Parte 34.1
Hinata's POV
M:" Shoyo? Pronto?"
"Mamma..."
M:"Dove sei, Shoyo?"
Silenzio per qualche minuto.
M:" Shoyo... stai piangendo?"
"Sono a Tokyo, mamma..."
22h prima
OSAKI- SENDAI
Aveva preso a piovere, all'improvviso.
La pioggia cadeva silenziosa picchiettando sui vetri.
Questa mattina il meteo non prevedeva pioggia eppure adesso, eccola; scendere inesorabile e lavare via la calura della mattinata.
Il calore del sole della giornata aveva lasciato posto ad una fitta e fredda pioggia estiva.
Settembre del resto è il mese dei temporali estivi per eccellenza.
Quando sono uscito di casa questa mattina non ho preso l'ombrello poiché non credevo potesse servirmi.
Questa mattina non credevo che avremmo passato la serata al Karaoke e non credevo di incontrare Hirose.
Questa mattina, non credevo neanche che avrei preso un treno.
Superato lo shock iniziale, dovuto alle parole di Hirose, una strana spinta mi fece balzare in piedi.
Non mi sentivo neanche un grammo di forza in corpo, mi sentivo trapassato, eppure mi muovevo risoluto con una insolita calma.
Credevo fino a qualche momento fa che sarei morto.
Ero convinto che il dolore che sentivo al petto mi avrebbe ucciso, credevo che non mi sarei più rialzato da quel pavimento in quel karaoke.
Con mani traballanti presi il mio telefono per controllare quanto tempo mi rimanesse per prendere la prima coincidenza.
Dovevo per prima cosa arrivare ad Osaki, la città più vicina, per prendere la coincidenza ed arrivare a Sendai.
Da lì, se avessi fatto in tempo, avrei preso lo Shinkansen per Tokyo.
Non avevo abbastanza soldi, per prendere uno biglietto per lo Shinkansen, ma era una cosa alla quale avrei potuto rimediare in seguito.
Erano le 20:10 quando tornai affannando nella stanza del karaoke.
Tutti gli occhi si puntarono verso di me, interrompendo la musica.
Dovevo avere un aspetto terribile, essendo che per fino Tsukishima rimase a bocca aperta.
-Ragazzi... devo arrivare a Osaki.- dissi affannandomi a prendere la mia roba.
Suga-San si alzò trattenendo il fiato e provò a venire a parlarmi, quando vide anche Hirose comparire sulla porta della nostra saletta.
-Hinata...- provò a dirmi, mentre mi mise una mano sul braccio.
-NON HO TEMPO PER PARLARE.
IO DEVO SOLO ANDARE.-
Gli urlai contro.
Con un movimento rabbioso mi divincolai dalla sua presa.
Lui ritrasse, offeso e confuso, il suo braccio.
-Non farai mai in tempo.-
La voce di Tsukishima ruppe il silenzio.
Mi voltai a guardarlo con occhi spenti.
-Sono le 20:12, il bus per Osaki è appena partito.
Il prossimo è alle 22:10.-
Un senso di oppressione mi strinse nuovamente il petto e mi fece mettere le mani nei capelli.
"Perché deve essere tutto così maledettamente complicato?"
-Cosa farai una volta arrivato ad Osaki?- mi chiese, titubante Suga-San.
-Andrò a Sendai.- risposi secco.
-Il bus tra Osaki e Sendai impiega 1h. Arriveresti ad un orario in cui non troveresti nulla in stazione.- riprese Tsukishima.
Silenzio.
-Che cosa c'è a Sendai da farti andare improvvisamente?- chiese Nishinoya.
-A Sendai nulla...-
Hirose prese la parola dopo il silenzio che aveva tenuto fino ad ora.
Tutti puntarono gli occhi su lei, che abbassò lo sguardo.
Suga-San annuì.
Credo che comprese al volo la situazione, senza bisogno di fornire ulteriori spiegazioni.
-Tanaka... tua sorella ha una macchina vero?- disse rivolgendosi all'altro, che aveva uno sguardo sbigottito che andava su ogni persona nella stanza, nella speranza di capirci qualcosa.
-Si, ecco... si.-
- Se le dessi 6000¥, lo accompagnerebbe a Sendai?-
Suga-San mi indicò.
Rimasi con il cuore in gola ad attendere un qualsiasi cenno da parte di Tanaka.
Tanaka-San aprì la bocca senza però dare alcuna risposta.
Nel giro di 30 minuti mi trovavo insieme a Tanaka e sua sorella in macchina.
Lei era allegra, inaspettatamente di buon umore tanto che acconsentì a questa follia notturna.
-Mi piacciono queste cose, mi fanno sentire nuovamente giovane e ribelle!- disse appena entrati in macchina.
