Parte 39


TOKYO

Hinata's POV

Il nostro tempo assieme scorre più velocemente del previsto.

Tra le chiacchiere che ti ho fatto, raccontandoti ogni minimo dettaglio di qualsiasi cosa mi venisse in mente, e tra il tuo lento sussurrare qualcosa ogni tanto, è già ora di cena.

Sento il carrello con i vassoi dei pasti serali, venire trascinato pesantemente lungo il corridoio.
Il vociare delle persone in visita comincia ad affievolirsi, mancano solo 15 minuti e dovrò andare via anche io.

Il mio Shinkansen parte dalla stazione di Ueno alle 21:30, questo implica che per le 21 dovrò essere già in stazione per non perderlo.

-Chissà cosa mangi stasera... ieri non aveva un bell'aspetto quella poltiglia gialla...- ti dico, facendo una faccia schifata, avvicinandomi alla porta.

-No...- sussurri piano.

Mi volto verso di te, per assicurarmi di aver sentito bene.

-Che vuol dire no?- chiedo confuso, prendendo nuovamente posto vicino a te.

-Non... mangio... stasera.-

- Perché?!?- balzo in piedi scosso da un sussulto di preoccupazione.

-Domani...- prendi una piccola pausa, deglutendo a fatica.

-Mi operano...- concludi abbassando lo sguardo.

Sento le gambe cedermi, mi aggrappo alla sedia per non cadere rovinosamente a terra, una fitta mi attanaglia il cuore.

-Che cosa??-

Un nuovo velo di angoscia va a posarsi sul mio cuore e sul mio animo.

"Deve operarsi?!"

Sento le mie emozioni cercare di prendere il sopravvento su me.

Non mi rispondi, tieni lo sguardo basso senza dire nulla.

-Perché non me lo hai detto prima?! Perché me lo stai dicendo solo adesso! Non sarei tornato a casa se lo avessi saputo Kageyama!!! Sarei rimasto qui con te!!-
Mentre parlo, la mia voce tradisce la mia ansia e preoccupazione.

"Di bene in meglio la giornata di oggi."

-Perché tu.... devi tornare adesso.-  rispondi.

-Non... saresti tornato... altrimenti.-

Mi porto le mani alla testa.

"Come faccio a tornare tranquillo adesso... come faccio a lasciarti..."

-Dovevi dirmelo, sarei rimasto...-

Non rispondi, volgi lo sguardo fuori dalla finestra.
Non riesco a vederti così triste, ma non riesco neanche a non sentirmi preoccupato per quello che mi hai appena detto.

-C'è il... torneo.... tra poco... devi tornare.-  sussurri dopo un po'.

Quale torneo, Kageyama? Quale torneo riuscirò a giocare senza di te in campo?

Mi sento più avvilito di prima, sento veramente di poter sparire nel terreno da un momento all'altro.

-Come faccio... a giocare...- dico, trattenendo le lacrime.

-Ma tu devi.-

Lentamente la tua mano malandata si posa sulla mia.
Alzo lo sguardo di te, vedendo che anche tu sei commosso e stai cercando di trattenerti.

-Tu devi volare... in alto... per me.-

Stringo il mio stesso petto.
Ciò che mi hai appena detto fa male.
Un male così intenso e sfiancate non l'avevo mai provato, questo è il dolore che mi infligge l'amore che provo per te.

Un amore doloroso e sofferto.
Un amore violento e passionale.
Un amore giovanile.

"Il primo amore che io abbia mai avuto nella mia vita."

Il primo, in tutto, sei stato tu.

-Lo vinceremo questo torneo. Passeremo il turno e tu verrai a giocare i nazionali.-
Ti dico, prendendo tutto il coraggio che le tue parole cercavano di trasmettermi.

Non dici nulla, mi guardi teneramente.
So che vorresti toccarmi, so che vorresti stringerti a me, ma non puoi.

Porto nuovamente una mano ad accarezzare la tua, molto lentamente per non farti male.
Mi chino su di essa, abbassando la mia mascherina, la sfioro appena con le labbra.

