È𝖑è𝖌𝖎𝖊🪡

7 novembre, 1938

Cara mamma,
Scusami se non hai avuto un mio racconto da una settimana, ma sono stata impegnata, molto impegnata. Tutto bene a casa? Come stanno Adàge? E Cotillon? Forse gli manco, ma non credo. Saranno stati così immersi nei loro studi che non avranno pensato a me, ma non ha importanza.
Io sono felice: non appena scosto le sottili lenzuola inzaccherate del mio letto e scorgo una timida piuma di luce fluttuare nell'aria, il cuore riceve un balsamo inestimabile. Le gambe mi trascinano nel mio studio e, seduta sul mio piccolo trono dai cuscini rosa, mi dimentico di tutto. Suoni, pioggie di pettegolezzi che spaccano la pietra dell'anima, il tè che si riversa sul tappeto, tutto, tutto si riduce ad una macchina da cucire. Il solo ronzio mi ipnotizza. Il tempo si srotola e solo a mezzanotte mi accorgo di dovermi coricare. Lo so, lo so....
Mi dirai che è da quando sono piccola che ho questa sensazione, non appena mi accingo a creare un abito. È vero, ma stavolta è diverso, perchè c'è Fine.
Amo sentire la sua voce, l'incedere dei passi aggraziati, il profumo di azalea che si è inciso sull'incarnato pallido, il suono impercettibile dello strascico che riga il pavimento dei corridoi. Non è una regina come le altre; in lei le sofferenze degli altri vibrano; la sensibilità, l'autorevolezza si intrecciano nei modi di fare, come una musica.
Mi ricorderò per sempre il giorno in cui creai l'abito per la sua incoronazione. Allora ero speranzosa, dimentica dei piccoli litigi per il poco denaro che avevamo, tra il settimo cielo e l'ambizione. Nella borsa avevo solo i tessuti a me più cari e dell'ago, nient'altro. Avrei dissipato tutta  la mia passione per la regina! E lo farò ancora, fino alla fine del tempo.
Torniamo però alla mia vicenda.
Dopo aver atteso per cinque minuti fuori dal castello, una guardia col capo mi invitò a seguirla. Obbedii, stringendo la mia borsa a tracolla. La litania  dell'armatura di metallo mi riempivano la testa, già oggetto di litigio dei pensieri.
Mentre scrutavo i dipinti appesi alle pareti rosso sanguigno del corridoio, mi chiesi se mai sarei piaciuta alla sovrana, se mai le mie creazioni avrebbero suscitato ammirazione e se sarei riuscita a rimanere a palazzo. Come sai, solo la famiglia reale può darti un buon lavoro e neanche un sarto professionista vorrebbe assumere una centodiciottenne come me. Avrebbe una bocca in più da sfamare e la certezza che, un giorno, mi avrebbe buttato fuori.
Quando giunsi alla sala del trono, mi sembrò di essere nell'illustrazione di un libro. Un trono alto in legno stava quasi per toccare il soffitto ed era coperto dal velluto cremisi. Le fiaccole dipingevano d'arancio il muro di pietra e su ogni lato, vampire e vampiri mi spiavano. Indossavano abiti di ottima fattura, di seta.
Sul trono era seduta la sovrana. Una giovane della mia stessa età. Il suo viso delicato era incorniciato da lunghi capelli bianchi, ghiaccio che si scioglie sulle spalle nude. Gli occhi azzurro chiaro sfarfallavano nella stanza, in cerca di novità, di un pretesto per cambiare la Storia, in meglio o in peggio. Stava pensando a come raggirare i "borghesi" più stupidi. Le mani erano ben curate, magre. Le dita smaltate di rosso. I movimenti erano calcolati, studiati per un mese. Nessuno ci aveva messo così tanta eleganza nell'alzarsi e avvicinarsi a me, una donnicciola dimenticabile.
-Tu saresti Èlègie, vero?- mi chiese. Non sentivo più nulla. Ero concentrata sul suo abito, ispirato all'antica Grecia. Era a stile impero, nero, di velluto. La scollatura un poco aperta faceva intravedere il seno ingioiellato dalla collana d'ambra. Incantevole. Tuttavia, mi risvegliai dal sogno.
-Si, si. Mi spiace se non l'ho ascoltata, altezza. Però, vede....il suo vestito...- dissi, tentando in qualsiasi modo di rimediare alla figuraccia.
-Tranquilla, non è grave. Ti piace, vero? L'ha creato la vecchia stilista, che ora si è dimessa.- mi ha spiegato, sorridendo. Ah, quel sorriso! La parvenza di malinconia, forse la nostalgia di un tempo che non sarà più.
-Era vecchia?-
-Eh sì, ma fantastica nel suo lavoro. Scommetto che, nonostante la tua giovane età, riuscirai ad eguargliarla.- ha replicato, mettendomi una mano sulla spalla.
-Lo spero, altezza. Però, come lo vuole l'abito?- dovevo avere più informazioni. Se dovevo assomigliare a quella sarta, era necessario che avessi le idee chiare.
-Fa come ti senti. Non mi piace dare indicazioni, ma devo parlare a voce bassa: gli anziani non approverebbero la mia indulgenza.- disse -Devi essere stanca. Se vuoi ti faccio portare nella tua camera.-

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