~CAPITOLO 31~
-scusate l'interruzione, ma c'è una tizia incinta con un peluche in mano. qualcuno ha chiamato un fottuto circo? -disse Palermo interrompendoci e tornando di sotto.
io e Nairobi eravamo in un ufficio a parlare del più del meno, di Andrés, del bambino, della nostra vita dopo la rapina, del figlio di Nairobi.
cercava in continuazione di non dire cose che avrebbero potuto ferirmi o fatto ricordare cose spiacevoli riguardo ad Andrés e nel frattempo mi consolava riguardo al bambino e, appunto, al padre.
parlare con Nairobi era piacevole, mi consigliava le cose più giuste, mi faceva da psicologa, mi consolava, mi proteggeva, era come...come una sorella più grande.
e io gli volevo tanto bene per questo.
-arriviamo.-dissimo in coro.
Nairobi si affacciò e vide la donna incinta, l'ispettrice Alicia Sierra, venire verso l'entrata con un pupazzo in mano, più precisamente un orsetto azzurro di medie dimensioni e un musino tenero che sorrideva, un pupazzo per bambini in somma no?
improvvisamente si mise a piangere.
-ei che succede?-chiesi.
mi avvicinai a lei e mi sporsi leggermente alla finestra per vedere che cosa fosse successo, lo vidi, ma non capii, almeno non subito.
-è suo vero?-chiesi guardandola.
-s-si...-balbettò lei.
-ei, tranquilla, adesso andiamo giù a vedere che è successo ma tu tu devi calmare ok?-dissi.
la abbracciai.
-o-ok...-rispose insicura.
prese un bel respiro.
scendemmo giù.
-dovete prendere quell'orsetto cazzo.-disse la ragazza.
-è quello che stiamo cercando di fare, signora so tutto io.-rispose Palermo con la sua solita arroganza.
-vado io.-disse la ragazza.
-no. adesso escogitiamo un piano o se qualcuno esce sono sicuro che l'ammazzeranno e poi entreranno ammazzando anche noi.-replicò lui.
Nairobi, per quanto contraria, li diede ragione anche se era dell'idea di uscire e continuava a insistere.
Palermo dal canto suo voleva proteggerla, ci teneva a lei e si vedeva, non vorrebbe che le accadesse qualcosa.
-dobbiamo seguire un protocollo lo capisci Nairobi? Denver il volontario.-disse Andrés.
-tu.-scelse Denver.
era palese che l'ostaggio l'avesse già scelto in principio, ma non dissi niente, non era il momento di creare altro caos.
-parli con me?-chiese Arturo facendo una faccia sconcertata.
-non tu, Arturito, Miguel.-disse ovvio.
il ragazzo si avvicinò.
-mettiti questo e prendi il pupazzo.-ordinò Denver.
Miguel era un pò spaventato e insicuro.
-è il tuo momento.-gli disse l'altro.
dopo di che gli sussurrò qualcosa che solo lui e il ragazzo paffutello sentirono.
-NO!-interruppe Arturo.
lo guardammo confusi.
-non andare ragazzo! non rischiare la tua vita per fare l'eroe, non ne vale la pena. non puoi morire così.-disse.
stava davvero iniziando a darmi sui nervi, se avesse detto un'altra parola, già per il nervosismo che ho addosso, le novità del bambino, le litigate con Andrés e complicazioni nella rapina non risponderei delle mie azioni.
-e se ci fosse dell'esplosivo?!-chiese retoricamente.
non riuscii a trattenermi.
-beh se ci fosse dell'esplosivo...ANDRESTI TU, ORA STA ZITTO.-sbraitai.
silenzio.
