CAPITOLO 33
ALISSA
Tre ore.
Centottanta minuti che sono seduta su questa panchina a Central park. Diecimila e ottocento secondi che guardo mamme giocare con i propri bambini, gente che fa jogging, che si allena, che porta a spasso i cani, anziani che passeggiano. Il cielo si è fatto completamente nero, come il mio umore. È coperto interamente da nuvole scure, mentre i tuoni risuonano nell'aria e il vento mi porta alle narici l'odore inconfondibile della pioggia. È in arrivo un temporale, giusta conclusione di questa perfetta giornata. Dovrei andare a casa, ma io non ne ho voglia. Non ho voglia di vedere le mie sorelle o mia madre e dover spiegare loro lo stato pietoso della mia faccia. Ho solo voglia di continuare a piangere su questa panchina e di crogiolarmi nel mio dolore fino a quando il mio corpo, il mio cuore e la mia mente non riusciranno a sentire più nulla. Continuo a domandarmi il perché. Perché Liam mi ha fatto una cosa del genere? Io ero lì, pronta a sostenerlo in uno dei momenti più bui della sua vita. Eppure lui ha preferito la sua ex, quella che mi aveva giurato di non amare più, quella a cui aveva rinunciato per stare con me. Solo due relazioni, ed entrambe le persone che dicevano di amarmi hanno finito per distruggermi. Una volta avrebbe potuto essere stata colpa del caso, ma due su due non può essere solo una stupida coincidenza. È colpa mia. Deve essere colpa mia. Non ero abbastanza per Mason, non lo ero per Matt, e non lo sono stata nemmeno per Liam.
Il mio telefono squilla per la milionesima volta e, dopo averlo ignorato per tutto il pomeriggio, controllo chi mi sta chiamando. È Abbie. Attacco, e controllo le chiamate perse: sono quasi tutte di Liam. Ci sono anche diversi messaggi che, per il momento, non ho intenzione di leggere.
Sospiro, e torno a guardare il parco che si estende di fronte a me. Comincia a fare freddo, il vento si alza sempre di più e io non ho nemmeno una giacca per coprirmi. Il parco è quasi completamente vuoto, tutte le persone sane di mente si sono rinchiuse in casa, vedendo come sta cambiando il tempo. Una goccia, due, tre, quattro... e presto la pioggia si fa più insistente. Mi alzo dalla panchina, le gambe molli. Cammino come un automa fino alla macchina e, quando mi chiudo dentro, sono completamente bagnata da capo a piedi.
«Alissa!» Grida mia madre, appena metto piede dentro casa. «Mi vuoi uccidere?» Mi abbraccia e mi stringe come se fossi appena tornata da una missione in Afghanistan.
«Ero solo a Central Park.» Mormoro sulla sua spalla. Chiudo gli occhi e mi godo il calore di mia madre e respiro il suo profumo dolce. Non volevo tornare a casa, ma ora mi rendo conto che era questa l'unica cosa di cui avevo bisogno. L'abbraccio confortante di mia mamma e l'aria di casa.
«Ti abbiamo chiamata duecento volte.» Mi accarezza i capelli, ancora umidi. «Sei tutta bagnata, tremi.» Mi strofina le braccia, cercando di riscaldarmi.
«Scusa, volevo fare una passeggiata.» Alzo gli occhi dietro le sue spalle. «Che ci fai qui?» Corrugo la fronte e mi allontano da mia madre. Liam è appena uscito dal soggiorno, le mani in tasca e l'aria affranta. Ora capisco perché mia madre e mia sorella mi hanno chiamato ininterrottamente ed erano preoccupate. Sanno che è successo qualcosa, anche se dubito che il codardo gli abbia detto tutta la verità.
«Ho bisogno di parlarti.» Ha la voce roca, i suoi occhi bellissimi sono rossi e gonfi, esattamente come i miei. Sento che la mia insicurezza mi sta portando sull'orlo di cedere, di stringerlo tra le mie braccia, di dirgli che lo perdono, e che la supereremo insieme. Ma non posso. Lo devo a me stessa e alla mia dignità.
Supero mia madre e Liam e mi precipito sulle scale per andare in camera. Lui mi segue e sento che le lacrime sono di nuovo in agguato, pronte a bagnarmi di nuovo la faccia. Liam entra in camera e chiude la porta dietro di sé.
«Che vuoi?» Gli domando, mentre prendo un laccetto per legarmi i capelli.