Tanaka si mise nei posti dietro, lasciandomi l'imbarazzo del posto passeggero.
Il silenzio era pesantissimo tra di noi; Tanaka che ancora non aveva capito nulla di tutto quello che stava succedendo, restava a braccia conserte con gli occhi chiusi.
Ogni tanto sospirava, scuotendo il capo.
Sua sorella, invece, si sentiva davvero confusa.
Neanche io avrei capito un'acca, se Tanaka mi avesse telefonato urlando e dicendomi:
"ANDIAMO A SENDAI PER 6000¥"
Evidentemente la stretta parentela tra i due, nonché una buona dose di pazzia, gli permise di capirsi.
Da dove ci trovavamo noi ad Osaki c'erano 15 minuti di strada, da Osaki a Sendai 35, escluso eventuale traffico.
La musica di sottofondo proveniente dalla radio ci accompagnava in quella follia improvvisata, nel quale mi ero ritrovato a coinvolgere anche Tanaka-Senpai e sua sorella.
Sospiro, mentre osservo il panorama scorrere dal finestrino.
Non so dare una forma al mio stato d'animo.
Non riesco a sentire la stanchezza sul mio corpo, nonostante mi viene difficile muovere ogni muscolo del corpo.
Trovo quasi confortante, in questo delirio, il mio senso di oppressione sul petto, poiché mi ricorda che non sono ancora morto.
-Allora, chi è la fortunata che stiamo andando a riconquistare?- disse Saeko, dopo alcuni minuti dalla nostra partenza.
Tanaka-Senpai aprì gli occhi e mi guardò attraverso lo specchietto retrovisore.
Io sostenni per un momento il suo sguardo.
-Ecco... io...-
La voce proprio non riusciva ad uscirmi dalla gola.
-Avanti Gamberetto, puoi dirmelo, so mantenere i segreti.- disse lei, lanciandomi una pacca sonora sulla schiena.
Non riuscivo a darle una risposta, eppure era semplice.
Bastava solo dire il tuo nome.
Ho sempre avuto il tuo nome in mente giorno e notte.
L'ho sempre pronunciato riempiendomene la bocca.
Ha sempre inondato i miei pensieri ed ogni angolo del mio cuore.
Eppure adesso sono bloccato.
Sono immobilizzato e non riesco a pronunciarlo.
-Allora? Non essere timido Gamberetto.- mi incalza nuovamente.
-La persona... la persona che si trova laggiù, è la persona che amo.-
Rispondo guardando le mie mani.
Il dorso di quella sinistra è ancora macchiato del mio sangue di poco fa.
Come si sono evolute le cose in questo modo?
Non saprei dirlo.
Un momento prima era sull'orlo del baratro e un momento dopo ho sentito una forza vitale incredibile, che mi imponeva di correre da te.
-Che tenero che sei Gamberetto. Ma potevi anche partire domani mattina.-
-Forse... ma sentivo che dovevo correre il prima possibile.-
Le rispondo, continuando a guardare fuori dal finestrino.
Il viaggio procede in silenzio alternato dalla voce squillante di Saeko che inveiva contro qualsiasi cosa:
Il fratello, seduto dietro, gli automobilisti, il tempo, la musica alla radio.
Cercavo di mormorare ogni tanto qualcosa, per non fargli credere che fossi morto.
Non avevo nessuna voglia di parlare, non avevo nessuna voglia di far nulla.
Nella mia mente io contavo i km che mi separavano per arrivare a Sendai e poi a Tokyo.
Pensavo alle coincidenze da prendere e pensavo a quanto soldi avessi a mia disposizione.
Avevo un debito di 6000¥ con Suga-San per aver convinto la sorella di Tanaka ad acconsentire a questa imprudenza.
Avevo un debito con tutti i ragazzi che, senza conoscere i dettagli della storia, si misero in moto per aiutarmi.
Ma più di tutti avevo un enorme debito con te.
"Sto venendo a saldarlo.
Sto venendo a fare ammenda."
Le luci della città lasciarono spazio ad una buia autostrada fino Sendai.
Le chiome scure degli alberi passavano veloci accanto a noi, mentre si piegavano in ogni direzione per il vento e la pioggia.
Continuava a piovere, incessantemente.
Le gocce impattavano la superficie del parabrezza della macchina, creando forme geometriche mai viste.
L'unico rumore che riempiva l'abitacolo era quello dei tergicristalli, che si muovevano ininterrottamente, assieme al flebile suono che usciva dalla radio.
Tanaka si era addormentato, sdraiandosi sul sedile posteriore.
I miei occhi erano stanchi ed arrossati, ma non sentivo in alcun modo il bisogno di riposare.
La mia mente era un continuo pensare e riflettere.