-ne abbiamo già parlato ricordi? io ho fiducia in te.-spezzo il silenzio denver porgendo il giubbotto a Miguel.
se la mise, tremolante come una foglia, Denver aprì il portone e il ragazzo uscii, insicuro.
mi appoggiai al muro.
mi guardai attorno.
dall'altra parte della stanza c'era Andrés che mi fissava con uno sguardo...insolito...non lo avevo mai visto quello sguardo, non conoscevo le emozioni e i sentimenti di Andrés perché lui non si faceva leggere da nessuno, non lasciava trapelare nulla.
ma quando lo faceva era perché voleva lui o perché la situazione era troppo "critica".
ad esempio, quando poco fa gli ho detto che non lo avrei perdonato e gli ho rinfacciato le cose che lui stesso aveva fatto/detto, nei suoi occhi ho potuto leggere che fosse stato ferito dalle mie parole, probabilmente perché era veramente triste, oppure perché lui ha deciso di farmi vedere le sue emozioni, non lo so per certo, ma so che vuole fingere di non avere sentimenti, di non avere un cuore ma è quello che vuole far credere, non so perché io lo stia giustificando, lui mi ha ferita profondamente, ma so che nel suo cuore c'è qualcosa di buono.
io dal canto mio sono un libro aperto, certo riesco a reprimere i sentimenti ma probabilmente nemmeno per molto, se sono triste se ne accorgono tutti, se sono felice se ne accorgono tutti e così via con tutte le emozioni, non sono in grado di gestirle ma se qualcosa mi ferisce profondamente mi chiudo in me stessa, smetto di parlare e mangiare, non mi fido più di nessuno ma con Andrés...si mi ha ferita eppure io lo amo ancora e non riesco a togliermelo dalla testa, anche se lui mi ha fatto del male non è come le altre volte, forse è vero mangio di meno e sono molto meno felice, ma io so che c'è una qualche speranza, lo so per certo.
dopo qualche minuto tornò il ragazzo paffutello, ci porse l'orsacchiotto e tornò dagli altri ostaggi che si complimentarono con lui soprattutto una donna, Amanda, Miguel sembrava attratto da lei.
-lo porto ai raggi x.-disse Helsinki.
si era messo due guanti lunghi e spessi e una specie di microscopio minuscolo.
dai raggi x vedemmo che l'orsacchiotto non conteneva degli esplosivi, delle armi o qualcosa di pericoloso ma bensì....un telefono?
dopo vari controlli Nairobi lo prese, insieme all'orsacchiotto e tornò di sopra seguita dagli occhi sconcertati dei nostri compagni, a quanto pare solo io lo sapevo.
-vado da lei.-disse Andrés.
-no, resta qui, vado io che è meglio, non sei adatto per confortare le persone, sopratutto se si tratta di bambini, come in questi caso.-dissi salendo le scale.
-figlia di puttana.
-non ti credo.
-non è possibile.
-stai mentendo.
non sentivo la voce dall'altra parte ma presumo che stessero parlando del figlio di Nairobi, la chiamata si spense.
Nairobi si affacciò.
mi avvicinai di poco e vidi un bambino che teneva per mano l'ispettrice e che camminavano in mezzo per essere visti da Nairobi.
alzai lo sguardo, un cecchino mirava a Nairobi che teneva l'orsacchiotto stretto mentre piangeva disperatamente e silenziosamente insieme.
capii quello che volevano fare.
-NAIROBI SPOSTATI DI LÌ!-urlai, ma era troppo tardi.
un colpo spaccò la finestra, trafisse l'orsacchiotto ed arrivo a Nairobi, facendola cadere, la presi.
-AIUTO! AIUTATECI! VENITE QUI!-urlai come una pazza.
poco dopo entrarono Tokyo, Palermo, Helsinki, Stoccolma e Andrés che la misero in una barella e la portarono nella nostra "infermeria".
(non mi ricordo chi entrava nella stanza quindi ho messo a caso)
rimasi lì...in ginocchio mentre delle lacrime scesero dal mio volto.
Nairobi...
la mia migliore amica che era come una sorella stava per morire...e io? non riuscivo nemmeno ad alzarmi.
ti voglio bene amica mia.
ce la farai.
[SPAZIO AUTRICE]
eii come va?
spero vi piaccia la storia e nulla.
<3
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