«Che mi perdoni e mi dai un'altra possibilità. Ti prego, Alissa, non lasciarmi anche tu.» Mi volto di spalle alle sue parole. Mi sento di abbandonarlo, dopo suo padre. Ma è lui che mi ha tradita, io non lo avrei mai lasciato. Mai. Era il mio sogno a occhi aperti, la mia seconda possibilità, la mia favola, il mio principe azzurro e io la sua principessa. Ma le favole non esistono, no? Anche se io continuo a crederci, le favole non esistono, i principi non esistono, e io di certo non sono una principessa. Non lo sono mai stata. Sono stata la cicciona, il maschiaccio, il cesso, ma mai una principessa.
«Hai rovinato tutto.» Sussurro, mentre sento le sue braccia circondarmi la vita da dietro. Come aveva fatto la sera al pub di Evan, quando mi ha baciato la prima volta. Mi lascio andare contro il suo petto, ho bisogno di sentirlo un'ultima volta, di respirare il suo odore. Nasconde il viso nel mio collo e ispira il profumo sulla mia pelle. «Perché?» Domando in un bisbiglio appena udibile.
«Perché sono un coglione, perché ero completamente perso, Alissa. E, quando ho capito cosa avevo fatto, mi sono sentito malissimo, non riuscivo a guardarti, a parlarti senza sentirmi una merda. Volevo dirtelo, ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo, io volevo dirtelo. Ma avevo paura di perderti, perché io ti amo, e non posso, non posso perdere anche te. Non lo sopporterei.» Mi bacia il collo. «Ti prego, perdonami, ricominciamo. Ho sbagliato, ma lascia che ti dimostri che ti amo veramente. Dammi una possibilità, ti prego.» Mi volto verso di lui, asciugo le sue lacrime e lo fisso dritto negli occhi.
«Non ci riesco, Liam. Lasciami sola, per favore.» Lo supplico. Chiude gli occhi e annuisce, prima di liberarmi dalla sua presa. Mi siedo sul letto, mentre lo osservo uscire dalla mia stanza.
Poi prendo il telefono e, tra i messaggi che avevo ignorato, ce n'è uno di Matt.
"Allora, come è andata la sorpresa?"
Lui è l'unico che conosce per filo e per segno tutto quello che è successo in questo mese tra me e Liam. Io gli davo dei consigli su come comportarsi con la ragazza di cui è innamorato, anche se non ne ha mai messo in pratica nemmeno uno e ha continuato a fare di testa sua, e lui in cambio ascoltava tutte le mie lamentele, tutte le mie preoccupazioni senza lamentarsi mai. E quanto vorrei averlo qui, adesso.
"Posso venire da te?"
Gli rispondo, senza nemmeno pensare. Non posso prendere e presentarmi a casa sua così. Considerato anche il fatto che non conosco nemmeno il suo indirizzo di casa. Ma ho bisogno di parlare, Abbie deve studiare per il suo esame di domani, Harper è fuori con Dylan, Ben è al lavoro.
"L'indirizzo di Matt?"
Scrivo a mia sorella Harper.
"Cosa? Non ti darò il suo indirizzo? Che devi farci?"
"Dimmelo e basta, per favore."
"No."
«Stronza!» Sbotto, prendendomela con colei che non c'entra assolutamente niente con il mio nervosismo. Emetto un grugnito, degno della mia femminilità, e lancio il telefono sul letto con rabbia. Il mio cellulare suona di nuovo e spero che mia sorella abbia cambiato idea. Ma no, è il suo ragazzo.
"Madison Avenue, 26, ultimo piano. Non dire a tua sorella che te l'ho detto."
Sorrido e do un bacio al telefono, immaginando di darlo a Dylan. Un casto bacio sulla guancia ovviamente. So che stamattina ho pensato di ucciderlo, ma in realtà lo adoro. È il miglior cognato che si possa desiderare.
"Grazie, ti devo un favore. Ti adoro!"
Prendo una giacca di pelle, la borsa e mi precipito di nuovo fuori casa, dopo aver avvertito mia madre e averla rassicurata duecento volte.
Madison Avenue, 26, Manhattan. Mi fermo di fronte ad un enorme grattacielo vetrato. Sembra un po' la Sutton da fuori. Rimango un po' sorpresa, sapevo che Matt fosse di buona famiglia, ma questo di certo non me lo aspettavo. Lui è sempre stato uno molto modesto e umile, non ha mai mostrato tanta ricchezza.
