~CAPITOLO 20~
-voglio che mettiate i giubbotti anti-proiettili e le maschere in due minuti.-alzai la voce scendendo le scale.
-e vi daremo anche delle armi.-dissi e vidi qualche volto illuminarsi.
-finte, non illudetevi.-mi spiegai.
-mettete i giubbotti, adesso.-disse Stoccolma.
-non te lo mettere. non lo mettete, vogliono usarci come scudi umani ne sono certo.-disse un ragazzo paffutello e con gli occhiali.
Denver rise con quella sua risata così strana ma così preziosa che mi contagió e risi insieme a lui per qualche istante.
-adesso l'abbiamo trovato, il furbo della classe, quello che prende la lode.-disse Denver.
-n-non è c-così.-balbettò il ragazzo incerto.
-come ti chiami?-gli chiese Denver avvicinandosi.
-Miguel.-disse il ragazzo indietreggiando.
-Miguel, bene io sono il Signor Denver. ti piace il cinema?-chiese.
-no, io guardo le serie signore..-rispose alla sua domanda.
-allora dovrai impegnarti. metti questi due giubbotti.-disse dandogli in mano.
-io farò sette passi e poi ti sparerò, ma se tu indovini il film prima che io finisca allora non lo farò.-disse Denver tirando fuori la pistola e facendo indietreggiare gli ostaggi.
-sono un robot. 1...2...3...niente? allora ti dò un altro indizio, vengo dal futuro e sono nudo Miguel. 4...5...-disse Denver mentre Amanda, la segretaria del governatore suggerì un film a Miguel.
-(disse il nome del film che non so come si scrive.)-disse Miguel.
-(ripete il nome.) mi stai dando del *******. Terminator, sono Terminator. Hasta la vista Baby.-disse sparando un colpo e facendo cadere Miguel all'indietro.
Stoccolma lo guardò quasi con disprezzo, come se non riconoscesse la persona che avesse davanti, come se non fosse suo marito e il "padre" di suo figlio.
Amanda corse da Miguel per chiedergli come stesse.
dopo un pò scendemmo giù con il delfino.
-so cosa volete fare, non funzionerà, appena aprirete la camera si riempirà d'acqua.-disse il governatore.
-sentito Miami, si inonderà di acqua.-disse ghignando Palermo.
-esatto, tonnellate e tonnellate d'acqua.-insistette.
-oddio Palermo tonnellate? dovremmo ritirarci.-stetti al suo gioco.
-Miami sperato tu abbia preso lezioni di stretching. governatore grazie dell'aiuto.-rise Berlino.
arrivammo e Bogotà diede la tuta al governatore che, anche se controvoglia, la mise.
-deve entrare qua dentro e aprire la camera con i segreti.-spiegò Denver.
-io non entrerò.-disse l'uomo, quasi, anziano di fronte.
-lei entrerà.-disse il ragazzo iniziando a innervosirsi.
-io non entrerò.-ribadì il concetto.
-forse non ci siamo capiti. lei entrerà.-dissi cercando di essere il più chiara possibile.
-io non entrerò.-ripetè come se fossero le sue uniche parole.
-mi ascolti. ora lei entra in quel cazzo di buco e aprirà la camera.-lo prese per la maglietta.
lui oppose resistenza e Denver gli tirò un pugno(se non ricordo male) che lo fece cadere all'indietro e prestare la testa.
Nairobi gli fece un'ignezione per i battiti troppo alti.
Bogotà entrò e fece esplodere il muro tirando fuori due valigette.
salimmo al piano di sopra e spiegammo a Gandìa quello che avrebbe dovuto fare e lui, come ci sarebbe stato da aspettarsi, si oppose.
-lo faccio io.-presi le stramaledette valigette.
-no Miami! stai ferma!-urlò Berlino ma io uscii.
misi ben in vista i segreti e il fazzoletto bianco e tutto cessò per un attimo, si ritirarono e io entrai dentro mentre i miei compagni mi abbracciarono.
-tu sei pazza.-disse Nairobi abbracciandomi.
-sei stata una stupida.-disse Palermo degnandomi di uno sguardo.
-in fondo mi vuoi bene.-gli sorrisi e lui ne accenno uno.
-ho pensato di averti persa.-mi abbracciò Berlino, sembra strano.
-sei ubriaco?-chiesi alzando un sopracciglio.
-sei simpatica ma no. ci tengo a te Grace.-sussurro quelle ultime parole così che potessi sentirle solo io.
-sei stata coraggiosa ma ha ragione Palermo, non avresti dovuto.-disse lasciando un bacio sul mio collo, ma nessuno se ne accorse tranne i brividi che mi pervasero.
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-vedi qualcosa?-chiesi comprendogli l'occhio sinistro.
-si, un pò sfocato ma ci vedo.-disse Palermo.
-ok ora l'altro.-coprì l'altro.
-non vedo niente.-disse con voce triste.
-tranquillo ti rimetterai.-gli sorrisi.
-Berlino.-la voce del professore ci interruppe.
-eccomi.-disse Berlino.
-passami Tokyo ho delle buone notizie.-disse.
-professore sono Tokyo.-prese a parlare la ragazza.
-Rio è un Spagna è atterrato qualche ora fà, riusciremo ad averlo se giochiamo le giuste carte.-disse il professore e Tokyo sorrise felice.
finalmente una buona notizia.
-Miami ti devo parlare.-disse Berlino facendo segno di seguirlo.
così feci e andammo in un ufficio e lui chiuse la porta a chiave.
-non puoi farlo.-disse dal nulla senza guardarmi.
-cosa?-chiesi non capendo.
-metterti con Jake.-disse girandosi.
-e perché?-chiesi.
-perché sono geloso.-disse avvicinandosi.
-io faccio quello che voglio.-dissi indietreggiando e dove mi trovai? esatto con le spalle al muro.
-lo so ma...no. tu sei mia.-sussurrò
-non sono un oggetto.-sbuffai.
-esatto. lo so che non sei un oggetto anzi...sei così preziosa, per questo non voglio condividerti.-disse lasciando un bacio sulla mia fronte.
-ma io non sono tua Berlino, tu mi hai perso tempo fà, anzi...non mi hai mai avuta.-dissi incerta, Berlino mi ha sempre avuta e sempre mi avrà ma non posso dirglielo.
-immaginare le mani di Jake sulla tua pelle, le sue labbra sulle tue così morbide, la sua lingua con la tua, io suo membro in te. non posso accettarlo. no.-disse con la faccia arrabbiata.
-invece devi. non sono tua. -dissi.
-quindi se faccio così non ti fa nessun effetto?-disse.
mi baciò il collo e sfiorò la mia intimità con le dita e io geometri involontariamente mentre sul suo volto apparve un ghigno.
-come immaginavo.-sorrise.
ero eccitata più che mai, avere le sue labbra a poca distanza, i suoi occhi nei miei, le sue mani che mi cercano è...bellissimo.
voglio di più.
[SPAZIO AUTRICE]
non odiatemi continua nel prossimo episodio.
esatto continuerà con questa parte.
quanti anni avete?
kiss.
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