Parte 40



MIYAGI

NELLA NOTTE.

Hinata's POV

Il rientro è stato abbastanza traumatico.
Non appena arrivato a Sendai, non sono riuscito più a confinare le emozioni nel mio cuore.
Con un viso scuro, sono sceso dal treno, aspettando che mi venissero a prendere.

La mamma ha dovuto cambiare il suo turno a lavoro per venire a raccattarmi di sera, a Sendai.
Non ho fatto altro che piangere in macchina, fino a casa, nel descriverle ogni cosa.

Lei mi stringeva la mano non appena poteva toglierla dal volante.
Tratteneva a stento le lacrime, durante il mio racconto; cercava di darmi coraggio con le parole, ma ogni cosa arrivata ovattata alle mie orecchie.

-Shoyo, vedrai starà bene. Non preoccuparti.- mi diceva.

Cercavo di dirlo anche a me stesso ma il senso di angoscia era più forte.
Non facevo altro che pensare a Kageyama, ai suoi occhi, alla sua sofferenza e alla sua solitudine.

Dopo la morte di mio padre, due soli anni dopo la nascita di Natsu, credevo che non avrei mai più potuto soffrire per qualcuno come ho fatto per lui.
Credevo che il dolore di quando lui ci lasciò non potesse essere eguagliato da null'altro.

Inutile dire che la paura di perdere Kageyama, adesso, mi stia facendo impazzire.

In quanto la morte di papà era un qualcosa di inevitabile, qualcosa che tutti stavamo attendendo in silenzio.
Purtroppo era malato da tempo e la sua malattia non accennava a regredire.
Lo aggrediva dall'interno, lo divorava e non gli lasciava nessun riparo; lenta ed inesorabile lo consumava fino a quando di lui non restò più nulla.

"Abbiamo fatto il possibile."

Ci dissero, mentre con il cuore devastato tornavamo a casa dall'ospedale.

"Lasciategli passare i suoi ultimi giorni a casa, nell'affetto dei suoi cari."

Ho riconosciuto quegli occhi, la prima volta che ho visto Kageyama, in ospedale.
Anche papà aveva quello sguardo spento e rassegnato, quando lo sorprendevo da solo, ed anche lui si metteva quella maschera di buonumore ogni qual volta ci fossimo noi intorno.

Sorrise fino al suo ultimo attimo assieme a noi.
Fu amato fino alla fine.

Adesso mi trovo nella tremenda e dolorosa situazione di dover lasciare da sola la persona che amo, mentre questa soffre.
Mi trovo a non potergli stare accanto e non poter fargli sentire quanto poco l'ho amato fino ad adesso e quanto ancora potrei amarlo in futuro.

Una brutta sensazione grava come un avvoltoio sulle mie spalle, in attesa di banchettare sulla mia carcassa.
Una vocina flebile e mesta che posso sentire solo nel più completo silenzio:

"Non lo rivedrai mai più.
Che cosa faresti, se dovessi perderlo?"

Ogni volta, la paura mi pervade, annullando le mie difese.

Non posso avere una risposta ad una domanda tanto insidiosa e meschina.
Forse dovrei essere preparato, al peggio, come lo fu la mamma, quando realizzò che rimanevano solo pochi giorni di vita a nostro padre.
Lei lo sapeva eppure, con rinnovata speranza, gli stava vicino, godendo fino in fondo della sua presenza.

Io sono qui, lontano chilometri e chilometri.
Senza poter dimenticare il suo sguardo affranto su quella porta che si chiudeva alle mie spalle.

-Mamma ho paura...- le dico tra i singhiozzi più violenti che abbia mai pianto.

-È normale averne, Shoyo, ma vi siete ripromessi di tornare assieme, non è forse così?-

Fa un attimo di pausa.

-Vedrai, questa volta non lo lasceremo più andare via.- stringe la mia mano.

Vorrei crederci con tutto me stesso.
Vorrei davvero riuscire a vederne il lato positivo.

Rientro a casa più svuotato di come sono partito.

IL GIORNO SEGUENTE

Hinata's POV

Come uno zombie mi sono recato a scuola questa mattina, nonostante la mamma mi aveva proposto di restare a casa con lei e Natsu.
Non potevo restare a rimuginare troppo sugli ultimi eventi.
Restare da solo in quella camera, scenario della nostra prima nonché ultima volta, alla luce dei recenti sviluppi, mi avrebbe solo portato alla pazzia.

Proprio per questo motivo, ho rivalutato il dormire sul divano.

