CAPITOLO 27

ALISSA

Quando entriamo nella stanza cinque, Raylee accoglie i fratelli con un gran sorriso. Allunga la mano verso Matt, che gliela prende e la bacia, prima di chinarsi verso di lei per baciarla sulla fronte. Aiden le accarezza i capelli e fa lo stesso sulla guancia, mentre io rimango un po' in disparte in un angolo vicino l'entrata della stanza. La scena che mi ritrovo ad osservare è talmente tenera che quasi mi vengono le lacrime agli occhi. Maledetta me e la mia estrema sensibilità.

«Tu sei Alissa?» Mi domanda Raylee, alzando leggermente la testa dal cuscino per vedermi meglio. Rimango per un momento interdetta, chiedendomi come diavolo faccia a conoscermi. Potremmo esserci potute vedere da qualche parte, ma ne dubito fortemente. Mi sarei ricordata di lei, non è di certo una ragazza che passa inosservata, tanto è bella.

«Sì, è un piacere conoscerti, Raylee.»

Ha dei lunghi capelli castani, con qualche sfumatura bionda, e gli occhi sono gli stessi dei suoi fratelli: grandi e color nocciola. Anche dopo quello che le è successo, è bellissima e capisco perché di mestiere faccia la modella.

«Anche per me. Matt mi ha parlato così tanto di te.» Alzo le sopracciglia, sorpresa.

«Raylee.» La riprende Matt, che ha le mani in tasca e continua a evitare il mio sguardo. Sbuffa e si passa la mano tra i capelli.

«Cioè... Matt e tua sorella, ovviamente.» Si corregge subito lei.

«Beh, spero solo cose positive. Anche se lo so che Matt parla sempre male di me, quando non ci sono.» Scherzo, per alleggerire un po' l'atmosfera e cercare di far togliere quel muso a dir poco strano dalla faccia di Matt. Infatti, lui mi sorride, e io mi rilasso un po'.

«Certo, non fai altro che rompere, lamentarti e piagnucolare. Non potrei parlare bene di te, nemmeno se lo volessi, Zuccherino.» Ribatte con nonchalance.

«Cosa? Non è assolutamente vero! So essere anche simpatica, in rare occasioni.» Scoppiamo a ridere, ma veniamo interrotti da due persone che entrano nella stanza.

«Mi fa piacere vedere che la situazione vi diverta.» Dice in tono asciutto e severo, l'uomo sulla cinquantina che è appena entrato. Indossa un paio di pantaloni neri eleganti e un maglioncino grigio, ha i capelli neri brizzolati e gli occhi scuri. Dietro di lui, una donna, bella, alta con un vestito attillato nero e bianco, occhiali da sole poggiati sulla testa, un bracciale di diamanti che potrebbe valere più dell'intero ospedale, e delle decolleté nere lucide con quindici centimetri di tacco. Ha dei capelli perfettamente ondulati e mori, lunghi fin sotto le spalle, e la sua pelle è abbronzata. È semplicemente perfetta. Sprigiona eleganza e femminilità da ogni centimetro della sua pelle, e mi sento un piccolo insetto insignificante di fronte a lei. Guardo la mia divisa, mi tolgo lo stetoscopio dal collo e lo ripongo nella tasca, come se questo potesse migliorare il mio aspetto e rendermi al livello della bomba sexy di fronte a me.

Vedo entrambi i fratelli irrigidirsi, Matt stringe i pugni e il sorriso abbandona completamente le sue labbra. Raylee sembra triste, lo sguardo rivolto verso il basso. E io comincio ad intuire che questo sia il loro padre. Emana una certa aura di paura, tanto che solo a guardare la reazione dei tre fratelli, mi è venuta la pelle d'oca. L'aria nella stanza improvvisamente è diventata irrespirabile, opprimente, e vorrei non essere mai venuta qui.

L'uomo si ferma ai piedi del letto e osserva i figli, che continuano a rimanere in silenzio. La donna si avvicina a Raylee, ma prima posa una mano sul bicipite di Matt e gli sorride, sfoggiando una dentatura perfetta. Avrà un solo difetto, questa donna? Matt rimane impassibile, e lei si volta verso sua sorella.