-È una promessa, Kageyama.-

"Ci ritroveremo in campo per i nazionali.
Ne sono sicuro e farò tutto quello che è in mio potere per riuscirci.

È una promessa."

-È una... promessa.- sussurri piano.

Mi attardo il più possibile in tua compagnia.
Domani dovrai sottoporti ad un'operazione ed io non ci sarò.
Non esiste un pensiero che mi laceri dentro più di questo.

-Cosa ti faranno domani?- chiedo, spiando dalla porta che nessuno venga a controllare il mio ritardo.

-Mi aprono... un po'.... qua e là...-

-Kageyama, davvero. Ho bisogno di saperlo.- ti guardo serio.
Non posso andare via senza saperlo.

- Addome... non so... altro.- mi rispondi, cercando di far suonare i tuoi sussurri più sicuri.

Sospiro.

Vorrei davvero poter credere che tu non sappia altro.
Vorrei sul serio poter dormire tranquillo stanotte, sapendo che sarà solo quello che stai dicendo.

I passi di un medico risuonano nel corridoio.
Stanno iniziando le ultime visite di controllo prima della notte.

Guardo l'ora: sono le 19:36

Credo di aver rubato molto più tempo di quello dovuto.

-Kageyama... adesso vado. Non hai modo di scrivermi? Non hai un telefono... qualcosa...-

Non rispondi, ancora una volta.

-Appena il torneo sarà finito, io tornerò qui da te. Spero tu sia pronto a sentire di come abbiamo vinto.
Sarà un racconto bellissimo, ti spiegherò tutti i dettagli, quindi farai meglio ad essere ben attento quel giorno.- dico, abbassando piano la maglia della porta.

Tu mi guardi e sorridi.

Sei tremendamente bello quando lo fai.

-È una promessa. A presto.-

Mi chiudo la porta alle spalle, lasciando indugiare il tuo sguardo su di me fino alla fine.

Mi catapulto nell'ascensore e mi abbandono al più sentito dei pianti.

Non volevo lasciarti con l'immagine di me in lacrime, ma trattenere quello che ho dentro era impossibile.

Le porte si aprono e lascio nella spazzatura il mio bardamento.
L'infermiera della reception mi riconosce:
Ogni volta che la incontro sono sempre nel ben mezzo di una crisi di pianto isterica.

Cerco di darmi un contegno nel mentre mi avvicino per firmare i moduli della visita appena conclusa.

-Sta tranquillo ragazzo.- mi dice con premura.

Alzo lo sguardo su di lei, i suoi occhi gentili risplendono dalla luce che le da la commozione.

-Lui... lui domani si opera. Lei mi sa dire qualcosa?- chiedo speranzoso.

-Purtroppo non posso accedere alla sua cartella. Sono informazioni riservate.- si dispiace della sua stessa risposta.

-Posso chiamare... l'ospedale per sapere come andrà?-

Lei scuote la testa, addolorata.

Lo sconforto si impadronisce delle espressioni del mio viso.
Per sapere come starà dovrò attendere di tornare qui.
Un'attesa di 10 e più giorni, il cui solo pensiero mi stringe la gola.

Mi incammino verso la stazione, il mio viaggio di un'ora fino a Ueno inizia con ritrovata preoccupazione.

È davvero giusto andare via?
Posso lasciarlo da solo la sera prima di un intervento?

Il mio umore nero torna a deprimermi, tediando il mio volto e il mio cuore.
Mi butto nel treno della linea Magenta con un aspetto davvero spaventoso.
Alcune persone mi scansano, altre ancora cambiano di posto.

Restare seduto in solitudine non mi dispiace.

Ripenso alle parole di Miwa, a come cercava disperatamente di scusarsi con me.

Che importanza può avere chiedere scusa a me?
Che valore ha cercare il mio perdono?

La persona a cui dovrebbe chiedere scusa non sono io, dovrebbe strisciare davanti a lui e implorare il suo perdono.
Per quanto io possa aver sofferto e continuare a soffrire della situazione, lui è colui che ha subito in prima persona.

