"ℙ𝕣𝕠𝕓𝕝𝕖𝕞"?
«Scusami Leo, ma ti lamenti pure che non hai preso abbastanza appunti a lezione?!» Aveva esclamato Izumi, guardando indignato le pagine del quaderno del suo migliore amico. «Letteralmente, non eri neanche arrivato a metà pagina che già avevi smesso di prendere appunti. E poi cosa sono tutte queste note musicali sparse in giro per la pagina? E questi scarabocchi? Leo, non ti posso passare sempre i miei appunti solo perché tu ti metti a cincischiare a lezione!»
«Uffa Sena, eppure lo dovresti sapere che non lo faccio apposta! Quelle stupide lezioni mi annoiano!» Gli aveva risposto Leo, sentendosi offeso da come l'altro lo stesse rimproverando per l'ennesima volta. Con il broncio in viso, subito si era voltato dall'altra parte tenendo le braccia conserte, in modo tale da poter dimostrare al grigio quanto fosse indignato in quell'istante. «Eddai Leo, penso che Izumi volesse solo darti una mano» gli aveva detto Tsukasa, nel vano tentativo di rasserenare l'arancione. Questi, sebbene non avesse ancora perdonato del tutto l'amico, si era girato di nuovo verso di lui, mantenendo comunque le braccia conserte - insomma, lui non poteva cedeva così facilmente! Il grigio, allora, si era limitato a sospirare, mettendosi di nuovo a sedere affianco ad Arashi, la quale era intenta a tirare fuori i suoi quaderni dalla propria borsa. Ella aveva sorriso dolcemente ad Izumi, e in quel suo sguardo pareva fosse espressa la frase: "lascia stare, è fatto così". L'unico che non pareva partecipare al piccolo litigio tra Leo e Izumi era proprio Ritsu, il quale pareva sul punto di addormentarsi sopra il tavolo da un momento all'altro.
Gli Knights, infatti, si erano tutti riuniti all'appartamento di Tsukasa per poter studiare insieme. Diversi di loro avevano delle verifiche imminenti, per cui ritenevano fosse un'ottima idea poter essere lì uniti così che uno potesse dare una mano a chi più ne avrebbe avuto bisogno. Ognuno di loro aveva da studiare una materia differente: Tsukasa era indaffarato con matematica, materia in cui eccelleva molto; Arashi doveva studiare inglese, siccome l'indomani avrebbe avuto un writing; Ritsu era quello la cui interrogazione distava una settimana, ma si era comunque portato da studiare anatomia; Izumi, invece, si era portato con sé soltanto gli appunti di biologia, poiché riteneva di essere così preparato da non avere neanche il bisogno di portarsi dietro il libro; ultimo, ma non meno importante, Leo doveva prepararsi per un'importante verifica di storia del Giappone che avrebbe avuto il venerdì di quella settimana.
Quest'ultimo, tuttavia, pareva essere quello messo più in difficoltà sull'argomento. Non perché non fosse abbastanza pronto per affrontarlo, ma per il semplice fatto che più volte non riusciva a prendere appunti in classe. Spesso, infatti, neanche dopo 10 minuti di spiegazione sentiva l'eccessivo bisogno di staccarsi, e il suo cervello, come se non volesse più ascoltare le noiose spiegazioni del professore, decideva di cambiare oggetto d'interesse. E così, gli appunti dell'arancione si riempivano sempre delle prime cose che gli passavano per la testa: spesso disegnava spartiti con tanto di note musicali - le quali spesso erano le stesse delle sue canzoni - , altre volte, invece, si metteva a disegnare gattini o innumerevoli stelle con gli evidenziatori colorati. Qualsiasi cosa viaggiava per la sua testa, egli sentiva l'istinto di esprimerla su carta, come se fosse un impulso impossibile da controllare. Izumi lo riprendeva sempre per questo; continuava a ripetergli "stai più attento in classe!", ma Leo proprio non riusciva a rimanere concentrato più di un tot di tempo. I minuti passavano, ma ad un certo momento della lezione, quando i suoi lucenti occhi verdi erano fissi sulla lavagna, iniziavano poi a vagare lungo tutta la classe, passando dall'orologio appeso al muro, agli astucci dei suoi compagni appoggiati sopra i banchi, fino a raggiungere la piccola crepa che si trovava in fondo alla classe, così piccola che si domandava come nessuno l'avesse notata prima d'ora. Inutile specificare quante volte i professori gli ripetessero di "smetterla di guardarsi in giro", ma lui nemmeno si accorgeva di farlo tra un po'.
