
"Un casco... rosa?"
Jungkook rise imbarazzato "beh... spesso lo usa Nabi... non farci caso" disse, leggermente rosso in viso.
Jimin lo trovò adorabile.
Entrambi misero il casco e Jungkook si preparò a partire.
"Fai meglio a tenerti stretto, non vado tanto calmo" disse, e Jimin -un po' impaurito- fece scivolare le mani dai suoi fianchi al suo ventre, per poi unirle tra loro.
Dalla sottile stoffa della camicia riusciva a sentire perfettamente i muscoli dell'addome, e caspita. A quel punto Jimin pensò sul serio che Jungkook fosse cresciuto davvero bene.
Il ragazzo partì senza preavviso, e Jimin strinse la presa per un attimo.
"Non farmi soffocare, Hyung" disse l'altro, e il bruno ringraziò che fosse di spalle o avrebbe visto la sua faccia rossa come un pomodoro.
"Scusa"
Dopo una decina di minuti, grazie alle indicazioni di Jimin, i due arrivarono davanti ad un alto palazzo di colore grigio chiaro. Jimin scese dalla moto e posò il casco, prese il suo zaino e ringraziò.
"Jimin"
"Dimmi"
Jungkook si portò una mano dietro la testa e si grattò la nuca.
"Questo sabato abbiamo un'uscita tra amici, la facciamo sempre quando inizia la scuola... un po' come per festeggiare. Ci saranno anche Yoongi e Seokjin, così potrai conoscerli" disse con la voce ovattata per via del casco.
"Che dici, ti va?"
Jimin si leccò le labbra pensieroso.
Jungkook era davvero carino ad invitarlo ad un evento cosi "intimo", quasi la cosa lo metteva a disagio.
"Non vorrei essere di troppo..."
Jungkook si portò le mani alla testa e sfilò il casco, boccheggiando per far capire che non respirava molto bene lì dentro. Lo mise sotto un braccio, poi portò l'altra mano ai capelli e scosse appena la testa, sorridendo. "Non sei mai di troppo per me, Hyung"
Per me.
Quella frase, ma soprattutto quelle due parole fecero pensare Jimin.
In che senso per me?
Jungkook sembrò notarlo, e quando si rese conto di cosa aveva appena detto, il suo dolce sorriso divenne una smorfia sorpresa.
"Cioè- intendevo.. per noi. Non sarai un problema, cioè... perché dovresti?" Disse nervosamente, quasi facendo cadere il casco a terra.
Jimin sorrise a quel suo atteggiamento: nonostante provasse a mandargli il cervello in pappa certe volte, era anche lui impacciato e dolce.
Jimin allora decise di ripagarlo con la sua stessa moneta, e quando vide la sua espressione imbarazzata, ghignò.
Voleva essere lui a farsi desiderare, per una volta.
"Ti faccio sapere. Il mio numero ce l'hai" disse e si voltò, con l'intenzione di andarsene; ma arrivato al portone una mano gli cinse il fianco, facendo aderire la sua schiena contro il corpo di Jungkook, e le sue labbra erano di nuovo sul suo orecchio.
"Non fare il mio stesso gioco con me, Hyung" sussurrò, e poi fece qualcosa che per tutta la mattina, nonostante si fosse avvicinato in quel modo varie volte, non aveva ancora fatto.
Gli morse il lobo.
Jimin sussultò a quel contatto, e sembrò spaventarsi. Lo aveva appena morso? Al primo giorno che si rivedevano?
Jungkook non gli diede il tempo di formulare altre domande che si staccò di colpo lasciando la schiena di Jimin al freddo, salì sulla sua moto e partì di corsa.
Il bruno rimase sconvolto sulla soglia del portone per qualche secondo, poi prese le chiavi ed entrò in fretta.
"Ok Jimin. Non osare giocare con Jungkook mai più" si disse mentalmente mentre aspettava l'ascensore. Si portò una mano all'orecchio e arrossì: quel contatto era stato fin troppo ravvicinato.
Eppure, nel profondo del suo cuore sentiva una vocina che urlava, ma la sentiva sottile e piano, come se fosse in lontananza.
E quella lontana vocina diceva che gli era piaciuto.
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* 70.000 won sono circa €50
** 400.000 won sono circa €300
*** 100.000 won sono circa €75
**** 8.000 won sono circa €6
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Nota Autrice
Ci abbiamo messo un prologo e 4 capitoli ma il primo giorno di scuola è finito.
APPLAUSI GRAZIE.
#Q: chi è il vostro bias?
#A: Jimin è un mio ultimate, e anche Hobi è un mio bias <3
~로사 ♡
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