°•Capitolo 6•°

Il silenzio tra noi tre, non è imbarazzante, non è solitudine, ma solo silenzio riflessivo.

E c'è molto da riflettere sul perché io sia con loro.

La salita sul monte sembrava faticosa.

Non ho mai desiderato così tanto che il terreno mi prendesse con sé come oggi.

Sento qualcosa di strano nell'aria, me ne accorgo dalle farfalle che solleticano le pareti del mio stomaco.

Un passo oltre un recinto di funghi porcini e l'aria calda tramuta in freschezza.

Mi fermo d'impatto, l'enorme differenza di temperatura mi ha spiazzata.

Per sicurezza faccio un passo indietro: un piede dentro il recinto e uno fuori; sono tra il freddo e il caldo.

La schiena quasi brulica sudore mentre il mio petto rabbrividisce per la brezza.

Una spallata di Cheka mi destabilizza e finisco con le ginocchia a terra all'interno della cerchia di funghi.

"Nel giro di pochi minuti saresti morta per uno shock termico" mi tende la mano il giovane ermafrodita dalla pelle scura come la terra.

Mi rialzo senza l'aiuto di Cheka.

"Grazie" dico superandolo. "Perché è cambiata la temperatura?" Dico sottovoce fra me e me.

"Perché manca poco alla destinazione" mi risponde Hakares, si volta verso di me e infiamma un suo palmo.

"Hai freddo, Lacrima?" Udire il mio nome da una bocca che non è mia mi ha lasciato senza fiato.

"No, non fa così freddo da cercare calore" dico alzando il cappuccio del mantello per non guardarlo.

Mi fa uno strano effetto, avere contatti con qualcuno, soprattutto così vicini.

Arriviamo sull'orlo del precipizio. Hakares e Cheka si soffermano proprio ad un centimetro dal vuoto e guardano con occhi innamorati la vista davanti a loro.

Guardo giù ed istintivamente mi aggrappo all'albero vicino; lentamente alzo gli occhi, il bianco mi acceca.

Una città completamente immersa nel bianco, da qui scorgo due fiumi tagliarla in due. I capelli si muovo con delicatezza e accarezzano leggermente le spalle; capisco da qui che il vento fresco viene da quella direzione.

Tra i raggi del sole che illuminano la città riesco a scorgere punti lucenti scendere lievemente sugli edifici, ma la cosa strana è che non si spingono oltre le mura.

"Questa è Paradiso" dice Hakares con un sorriso calmo e pacato.

Le mie unghie graffiano la corteccia dell'albero e mi allontano di due passi.

"Una città anticonformista" dico seria mentre la osservo ancora. "Il suo nome va oltre la religione politeista" chiudo gli occhi facendomi trasportare dal suono del vento.

Ma quest'aria è così pura, mi ricorda il monte Fuji, quella imponente montagna che sta aspettando il mio ritorno.

Anch'io sto aspettando il mio ritorno a casa.

"Credi negli Dei?" Domanda il giovane uomo.

Sospiro avidamente dal naso. "Non credo nelle persone figuriamoci se posso credere a uomini immortali che hanno distrutto un intera stirpe di umani" dico serrando i pugni.

"Su questo non ti do torto" dice mentre mi guarda. "Però a me credi" aggiunge con un ghigno complice.

"Non credo nemmeno a te. Sono qui per vedere la situazione, ma se voglio posso sparire come foglie al vento" dico seria; gli do le spalle ed inizio a incamminarmi per la discesa.

Mi corre dietro fino a pararsi davanti a me.

"Non sei stanca? Perché ti chiudi in te stessa?" Cala gli occhi per osservarmi dalla testa ai piedi.

"Perché non ho motivo di mettere in mostra il lato più debole di me" alzo gli occhi su di lui. "Nessuno merita di distruggere il tuo lato debole, innocente e costantemente felice" aggiungo seria mentre lo fissò negli occhi.

"Nessuno deve entrare nella stanza buia del mio cuore" lo sorpasso sotto il suo sguardo.