«Comunque sia» aveva rotto il silenzio Tsukasa, «direi che sia il caso di incominciare la nostra ora di studio. Qualora qualcuno dovesse aver bisogno di qualcosa, non esitiate a parlare, okay?» Al suo annuncio, tutti gli altri membri degli Knights avevano risposto con un sonoro "sì", stessa esclamazione che adoperano spesso quando dovevano prepararsi per salire sul palco. E così, tutti avevano iniziato a studiare individualmente, ognuno alle prese con la propria materia. Leo, prima di aprire il libro, la prima cosa che aveva fatto era stata svuotare il suo astuccio di tutti gli evidenziatori che vi erano dentro, ed immediatamente li aveva tutti disposti in fila alla destra del proprio libro, rigorosamente nello stesso ordine dell'arcobaleno. In verità, egli non utilizzava mai tutti gli evidenziatori - infatti, per lo studio delle materie umanistiche, tendeva a sottolineare soltanto con i colori caldi - , e se fosse per questo neanche sapeva perché doveva compiere quella specie di rituale ogni secondo prima di mettersi a studiare. Tuttavia, per lui era una pulsione incontrollabile, come se fosse qualcosa che dovesse farlo per forza, al costo della vita. Dopo essersi assicurato di aver messo tutti gli evidenziatori nell'ordine corretto, Leo aveva incominciato a studiare, aprendo il libro nella pagina d'inizio argomento.
Lui leggeva attentamente e si assicurava di sottolineare tutto il necessario, proprio come farebbe qualsiasi studente modello. Però, dopo che erano passati solo 5 minuti da quando aveva cominciato a leggere, subito aveva iniziato a perdere di vista le righe dove si trovava prima. Gli capitava spesso di saltare frasi durante la lettura, perché il suo cervello era come se vedesse la medesima frase ripetuta all'infinito, parendo andare a sostituire tutte le altre. Quello che però aveva fatto perdere del tutto la concentrazione all'arancione, era quando la sua mente aveva deciso di focalizzarsi sui rumori circostanti: improvvisamente, egli si era reso conto dell'assordante "clic" che faceva la penna di Arashi, dello sfregamento del portamine di Tsukasa sul suo quaderno, del fruscio delle pagine che venivano sfogliate da Izumi e del rumore del temperino di Ritsu che aveva fatto accidentalmente cadere a terra. Oramai, nella sua mente non poteva più esserci spazio per l'argomento di storia quando aveva così tanti stimoli da selezionare. E lentamente si lasciava perdere in essi, cercando di darsi una spiegazione del perché non fosse riuscito a rimanere più concentrato. Il tempo passava, e il suo udito aveva cambiato ancora soggetto, passando questa volta ai cinguettii degli uccellini che si sentivano al di fuori della finestra della camera di Tsukasa. Ancora una volta, Leo si era smarrito in mezzo a quella montagna di suoni che egli si domandava come facessero gli altri a non accorgersene, ed era dunque rimasto ad ascoltare gli uccellini per qualche altro secondo.
«Aaaah! Non ci capisco una fava!» Aveva esclamato tutto d'un tratto Arashi, facendo sobbalzare l'arancione che non si aspettava quel rumore così improvviso. Tutti gli altri Knights l'avevano guardata interdetti, chiedendosi quale fosse il suo problema. «Qualcosa non va con l'inglese?» Aveva domandato per primo Ritsu, sporgendosi in avanti così per poter vedere meglio il suo quaderno. In seguito anche gli altri 3 si erano alzati per giungere dietro di lei, così che potessero vedere meglio ciò che stesse studiando in quell'istante. Ella, con la testa fra le mani, borbottava dicendo che non riusciva a capirci niente, che in un batter d'occhio si erano aggiunti così tanti vocaboli e termini grammaticali che si era completamente persa. I ragazzi, dopo aver dato una breve occhiata ai suoi appunti, subito si erano messi a darle una mano, spiegandole passaggio per passaggio come in realtà fosse più facile del previsto e che, molto probabilmente, era lei che si stava montando la testa per niente.
