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Di qua, di là, sembrava che quelle scale di pietra non finissero mai. Man mano che mi immergevo nel buio delle stanze, tra gli sprazzi di luce calda emanata dalle candele, sentivo che lui mi stava aspettando con impazienza da tanto tempo....
Da quanto? Non so, forse dalla morte di Edmond. Fu il mio promesso sposo per due anni. Era gentile; curioso; appassionato di alchimia ed esperto di storia. Suo padre soffiava sui vetri per realizzare vasi colorati
Ci conoscemmo in un agosto velato d'azzurro e cosparso di gigli bianchi, di parasoli di pesco. Mi sorrise e, presomi per mano, mi portò a casa sua, dove mi mostrò la sua stanza satura di libri di magia; con il rossore sparso sulle guance, mi confessò di venire preso in giro per la sua inclinazione culturale. Mi fece pena, lentamente tenerezza.
Restammo insieme per un po' e grazie a lui imparai a fumare sigari di nascosto seduta sui muretti di pietra; a ricamare fantasie nel cielo e a saper reinterpretare la scienza custodita dai libri. Una vicenda anormale, la mia; un lettore medio si sarebbe aspettato una ribellione verso un matrimonio combinato; la mia protesta e una fuga al chiaro di luna, magari a cavallo e con il vento che ti scompiglia i capelli e i rami degli olmi che ti graffiano la faccia.
Invece no
Io ed Edmond pregammo in silenzio affinché si avvicinasse il fatidico giorno del nostro matrimonio...ma non venne mai! Il suo cavallo, un giorno d'inverno, nell'incuranza delle cinque di mattina, lo disarcionò in malo modo e lui morì, spargendo dal cranio sangue misto a neve: delle trine cremisi come si vedono sugli scialli spagnoli.
Da lì sentii Aracne parlarmi nei sogni.
La prima notte che lo incontrai era quella dopo il funerale del mio amante. Il giorno dopo sarebbe stato il primo in cui avrei indossato il lutto stretto e il pallore della nostalgia per il passato.
Non riuscivo a dormire, ma neanche a piangere: il dolore aveva mangiato tutte le mie lacrime, non lasciando neanche le gocce sufficienti per rilasciare la mia angoscia e si era preso il sonno.
In questo stato di veglia meditavo sui modi migliori in cui avrei terminato degnamente la mia esistenza. Ne conoscevo tanti, li avevo imparati dai romanzi gotici letti nella mia preadolescenza: avvelenamento, impiccagione, buttarsi dal davanzale della finestra, chiedere ai vampiri di privarmi della linfa vitale e così via.
Così sarei diventata un fantasma triste, il cui vestiario sarebbe stato composto solo da una camicia da notte di lino, i capelli neri lasciati sciolti sulle spalle e un canto perenne di inappagamento dei suoi desideri.
Si, sarei finita così, come il personaggio femminile di un racconto di Poe. Mentre stavo pensando a tali atti sacrileghi, vidi una figura allampanata comparire dal vetro del mio specchio. Non sapevo cosa fosse, ma ero conscia del fatto che quella persona non fosse umana...eppure, mi sembrava famigliare.
Mi alzai dal letto e, dopo essermi riparata nello scialle, mi avvicinai e restai senza parole dinanzi alla visione che mi si era palesata in tutto il suo mistero e solennità.
Era difficile individuare la sessualità della figura in questione: il volto spigoloso, di un pallore spaventevole e gli occhi a mandorla sotto cui scendevano due lacrime disegnate apparteneva a quello di una donna; eppure la sua fisionomia slanciata e alta, coperta da una tunica viola risalente all'Alto Medioevo e percorsa da qualche muscolo era quella di un giovane uomo di trent'anni.
I capelli lunghi scendevano lungo la schiena e gli risaltavano gli zigomi.
Stringeva le labbra già sottili e sorrideva con sfida; un sottile segno di superbia e noncuranza verso il prossimo. Le mani, sottili, avevano unghie lunghe e a mandorla che rassomigliavano ad artigli di una bestia notturna, magari un pipistrello o un lupo; restai senza fiato, non sapendo se scappare o no.
