~CAPITOLO 46:FINALE 2~
LA PRIMA PARTE È UGUALE E LA INDICHERÒ CON 🕳️🕳️🕳️ (A CASO) SOLO L'ULTIMA PARTE CAMBIA.
🕳️🕳️🕳️
Tokyo spaccò il vetro della finestrella che era nella parte superiore della porta e iniziò a sparare all'impazzata con i sui due fucili legati con dello scotch, ricevendo gli spari nemici come risposta che avevano, ormai, bucato la porta.
-siamo fottuti!-urlai per farmi sentire.
-è una cazzo di trappola per topi!-aggiunse Denver.
-dobbiamo coprire la porta.-urlò Tokyo.
-e come?-chiese Manila.
mi guardai intorno per cercare qualcosa a nostro favore da mettere davanti alla porta.
gli spari arrivavano dritto davanti a me sul....sul piano cottura!
-con il piano cottura!-dissi.
Denver e Manila si avvicinarono al "tavolo" per cercare di metterlo davanti alla porta mentre io e Tokyo sparavamo e li coprivamo.
riuscirono a toglierlo dal posto grazie a un piede di porco e un martello ma, proprio quando lo stavo spostando, un militare iniziò a sparare a raffica sulla porta con un arma più potente di un fucile, la volevano distruggere.
dopo un pò, capendo che saremmo stati fottuti, i due ragazzi la alzarono coprendosi.
-Tokyo, Miami!-ci chiamò varie volte Denver.
-aspettate.-disse Tokyo prendendomi con lei.
andammo nella cella frigorifera e prendemmo un pollo.
lo aprii facendo spazio.
Tokyo mise la granata e lanciai il pollo più lontano possibile.
mentre loro erano occupati a disinnescare la granata mettemmo il piano cottura davanti alla porta e lo fissammo con dei pezzi di ferro.
-ei cucina! la prossima volta mettetela dentro un pezzo di formaggio!-disse un militare iniziando a ridere come uno psicopatico, erano pazzi.
-Tokyo, distraili, devo parlare con Andrés, pensi di farcela per qualche minuto?-sussurrai al suo orecchio.
lei annuì e iniziò a parlare con Gandìa, meglio dire provocare.
mi misi dietro a quello che rimaneva del tavolo con la schiena appoggiata e accesi l'auricolare che, fortunatamente, avevo ancora addosso.
-Andrés.-sussurrai.
-Miami?!-urlò.
-stai bene?-continuò.
-si, sto bene.-risposi.
-ho paura.-ammisi.
-ei, devi stare tranquilla. adesso veniamo a salvarvi, dovete solo prendere tempo, dovete resistere, siamo o no la resistenza?-disse.
-ho paura di non vederti più, di non riuscire a far nascere questo bambino, ho paura di morire.-dissi.
non avevo paura di morire per il dolore, per la sofferenza, per la paura della morte ma bensì perché non volevo perdere Andrés, non volevo perdere i miei amici e non volevo, sopratutto, perdere il mio bambino.
-Grace, cazzo, ascoltami. tu non morirai, e nemmeno il nostro bambino. ti porterò fuori di qui, come promesso, e ti sposerò, come ho già detto in diverse occasioni, quindi adesso stai tranquilla, prendi tempo, resisti, non esporti troppo e non fare cose avventate e sopratutto ricordati che ti amo e che ti verrò a prendere.-mi tranquillizzò.
-ti amo anche io, Andrés.-dissi.
tornai al mio posto ma nemmeno due secondi e iniziarono gli spari da parte di Gandìa, Tokyo l'aveva fatto arrabbiare eh.
una granata entró dal buco.
non ci pensai due volte, non pensai alle conseguenze o altro e mi lanciai a prenderla e a rilanciarla al mittente, con successo.
subito dopo mi accasciai a terra comprendomi la testa con le mani e la pancia con le ginocchia.
boom.
una grande esplosione invase le due stanze.
eravamo tutti storditi ma riuscimmo a rialzarci e rimetterci alle postazioni.
-Miami, che cazzo è successo lì dentro, state bene?-chiese Andrés all'auricolare.
-si stiamo bene, hanno lanciato una granata ma sono riuscita a farla tornare indietro.-dissi.
-sei stata bravissima, l'importante è che state bene.-disse Andrés per poi chiudere.
sentii Denver e Manila parlare di qualcosa, si sentivano solo loro e mi sembrava strano.
non chiesi cosa fosse successo, non volevo impicciarmi, ma dal tronde eravamo nella stessa stanza e sentii che Manila disse a Denver di essere innamorata di lui, probabilmente era quello.
sentimmo un rumore dalla cella frigorifera, stavano facendo dei buchi per spararci probabilmente.
andammo, molto lentamente, verso la cella frigorifera e quando entrammo vedemmo i due buchi così, io e Tokyo mettemmo una pistola per uno nei buchi e sparammo, beccando così i due militari.
-Tokyo, Miami, correte!-urlò Denver.
iniziammo a correre ma io e Tokyo venimmo colpite da diversi spari su gambe e braccia mentre sul petto fortunatamente no, grazie al giubbotto.