Entro nell'enorme hall, dove un addetto alla reception mi saluta e mi conferma che l'appartamento della famiglia Scott è all'ultimo piano. L'ascensore si apre su un pianerottolo che è grande tanto quanto il mio soggiorno. E solo quando sono di fronte alla porta di casa di Matt, mi rendo conto che lui non ha ancora risposto al mio messaggio e che non so nemmeno se effettivamente è a casa. E se ci dovesse essere suo padre? Non è stato proprio amore a prima vista tra noi due. Ma ormai sono qui, no?
Suono al campanello, al massimo suo padre mi farà sbattere fuori dal palazzo dalla sicurezza. La porta si apre e appare un Matt con addosso solo dei pantaloncini. I suoi capelli sono più scompigliati del solito, e il suo petto nudo è un'opera d'arte da guardare.
«Alissa?» Mi distoglie dai miei pensieri. Mi guarda con le sopracciglia alzate e la bocca aperta. «Che ci fai qui?» Dà un'occhiata alle sue spalle, come fosse preoccupato.
«Scusa, per essere piombata qui... io avevo solo bisogno di parlare. Ti disturbo?» Torna a guardarmi. Si lecca il labbro inferiore e poi prende a torturarselo con i denti. Il mio imbarazzo cresce, e la paura di averlo interrotto in qualcosa di particolare importanza mi assale.
«No, sono solo sorpreso di-di vederti qui.» Farfuglia, e capisco che in realtà lo sto disturbando. Certo, altrimenti mi avrebbe risposto al messaggio. Cretina, Alissa.
«Ho sbagliato a venire. Scusami.» Faccio per andarmene, ma Matt mi ferma per un braccio.
«Alissa, non mi stai disturbando. È solo che c'è... mio padre.» Esce nel pianerottolo e accosta la porta dietro di sé. «Hai pianto?» Socchiude gli occhi e studia il mio viso. Si sofferma sui miei occhi rossi, il trucco sbavato e i capelli disordinati e ancora mezzi bagnati. Ne afferra una ciocca e se la rigira tra le dita, poi torna a guardarmi negli occhi. «Che cazzo ha fatto?» Aggrotta la fronte, intuendo che si tratti di Liam. Non rispondo, mi butto tra le sue braccia e scoppio di nuovo a piangere. Rimane immobile per un lasso di tempo incredibilmente lungo in cui mi sembra di morire. E appena mi circonda con le sue grandi braccia, butto fuori tutta l'aria che avevo trattenuto. Mi accarezza i capelli, mentre le mie lacrime gli bagnano il petto. Inspiro il suo odore, così familiare da riuscire a calmare i miei singhiozzi. Sento il suo corpo irrigidirsi come un tronco contro il mio, i suoi muscoli sulla schiena tendersi sotto le mie mani. Mi verrebbe di accarezzarli tutti, tracciarne i contorni con la lingua e baciarne uno ad uno.
Oddio... sono impazzita.
«Scusa.» Mormoro, le guance rosse e piena di imbarazzo per i miei pensieri inappropriati.
Matt mi allontana per guardarmi. «Smettila di chiedermi scusa, che è successo?» Mi prende il viso tra le sue mani calde e punta le sue iridi marroni nelle mie.
«Mi ha tradito con la sua ex.» Abbasso gli occhi.
«Lo ammazzo, cazzo.» Grugnisce letteralmente, lasciando andare il mio viso e passandosi una mano tra i capelli.
«Cos'ho che non va, Matt?» Domando, disperata. Voglio che mi guardi in faccia e che mi elenchi tutti i motivi per il quale io non vado bene. Mi guarda accigliato.
«Cos'hai?» Confuso, riprende il mio viso tra le sue mani.
«Cosa faccio per farmi lasciare da tutti? Perché non sono desiderabile per un uomo?» Domando, in lacrime.
«N-non sei desiderabile?» Deglutisce lentamente e schiude le labbra, inebetito. Lo sto mettendo in difficolta, certo. Cosa dovrebbe dirmi? Mi vuole bene, non ammetterebbe mai di fronte a me che in effetti non stuzzico la fantasia di un uomo.
«Dimmelo, Matt. Posso accettarlo, ma ti prego sii sincero. Io devo sapere il perché.» Lo supplico, non mi interessa cosa dirà. Ho solo bisogno di una spiegazione. Sono i miei vestiti che non sono abbastanza sexy, il mio corpo non abbastanza femminile, il mio viso non abbastanza bello? Cosa?