Edmond me ne aveva parlato durante uno dei nostri pomeriggi passati insieme, ma io non gli avevo creduto, pensando che la sua fosse una leggenda inventata per mettere in guardia i maghi ambiziosi e tracotanti;
nonostante lo scetticismo, comunque lo avevo ascoltato. Avevo saputo tutto: di Sparviere, di Arren e della sua isteria che lo portava a crisi di follia, di Tenar, del vero nome delle persone che, se rivelato, ti portava ad essere schiavo di qualcuno per il resto della tua vita....ero al corrente delle leggende, ma la razionalità mi aveva impedito di sognarci sopra, rivelandomi l'apparente inconsistenza di quelle favole.
Niente di tutto questo era vero, fine della storia (credevo).
Ora, al vedere Aracne (sua eccellenza Aracne, mi aveva raccomandato Edmond), la mia spavalderia da positivista si era spaccata in mille pezzi, alla stregua di un vaso fatto cadere da un comò da un bambino maldestro. Forse ero diventata pazza come il principe Arren...dovevo stare calma.
-Eccellenza Aracne- dissi io solennemente - so che lei non esiste; so che è una proiezione creata dal mio dolore e che se chiuderò gli occhi o proverò ad andare avanti con la mia vita, lei sparirà. È solo il protagonista di una storia finita male, no? Non so cosa voglia da me; non sono intelligente; non ho una luce che rappresenti l'immortalità che ha cercato per tutta la sua esistenza; non ho talenti vari. La prego, mi lasci perdere. Sarebbe solo uno spreco di tempo-
"Bene, ora mi perseguiterà finchè non lo ascolterò, come in tutte le storie gotiche che ho letto; mi ucciderà i genitori, mi brucerà la casa; in sostanza, mi rovinerà la vita. È meglio che lo accontenti subito o che mi tolga la vita?" Parlavo tra me e me confusamente, mentre un rivolo di vento freddo, dalla finestra, si insinuava nella stanza, facendomi tremare. Da un lato, avevo voglia di buttarmi di sotto, dall'altro avevo paura di quello che sarebbe venuto dopo il decesso: ci sarebbe stato il buio o l'inferno? Nessuno me lo aveva detto, al catechismo.
Siccome non mi ero decisa a parlare, il mago ruppe il ghiaccio; una voce calda e sensuale mi investì, tranquillizzandomi in un modo strano.
-Forse Edmond ha sbagliato a raccontarti la mia storia.-
Non seppi cosa dire. Come la storia di Edmond era sbagliata? Mi era sembrato così sincero nelle sue asserzioni vigorose e splendenti di sole.
-Mi scusi, in che senso?-
Lui, di rimando, ridacchiò, con quel sorriso strafottente che da un lato mi attraeva come una mosca nella tela e dall'altro mi tentava di prendere un'arma e ucciderlo.
-La sua versione dei fatti è errata. La sua versione era quella più comoda, quella che molti stolti sostengono perchè non vogliono credere che io abbia avuto ragione in tante occasioni. Onestamente, so di aver sbagliato, ma ho fatto ciò che dovevo per raggiungere il mio obiettivo. Non hai mai fatto di tutto per coronare un tuo sogno? Di sogni, non ne hai mai avuti mai?-
E mentre non riuscivo a controbattere nel dire che, per avere il successo, servivano l'onestà e le buone azioni, avvicinò il volto al vetro dello specchio ed ordinò:-Galinda, vieni domani notte al mio castello e scoprirai la verità su di me; ho conservato tutto ciò che possa confermare la veridicità delle mie parole, non puoi dubitare. Un falco verrà a casa tua e dovrai seguirlo. Devi obbedirmi per te e per Edmond. D'altronde, so che gli volevi bene e che non vorresti mai deluderlo-
Paralizzata, annuii, sperando che fosse un incubo o la parvenza di sogno di una folle. Eppure, una certa curiosità mi bruciava le viscere, nascosta...
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