Denver e Manila ci presero ci portano dietro al tavolo, dove erano loro.
Tokyo era sulle gambe di Manila e io su quelle di Denver (so che avrebbe dovuto essere il contrario visto che nel film è Tokyo quella sulle gambe di Denver, visto che era l'unica ferita e che Miami non esisteva, ma ho deciso di mettere Miami perché, dopo che diventa una ladra era molto amica con Denver.) mi accarezzava dolcemente la faccia sorridendomi e piangendo allo stesso modo.
-A-Andrés...-sussurrai.
Denver prese il mio auricolare.
lo accese e se lo mise.
-Berlino.-disse.
-Denver? dimmi.-rispose Andrés.
-Miami e Tokyo sono state sparate.-disse con voce spezzata.
-d-di...che stai parlando...-sussurrò Andrés, come se non ci credesse.
-stavano per entrare dalla cella frigorifera, Tokyo e Miami riuscirono a intercettarli e a sparargli ma i cecchini gli hanno sparato.-spiegò Denver.
-salvatele, Miami è incinta e se dovesse morire faccio saltare tutto cazzo.-urlò.
-quanto è grave?-continuò tornando in sé.
-non tantissimo, le hanno prese solo sulle gambe e sulla braccia-disse.
sostò qualche istante e osservò prima le mie ferite e poi quelle di Tokyo.
-Miami è quella messa peggio, ma non è gravissimo da morire, faranno un pò di difficoltà ma si muoveranno.-disse Denver, forse troppo positivo.
-cazzo. va bene, stiamo arrivando, avviso io il professore.-chiuse Andrés.
Denver portò sia me che Tokyo in un angolino abbastanza riparato, per quel momento.
strinse le nostre ferite con degli stracci, per fermare l'emorragia e l'unica cosa che usciva dalla sua bocca era:
noi resisteremo.
è vero siamo forti ma non quanto avremmo potuto resistere, almeno non io.
avevo bisogno di Andrés, il mio supporto morale, psicologico e fisico, il mio ragazzo, il mio futuro marito e futuro padre di mio figlio, eppure non era qui, ero sola.
Denver costruì un riparo, una barricata, con dei sacchi e un armadio di ferro con varie mensole.
io, Tokyo e Manila ci mettemmo dietro a essa puntando i fucili.
-Denver il portabevande dell'ufficio.-si sentì la voce di Stoccolma era...strana? sembrava ubriaca.
ma aveva ragione, parlava del monta carichi.
dopo poco Denver lo trovò.
tolse il portabevande, ma quando si girò non sembrava contento.
-che c'è?-chiesimo io e Tokyo all'unisono.
-sono per lo meno sei piani.-disse con voce spezzata.
iniziai a respirare affannosamente mentre delle lacrime, silenziose, rigavano le mi guance.
non potevo morire, non lì, non ora.
guardai Tokyo terrorizzata e notai che aveva il mio stesso sguardo.
-scendete.-disse Tokyo.
-e tu?-chiese Manila.
-io, anzi noi, rimaniamo qui, adesso scendete con il pepe al culo e riempite tutto con cuscini, cartone e cose morbide su cui io e Miami possiamo atterrare.-disse Tokyo.
-non possiamo aggrapparci alle corde, scendete e salvateci.-dissi.
-Manila scendi cazzo!-urlò Denver.
così fecero.
scesero.
-speriamo bene.-dissi.
-ei, staremo bene, ci salveremo.-mi rassicurò Tokyo.
caricammo i fucili e ci sistemammo, bene, dietro ai sacchi.
sentimmo il suolo tremare, un buco apparse dal pavimento e la mano di Rio, che chiamava tokyo, spuntò da lì.
iniziarono a piangere e a scambiarsi cose amorose, che invidiavo leggermente.
pensavo a come sarebbe stato se ci fosse stato Andrés lì e non Rio.
sarebbe stati bellissimo probabilmente.
vennero interrotti da Denver che mi parlava all'auricolare.
-è pronto, abbiamo messo un sacco di cose, vi farete un pò male ma...ce la farete, vi aspettiamo.-disse.
sorrisi.
-sono arrivati a salvarci, possiamo buttarci.-comunicai a Tokyo.
🕳️🕳️🕳️
ci avvicinammo al porta carichi strisciando e lo aprii.
-vai prima te.-mi disse.
-sei incinta.-continuò sorridendomi.
ero titubante.
quasi sei piani e dovevo buttarmi...non lo so.
respirai profondamente e pensai ad Andrés e il mio bambino, presi coraggio e mi lanciai.
mi sembrava di precipitare nel vuoto.
una sensazione strana ma bella, tutto spariva intorno a te.
atterrai sui cuscini e sugli scatoloni facendomi comunque male e, probabilmente, slogandomi una caviglia, ma non era di certo importante.
ad attendermi trovai Andrés che mi guardò con sguardo felice e triste allo stesso tempo.
mi prese in braccio, a mo di sposa, e appoggiò le sue labbra alle mie, molto delicatamente.
-ti amo.-disse.
-anche io, non ho mai smesso di farlo.-risposi.
[SPAZIO AUTRICE]
non è molto ma spero piaccia.
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