Non so se Miwa meriti davvero di potergli andare a chiedere scusa oppure se sia giusto farla desistere dall'andare da lui.

Sono 21 giorni che lui si trova lì ma nessuno è andato ad accertarsi delle sue condizioni.
Ne la madre, ne il...

Stringo i pugni.

Non riesco neanche a pensarci.

Lo hanno buttato lì in attesa che morisse?
O che tornasse a casa sulle sue gambe dopo un po'?

Un nuovo senso di rabbia mi fa prendere il telefono.

Shoyo Hinata
"Domani dovrà operarsi: assicurati che abbia tutti il necessario di cui ha bisogno.
Glielo devi."

Cambio linea, prendendo quella Verde da Shinjuku a Ueno.
Questa tratta è sempre molto trafficata, così mi ritrovo stretto come una sardina in mezzo a tantissime persone.

Nella confusione, mi sorprendo a ripensare a Tomita Akira.

Non l'ho più rivisto, dopo quel giorno.
Avrei voluto ringraziarlo per avermi offerto un aiuto nel momento in cui ne avevo più bisogno.

Ero sconfortato e solo quella mattina, senza aver chiuso occhio e pieno di dolori.
La maggior parte della gente non ha fatto altro che scansarmi o additarmi, nel vedermi.

È incredibile come, davanti alla difficoltà di qualcuno, la massa sia cieca e insofferente.

Gli occhi gentili di Tomita Akira, mi rincuorarono e mi diedero la forza necessaria per affrontare quella situazione da solo.
A volte basterebbe solo una piccola attenzione, verso il prossimo, per far qualcosa di generoso, che fa bene allo spirito.

"Avrei voluto ringraziarti."

Lo Shinkansen arriva con 10 minuti di anticipo.
Non mi attardo ed entro subito, le poltrone lussuose al suo interno non hanno nulla a che vedere con quelle scomode degli treni.
Prendo il mio posto vicino al finestrino, infilandomi le cuffiette nelle orecchie.

Premo play sulla mia solita playlist di Spotify, per isolarmi completamente dal mondo esterno e dallo schiamazzo delle altre genti che stanno salendo a bordo.

Una bambina, dell'età di Natsu probabilmente, si siede nel posto davanti al mio.
Una coppia si tiene per mano, mentre prende posto di fianco a me, dall'altro lato del corridoio.

Il mio telefono vibra.

Miwa Kageyama
"Farò il possibile."

Mi sento leggermente sollevato, anche se ho dovuto mettere da parte il mio orgoglio ed il mio sentirmi ferito, per chiedere a lei di preoccuparsene.

Non avrei dovuto dirglielo, avrebbe dovuto farlo da sola.

Va bene così, non posso anteporre i miei sentimenti di rancore e astio nei suoi confronti, alle cure che non posso fornire a Kageyama in questo momento.
Non importa se dovrò piegarmi, non può continuare a restare da solo.

Il mio telefono vibra nuovamente, interrompendo i miei pensieri.

Kozume Kenma
" Sei in treno?"

Un sorriso mi affiora in viso, diradando di poco la mia espressione corrucciata.

Shoyo Hinata
"Si, sono in partenza."

Kozume Kenma
"Sarà strano vederti in campo senza l'alzatore.
Ma tu metticela tutta."

Il treno con un fischio, segnala la sua partenza.
I motori si mettono in moto, sospingendoli leggermente verso dietro non appena si parte.

Gradualmente sento la forza di gravità spingermi sul sedile e le orecchie fischiarmi per la pressione.

Sono le 21:30 precise mentre realizzo che sto davvero tornando a casa, adesso.

Sospiro, guardando fuori dal finestrino il rapido scorrere delle ombre e delle luci di Tokyo.

Ben presto i grattacieli della metropoli lasciano spazio ad una campagna sconfinata, immersa nel buio e nel silenzio.

Shoyo Hinata
" Vinceremo. È una promessa."

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top