Passivamente sono rimasto seduto nel mio banco, con lo sguardo fisso sul suo posto vuoto.
La giornata è grigia e carica di pioggia pronta ad esplodere: proprio come lo sono io.

Nio-San provò a parlami molte volte durante l'arco della giornata, ma non riuscivo a cavare fuori dalla mia bocca qualcosa di più di:

"Mi dispiace, non ho la forza di parlarne ora."

Stavo raccogliendo le forze per dire qualcosa oggi in palestra, poiché tutti stavano aspettando mie notizie con il fiato sospeso.

"Ve lo devo, a tutti voi."

Il silenzio in palestra, al mio arrivo, è davvero tombale.
Non c'era mai stata un'aria così pensate tra di noi da che io abbia memoria.

Non so come dirglielo che non ci sarà.
Non so davvero come fare a spiegargli che cosa ho trovato a Tokyo.

Suga-San mi viene incontro, con occhi già arrossati, stringendomi in un forte abbraccio.
Senza neanche dirmi una parola o senza che io abbia ancora aperto bocca.
Ricambio la sua stretta, che mi arriva direttamente al cuore, cacciando fuori qualcuna delle mie abituali lacrime.

Mentre mi stringe ancora le spalle, guardo le facce preoccupare di tutti.

"Grazie Suga-San. Il mio debito con te va oltre il denaro."

-C'ho pensato così tanto che sono arrivato alla conclusione che non esistono parole giuste o sbagliate, per dire quello che devo...- inizio, abbassando lo sguardo.

-Ka... Kageyama...- mi sento pervadere una nuova ondata di pianto.
Deglutisco con forza mordendomi il labbro.

Devo avere la forza, di stare in questo campo senza piangermi più addosso.

-Lui non ci sarà al torneo primaverile.- concludo, tirando su con il naso.

-Ragazzi... Hinata è molto scosso. Va bene così, non preoccuparti.- Daichi prende la parola, cercando di attirare su di se l'attenzione.

-No, capitano, non va bene così.-

Mi libero dall'abbraccio di Suga.

-Forse non tutti se ne saranno accorti... forse qualcuno lo sospettava... qualcuno lo sapeva.- dico, lanciando uno sguardo a Suga-San, il quale annuisce nella mia direzione.

"È giusto dirlo a tutti.
È giusto smettere di nascondersi."

-Io... da qualche tempo... io sono innamorato di Kageyama.- dico infine, tra gli sguardi sbigottiti, meravigliati, consapevoli, confusi e onesti dei miei compagni.

Tanaka-San apre la bocca, senza dire nulla.
Nishinoya-San si porta le mani alla bocca.
Tsukishima lancia uno sguardo a Yamaguchi, il quale sta cercando di trattenere le lacrime.

-Sono andato a Tokyo, perché lui adesso si trova lì. Non sta per nulla bene poiché... poiché...-

-Va bene così Hinata, non c'è bisogno di tormentarti a questo modo.- prende nuovamente la parola Daichi.
Si avvicina a me, mettendomi una mano sulla spalla.

Tutti gli occhi adesso sono puntati su di lui:

-Siamo una squadra, non possiamo lasciarci affondare da pensieri negativi.
Noi dobbiamo una vittoria al nostro alzatore, a Kageyama.

Non credo che sarà felice, quando tornerà da noi, se ci trovasse sconfitti.
Non credo che risparmierà il fiato per sgridarci se noi adesso restassimo inermi a piangerci addosso.

Dobbiamo infondere le nostre sensazioni negative nella migliore partita che siamo capaci di fare.
Sono certo che questo sia quello che ci direbbe Kageyama se adesso fosse qui con noi.

Restare concentrati e vincere.
E noi lo faremo.-

Non avrei saputo dirlo meglio, capitano.

Annuisco, asciugandomi le lacrime.
Ti ho fatto una promessa che intendo mantenere con tutto me stesso e, a quanto pare, tutta la squadra è determinata a tenervi  fede.

Siamo tutti uniti, al solo scopo di dedicare al tuo pronto ritorno, la nostra vittoria.

"Grazie ragazzi. Grazie."

Alla fine dell'allenamento della giornata, un po' sottotono inizialmente, per tutti, mi presto a recuperare la mia bici, rimasta legata vicino alla palestra da qualche giorno.
Ho ringraziato Daichi dal più profondo del cuore, assieme a Suga-San il quale ha davvero fatto moltissimo per me.