Il mio cuore, ogni tanto si ricordava di battere qualche colpo.
Non avevo la certezza effettiva di essere ancora vivo, poiché sembrava qualcun altro a muovere il mio corpo al posto mio.
Qualcuno dall'esterno stava manovrando i fili del mio essere, facendomi andare solo in avanti.
-Adoro questa canzone.- dice improvvisamente Saeko, alzando leggermente il volume della radio.
Era una canzone che conoscevo bene, spesso mi ero trovato a canticchiarla quando mi sentivo triste.
Era da un po' che non la sentivo.
Un sorriso amaro affiora sulle mie labbra.
"Non poteva esserci una colonna sonora migliore di questa."
"In another life, I would be your girl
We'd keep all our promises, be us against the world
In another life, I would make you stay
So I don't have to say you were the one that got away
The one that got away"
"In un'altra vita, sarei stata la tua ragazza(o)
Avremmo mantenuto le nostre promesse,
saremmo stati noi due contro il mondo
In un'altra vita avrei fatto in modo che restassi
Così non avrei dovuto dire che sei stato tu
quello che se n'è andato
quello che se n'è andato"
Cantava la radio.
"In un'altra vita... forse in un'altra vita avrei potuto amarti senza doverlo nascondere.
Senza dovermene vergognare.
Senza ferirti."
Mi trovavo spesso a fare questi pensieri.
Chissà cosa sarebbe stato se io fossi stato una ragazza.
Chissà cosa sarebbe stato se tu lo fossi stato.
Mi trovavo spesso ad interrogarmi su eventualità e situazioni differenti, su diverse prospettive, su contesti e circostanze alternative.
Mi arrovellavo il cervello su qualcosa che poteva essere ma che non è stato.
La verità, però, era comunque quella che avevo davanti gli occhi.
Per quanto mi sforzassi di trovare un finale diverso, la realtà era sempre quella.
Noi eravamo due ragazzi.
Non sarebbe cambiato, non avrebbe potuto farlo.
Ti amavo così com'eri.
Ti amavo nonostante il tuo carattere difficile.
Ti amavo perché eri tu e nessun altro.
Non la tua copia femminile e neanche un duplicato di uno dei miei universi mentali.
Amavo semplicemente ogni cosa di te, ogni dettaglio, ogni sfaccettatura.
Se questo era l'amore, se questo era davvero l'amore, io non potevo oppormi.
Dovevo accettarlo e andare avanti, seguire il flusso della corrente.
Dovevo smettere di provare a remare controcorrente, perché più mi sforzavo di raggiungere la riva opposta, più mi ritrovavo in mezzo ad acque agitate.
L'amore era così.
Era violento e ingiusto.
Meraviglioso e ingannevole.
Eterno e fatale.
Lentamente le luci della città di Sendai apparvero all'orizzonte.
Potevo iniziare a vedere il riprendere della vita e della civiltà, dopo interminabili minuti di buio e foreste.
Un fremito mi fa sedere dritto sul sedile.
Guardo l'ora, sono le 21:25.
"Ci sono quasi."
L'ultimo Shinkansen da Sendai a Tokyo è partito 25 minuti fa.
Non avrei fatto in tempo a prenderlo neanche se avessi voluto, neanche se avessi avuto i soldi a mia disposizione.
Dopo altri 45 minuti nel traffico della città di Sendai, ero davanti la stazione.
-Grazie mille Tanaka-San, Saeko-San.- dissi.
Mi buttai letteralmente fuori dall'auto, arrancando con la mia borsa ed il telefono in mano.
-Mi raccomando Gamberetto, stai attento.-
Mi disse Saeko mentre mi vedeva scomparire all'interno della stazione.
Anche a Sendai il tempo era più fresco del previsto, la pioggia cadeva senza sosta anche qui.
Addosso avevo solo una t-shirt e dei pantaloncini. Nella borsa avevo la tuta della scuola e la divisa da pallavolo.
Assieme alla mia borraccia, un bento vuoto, il mio portafogli e le cuffiette per il telefono.
Prendo la felpa scolastica e me la infilo.
-Mi scusi....- mi affanno davanti alla biglietteria, stranamente ancora vi era una persona al suo interno.
Sentivo l'aria bruciare nei miei polmoni.
-Si?- la voce dell'uomo grassoccio era stanca e priva di qualsiasi emozione.
-Quando parte il prossimo treno per Tokyo?!- chiedo trepidante.
La sua estrema lentezza mi da ai nervi.
Non riesco davvero a capacitarmi di come possa andare così a rilento, nello sfogliare l'orario delle corse.
-Domani mattina.- risponde dopo un'infinità.