«Tu non hai proprio niente che non va. Come ti vengono in mente certe cose?»
«Non sono abbastanza, Matt.» Una nuova lacrima mi sfugge e scivola sulla mia guancia. Matt la segue con lo sguardo, e poi si avvicina e la bacia delicatamente per arrestare il suo corso. Mi godo le sue labbra sulla mia guancia, chiudendo gli occhi per un secondo. Sono confusa e sorpresa dal suo gesto.
Si lecca le labbra, bagnate dalla mia lacrima, e appoggia la fronte alla mia.
«Hai ragione. Tu non sei abbastanza. Tu sei tutto.» Trasalisco e le mie guance arrossiscono, a causa delle sue parole. Matt respira profondamente e chiude gli occhi. «Tu sei tutto, porca puttana.» Ripete in un mormorio appena udibile, mentre io continuo a domandarmi cosa significhi. Palpebre ancora serrate, Matt strofina la punta del naso con la mia e la sua bocca si avvicina pericolosamente alla mia. Non sono lucida, non capisco cosa stia per succedere, ma non mi importa.
«MATT?» Sussulto, e lui si raddrizza e apre gli occhi. Quella voce. La riconoscerei tra mille. Lo sguardo preoccupato di Matt si alterna tra me e la porta di casa sua, mentre io lo osservo confusa e disorientata. Che ci fa lei qui? Il mio cuore assume ritmo incontrollato, impaurito e anche arrabbiato. «Dove sei?» Ogni parola che arriva alle mie orecchie da quella voce è un colpo dritto allo stomaco.
Faccio un passo indietro e mi asciugo le lacrime. Brianna spalanca la porta e mi appare in tutto il suo splendore. Capelli bagnati che le cadono sulle spalle, asciugamano striminzito a coprire parzialmente il suo corpo nudo. E io che, ingenuamente, pensavo che la giornata non potesse andare peggio. E ora, posso ufficialmente proclamarla come la peggiore della mia intera esistenza. Poteva essere chiunque, Matt avrebbe potuto avere chiunque, e allora perché proprio lei?
Fisso la mia nemesi a bocca semi aperta e gli occhi sgranati. Sono sconvolta, ancora di più nel ritrovarmela mezza nuda. Li ho davvero interrotti nel mezzo del... Oddio non ci voglio nemmeno pensare.
«E tu che ci fai qui?» Brianna alza una parte del suo labbro superiore nella sua solita espressione disgustata. Mi inumidisco le labbra secche e mi scanso i capelli da davanti la faccia.
«Io... ero... io... niente, volevo solo... scusate, io...» Balbetto, senza riuscire però a mettere insieme una frase di senso compiuto.
«Cosa? Non sai più parlare? Sei penosa. Hai un aspetto orrendo. Sembra che un TIR ti abbia appena investito.» Abbasso gli occhi a terra e serro la mascella, cercando di controllare la mia collera.
«Basta! Chiudi quella cazzo di bocca, Bri.» La ammonisce, Matt, ma non voglio essere difesa da lui. Non adesso. Non dopo quello che ho appena scoperto. E soprattutto, non dopo che mi sto rendendo conto che la cosa mi ferisce tanto.
«Sai che c'è? Io sarò anche penosa o orrenda, ma almeno non sono una puttana come te!» Spalanca la sua bocca da gallina, ma non emette un suono. È la prima volta che reagisco alle cattiverie di Brianna, e probabilmente non se lo aspettava. Ma mi ha beccata proprio nel giorno sbagliato. Sì, anche io posso essere cattiva, se lo desidero. E ora come ora, l'unica cosa che mi potrebbe far sentire meglio è saltarle alla gola e stapparle le sue odiose ciglia finte. «Mi dispiace avervi disturbato.» La mia voce è piena di disprezzo. Guardo Brianna e poi Matt, e poi corro giù per le scale, non pensando che sono cinquanta fottuti piani. Scendo tre o forse quattro rampe di scale e poi mi fermo e chiamo l'ascensore. Esco dall'edificio e prendo una profonda boccata d'aria, mentre mi appoggio con la schiena alla parete del palazzo.
Inspiro ed espiro. Inspiro ed espiro. Inspiro ed espiro.
