Capitolo 3
---angolo me---
Hem-Hem.
No okay, tutto tranne che la tosse odiosa della Umbridge.
Piccola interruzione solo perché mi è venuta una piccolissima idea: quando ci dovrebbero essere scene 18+, emh, metterò due ** così chi non vuole le può saltare.
Dico che, c'è, non sono brava a scriverle ste scene ma ci ho provato.
PS saranno sulla destra ---->
**
<L-Le...>
Alex si morde la lingua, mentre Leo lo penetra.
Non avrebbe perso, non avrebbe urlato il suo nome.
Ma era difficile: Leo era fottutamente bravo e fottutamente sexy.
Alex aveva le gambe stese in alto, incrociate alle caviglie, tenute insieme dalla mano di Leo.
Le gambe erano appoggiate su una spalla del biondo.
Leo aveva gli occhi socchiusi e che, come Alex notò, erano tendenti più all'azzurro, ora.
I capelli gli ricadevano sul corpo e lo incorniciavano perfettamente.
Dopo poche spinte, Leo si spinge avanti, verso il petto di Alex, iniziando a succhiare un solo capezzolo. Con la mano libera, sale su e circonda il collo di Alex, tirandolo poi a sé.
Con le labbra, riempie di baci ogni parte che trova fino al collo, e raggiunte le labbra le unisce alle sue.
Intreccia le lingue in un gioco erotico, tenendo la testa di Alex sempre vicina a sé.
Alex, d'altro canto, sposta le sue braccia e lo abbraccia, mette le mani sulla sua schiena, in corrispondenza dei graffi lasciati la sera prima.
Leo inizia a spingere più veloce, lasciando uscire qualche volta dei versi di piacere. Era più controllato, mentre Alex non riusciva a trattenere la voce: nella stanza, rimbombavano i suoi gemiti.
Ad un certo punto, sente il bisogno di toccarsi: lascia la presa sulla schiena di Leo e si avvicina alla sua erezione.
<No..!>
E detto questo, Leo immobilizza il braccio di Alex.
<Ma io devo....>
Con voce tremolante, Alex prova a ribattere.
Ma Leo scuote la testa.
<Gemi il mio nome, e io ti faccio venire.>
Lasciato il polso, afferra l'erezione di Alex e col pollice si appoggia proprio sulla punta, bloccando l'uscita del seme.
<N-no! Lascia!>
Tira la testa indietro, mentre cerca invano di spostare il corpo di Leo.
Le spinte si fanno sempre più veloci, ed entrambi stanno raggiungendo il limite.
Sfortunatamente, fra poco, tutto sarebbe finito.
Questo momento magico sarebbe terminato.
E Alex sentiva sempre di più il bisogno di venire, ma con la mano di Leo in quella posizione era impossibile.
<Devo.... Ho bisogno di, di venire!>
<Non finché non gemerai il mio nome.>
Cosa costava, a questo punto?
La sfida iniziale era già finita, aveva perso.
Ormai, non importava più quello che sarebbe successo, no? Doveva solo gemere quel nome e lui poteva venire.
L'orgoglio però che ha sempre avuto gli sussurrava all'orecchio di non farlo...
Allunga le mani verso il collo di Leo e chiude la distanza fra le sue labbra.
Leo spalanca di poco gli occhi, sorpreso.
Alex, tirandosi indietro di poco, con occhi socchiusi e lucidi, naso e guance arrossate, per non parlare delle orecchie, apre di poco la bocca.
<L, Leo->
Nella stanza, piena di gemiti, quel nome risuonò come una campana.
Leo come promesso, lascia la presa e Alex stende la schiena, riuscendo finalmente a venire, seguito dopo poche altre spinte da Leo.
Uscito del tutto da Alex, Leo si avvicina al ragazzo e ne osserva i lineamenti da modello: il motivo per cui ha successo con le donne.
<Sei stato bravo.>
Gli accarezza la testa, beandosi ancora per poco di quello sguardo lascivo e eccitato di Alex.
Poi si alza.
<Dovrò rifare una doccia. Alzati anche tu, e falla.>
Detto questo, gli occhi di Leo tornarono del solito colore, forse più freddi e più tendenti al verde.
Si gira e riapre l'acqua calda, per rifare una doccia.
Alex, con il suo passo lento, lo segue a ruota reggendosi a malapena in piedi.