Tutti e tre scendiamo a valle per raggirare il monte e avvicinarci alle porte di Paradiso.

Passo dopo passo vedo il bianco della città scagliarsi sulla mia pelle come se fosse un nuovo sole.

Inizio a scorgere i famosi punti luce che vidi prima.

In realtà sono piume bianche che cadono dal cielo, scivolano al suolo con delicatezza e la città ne è completamente sommersa.

Non ci sono nuvole e queste spuntano dall'azzurro come puntini bianchi.

Ecco perché viene chiamata in questo modo.

Piovono piume di angelo dal cielo.

Rimango a bocca aperta nel guardarle danzare nell'aria.

Sì muovo cullare dal vento ed è magnifico.

Inizio a sentire le voci degli abitanti, mi fermo ai piedi delle gigantesche mura bianche.

Hakares non percependo la mia presenza si ferma e si volta verso di me.

"Se ignori chi ti sta intorno ti sentirai come se fossi nel tuo villaggio" accenna un leggero sorriso che mostra uno dei suoi canini conficcato nel suo labbro carnoso.

Con un respiro profondo sento l'odore della salsedine, mi riporta ai tempi in cui ero solo un piccolo Gheppio.

Cammino a testa bassa fra la folla; il suolo cambia: da strada sterrata a pietra bianca intagliata in giganteschi cubi mal formi.

Il suono sul suolo cambia notevolmente, riecheggia nelle orecchie come un ticchettio di un orologio.

Ero così concentrata nel guardare la città che non mi accorsi che si affacciava sul mare.

Sento gli sguardi della gente bruciarmi addosso, mi sento una persona non terreste, che venisse da un altro pianeta.

"Cheka! Diventi sempre più carino"

Alzo la testa ad un gruppo di giovani ragazze che salutano il giovane ermafrodita.

"Ragazze voi siete sempre più splendide" il metà gatto gli rivolge un bacio volante e quest'ultime vanno via ridacchiando.

Con il mio mantello scuro mi sento una macchia nera su un foglio bianco.

Vado a tamponare contro la schiena di qualcuno, per quanto riesca a vedere a testa bassa è un uomo molto grosso dall'altezza imponente.

"Mi scusi" dico sottovoce e lo sorpasso.

"Sporca metamortale" dice l'uomo alle mie spalle.

Mi sento le spalle pesanti come se tutte le cose che dicono gli altri mi importassero.

Mi giro di scatto verso l'uomo con in mano il pugnale, il cappuccio si solleva scoprendo il mio capo.

"Bastar-" vengo fermata dalla mano di Hakares che mi tira a sé per il mantello.

"Ehy! La tua amichetta a qualche problema?" Dice l'uomo con un ghigno malefico sul volto.

"Io non ho amici!" Mi sforzo per andare verso di lui mentre Hakares mi tiene ancora per il mantello.

"Ragazzo, tieni a bada questa metamortale! I maghi sono tutti così malati, tutto fumo e niente arrosto, bravi solo ad usare la magia, ma che non sanno usare i propri muscoli, incap-"

L'uomo dalla carnagione olivastra viene scaraventato a terra da un pugno allo stomaco di Hakares.

"Marcus! Tutto bene? Alzati dai" all'uomo sdraiato a terra si avvicinano un mucchio di persone per soccorrerlo.

"Animale! Cosa ti è preso?" Urla una donna verso Hakares.

L'uomo dai capelli rossi si volta e tutti e tre c'è ne andiamo da lì senza dire nulla.

Alzo il cappuccio per fare ombra sul mio viso.

"Grazie" dico sottovoce.

"Non farlo mai più! I metamortali non sono visti di buon occhio" dice lui con lo sguardo serio.

"I maghi non sono ben visti nemmeno fra di noi" dico fredda.

Attraversiamo l'intera città affiancati dal letto del fiume cristallino; è come se lo stessimo seguendo fino al mare, perché è lì che siamo diretti.

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