«Come stai, tesoro?» Le domanda con un forte accento spagnolo, accarezzandole i capelli.

«Meglio ora, grazie Ethel.» Risponde con un filo di voce Raylee. Matt si avvicina a me lentamente e si china a sussurrarmi:

«È meglio che vai, adesso, ti accompagno.» Appena incrocio i suoi occhi, capisco che è preoccupato e non vuole che assista a qualsiasi cosa stia per succedere. Annuisco e mi preparo a seguirlo, senza fare obiezioni.

«Oh! Scusami, che maleducata! Io sono Ethel, la compagna di Robert.» Indica l'uomo dietro di lei, prima di abbracciarmi calorosamente. Rimango interdetta, un po' per l'abbraccio e anche un po' perché questa ragazza avrà al massimo una trentina di anni e non mi aspettavo fosse la compagna del loro padre. Pensavo fosse una cugina, una qualche parente. Mi ritorna in mente, quando ieri sera Aiden l'ha gentilmente definita "la puttana del padre", e un po' mi intenerisco perché non sembra così male. Sembra una ragazza gentile e, anche se non conosco affatto la loro situazione famigliare, se il padre è uno stronzo, non significa che lo sia anche lei, no?

«Salve. Io sono Alissa.» Mi presento e tendo la mano anche a Robert. Mi squadra dall'altro al basso, facendomi sentire minuscola e terribilmente a disagio. Sento Matt sospirare e borbottare qualcosa di poco carino alle mie spalle e la sua agitazione mi mette ancora più pressione.

Alla fine, dopo un lasso di tempo insopportabilmente lungo, Robert mi stringe la mano.

«Mi dica infermiera, perché invece di fare il suo lavoro, è qui a scherzare e a ridere con i miei figli? Perché non va a chiamarmi il medico?» Mi ordina, facendomi sentire fuori posto. Abbasso gli occhi al pavimento e comincio a insultarmi in tutti i modi possibili per aver accettato di venire qui. Era ovvio che sarebbe stato un momento privato, dove ci sarebbe dovuta essere solo la famiglia e che la mia presenza avrebbe in qualche modo dato fastidio.

«Robert, ti prego...» Gli bisbiglia la sua compagna, palesemente imbarazzata. Raccolgo tutto il coraggio di cui sono in possesso e mi costringo a guardarlo di nuovo in faccia. Apro la bocca per dire qualcosa, ma non ne esce nulla. Sono imbambolata, come al solito. Forse dovrei difendermi, dirgli che non ha nessun diritto di trattarmi come se fossi ai suoi ordini. Ma lo sguardo che mi rivolge non mi consente di proferire parola. Sono paralizzata dalla sorpresa e dall'atteggiamento scontroso di quest'uomo.

«Ti ha detto che si chiama Alissa. Non lavora in questo reparto, ed è un'amica. Se hai bisogno del medico, vattelo a cercare da solo. Lei non è la tua schiava.» Ringhia Matt, mettendosi davanti a me come a proteggermi.

«Bene. Allora se non è nessuno di importante, che ci lasci soli.» Ribatte il padre, continuando a mantenere il suo atteggiamento severo e arrogante. Vedo le spalle di Matt alzarsi e abbassarsi lentamente al ritmo del suo respiro profondo. Harper mi aveva accennato il fatto che lui e suo padre non avevano proprio le stesse opinioni, ma di certo non mi aspettavo questo astio tra i due.

«Chiedile scusa.» Matt parla a bassa voce, ma fa quasi paura. Non lo avevo mai visto così. Istintivamente gli prendo il braccio per farmi guardare, ma i suoi occhi continuano a lanciare fulmini verso suo padre, che non si fa problemi a sostenere lo sguardo pieno d'odio del figlio.

«Hai trovato un altro giocattolino da buttare quando ti sarai stufato?» Sputa queste parole con disprezzo, lasciandomi a bocca aperta. «Non ti sei ancora stancato di perdere tempo dietro a queste stronzate? Quando deciderai di mettere la testa a posto e trovartene una decente?» Come si permette di parlare così di me, dopo avermi conosciuta solo trenta secondi fa? È spregevole. Non riesco a credere di star assistendo a una scena del genere. Sono indignata, arrabbiata e, se potessi, prenderei a sberle questo figlio di puttana fino a farlo sanguinare.