Mentre gli altri davano consigli, tuttavia, Leo era l'unico che ancora stava controllando gli schemi che aveva fatto la giovane. Precisamente, i suoi occhi si erano focalizzati sul particolare dell'angolo presente sulla tabella da lei disegnata, dove una riga, per sbaglio, era leggermente fuoriuscita dal margine. Non riusciva a capacitarsi di come la sua mente, tra tutti gli elementi che si potevano individuare in quella singola pagina, si era semplicemente concentrata su quell'unico punto, apparentemente privo di significato. D'un tratto, quando oramai pochi secondi erano passati da quando aveva notato quell'imperfezione, la sua vista aveva incominciato ad appannarsi senza un apparente motivo, impedendogli di vedere ciò che vi era intorno ad esso per un breve periodo. Poi egli, sbattendo le palpebre, pareva che la vista fosse tornata normale, ma nel giro di qualche altro secondo, se provava a focalizzarsi ancora in quel modo, subiva il medesimo effetto. Le voci dei suoi amici, che erano impegnati a parlarsi uno sopra l'altro, ogni tanto non riusciva neanche ad udirle, poiché uno strano ronzio sovrastava le loro voci, ronzio di cui Leo neanche si era accorto.
Quel breve lasso di tempo, che per il giovane pareva essere stato infinito, era stato improvvisamente troncato da Izumi, che, con uno scossone, aveva risvegliato l'arancione da quello strano stato di transe. «Leo! Piantala di imbambolarti! Non vedi che stiamo tutti fissando la pagina dopo?» Gli aveva detto esasperato, venendo poi interrotto da Tsukasa. «Dai Sena, magari Leo stava controllando gli schemi della pagina precedente per poter dare una mano. Forse aveva bisogno di ripassare le definizioni.» Il rosso aveva cercato di difendere il più grande dandosi questa spiegazione, ma in verità egli aveva notato già da parecchio tempo che Leo avesse dei problemi riguardanti l'attenzione. Non glielo aveva mai domandato se li possedesse davvero, perché aveva troppa paura di sembrare impiccione, ma in realtà, anche se avesse chiesto, nemmeno lui gli avrebbe potuto dare risposta. Perché quando tutti notavano questo particolare lato di Leo, per lui semplicemente rispecchiava la quotidianità, come se fosse qualcosa di cui, oramai, ci fosse abituato. Quando i professori gli dicevano di stare più attento in classe, loro non sapevano che egli ci metteva davvero il massimo per poterlo fare. Quando i suoi genitori lo riprendevano perché non riusciva mai a stare fermo, loro non sapevano quanta fosse la carica adrenalinica che provava il figlio una volta che doveva stare seduto su una sedia per più di 20 minuti quando era piccolino. Quando Izumi lo sgridava sempre per la sua impulsività, lui non sapeva quanto Leo non riuscisse a controllarsi, nonostante ci avesse provato una miriade di volte. E quando per tutte le altre persone egli risultasse semplicemente un somaro, in realtà lui si impegnava davvero ad essere "normale".
Ma con il passare degli anni, Leo si era stufato di pensare che potesse mai cambiare questo lato di sé solo per compiacere gli altri. Ci aveva provato, ma nulla aveva funzionato, e così, col tempo, aveva iniziato a conviverci. Era vero, certe volte poteva sembrare diverso dagli altri - anche perché più volte si era domandato come funzionasse la mente di una persona qualunque - , ma poi aveva semplicemente capito di non essere diverso, ma semplicemente una persona con un'unicità, che quasi la vedeva come se fosse un potere magico.
E alla fine Leo, nonostante tutte le sue difficoltà nel rimanere attento, era comunque riuscito a studiare per la verifica e se n'era uscito con un onestissimo 95. Perché in fondo per lui, vivere con il suo disturbo, era semplicemente un giorno come altri.
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