Sono le 19:27 quando il mio telefono prende a vibrare.
Sono in bici per tanto faccio un po' di difficoltà a recuperarlo da dentro la tasca.

—> Chiamata in Entrata <—

Miwa Kageyama

Le mie mani si irrigidiscono.

"Rispondi.. avanti... rispondi."

Rimango in attesa, con il telefono in mano, fino a quando la chiamata in entrata non diventa chiamata persa.

"Non avrebbe mai chiamato... non dopo quello che le ho detto."

Mi guardo intorno, con la sensazione che qualcuno mi stia osservando in questo momento, mentre da codardo tremo per le notizie che potrebbero nascondersi dietro questa chiamata.

—> Chiamata in Entrata <—

Miwa Kageyama

Trattengo il fiato.

" Non avere paura... rispondi..."

Stringo il telefono nelle mani, lottando contro le voci nella mia testa che mi spingono in due direzioni opposte e contrarie:

"Rispondi... andrà tutto bene."

"Non rispondere... non sei pronto per sentire quello che ha da dirti."

Tremo al solo pensiero.

Miwa non avrebbe mai chiamato, per darmi buone notizie.
Non dopo che non le ho permesso di scusarsi come avrebbe voluto.
Dentro di me sapevo che la sua chiamata, portava solo cattive notizie; brutti presagi.

Voglio davvero nascondermi dietro la flebile speranza nel mio cuore o voglio abbracciare la paura e le ombre che stanno invadendo il mio spirito?

La chiamata passa nuovamente tra le chiamate perse.

Mi sento mancare, necessito di sedermi a terra un momento per riprendermi.

"Sei un'idiota Hinata, un fottuto idiota."

Come posso essere così infantile e così capriccioso?
Desidero notizie da parte sua, su Kageyama eppure tremo come una foglia, senza il coraggio di rispondere al telefono.

"È normale avere paura, Shoyo, ma i momenti con il tuo papà sono preziosi. Non lasciare che vengano cancellati dalla paura."

Le parole della mamma mi ritornano in testa con violenza, come cani affamati dilaniano la mia mente.

Se anche in quel caso avessi avuto paura, non avrei neanche un ricordo di mio padre, sarei rimasto inerme fuori dalla porta, finendo per dimenticare il suo viso.

Mi rialzo e mi metto a pedalare con più foga di prima.

"Non posso dimenticare. Non voglio."

Arrivo a casa in tutta fretta.
La mamma e Natsu mi danno il bentornato, ma io mi fiondo nella mia camera chiudendomi la porta alle spalle.
Resto fermo, con la schiena appoggiata alla porta, osservando il mio letto e la luce pallida della serata che lo illumina.

Se chiudi gli occhi, riesco ad immaginarti qui disteso, mentre dormi beato o mentre controlli il tuo telefono.
Ti vedo sorridere e forse, dovuto al fatto che sto impazzendo del tutto, riesco anche a sentire il suono della tua voce.

"Hinata, sono sicuro di amarti."

Nuove lacrime affiorano ai miei occhi.
Sono stanco di piangere in qualsiasi momento, sono stanco di non riuscire a dare una forma alle mie emozioni.

Tremante, prendo il cellulare e compongo il numero di Miwa.

Cerco di respirare piano, per regolarizzare i miei battiti impazziti.

"Non posso ignorare questa chiamata, per quanta paura mi faccia."

Il telefono squilla per un po' poi la chiamata viene deviata alla segreteria telefonica.

Mi alzo e mi butto sul letto, stringendo forte a me uno dei cuscini assieme al mio peluche a forma di squalo.

"A cosa ti serve quello, se ci sono io?"

Mi dicesti, la prima volta che passasti la notte qui.

Il cielo era carico di pioggia, e scintillanti fulmini si intromettevano nel buio della tempesta imminente.
Proprio come adesso.

Tremavo, impaurito, dal frastuono esterno, immaginando scenari insoliti che mi rendevano insicuro.
Proprio come adesso.

Quella notte, le tue braccia ancora timide, mi diedero il coraggio necessario per affrontare la tempesta e per guardarla con occhi diversi.

Se potessi tornerei indietro nel tempo a quel momento, traendo da te tutto il coraggio necessario.

Se potessi essere più coraggioso, anche da solo, non esiterei ad affrontare la tempesta.

"Se solo ci fosse stato più tempo..."

Un tuono irrompe, presagendo la tempesta in arrivo.
La pioggia cominciava a scendere impetuosa e assordante, sui tetti delle case vicine.

Il telefono di Miwa rimase spento, per tutta la notte.

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