Rivolgo una leggera occhiata a Ethel, la sua compagna, che sembra dispiaciuta e a disagio. Ma come può amare una persona tanto cinica e maleducata, quando lei sembra così gentile e premurosa?

Sento che Matt è pronto a scattare. Lo percepisco dai suoi muscoli che si irrigidiscono sotto le mie mani, dal respiro che accelera insieme al battito cardiaco, dalla sua espressione truce che non promette nulla di buono. Stringo la mia mano attorno al suo polso ancora di più. Sia perché spero che non faccia nulla di stupido, come saltare addosso a suo padre, sia perché toccarla e sentirlo vicino a me mi tranquillizza e mi fa sentire meno solo ed esposta.

«Okay, le scenate rimandiamole per quando saremo a casa. Che ne dite?» Si intromette Aiden, in tono autoritario, ponendosi tra i due che continuano a sfidarsi a suon di occhiatacce.

«Matt... non fa niente.» Sentendomi parlare, finalmente si volta verso di me. «Ha ragione, dovrete parlare. E poi devo tornare al lavoro, comunque.» Mi guarda per un momento, senza vedermi realmente. I suoi occhi sono ancora pieni di rabbia e sembrano altrove. Gli accarezzo una guancia, sopraffatta dall'istinto e dalla voglia di proteggerlo proprio come lui ha fatto con me. E, di nuovo, riconosco gli occhi di Matt, quelli buoni e bellissimi. Mi prende una mano, e faccio giusto in tempo a salutare tutti e a ricevere un'altra occhiataccia da Robert, prima che Matt mi trascini fuori dalla stanza.

«Mi dispiace, Alissa, non credevo sarebbe arrivato così presto.» Dice, fermandosi di fronte a me, dopo qualche metro. «Lo odio. Odio il suo modo di parlare, di essere, e odio il modo in cui ti ha trattata. E anche il fatto di non essere riuscito a difenderti.»

«Non fa niente, Matt. Tu non sei lui, non devi scusarti al suo posto. E magari era solo nervoso per tua sorella, lo capisco.» Cerco di trovare una giustificazione al comportamento di quell'uomo, per non far sentire troppo in colpa Matt.

«Come fai a essere sempre così buona con tutti?» Mi sorride teneramente e mi sistema qualche capello ribelle che esce dalla mia coda dietro l'orecchio. Scrollo le spalle, e distolgo lo sguardo dal suo. «Riesci a giustificare anche un pezzo di merda come mio padre. Sei incredibile.»

«Non lo giustifico. È solo che non lo conosco.» Mormoro. Ci guardiamo per qualche secondo, in silenzio. E non ho bisogno che Matt parli per farmi capire che sta ancora rimuginando su quello che è successo. Riesco quasi a vedere i suoi neuroni correre da una parte all'altra del suo cervello, alla ricerca della cosa giusta da dire.

«Alissa, tu lo sai che non sei un giocattolino per me, vero?» Mi domanda, mettendosi le mani in tasca e guardandomi negli occhi.

«Certo, Matt! Certo che lo so.» Rispondo, senza pensarci due volte. Anche se in realtà non so cosa sono effettivamente per Matt. E ammetto che l'idea di essere uno stupido passatempo per lui mi ha sfiorato, ma non sono mai riuscita a darmi delle risposte concrete al riguardo. E non credo che questo sia il momento migliore per ottenerle. «So che sotto la facciata da sbruffone, si nasconde un bravo ragazzo con un cuore d'oro.» Lo canzono e gli disegno un cuore con l'indice sul lato sinistro del petto. Lui si fissa sui movimenti del mio dito e, per un momento, mi sembra di sentire il suo cuore battere più veloce di quanto dovrebbe. Quando allontano la mano, lui la riprende e se la rimette sul cuore. La sua pelle brucia a contatto con la mia, come se la stesse marchiando con il fuoco.

«Lo senti?» Mi domanda, sicuro, quasi arrabbiato. Batte all'impazzata, quasi quanto il mio in questo momento. Annuisco, cercando di mantenere quella poca lucidità che mi è rimasta. Fa un passo verso di me, fino a ritrovarci praticamente attaccati. «È a causa tua.»