Voglio solo cancellare questa giornata dalla mia memoria, e fare finta che non sia mai esistita. Sono triste, arrabbiata, delusa, amareggiata e... sola. Come ho potuto pensare che Matt fosse la persona giusta per sfogarmi, per parlare. Lui è Matt. È un essere disgustoso che tratta le donne come oggetti e le usa solo per portarsele al letto. Non è di certo migliore di Liam, tanto meno di Mason.
«Lo so a cosa stai pensando.» Sussulto e, quando alzo gli occhi dall'asfalto, incrocio quelli di Matt che è davanti a me. Si è infilato una maglietta e un paio di scarpe.
«No, non puoi nemmeno immaginare a cosa sto pensando.» Ribatto, bruscamente.
«Allora dimmelo!»
Mi stacco dal muro e gli punto l'indice contro il petto.
«Schifo. Sto pensando a quando mi facciate schifo Liam, tu e quella... non voglio nemmeno definirla. Ecco a cosa sto pensando, Matt.»
Si lecca le labbra e annuisce. «Perché ti interessa tanto quello che faccio, Alissa? Eri fidanzata fino a poche ore fa, no?» La sua insinuazione mi fa alterare ancora di più, così come la sua apparente calma.
«Non mi interessa, infatti. È solo che... Dio, andare al letto con Brianna è squallido anche per te, Matt!» Urlo, imbestialita.
«È brava, però. E non dovrebbe essere affar tuo chi mi sbatto.»
Sul mio volto appare una smorfia di disgusto, non riesco nemmeno a immaginarli insieme. Eppure, sono entrambi bellissimi. La perfetta coppia, in realtà. Non fosse che lei debba sposarsi tra qualche mese.
«Quindi, è lei. È per lei che ti struggi ogni giorno. È perché si sta per sposare, che la tua storia d'amore è così complicata?»
«Cosa? No. No, cazzo, no!» Esclama, con gli occhi fuori dalle orbite, come se avessi detto la più grande assurdità del pianeta.
«E allora, perché?» Urlo, allargando le braccia. Non so nemmeno io perché sono così arrabbiata. Dopotutto, Matt può fare quello che vuole, non ha nessun vincolo. Al massimo, è Brianna che si dovrebbe preoccupare di portare rispetto al suo fidanzato. Ma sono comunque accecata dalla rabbia, una strana sensazione si fa strada alla bocca dello stomaco e ho solo voglia di vomitare tutto questo schifo. È come se avessi scoperto un secondo tradimento nella stessa giornata, ma Matt non è mai stato mio.
«Perché?» Aggrotta la fronte e fa un passo verso di me, facendomi indietreggiare istintivamente. Fa un altro passo e io indietreggio ancora, ritrovandomi addossata con la schiena al muro. «Perché, Alissa, la ragazza che io voglio davvero è un'ottusa del cazzo che non lo capisce. E questo è il mio fottuto modo per non pensarci. Mi faccio Brianna per non pensare alla mia lei mentre si scopa quel pezzo di merda del suo ragazzo.» Appoggia le mani al muro, ai lati della mia testa, mentre io sono ipnotizzata dai suoi occhi marroni, pieni di sfumature dorate e di rabbia. «Perché quella stronza che io voglio davvero mi ha baciato da ubriaca e ha rovinato la mia fottuta vita. E indovina un po'? Lei se l'è dimenticato, cazzo, mentre io non riesco a pensare a nient'altro. E ne ho le palle piene di fare il bravo ragazzo solo nella speranza che si accorga che sono io quello giusto per lei, e nessun altro. Quindi, sì, Alissa, mi scopo Brianna che a breve si sposerà, perché sono un egoista e non me ne frega un cazzo del suo povero marito che l'aspetta a casa. E adesso...» Solleva gli angoli della sua bocca carnosa in un sorriso malefico. «vuoi ancora sapere chi è colei che tortura la mia mente giorno e notte?» Sibila, furioso, autoritario e sensuale. La sua voce bassa e roca mi provoca una fitta dritta tra le gambe. E non capisco nemmeno perché il mio corpo reagisca così. Dovrei mandarlo al diavolo, non volerlo baciare. Devo allontanarmi da lui, prima di commettere l'errore più grande della mia vita e rendermi ancora più ridicola.
«No. Non voglio sapere niente, mi disgustate tutti quanti!» Lo spingo sul petto per allontanarlo e mi dirigo verso la mia macchina di corsa. Voglio solo mettermi al letto, chiudere gli occhi e aspettare che questa giornata finisca il prima possibile.
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