-Non c'è niente che vada a Tokyo, adesso?!-
-Si, una macchina. Oppure il bus.-
-Mi dia un biglietto dell'autobus per favore!-
Metto immediatamente le mani al mio portafogli.
-Il biglietto devi farlo a bordo. Parte dalla zona Est.- risponde seccato.
-Da che parte... ?- chiedo, alzandomi sulle punte per attirare la sua attenzione nuovamente.
-È a 20 minuti da qui. Il primo bus parte alle 22:30 altrimenti dovrai aspettare quello delle 23:50.-
Non resto neanche un secondo in più ad ascoltare la cantilena della sua voce.
Sono le 22:10, correndo, senza neanche fermami a respirare, dovrei farcela.
"Riuscirò a prendere quel bus."
Controllo rapidamente la piantina della stazione.
Devo andare sempre dritto, svoltando solo una volta a sinistra, una volta arrivato all'uscita Nord-Est.
"È semplice, ce la posso fare."
La pioggia mi cade improvvisamente fredda sulla testa, nel momento in cui correndo, mi dirigo verso la parte Est dell'immensa stazione di Sendai.
Mi annebbia a tratti la vista, ma non ho il tempo neanche di pensarci.
Spingo più che posso, spingo le gambe a dare il massimo come non avevo mai fatto.
Non posso cedere adesso, non posso prendermi il lusso di andare piano.
Stazione di Sendai- Uscita Est.
Mi infilo immediatamente dentro, scivolando sul marmo freddo della gradinata.
Mi rialzo e mi dirigo verso la zona degli autobus.
Sento il cuore in gola, sento il fiato abbandonarmi sempre più, man mano che metto un passo davanti all'altro.
I vestiti freddi iniziano ad appiccicarsi addosso, infondendomi un gelido brivido fino alle ossa.
Sono le 22:32.
L'autobus è già partito.
Posso vederle le luci tremolanti dei suoi stop sotto la pioggia, lasciare la stazione.
"Ma perché ... perché."
Tiro un calcio al vuoto, mettendomi ad urlare tutta la frustrazione che ho dentro in questo momento.
Una rabbia repressa mi porta ad accovacciarmi su me stesso, stringendomi la testa, sotto la pioggia.
Vorrei disperarmi ma non riesco.
Sono da solo, in una stazione vuota, bagnato fradicio ad attendere il prossimo autobus, seduto su una panchina.
Inizio a tremare per il gelo che mi consuma la carne.
Tremante vado a prendere una bevanda e qualcosa da mangiare dal distributore.
Spendo i primi 200¥ dei soli 2500 che possiedo.
Il tempo sembra non passare mai.
L'attesa mi corrode e mi logora.
Cerco in tutti i modi di non pensare alla stanchezza o al dolore che provo.
Fingo di non notare il ginocchio destro pungere, per la caduta di prima.
Cerco di concentrare tutte le mie energie nell'unico pensiero che mi da conforto.
Naturalmente, quel pensiero sei tu.
Neanche nella mia testa riesco a pronunciare il tuo nome.
Vedo il tuo viso, sento il suono della tua voce, eppure non riesco a muovere le mie labbra per dire il tuo nome.
Ritorno a pensare al nostro ultimo momento insieme, 19 giorni fa.
Penso a come i tuoi occhi tristi incontrarono i miei e, sforzandosi di sembrare luminosi, cercarono di rassicurarmi.
"A domani."
A domani mi dicesti.
Come ho fatto ad essere così stupido da credere a quella bugia?
Come ho fatto ad essere così cieco da non vedere come stavi soffrendo?
Come ho fatto a non capire... come ho potuto non trattenerti?
Lascio un pugno alla panchina di marmo sulla quale sono seduto.
Come ho potuto essere così ottuso.
Come ho potuto essere stolto e ingenuo.
Stringo i miei pugni.
L'autobus delle 23:50 arriva con qualche minuto di anticipo.
Le porte si aprono con un cigolio.
L'autista mi guarda, con aria stanca.
Non mi rivolge neanche una parola, mi rilascia il biglietto e torna a fumare la sua sigaretta.
L'autobus è immerso nel buio, l'odore di fumo impregna l'aria e i sedili.
Prendo un posto qualsiasi.
Sono l'unico passeggero a bordo.
Il mio telefono vibra:
—> Chiamata in Entrata <—
"Mamma."
Le mani mi tremano troppo.
Non ho la forza di risponderle, anche se so che si preoccuperà moltissimo.
Shoyo Hinata
"Mamma, non torno a casa. Vado da un amico stanotte. Scusa."
Non era propriamente una bugia ma non era neanche la verità.
Sospiro ed appoggio la testa al vetro del finestrino, che sobbalza quando il bus inizia la sua lenta marcia di 6h fino a Tokyo.
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