**
Seduto sulla panchina del parco, Alex beve il suo estathé tranquillamente, beandosi del piccolo venticello che smuove le foglie degli alberi.
Solo lì, d'estate, si poteva stare al fresco.
<Alex!>
Una bambina dagli occhi nocciola, enormi, si trova all'entrata del parco. I capelli neri sono chiusi in delle codine ai lati.
Indossa un vestitino rosa, molto carino, ornato con un piccolo fiocco rosso, regalo di Alex dell'ultima volta.
Tiene una cartellina in mano che gli sbatte sulle ginocchia mentre corre.
Avrà all'incirca 3/4 anni. Con un sorriso enorme, si lancia sulle gambe di Alex, stringendone una con le sue piccole braccia.
<Hey, Mia! Come va?>
Alex appoggia l'estathé sulla panchina e si occupa di prendere in braccio la bambina.
La stringe a sé, cullandola fra le sue braccia: è così piccola rispetto a lui che gli fa impressione ogni volta che la vede.
Mia, intanto, nasconde la testa nell'incavo del collo di Alex, annusandone l'odore come fa sempre.
<Hai cambiato shampoo!>
<Hihi, te ne sei accorta? Ieri mattina ho fatto la doccia da un mio amico e oggi mi sono solamente sciacquato, senza usare il tuo sapone.>
La piccola mette un leggero broncio e con i suoi grandi occhi color nocciola, simili a quelli della madre, fissa il ragazzo.
Alex, d'altro canto, ride del comportamento di Mia. Alla fine, poggia un dito sul suo nasino, producendo un piccolo "ding" con le labbra ed infine si avvicina alla sua fronte, dandogli un bacino.
<Non lo farò più. Quando devo incontrarti, userò la saponetta che mi hai regalato.>
<La devi usare sempre!>
Urla la bimba, alzando le braccia al cielo.
<La mamma sa che sei qui?>
Mia scuote la testa, nascondendola subito sul petto di Alex.
Sul volto di quest'ultimo, cala un'ombra cupa. Tiene lo sguardo fisso, riflettendo sul fatto che la madre era all'oscuro di questo incontro.
Mia inizia a singhiozzare.
<La mamma... non voleva farci incontrare... Hic, ma io... Hic ti voglio bene...>
Alex alza la testa al cielo, mentre passa una mano sulla testa di Mia. La culla fra le sue braccia e piano piano, la aiuta a calmarsi.
È ovvio che la madre non voglia che si incontrino...
Una voce in lontananza, molto dolce, richiama Mia.
La bambina smette subito di muoversi, sembra come se avesse fermato anche il suo respiro: immobile, cerca di vedere la figura che la sta chiamando.
<Mia! Eccoti.>
Una donna dai capelli rossicci si avvicina. Occhi nocciola, proprio come la figlia, fissa i due sulla panchina.
Si passa una mano sotto il collo, togliendo qualche goccia di sudore dovuta alla corsa.
<Mia! Ti avevo detto che non ti dovevi allontanare!>
Alex si alza, stringendo ancora di più la bimba fra le sue braccia.
<Non la brontolare, Chiara. Non ha fatto nulla.>
La donna si alza e si sistema una ciocca dei capelli rossi dietro l'orecchio.
Ignora del tutto Alex, e tende le braccia per riprendersi la bambina.
Alex, un po' riluttante, la mette giù, spingendolo verso sua madre.
<No, nono! Alex!>
<Suvvia, Mia...>
Dice Alex, abbassandosi all'altezza della bambina.
<Ci possiamo vedere anche un'altra volta. La prossima, ti prometto, ti compro un gelato!>
Pattando la testa della bimba, fa uno dei suoi migliori sorrisi, per poi rialzarsi.
Chiara avvisa la figlia di andare dal padre, all'inizio del parco, e lo indica: una figura alta, vestita in giacca e cravatta che, con la mano, saluta la figlia.
Mia corre via, salutando con la mano Alex. L'espressione su quel viso piccolo era giù ma al tempo stesso contento di vedere il padre.
Alex si occupa di prendere il the rimasto sulla panchina e si gira e come saluto alla donna, fa un semplice cenno della testa.
<Alex.>
La donna lo richiama e il ragazzo si gira, mostrando un sorriso leggero.
<Lo so, lo so. Non dovrei vederla così spesso... Ma, Chiara, Mia è anche mia figlia.>
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