Sussulto e schiudo le labbra per la sorpresa, mentre lui alterna il suo sguardo tra i miei occhi e la mia bocca. Vuole baciarmi? Cosa? Non può! Proprio ora che sono fidanzata, quando per sette mesi non ho fatto altro che pendere dalle sue labbra. Non può dirmi una cosa del genere. Ma poi, cosa vorrebbe dire esattamente?

Sono così arrabbiata con lui, in questo momento. Ma allora perché non riesco a muovermi, per porre maggiore distanza tra noi?

Si china lentamente verso il mio volto, una mano continua a tenere la mia sul suo petto, l'altra si posa sul mio collo. Ho la bocca secca, il cuore che sta per scoppiare, il respiro fuori controllo e le mani che mi tremano incontrollabilmente. Sta davvero per baciarmi? E io sto davvero per lasciarglielo fare?

Il diavolo che possiede una metà di me continua a ripetermi che dovrei lasciarmi andare, che è quello che voglio. Che l'ho sempre voluto, da sette mesi a questa parte. Che voglio scoprire il sapore di quelle labbra che tormentano i miei sogni e i miei pensieri.

Ma l'altra metà di me, quella dove regna la luce, mi dissuade da tutti i miei pensieri impuri e sbagliati e mi impedisce di commettere un grande, super mega galattico, madornale errore.

«Che s-stai facendo?» Riesco a dire con un filo di voce. Sento il suo respiro caldo sulle mie labbra, tanto è vicino.

«Secondo te?» Sussurra, continuando ad avvicinarsi sempre di più. Secondo me stai per baciarmi, ma noi non possiamo. Io non posso. Sono fidanzata, non dovrei nemmeno pensarci su. Anzi, dovrei già essere scappata a metri e metri di distanza da lui. Eppure, eccomi qui, a fissare le sue labbra rosee e meravigliose come se fossero il dolce più delizioso e invitante all'interno di una pasticceria. Diavolo.

«Aspetta!» Lo fermo, mettendogli una mano sulla bocca, coprendo la mia tentazione. «Tutto questo è sbagliato. Che stiamo facendo?» Mi leva la mano dalla sua bocca e si raddrizza.

«Sbagliato?»

«Sì, io ho un ragazzo.» Si irrigidisce alle mie parole e la sua faccia diventa di ghiaccio. «E tu vuoi solo smettere di pensare alla ragazza per cui provi qualcosa. Ma non funzionerà e io non posso e non voglio rovinare tutto con Liam. Non lo farei mai.» Levo la mano dal suo petto come se tutto ad un tratto fosse diventato rovente, e faccio un passo indietro.

«La... la ragazza? Di che diavolo stai parlando?» Chiede, confuso. Annuisco velocemente, mentre mi stringo la coda di cavallo.

«Mi dispiace, per tutto. Ma non puoi usare le persone così. Ho un ragazzo a cui tengo e tu non puoi decidere di baciarmi all'improvviso solo per riempire il vuoto che hai nel cuore.» Alzo un po' la voce, sono arrabbiata, ma anche triste per lui. Mi fa male trattarlo così, nonostante tutto. E sono arrabbiata con me stessa, da morire. Perché io lo volevo. Per un momento ho pensato davvero che lo avrei fatto. Che avrei ceduto alla tentazione, che avrei infranto le regole.

«È questo che pensi di me?» Aggrotta la fronte, mentre io mi mordo l'interno del labbro rimanendo in silenzio. «Ma hai ragione. Sono uno stronzo, dopotutto, no? Uso le persone, è questo che faccio. Sono un egoista che pensa solo a sé stesso e a cui non importa niente dei sentimenti degli altri. Brava, Alissa, hai capito tutto.» Quasi grida, tanto è arrabbiato. E lo vedo che anche lui è deluso da me e dalle mie parole. Come sono arrivata a deludere due persone a cui tengo nell'arco di ventiquattro ore? «Devo andare.» Conclude, lasciandomi da sola in corridoio e con gli occhi pieni di lacrime e la testa sommersa dai dubbi.

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