𝕻𝖗𝖔𝖑𝖔𝖌𝖔

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⎯⎯ ୨𝓦𝓮𝓵𝓬𝓸𝓶𝓮 𝓽𝓸 𝓽𝓱𝓮 𝓶𝓲𝓷𝓭 𝓯𝓾𝓬𝓴୧ ⎯⎯

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Passi rapidi si potevano udire per il corridoio: uno dopo l'altro, quasi come se fosse una fuga.
Effettivamente, lo era.

La ragazza dagli occhi spalancati si teneva il braccio, dolorante, cercando di schivare tutte quelle bambole.
Bambole blu dagli occhi rossi.
Occhi rossi di diversa grandezza.
Bocche cucite.
Bambole disturbanti che a lei e agli altri nove ragazzi avevano cucinato, preparato le stanze e i vari luoghi dove potessero stare con tranquillità, in compagnia dei due "angeli".
Ed ora?
Ora lei aveva vinto, perchè la stavano guardando in quel modo?

Era riuscita ad uccidere.
Nessuno l'aveva beccata.
Nessuno era riuscito a capire che fosse lei il killer del dolce bimbo.
Nessuno.
N e s s u n o.

E, quando vide la porta alle sue spalle aprirsi, si fiondò praticamente in essa, iniziando a farsi largo in quei lunghi e oscuri corridoi, mentre le immagini tornavano piano piano.
Filo rosso.
Attorno al loro collo.
Alto.
Alto.
Andarono in alto.
E poi giù.
E poi morte.

L'aveva fatto per vivere, no?
Ora dovevano lasciarla andare.
Andare via.
Tornare dalla sua famiglia.
Tornare da sua madre.
Dal suo fratellino.
Il suo piccolo amato fratellino.

Quando vide una porta aprirsi e darsi su un giardino, un sorriso stanco si fece largo sul suo volto.
Un passo.
Due.
Occhi su di lei.
Occhi rossi.

Prese a correre.

Mancava poco.

Dei fili rossi iniziarono ad andare contro di lei, avvolgendosi attorno alle sue braccia.

Mancava poco.

Si strinsero sempre di più, iniziando a trascinarla indietro, mentre lei continuava ad avanzare mettendoci tutta la buona forza di volontà che teneva.

Mancava poco.

Gli occhi, stanchi, iniziavano a socchiudersi, ma lei li tenne aperti con forza.
Così quelle gemme rosse rimasero fisse in quella speranza così bella e verde.

Mancava poco.

I fili presero ad attorcigliarsi attorno ai suoi capelli, tirandoli indietro.
Un urlo di dolore uscì fuori dalle sue sottili e soffici labbra.
Dolore.
Male.
Non si fermò.

Mancava poco.

I fili tirarono con più forza.
Himiko non si fermò.
L'urlo di dolore aumentò.
I capelli si strapparono piano piano.
Uscì sangue.

Mancava poco.

Sì, mancava poco.

Ma dei fili rossi si avvolsero attorno al collo della ragazza, facendola bloccare obbligatoriamente.

Due bambole iniziarono a chiudere la porta.

Un urlo disperato lasciò le sue labbra.

Lei ce l'aveva fatta.

Aveva vinto quel gioco.

Perchè stava accadendo tutto quello?

Lei aveva vinto.

Lentamente alzò il braccio destro, mentre una scarica di dolore le attraversava il corpo.
Le dita della mano si puntarono sulla porta che veniva chiusa, facendo sparire lentamente quel riflesso di luce che si andava a fare sul suo viso.

E quando la porta si chiuse, delle lacrime presero ad attraversarle il viso.

Salate, superarono lo zigomo.

Salate, attraversarono la guancia.

Salate, percorsero i bordi della mascella.

Salate, si staccarono dal suo mento e toccarono terra.

E quando toccarono terra, ambe le bambole davanti a lei si girarono e i loro occhi rossi si andarono a posare in quelli di Himiko.
E quando i suoi rubini incontrarono la lava, i fili tirarono e lei fu trascinata ad una velocità inaudita all'indietro.

Ed il secondo urlo lasciò le sue labbra.

Veloce, rivide i corridoi che aveva percorso.

Veloce, osservò la luce spegnersi nei corridoi mentre lei passava, lasciando una fredda oscurità al posto della calda luce.

Veloce, vide le bamole viste prima impiccate al soffitto.

Veloce, chiuse gli occhi sentendo la paura iniziare a stritolarla.

Come una serpe, prese a strisciare sul suo corpo, stritolandole il cuore e divorandole l'anima.

Quando venne trascinata di colpo verso l'altro, riaprì gli occhi, ritrovandosi nella stessa sala nella quale era partita, al centro di tutti quei cadaveri impiccati.

A terra, vide solo della legna che toccava anche leggermente con i suoi piedi.

Provò a cercare i due che li avevano accompagnati e vide l'alato bianco.

Egli le sorrise.

Fu un sorriso triste da parte dell'albino dai capelli ricci.

«Mi dispiace» lesse lei sulle sue labbra.

«William... Perchè... Io ho vinto» provò a dire lei, sentendo i fili nati dalle punte delle dita del ragazzo e che la tenevano ferma in quel modo.

«Ora farai ritorno alla grande fiamma» fece una seconda voce.

L'alato nero la guardava vicino al bianco.

«Laurent...» sussurrò lei, sentendo il proprio corpo essere attraversato da potenti singhiozzi.

«Come desiderato, sarai la penultima vincitrice sacrificata» continuò il ragazzo leggermente più alto del primo, mentre un suo braccio andò a posarsi sulle spalle dell'altro ragazzo.

«Ora che bruci, non urlare troppo» sussurrò ancora Laurent, con un viso indecifrabile.

E quando il fuoco si accese sotto Himiko, una cosa apparve nella sua testa.

Un pensiero si fece largo tra tutti quegli altri.

Un desiderio.

Due parole.

Dodici lettere.

"Voglio Vivere"

E quando la ragazza iniziò a bruciare viva, un terzo urlo rieccheggiò per il castello.

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